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Autore: aoimotion    02/07/2011    13 recensioni
“Victorique, io… c’è qualcosa che vorrei dirti.”
[Post episodio 24]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Quiet filled with love








C’erano cose che la Fonte della Saggezza non era in grado di rivelarle. Il passare del tempo, i giorni che lenti, dolcemente, si succedevano in una calma quasi irreale.
Dopo la tempesta, vi era il sole, sempre.
Il Giappone era diverso rispetto a Sauville. Il paesaggio cambiava drasticamente, ma la guerra in qualche modo aveva reso uguale ogni cosa: persone, luoghi, oggetti che si ritrovavano a condividere la medesima sciagura, a portare nel cuore il medesimo fardello. Vite distrutte, ricordi terribili, grida, pianti, disperazione. Ma in mezzo a tutto questo, c’era sempre chi riusciva a trovare un briciolo di felicità. Nascosta nelle piccole cose, vi era ancora la speranza. Speranza per un futuro migliore, speranza che si traduceva nel bisogno di amare e di essere amati.
E Kujou desiderava, ardentemente, entrambe le cose.
 
 

***

 
 
Avvolta in quel kimono dalle dolci tinte azzurre, con i capelli argentati che morbidi le ricadevano sulle spalle, un libro aperto in grembo e lo sguardo attento e concentrato, Victorique sembrava ancora più bella di quanto non lo fosse già per sua natura. Così bella, che aveva quasi timore di disturbarla.
“Vi… Victorique?”
Sentendosi chiamare, la ragazza alzò la testa e si guardò intorno. Kujou era lì, e la stava fissando. Un sorriso comparve sul suo volto mentre chiudeva il libro con un gesto morbido delle mani. “Kujou, al fronte hai dimenticato le buone maniere?” disse, ma non c’era rimprovero nella sua voce.
“Oh, scusami. Buongiorno, Victorique. Stavi leggendo?”
“Così pare. Ma l’avevo appena terminato, quindi non c’è problema.” Chiuse un occhio, guardandolo con quello rimasto aperto. “Hai qualcosa da dirmi?”
“Eh? A-ah, ecco…” Sì, ce l’aveva qualcosa da dirle. E non era un semplice qualcosa, ma molto, molto di più. E proprio perché era molto di più, era così difficile trovare il coraggio. Aveva combattuto in guerra, aveva affrontato il pericolo, aveva avuto paura ma non si era mai tirato indietro. Anche in quel momento si sentiva un po’ come in un campo di battaglia. Sentiva il cuore martellare nel petto, perché consapevole dell’importanza di ciò che si apprestava a dire. Consapevole, anche, delle possibili conseguenze. Con Victorique niente era come sembrava, l’aveva imparato a sue spese nel tempo trascorso all’Accademia di Santa Margherita – il ricordo lo fece sorride internamente, malinconicamente – e per quanto potesse essere cambiata, Victorique rimaneva Victorique. E non c’erano macaron con cui ingraziarla. Tutto quello su cui poteva contare era… il suo fascino.
Però, che ingiustizia. In guerra gli avevano almeno dato un fucile, mentre invece adesso era praticamente disarmato. Non praticamente, lo era e punto.
Tuttavia, era un confronto inevitabile. Troppe cose a lungo taciute sentivano ora l’impellente bisogno di essere esternate. Prese il coraggio a due mani, quel poco che gli era concesso, e si mosse verso di lei a testa alta.
“Victorique, io… c’è qualcosa che vorrei dirti.”
Avvertiva uno strano calore all’altezza delle gote, sapeva di star arrossendo ma non faceva nulla per nasconderlo. Del resto, non ci sarebbe riuscito neanche se avesse voluto.
Lei inclinò appena il capo, qualcosa nel suo atteggiamento ricordava davvero quello di una fata. O di un lupo grigio. O di un monstre charmant. Tanti erano i nomi con cui era stata chiamata in passato, e tutti le appartenevano in egual misura. E lui questo lo sapeva, meglio di chiunque altro.
Poteva farcela. Aveva ripetuto quelle parole un milione di volte, nella sua mente, a voce, in qualunque forma di comunicazione. Erano impresse a fuoco nella sua mente, non poteva sbagliare. Non poteva. Eppure… bastò la sua espressione a mandarlo in confusione.
