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Autore: ikumi    28/06/2011    1 recensioni
Per affrontare le situazioni più difficili un amico importante fa la differenza.
Naruto era incredibilmente sincero. E dannatamente imprevedibile. Tutto quello che il suo cervello liscio pensava fluiva fuori dalla sua bocca senza che nemmeno lui se ne accorgesse; la realtà era che gli mancava il filtro principale, non qualche rotella, ma era anche vero che rimaneva fedele alle sue promesse e ai suoi obiettivi anche a costo di sacrificarsi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Shikamaru Nara, Tsunade
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Il cielo di Konoha

«Con la tua immagine e con il tuo amore, tu, benché assente, mi sei ogni ora presente.
Perché non puoi allontanarti oltre il confine dei miei pensieri;
ed io sono ogni ora con essi, ed essi con te.»
(William Shakespeare)


Sakura Haruno era una ragazzina adorabile: chiunque, nel villaggio di Konoha, la considerava una persona gentile, dolce ed educata, sin dalla prima volta che i suoi occhioni sorridenti venivano incrociati. Possedeva un fascino insolito, che non la lasciava passare di certo inosservata, caratterizzato dai folti capelli d'una tonalità rosata che incorniciavano il viso sottile, in perfetta armonia con la carnagione delicata. Nonostante tutte queste buone qualità, per qualche strano motivo, non attirava più di tanto l'interesse altrui: la sua presenza divenne veramente nota solo quando il moccioso più temuto e quello più ammirato le si affiancarono nella formazione del Team 7. Da quel giorno Sakura divenne una kunoichi, ma il suo nome, all'evento della promozione dei nuovi Genin del villaggio, venne elevato non più che un paio di volte fra le chiacchiere e i pettegolezzi che corsero rapidamente da una e da un'altra bocca degli abitanti di Konoha: il suo nome, la sua esistenza e il suo successo, vennero scansati, scavalcati, dimenticati e gettati in fondo da nomi quali Uchiha Sasuke e Hyuuga Neji. Ella non proveniva da una famiglia di ninja: non possedeva abilità innate né particolari capacità che potessero soddisfare la curiosità  delle persone, per questo non era mai stata degna della considerazione degli adulti, dei potenti, degli esigenti e degli altezzosi. Da occhi esterni non era altro che una delle tante oche in piena esplosione di ormoni che, stranamente, pendeva dalle labbra dell'ultimo degli Uchiha. Sakura non veniva veramente osservata, ma solo guardata superficialmente.

Sakura Haruno per i suoi compagni di squadra era una persona che cercava sempre il lato positivo in ogni cosa, talmente sensibile alle ferite che i due portavano sul cuore che si era volontariamente presa l'arduo compito di occuparsene. Era una persona affettuosa, forte ma tuttavia ancora estremamente fragile e insicura per la professione che ogni giorno svolgevano insieme. La kunoichi, per loro, divenne presto una persona importante, un piccolo tesoro da proteggere  anche a costo della vita, da sostenere almeno fino a che non sarebbe diventata abbastanza matura per poterli raggiungere. Pur essendo una ragazza dalle esili braccia, erano ben consapevoli che non era saggio farla arrabbiare: chiunque conosceva la sua ira stava ben lontano dall'urtarla, perfino Uchiha Sasuke, anche se, ovviamente, si guardava bene dal far emergere questo piccolo segreto. Per i due amici era anche un po' mamma che preparava il pranzo, un po' ingenua sorella minore, un po' amica fedele e premurosa, un po' ragazza da non lasciar andare. Sakura Haruno era, insomma, un membro indispensabile per il Team 7: il moccioso più temuto lo urlava ai quattro venti sincero e pieno di speranza ogni qual volta ne capitava l'occasione, il moccioso più ammirato invece lo nascondeva, dimostrando volutamente il contrario.

