Heart and Death
Ora sono qui come se nulla fosse, il cuore ha smesso di pulsare veloce.
Cuore.
Spesso lo trascuriamo e ci dimentichiamo di
averne uno.
Forse ce ne scordiamo quando la vita ci sembra
piatta e monotona, quando tutto quello che facciamo non ci riempie di gioia ed
emozioni, quando i giorni che passano ci sembrano minuti e il cuore, se batte
più forte, è solo per la fatica in più che facciamo nel salire le scale invece
di usare l’ascensore.
Eppure com’è che tutto il dolore lo si sente
proprio lì? Com’è che quando si sta male tutto quel peso così pungente e così
straziante lo si sopporta proprio lì, sul cuore? Com’è che è solo quell’organo
pulsante a comunicarci i sentimenti più profondi?
Non poteva essere una qualsiasi altra parte del
corpo?
E’ banale come domanda, ma probabilmente non sarebbe lo stesso se
provassimo determinate sensazioni su un braccio o una gamba, probabilmente ci
riuscirebbe troppo difficile immaginare l’anima in un posto diverso dal centro
del petto e, d’altronde, è solo attraverso il cuore che la nostra esistenza
viene colorata tanto da felicità quanto da strazi, l’unico punto in cui il
dolore interiore riesce a diventare insopportabile quanto quello fisico.
Quante brutte notizie ci aspetteranno nel corso
della vita?
Ogni volta sarà come ricevere una pugnalata che squarcia il petto a
metà, come se una vite lunga e sottile si infilasse sempre più in profondità in
quel muscolo pulsante, una condizione che lo corrode in una ferita da cui
fuoriescono ansie, paure e frustrazioni.
Sofferenza.
Basta un niente perché il cuore smetta di pulsare, basta un niente per
cui la vita possa venire bruscamente interrotta.
La morte affila la falce.
Alimenta in noi sentimenti avvilenti, ci disarma
con la sua imprevedibilità e ci fa sentire indifesi per non poterci nascondere,
né difendere.
Affila la falce.
La morte ci circonda al pari della vita, è diffusa in ogni angolo,
onnipresente ed insidiosa; traghetta i morti sull’altra sponda e terrorizza i
vivi con la sua crudeltà; incombe su tutto come un inevitabile giudizio, un
incancellabile castigo; scruta le nostra vite felici e aspetta il momento
giusto per farle crollare, gioendo nella nostra sofferenza, mentre a noi non
rimane altro che assistere da spettatori alle sue malefatte, senza avere alcun
potere di intervenire per difendere quello che più ci sta a cuore.
Inermi.
Possiamo solo osservarla e seguire con il pensiero
il suo percorso tra i vivi; essere presenti quando cala la falce sulle persone
che più ci sono care; piangere; soffrire; ingoiare; dimenticare. Ma il cuore,
intanto, si colma di ferite incurabili, ferite che lo deteriorano e ne oscurano
la limpidezza, ferite che contribuiscono alla formazione di un lungo itinerario
la cui conclusione sarà sempre lei, la morte. E noi, ingenuamente o
inconsapevolmente, siamo già tutti su questa via.
E poi, dopo?
Dopo non lo so…