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Autore: Sakurina    04/07/2011    1 recensioni
Un anno dopo la battaglia finale dei Cybodies, i componenti dell'ex brigata Kiraboshi Juuji e il Bel Ragazzo Galattico si ritrovano a dover affrontare il futuro e la loro giovinezza.
Ma sarà difficile affrontare i fantasmi del passato, i dolori del presente e le incertezze del futuro.
Cap #1: Filament.
Cap #2: Adult Bank.
Cap #3: Bougainvilleae.
Cap #4: Science Guild.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Science Guild

Mau yuki wa, hoshi no kakera.

[The fluttering snowflakes are pieces of the stars.]

tentai ni te wo nobashite

[If you reach out to the skies.]

ikigau negai kanjiteiru ne

[You feel wishes come and go.]

subete wa ima monocrome no naka.

[All caught in a Monochrome.]

 

«Science Guild«

 

Respirò a fondo la brezza marina che le rinfrescava il volto, portando con sé il canto malinconico di una ragazza in lontananza. Il sole si stava tuffando in mare, e l’orizzonte era immerso nel rosso di in una fiammata ardente che tingeva tutte le isole dell’arcipelago.

Si lasciò trasportare da quella dolce melodia per qualche  minuto, poi aprì gli occhi, e mentre si sistemava la montatura degli occhiali sul naso, un ghigno malefico le si spaziava sul volto: l’inizio della festa era vicino.

E una volta finita… la Brigata Kiraboshi Juuji… si sarebbe finalmente riunita.

 

«««

 

10 ore prima.

Era incredibile. Quel giorno proprio il destino non voleva collaborare.

Da quando i preparativi della festa erano iniziati, la sua infermeria era sempre stata piena di povere vittime cadute nel nome della rappresentante Shinada che li obbligava alle peripezie più stravaganti pur di abbellire la scuola e di preparare la festa al meglio.

La professoressa Midori Okamoto uscì in corridoio per affacciarsi a una delle finestre che davano sul cortile interno. Arrossì e sospirò trasognata, fissando con sguardo rapito il bel Tsubasa che, vivace e atletico come sempre, dava il meglio di sé per sistemare le casse audio e quanto necessario per l’impianto stereo.

“Okamoto-sensei, che cosa sta guardando?!”

All’udire quella voce squillante ma al contempo accusatoria, la donna sobbalzò spaventata, arretrando di alcuni passi dalla finestra e sistemandosi gli occhiali nervosamente, in un vano tentativo di nascondere l’imbarazzo.

Alzò timidamente gli occhi verso la minuta rappresentante davanti a lei, che la scrutava con sguardo guardingo e indagatore.

“Ah… Scarlet Ki—“

“Benio. Shinada. Okamoto-sensei, è bene che ricordi anche i nomi delle ragazze, non solo quelli dei bei ragazzi.” La riprese la ragazzina, prima di superarla e chiudersi in infermeria.

La professoressa fissò allibita la porta della stanza chiudersi senza il suo consenso; si voltò per lanciare un ultimo sguardo a Tsubasa, ma con suo grande disappunto era già sparito. Infine sospirò rassegnata, rientrando in quello che era il suo habitat quotidiano.

Vide che Benio era bellamente stesa sul lettino, faccia rivolta verso il basso, sprofondata nel cuscino.

“C-che cosa succede… Scarl… ehm… mhh… rappresentante?”

“SHI-NA-DA.”

“Ah sì, giusto. Shinada-san?” rise nervosamente la professoressa, sedendosi sulla sua sedia e fissando in lontananza la sagoma della ragazza stesa.

La sua ex compagna di brigata mugugnò qualcosa di incomprensibile, più simile a un verso animale che ad un lamento.

Ma in quel  momento, qualcuno bussò lievemente alla porta. Poi… parlò.

“Sensei? C’è? Sono Tsubasa…”

“Ah… AH! T-T-T-Tsubasa-kun…!” trasalì Midori, balzando in piedi e lanciandosi violentemente verso la porta.

La socchiuse, mostrando il suo volto rosso e imbarazzato.