Sakura Haruno per il suo maestro, che discreto la osservava con aria saputa, era una piccola kunoichi dalle poche ma grandi, nonché acerbe, doti combattive: sapeva che dentro di sé la ragazzina racchiudeva una determinazione e una forza di volontà da farla grossa persino a lui, che un giorno sarebbe diventata una donna stimata e una kunoichi d'eccellenza, e che si trattava di una persona talmente buona e altruista che un giorno avrebbe scatenato una guerra vera e propria tra i due mocciosi diventati uomini. Era una persona che non voleva ancora lasciar emergere il suo vero carattere, tranne che con la sua migliore amica nonché acerrima rivale Yamanaka Ino, e spesse volte con l'esagitato compagno di squadra Uzumaki Naruto, ma sapeva anche che dentro covava la passione del fuoco, l'ira del vento, la potenza dell'acqua e la fermezza della terra. Un giorno, sarebbe esplosa.



Fosse stato un giorno qualsiasi a quell'ora della mattina probabilmente sarebbe in marcia per qualche nuova missione: si starebbe divertendo ascoltando Sasuke e Naruto litigare per faccende stupide o di assoluta insignificanza, e starebbe sorridendo nel cogliere ogni singola e buffa espressione che l'unico occhio visibile del suo maestro avrebbe assunto. Starebbe rimproverando Naruto, con un bel pugno sulla testa, per la sua scorretta alimentazione e, maledizione, starebbe ammirando di nascosto i meravigliosi occhi scuri di Sasuke, sentendo un tuffo al cuore come sempre accadeva.
«Se n'è andato.»
Sakura, tutti l'avevano notato almeno una volta, aveva un sorriso magnifico: sapeva sorridere in modo estremamente dolce, con gli occhi inteneriti che le si chiudevano leggermente pieni di affetto; sapeva sorridere spontaneamente bene, da contagiare irrimediabilmente la sua ilarità alle persone che in quel momento si trovavano a guardarla. Sorrideva anche per celare sentimenti meno felici, per non trasmettere il suo disagio agli altri, e sorrideva spesso desiderando di tirar su di morale qualcun altro preso dalla mortificazione. Lo faceva molto bene, per tutti gli altri là fuori che stavano oltre le sue lunghe ciglia; lo faceva sinceramente ed era diventata sempre più brava.
«Scusami tanto... Sakura.»
Era arrivata correndo alla svelta piena di speranza, terribilmente preoccupata per la salute e lo stato d'animo dei compagni di squadra. Ansiosa di rivederlo,  anche se erano passate solamente poche ore dall'ultima volta che aveva incrociato i suoi occhi tristi. Era pienamente sicura che tutto si era già bello che sistemato; per quanto la riguardava lui era già lì e respirava la sua stessa aria... solo pochi passi e una porta scorrevole li separava. L'eventualità che non fosse stato riportato indietro non le sfiorava neanche lontanamente i pensieri.
Forse, aveva preso l'abitudine di confidare troppo ciecamente nelle promesse di qualcuno che la spuntava davvero sempre! O, forse, tutta quella sicurezza non era dovuta davvero a Naruto. Probabilmente era stata lei stessa a crearsi quella convinzione abbastanza inscalfibile da ricordare una spessa e rotondeggiante barriera posta tutt'intorno a lei. Tutta la notte a stringere i pugni e a sentirsi piangere, ad ascoltarsi pregare... erano bastati a consumarla più che una settimana piena di missioni quanto a renderla più stupida di quanto si dicesse in giro.