Occhi che sapevano guardare lontano, erano quelli di Victorique. Occhi a cui non sfuggiva niente. Occhi che raramente si animavano di stupore. Occhi spaventosi, in un certo senso. Perché Kujou non voleva che Victorique capisse cosa doveva dirle. Non voleva che lo anticipasse. Doveva essere lui e lui soltanto a pronunciare quelle parole. Doveva.
“Victorique…” disse infine, la sua voce che faticava per non tremare sotto il peso di quanto si apprestava a dire. Le si avvicinò, e quando le fu davanti si inginocchiò. Poco importava se erano in Giappone, poco importava se indossavano entrambi una veste orientale, poco importava che si trovassero nel giardino di casa sua e che forse qualcuno avrebbe potuto assistere all’intera scena.
Le prese la mano, e lei lo lasciò fare. La baciò piano, con infinita delicatezza, e lei lo lasciò fare. “Victorique” ripeté, mentre un mare infinito di sentimenti sgorgava dalla sua gola e lui a stento riusciva a contenerli. “Victorique, io sono… innamorato di te”.
Non osò alzare il capo. Le sue labbra vagavano sulla superficie di quella manina candida, incerte. La sfioravano, per esattezza. Non poteva volgersi a guardarla, non ne aveva il coraggio. Sentiva il calore esplodergli nel petto, diffondersi per tutto il corpo, contagiando il viso con un vivace porpore. Sentì un ignoto profumo, che attribuì al dorso di quel piccolo arto. Forse gli si erano allargate le narici, non era in grado di dirlo. Una leggera brezza si alzò, scompigliando loro i capelli e spargendo petali di ciliegio sulle loro teste, sui loro abiti e tutt’intorno a loro.
“Lo so”.
Kujou allargò le pupille a causa di quello che aveva appena sentito. L’impulso lo spinse a incontrare i suoi occhi, ma quando lo fece vide qualcosa di totalmente inaspettato.
Smeraldi che brillavano di immenso amore, fu ciò che vide. Ebbe la tentazione di chiederle se era proprio lui che stava guardando in quel modo, tanto era lo stupore che lo aveva colto. “Victorique…”
“Lo so, Kujou” ripeté lei, un misterioso sorriso dipinto sulle labbra color pesca “da molto tempo, lo so”.
“Da… molto tempo?”
Lei annuì, sibillina, guardando un punto lontano dell’orizzonte. “Ovviamente. Non c’è nulla che la mia Fonte della Saggezza non sappia, Kujou. Dovresti saperlo”.
“Cosa? Ma… ehi! Mi stai dicendo che sono una persona prevedibile, Victorique?”
“Non preoccuparti” rispose lei “è solo che la mia Fonte della Saggezza non può essere tenuta all’oscuro di ciò che le capita intorno. Non sei tu ad essere così irrazionalmente prevedibile”.
Chissà perché, la cosa non lo faceva sentire affatto meglio. Gonfiò una guancia e si tirò in piedi, mettendo le mani sui fianchi. “Sei antipatica come al solito, Victorique!” si lamentò lui con tono imburberito. Lei chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un modesto sbadiglio. “E tu dici sempre le stesse cose, Kujou” lo rimbeccò, prima di distendere il volto in un’espressione serena che lo lasciò interdetto. Se da una parte sentiva provenire dai suoi occhi un ignoto calore, dall’altro gli dispiaceva non essere riuscito a sorprenderla. In fondo, suscitare stupore era una delle cose che solitamente caratterizzavano le dichiarazioni d’amore. Scosse il capo, comprendendo al volo l’inutilità di quei ragionamenti. Non si stava parlando di una ragazza qualunque, dopotutto. Quindi che attendibilità poteva avere la prevedibile reazione di qualunque altra fanciulla che non fosse lei?
“Be’, mi dispiace se non riesco a sorprenderti” sbuffò lui “a quanto pare, neanche una dichiarazione può cogliere impreparata la tua… Fontana della-”
Fonte, Kujou, Fonte. Non fontana.”
“Oh, insomma!”
Lei emise una piccola risata. “Forse hai ragione” disse, improvvisamente seria “forse non c’è nulla che possa sorprendermi, ormai. Ho visto e sentito una moltitudine di cose, è come se fossi preparata a tutto, in un certo senso”.