“T-Tsubasa-kun… ora ho una studentessa in infermeria… torna dopo, o-okay?” gli disse sottovoce la professoressa, scoccandogli uno sguardo d’intesa.

“Non si preoccupi, buon lavoro!” le ammiccò il ragazzo, correndo via.

La donna sospirò nuovamente, voltandosi verso la stanza, ma si trovò con Benio a nemmeno due centimetri di distanza dal naso, che la fissava con sguardo malizioso e provocatorio.

Midori urlò spaventata, appiccicandosi alla porta, mentre Benio si allontanava incrociando le braccia al petto, contrariata.

“Mi scusi se ho interrotto il suo appuntamento galante col suo spasimante.” La canzonò la ragazzina.

“M-ma… Shinada-san, cosa dici…?” ridacchiò nervosamente l’insegnante, arrossendo vistosamente.

“Oh suvvia, non faccia così. Tutti sanno di voi due.” Sospirò Benio, lasciandosi nuovamente cadere sul lettino con aria stanca.

“Ah… davvero?” mugugnò imbarazzata la professoressa, giocherellando nervosamente con un ciuffo di capelli ribelli.

Posò il suo sguardo sulla figura mingherlina che giaceva inerte sul letto, fissando la finestra con occhi vitrei.

“Cosa ti succede Shinada-san?”

“Nulla. Ho mal di testa. Volevo riposare.” Borbottò lei, dandole le spalle e rannicchiandosi sul lettino.

“Hai deciso… cosa farai ora che è finita la scuola?”

“Non sono affari che la riguardano.”

“Ah… giusto…”

Benio si morse il labbro inferiore, rammaricata. Non aveva senso risponderle in malo modo solo per via del suo nervosismo. In fondo era gentile ad ospitarla lì nonostante avesse di meglio da fare.

“In realtà… non ne ho la più pallida idea. Domattina i miei amici se ne andranno. Tanti miei amici se ne andranno. E io resterò qui. Come un’imbecille a guardare il traghetto svanire all’orizzonte.”

“E… perché non provi ad andare con loro… sul continente?” le domando sorridendo timidamente la professoressa.

La ragazza non rispose.

Stette per lunghi, infiniti attimi in silenzio.

Infine si alzò di scatto dal lettino e con un balzo felino raggiunse la porta, aprendola con un potente strattone.

“Se non so cosa fare qui, figuriamoci sul continente!!!” sbottò Benio furibonda, prima di richiudersi la porta con forza alle spalle.

La professoressa sospirò profondamente, massaggiandosi lievemente le tempie.

Anche lei a quell’età era così frustrata e testarda?

 

«««

 

7 ore prima.

“S-sensei forse noi non dovremmo…” balbettò Tsubasa imbarazzato, mentre la penombra degli alberi del cortile scolastico nascondevano quell’abbraccio proibito fra di lui e la professoressa Okamoto.

“Oh avanti Tsubasa-kun, non fare il timido... non ci vedrà nessuno!” sussurrò con voce suadente la donna, avvicinando di più il volto a quello del ragazzo in cerca del tanto bramato bacio del giorno.

Ma, ovviamente, aveva parlato troppo presto.

Due colpetti di tosse secchi alle sue spalle la interruppero bruscamente.

Con un balzo all’indietro, Midori si staccò da Tsubasa rossa in volto, mentre questo si grattava il capo imbarazzato.

La donna si volse lentamente per incontrare il riflesso dei raggi del sole brillare sugli occhiali di Keito Nichi, che la fissava con un sorrisetto indefinito stampato sulle labbra.

“T-T-TSUBASA-KUN… S-spero che il mal di testa ti sia passato!!!” ridacchiò nervosamente la donna, per ricevere solo un timido cenno dall’imbarazzato ragazzino.

“Okamoto-sensei… la stanno cercando in infermeria.” La informò Keito, coincisa, ignorando deliberatamente le sue tristi e alquanto comiche giustificazioni.