Era rigida, frastornata nonostante il silenzio di tomba che era calato nell'istante della sua entrata. Naruto e Shikamaru le osservavano accorati il viso confuso. Sentiva la presenza del Quinto Hokage che si era fermata appena dietro di lei. Si rese conto di quanto la sua espressione doveva apparire corrucciata perché iniziò a dolerle la fronte da tanta forza ci stava mettendo. Probabilmente tutti stavano aspettando che si mettesse a piangere, ma in realtà non si sentiva affatto di dover piangere. Nessuna lacrima era scesa a bagnarle le guance morbide questa volta.
«Perché chiedi scusa?» le labbra le si stirarono inevitabilmente, quasi fosse stato un meccanismo automatico che si attivava nei momenti come quelli. Guardò l'amico e si aprii in un grande sorriso. «Conoscendoti avrai esagerato anche questa volta! Guardati! Sembri una mummia!» disse mentre già si stava rapidamente spostando verso la finestra della camera dell'ospedale, ben conscia di voler scappare dal suo sguardo, sapendo che per quanto fosse allenata a nascondere la sua mortificazione, lui non ci sarebbe cascato.
«Perdonami. Io...»
«Guarda che bella giornata!» lo interruppe subito. «E' un peccato tenere chiuse le tende!» Non sapeva che altro fare oltre ad ignorarlo, ad evitare l'argomento. Per lei e per lui. Era così ingiusto che Naruto si stesse scusando con lei, come se lui non stesse soffrendo, come se fosse un estraneo ingaggiato per andare a scovare la persona smarrita e ora le stesse dicendo che non avrebbe accettato un soldo fino a che non avrebbe compiuto la sua missione.
«Sakura! Vedrai che manterrò la promessa! Ti avevo giurato che avrei riportato Sasuke!» incalzò invece quello, incorreggibile come sempre.
Tante volte si era ritrovata ad invidiarlo: nemmeno davanti a una tragedia smetteva di essere ottimista, nemmeno davanti alla morte più che certa si arrendeva. Non aveva mai conosciuto una persona più forte di lui, quasi quasi le sembrava inumano. All'inizio, come tutti, credeva fosse stupidità, imprudenza, avventatezza. Più di una volta aveva seriamente pensato che avesse qualcosa che non andava, quella testa quadra, che non riuscisse a riconoscere il pericolo né l'evidenza dei fatti. O, ancora, che osasse per insicurezza ma che in realtà non ne fosse convinto fino in fondo, di quello che diceva.
Ben presto si era dovuta ricredere: Naruto era incredibilmente sincero. E dannatamente imprevedibile. Tutto quello che il suo cervello liscio pensava fluiva fuori dalla sua bocca senza che nemmeno lui se ne accorgesse; la realtà era che gli mancava il filtro principale, non qualche rotella, ma era anche vero che rimaneva fedele alle sue promesse e ai suoi obiettivi anche a costo di sacrificarsi.
«Lascia stare, Naruto. Non ti preoccupare» disse allora continuando a guardare fuori dalla finestra a cui era rimasta appoggiata, con voce chiara ma atona. Non voleva che Naruto si sentisse responsabile di ciò che era accaduto, perciò ignorò già in partenza la lamentela che stava per uscire dalle labbra di Shikamaru, anche se non ce ne fu bisogno perché ci pensò prima l'Uzumaki: «L'ho sempre detto che dico le cose come stanno. Fa parte del mio credo ninja.»
Si voltò verso di lui.
Così imbragato e stretto in tutte quelle bende le faceva un gran tenerezza. Naruto la stava fissando dritto negli occhi come faceva sempre quando faceva uno dei suoi solenni giuramenti. Dentro quegli occhi vedeva il cielo di Konoha, la foglia che ballava, il fuoco che ardeva.
«Naruto...» Io non ho fatto altro che piangere. Ho potuto solamente aggrapparmi a te e in te credere. Da sola non sono riuscita a fare niente.
«Scusami, Naruto.» si staccò da quel davanzale e in fretta come era entrata si spostò verso l'uscita, non prima di voltarsi leggermente e giurare che le cose le avrebbero cambiate insieme. «Dovrai aspettare un po'... ma la prossima volta verrò anch'io!»