Ma io non sono preparato a quello che continua a passarti per quella testa, Victorique. Avrà anche cambiato colore, ma è rimasta incasinata come al solito! Questo pensò Kujou mentre la guardava scrutare distrattamente il libro che teneva sulle gambe, accarezzandone la superficie come se stesse vagliando la possibilità di aprirlo. E questo non era per nulla gentile nei suoi confronti. Lui si era appena dichiarato, e lei…
Una molla scattò allora in lui, una molla che univa una leggera indignazione a un desiderio a lungo rimasto inesaudito. Lui aveva detto quello che doveva dire, adesso toccava a lei accettare o meno. E se voleva qualcosa di sorprendente, che non era da lui… bene, gliel’avrebbe data.
“V-visto che la metti così…” il ragazzo abbassò la testa, raccogliendo il coraggio di dare voce ai suoi pensieri “s-se la metti così… allora sposami, Victorique!!”
La mano che sfiorava il dorso del libro si pietrificò, tutta la sua figura parve sospendersi nell’assoluta immobilità per un lungo istante. Poi, i suoi occhi si riempirono di sorpresa e stupore.
L’agognato stupore.
Alzò il capo, molto lentamente. Incontrò il suo sguardo, mentre le guance di entrambi lentamente prendevano fuoco. “K-K…”
Fiero di essere riuscita a sorprenderla, e forte di ciò, il ragazzo riprese a parlare, un po’ più sicuro. “Anche io… sono capace di stupirti, se voglio! Visto, Victorique? Questo non te lo saresti aspettato, vero?” Mise le mani sui fianchi, annuendo vigorosamente. Victorique continuò a fissarlo, e persino il libro le cadde dal grembo atterrando dolcemente sull’erba con un tonfo ovattato.
“T-tu…” disse infine, tremante “t-ti rendi conto di quello che… hai… appena… detto?”
Un dito si elevò fino a indicarlo, sconvolto. Lei stessa mosse un passo verso di lui, incredula.
“Certo che me ne rendo conto!” rispose Kujou sicuro di sé. “Non dico le cose tanto per dire… io”, mormorò poi mentre il suo impeto veniva lentamente schiacciato dalle sue stesse parole. Lui… le aveva chiesto di sposarlo? Come diavolo aveva fatto?
Si grattò la guancia, guardando altrove, consapevole finalmente del peso di quanto aveva appena lasciato la sua bocca. In verità si aspettava un calcio negli stinchi, ma questo non giunse mai. Quando si voltò e abbassò il capo, la piccola, piccola Victorique era sotto di lui, con gli occhioni languidi, la bocca dischiusa in parola che non trovavano il modo di uscirle dal cuore, quel famoso dito ancora sollevato, non più verso di lui ma verso se stessa. Kujou la fissò per un attimo come interdetto, poi sorrise, e senza dir nulla allargò le braccia e semplicemente la strinse a sé. Non erano più necessarie alcune parole, né ragionamenti, né pensieri di alcuna sorta. No, tutto quello di cui avevano bisogno era… un silenzio pieno di amore. Finalmente, potevano concederselo.
E non serviva altro, per essere felici.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note di Vetro: bene. Bene. BENE. (?) Sono soddisfatta, non pienamente, ma diciamo… 80, 85%. Il che è tanto, se consideriamo che a me piace poco e niente di quello che scrivo xD reduce dall’ultimo episodio di Gosick (ASDFGHJKL ;___;) non appena ho visto Victorique col vestito da sposa, ho capito (?) che dovevo scrivere qualcosa in proposito. Ovviamente lei vive in Giappone a casa di Kujou, ovviamente. Mica tanto, vabbé. E Kujou le fa la proposta (LKJHGFDSA ;___;), ovviamente. Io l’ho immaginata così, più o meno. E mi piace come è venuta, onestamente. Non so quanto siano IC o meno loro due, sono un po’ maturati dall’inizio, in particolare Victorique, quindi potrebbe risultare OOC, me ne rendo conto. Ma nella mia mente mi è apparsa così e non avevo voglia di sforzarmi, perdonatemi, sono le 23:54, per la miseria çAç spero comunque che vi sia piaciuta. Grazie per aver letto <3 davvero, grazie infinite <3
   
 
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