“Oh… oh c-certo… ehm… Ivr… cioè…”

“Nichi. Nichi Keito. È bene che ricordi anche i nomi delle sue studentesse, e non esclusivamente quelli degli allievi maschi.” La rimbeccò Keito, afferrandola per un braccio e trascinandola di forza verso l’edificio scolastico, ignorando le fievoli proteste dell’insegnante.

Tsubasa sbuffò e fece spallucce, appoggiandosi con aria stanca contro il tronco alle sue spalle: quella giornata si stava rivelando insolitamente lunga.

 

“Ci resta poco tempo per ultimare i preparativi, e lei è in giro ad amoreggiare frivolamente come una ragazzina. Dovrebbe vergognarsi. Non è cambiata davvero per nulla da… da… da un anno fa, Professor Green.” La riprese con tono vagamente irritato Keito, precedendo l’ex compagna di brigata lungo i corridoi della scuola.

La professoressa restò in un silenzio meditativo, persa a contemplare la sagoma di Ivrogne da dietro: lei più di ogni altro aveva “perso” la sua dignità durante quell’ultimo scontro fatale, giocandosi il tutto per tutto in un amore non corrisposto nei confronti di Sugata. Chissà come aveva convissuto con quella colpa e quel dolore durante quell’anno…

“Keito-san… sei l’unica sacerdotessa ad essere rimasta sull’isola… cosa pensi di fare il prossimo anno?” azzardò la professoressa, fermandosi all’improvviso, in attesa di una risposta.

La ragazza di fronte a lei si fermò, senza però voltarsi verso l’insegnante. Quella domanda sparata così a bruciapelo l’aveva presa alla sprovvista, affondando il coltello in una piaga ancora non completamente guarita.

“Ovviamente finirò gli studi.”

“Da una studentessa brillante come te non potevo aspettarmi di meglio. E poi? Hai intenzione di andare all’università sul continente? Sai, io l’ho fatto, è un’esperienza davvero meritevole, e per una in gamba come te non sarà per nulla problematica…”

“Non intendo scappare dai miei doveri come le altre tre. Se il mio posto è  qui, qui resterò.” Ribatté perentoria Keito.

L’espressione sul volto di Midori si piegò in una smorfia severa di rimprovero, una novità sul viso sempre pacato e rilassato della donna.

“Non so se te ne sei accorta, ma non hai più doveri su quest’isola. Nasconderti dietro pretese inesistenti non ti aiuterà a crescere, pensaci bene. Il mondo continuerà a girare, con o senza Cybodies. Sta solo a te decidere quale percorso intraprendere. Ma non aggrapparti al passato disperatamente… come si dovrebbe dire, Head insegna.”

Quelle parole fredde e sincere la perforarono come una serie di lame sulla schiena.

Keito si sistemò gli occhiali sul naso e, senza rispondere, riprese a camminare davanti alla professoressa, che silenziosamente prese a seguirla.

Non si dissero più nulla fino alla porta dell’infermeria, dove Midori la invitò ad entrare, sorridente.

“Io… penso che andrò… in un posto.” Si congedò Keito, allontanandosi a grandi passi; direzione: il Tempio dell’Est.

La professoressa Okamoto sospirò, aprendo la porta dell’infermeria e sussultando quando la vide piena di feriti sopravvissuti ai preparativi della festa. Esasperata, si fiondò ad aiutarli, pregando che Benio la piantasse quanto prima di causare tutte quelle vittime innocenti.

 

«««

 

Un’ora prima.

Finalmente ritornò alla festa.

Non che la riguardasse direttamente, ma l’assenza della sua persona non poteva non essere notata.

Non appena Kanako rimise piede nel cortile scolastico, i volti della maggior parte della popolazione maschile si illuminarono come fossero mille brillanti stelline.

Kanako si ravvivò la chioma, passando in mezzo alla folla senza degnar nessuno della propria attenzione – insolitamente. Che fosse la mancanza del vetro?

No, non era quello, e la professoressa Okamoto lo sapeva bene.

Apparve come un’ombra al fianco della ragazza, che la scrutò di sottecchi, senza scomporsi, mentre si riempiva il bicchiere di succo di frutta – Benio era stata intransigente riguardo l’uso d’alcol a scuola. Per sua sfortuna, visto che un po’ di alcol era proprio ciò che più bramava quella sera.