Un anno dopo la sua entrata all'accademia dei ninja, se ne ricordava bene, aveva visto per la prima volta Sasuke Uchiha. Durante una festa estiva del villaggio, correndo per le vie di Konoha, gli era praticamente finita addosso, facendolo cadere con lei al seguito.
«Mi dispiace!» aveva urlato mortificata, rialzandosi. A sua volta fu investita da un paio di grandi occhi neri. Non ne aveva mai visti di così scuri fino ad allora ed era rimasta immobile per qualche istante, fissandolo inconsapevolmente.
Il bambino, dopo una piccola imprecazione che Sakura non udì, le aveva fatto notare che si era sbucciata un ginocchio, ma la piccola, riscuotendosi, aveva detto che non importava e che ci era abituata. Dopodiché era corsa via, sfuggendo velocemente alla vista del piccolo Sasuke. Quello, interdetto, aveva alzato le spalle e aveva ripreso a camminare, ma fu nuovamente fermato da un tocco leggero sulla spalla che lo fece voltare: era ancora lei e gli tendeva un onigiri con entrambe le manine, sul visetto un'espressione buffa e imbarazzata.
«Ho fatto cadere quello che stavi mangiando, prima» si sentì dire. Il bimbo fu visibilmente spiazzato da quel gesto. Poi l'aveva accettato, mostrandole un sorriso gentile, arrossendo impercettibilmente. Solo in quel momento Sakura si accorse che il bambino non era solo, ma accompagnato da un ragazzino più grande dagli occhi altrettanto scuri, che a sua volta la ringraziò dolcemente e le carezzò la testa.
Sakura quel giorno ricordò di esser stata di buon umore per tutto il resto del pomeriggio. All'epoca era troppo piccola per avere pensieri maliziosi, ma, non sapeva perché, quell'incontro le aveva dato una sensazione piacevole.
Mentre apriva la porta dell'ufficio del Quinto Hokage e si fermava rispettosa sulla porta, i ricordi le svanirono dagli occhi come in uno sbuffo di fumo, ricatapultandola nella realtà e lasciando spazio all'armonioso viso della Principessa delle Lumache.
«Avrei una richiesta» pronunciò con voce decisa.
«Parla» la donna le rispose con lo stesso tono osservandola attentamente. Aveva come la sensazione che l'Hokage la stesse aspettando.
«Vorrei che mi prendeste come vostra discepola!» quasi gridò mentre pronunciava quelle poche e risolute parole. Senza smettere un secondo di riflettersi nelle iridi nocciola del capo del villaggio, pregava che quella richiesta disperata venisse esaudita.
Uscita dalla camera dell'ospedale aveva aspettato che l'Hokage finisse di visitare Naruto e rientrasse nel suo ufficio. Poi si era diretta spedita da lei senza pensare nemmeno per un momento che quello che stava per fare potesse essere una follia. Un ninja leggendario come la Principessa Tsunade avrebbe accettato come allieva una ragazzina senza la minima abilità speciale qual era lei?
«Sakura Haruno» la voce della donna risuonò fra le pareti dura come le rocce di montagna e cristallina come il suo ruscello. «Kakashi mi ha raccontato della tua intelligenza e della tua fermezza di carattere» continuò a parlare senza muovere un muscolo, nascondendo le labbra dietro le sue mani incrociate com'era sua abitudine fare. Lesse dell'intesa nel suo sguardo.
«Accetto la tua richiesta, ma sappi che non sarò per niente indulgente!» pronunciò infine e ora quella che stava urlando non era più lei, ma la sua futura maestra.
«Non vi deluderò!» esclamò commossa e grintosa insieme.
Richiusa la porta alle spalle si mise inconsapevolmente a correre, fino a raggiungere la strada dove si fermò. Non sapeva per quanto tempo Sasuke avrebbe dovuto mancargli, ma sapeva che d'ora in avanti non sarebbe più restata a guardare: avrebbe preso esempio da quella stupida testa quadra... il suo obiettivo era salvare il suo amore e riunire il Team 7.
Alzando il viso si perse ad ammirare l'immensa distesa blu sopra la sua testa: Sasuke sarebbe tornato a casa prima o poi... un cielo così non lo poteva trovare da nessun altra parte, nel mondo.



Credits per i dialoghi presi dal cap. 236: "La promessa non mantenuta".
  
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