“Okamoto-sensei…” accennò con la testa la bella ragazza. “Cosa la porta a dedicare la sua attenzione a me anziché al suo bel mocciosetto?”

“Dovresti chiamarmi Professor Green… questa sera in particolare.” Sogghignò la donna, sistemandosi gli occhiali sul naso e tradendo un ghigno maliziosamente compiaciuto.

Kanako sussultò, fissandola esterrefatta.

“Cosa intende dire?”

“Nulla in particolare. Dove sei stata? Ti vedo scossa.” Continuò con nonchalance Midori.

La ragazza dai capelli smeraldini si morse un labbro, non riuscendo a nascondere quel spiacevole senso di inquietudine che le parole della donna avevano suscitato in lei.

“A parlare con Takashi.”

“Capisco. Ho sentito che Secretary domani partirà. La cosa ti turba?” la provocò la professoressa, senza nascondere un ghigno maligno.

“Per nulla. Anzi, mi rende felice.”

“Solo le partenze altrui riescono a renderti felice?” sibilò Midori, velenosa.

“Qual è il suo problema stasera, Professor Green?”

“Oh, vedo che siamo tornate ai vecchi soprannomi. Che nostalgia.” Commentò una voce fortemente ironica alle loro spalle.

Kanako e Midori si voltarono, per trovarsi davanti Keito e Benio che le osservavano con espressioni che sostavano fra la perplessità e la curiosità.

“Bene, vedo che siete venute.” Sogghignò la professoressa, appoggiandosi al tavolo con aria soddisfatta.

“Non sapevo avessimo una riunione…” commentò Kanako, ironica.

“Bene, ora lo sapete. Fra un’ora, al cancello della miniera. Vedete di non tardare.”

“E perché mai dovremmo venire fin lì?!” sbottò Benio, che non aveva intenzione di lasciare la festa per cui si era tanto prodigata.

“Perché la Brigata Kiraboshi… rivedrà la luce, questa sera.” Sorrise sadicamente la professoressa Okamoto, fissandole con uno sguardo intenso, prima di allontanarsi senza aggiungere altro.

 

«««

Il ritrovo della Brigata Kiraboshi. [?]

Le reazioni a quelle parole erano state molteplici.

Benio voleva correre a chiamare Tetsuya e George; ma poi capì che era meglio non tirarli in ballo, visto che l’indomani avrebbero iniziato una nuova vita e inchiodarli all’isola con antiche preoccupazioni non le sembrava la migliore delle idee.

Keito era corsa da Sugata, ma non appena l’aveva intravisto si era limitata a regalargli un breve saluto, per poi allontanarsi nuovamente, demoralizzata.

Kanako aveva trovato gli spacciatori di alcol e li aveva semplicemente svaligiati di tutta la loro merce. No. Non era possibile. Non in quel momento.

Eppure tutte e tre erano in marcia verso la miniera, i volti pallidi, i musi imbronciati, le bocche tappate, i nervi a fior di pelle e il cuore in gola.

Cosa diavolo stava succedendo?

“Non ha senso… tutto questo non ha senso.” Borbottò Keito, una volta che la cancellata della miniera apparì a bloccare il loro cammino.

“Riformare la Brigata, dopo tutto quello che è successo, che senso può avere? È ovvio che non ne ha, Keito.” Convenne placidamente Kanako, guardinga.

“Ma che poi, dico io, di chi sarà stata l’idea?! Di Professor Green? Di Head?! E se così fosse, come può pensare quel brutto demente che gli daremo ancora retta?!” sbottò Benio, tirando un potente calcio alla cancellata, in un raptus di rabbia. “Mai… MAI. Non gli permetterò mai di riportare in vita la Brigata, di toccare i Cybodies e di rovinare il destino di quest’isola. Ha distrutto tutto quel… quel… e proprio ora che stavamo ricominciando a vivere lui… AL DIAVOLO LA BRIGATA! Se ha davvero intenzione di ricomporla, la distruggerò pezzo per pezzo, con le mie mani, fosse l’ultima cosa che faccio!”

“Sono con te.” Sorrise Kanako, annuendo soddisfatta.

“Anche io. Se c’è una cosa da evitare è proprio riformare una Brigata. A quale scopo ormai, sarebbe del tutto inutile… queste isole ormai ci hanno dato tutto quello che potevamo darci, e noi l’abbiamo sprecato.”

In quel preciso istante, un lieve ma intenso applauso interruppe le parole di Ivrogne.

Dalle tenebre del boschetto ai lati della strada, avanzò la sinuosa ombra della professoressa Okamoto: si avvicinava sorridente, mentre le mani continuavano ad applaudire.

“Ben detto Keito. Queste isole vi hanno dato tutto, e voi avete vissuto tutto, nessuno può dire se ciò che avete fatto è stato giusto o sbagliato, ma avete seguito il vostro scopo fino alla fine, con tutte voi stesse… ma ora, non c’è più nulla per voi, qui.” asserì Midori, incrociando le braccia al petto.

“Cosa sta dicendo…?” sussurrò Keito, confusa.

“Non c’è nessun ritorno della Brigata Kiraboshi, non è vero?” domandò Kanako, scuotendo la testa rassegnata.

“Esatto. Era solo una scusa per riuscire a farvi riflettere. E, a sentire le vostre parole, direi di esserci riuscita in pieno. La Brigata Kiraboshi non vi serve più. Non serve alle vostre vite, né al vostro futuro. Negli ultimi anni, vi siete dedicate anima e corpo al raggiungimento di un sogno, proprio come me. Ma io non ero altro che una scienziata che inseguiva l’utopia di un sogno, mentre voi… eravate ragazzine che vivevano nell’utopia di poter avere un sogno. Head vi ha fatto credere che un mondo dominato dai Cybodies fosse un sogno degno di essere vissuto e perseguito. E una volta crollato quel mondo, vi siete perse, avete smarrito la bussola della vostra vita. Ma non voglio più vedervi così. Distruggete gli ultimi rimasugli dorati delle maschere che vi sono rimasti incollati al volto, e imparate a vedere il mondo senza di esse. E il mondo, quello vero, non è quest’isola. Questo luogo ne è solo un briciolo piccolo, smarrito, pieno di rancori. Il vero mondo è quello là fuori, al di là del mare che ammirate, al di là del cielo stellato che conoscete. Visitate nuove terre, guardate nuove stelle, vivete un’altra vita. Lasciate che Scarlet Kiss, Ivrogne e President restino dietro questa grata di ferro insieme ai fantasmi dei Cybodies, lasciatele qui e promettetegli di tornare a trovarle solo quando saprete di esser diventate persone diverse da loro, delle donne fatte e finite capaci di sopportare i ricordi, vivere al meglio il presente e sognare il futuro senza paura. Abbandonate le maschere e i sigilli, e guardate il tramonto con occhi nuovi: da domani, vorrei che tutto per voi possa essere diverso. Così come lo fu per me quando me ne andai dall’isola finita la scuola, per vivere un’altra vita. E ricordatevi una cosa: noi saremo sempre qui ad aspettare il vostro ritorno, un giorno.”

 

«««

 

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COOOOOOOOOOOOOOOOOOFF.

Sì, okay, insultatemi pure. Ci ho messo un sacco di tempo, imploro perdono ç_ç

Ma la Prof. Okamoto mi ha messo un po’ in difficoltà °__° in effetti è quella che alla fine sull’isola se la passava alla grande, quindi non vedevo alcun motivo per potesse spingerla a cambiar vita xD

Quindi ho preso quest’occasione per farle interpretare il ruolo dell’adulta saggia dispensatrice di consigli, per una volta ù__ù

È venuto un capitolo un po’ diverso, spero non vi dispiaccia. Il fatto che finisca così aperto è funzionale agli ultimi capitoli ù__ù/

Ora ne mancano solo due, per i quali mi impegnerò al massimo *ççç*/

Alla prossima <3

KIRABOSHI! «««  è__é7

 

Luly

  
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