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Autore: Seehl    05/07/2011    1 recensioni
Questa storia partecipa al contest "Cangiante" indetto dalla pagina facebook: OCs' Place La casa dei tuoi personaggi originali;
Tema scelto: Meeting.
// Non so se possa essere contata come storia. Parla di me, della mia relazione con il mio personaggio più importante, Zed, e un po' di riflessioni a caso.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al contest Cangiante indetto dalla pagina facebook: OCs' Place La casa dei tuoi personaggi originali;

Tema scelto: Meeting.

 

 

 

Forse per chiunque alzarsi la mattina, aprire gli occhi e trovarsi rannicchiato accanto un metro e cinquantuno di pura dolcezza con i capelli più lunghi di lui, nerissimi, gli occhi acquamarina chiusi e il pollice posato infantilmente sulle labbra può essere sconvolgente. Inaspettato. Forse anche insperato, chissà.

Per me, che ogni mattina ho questa visione meravigliosa, è tutto normale.

Penso che ci siano persone, scrittori, roleplayer, che si inventano delle storie con dei personaggi meravigliosi; ma le inventano e basta.

E i personaggi restano frutto della loro mente.

Ed è lì che riposano, attendendo che siano le loro "madri" a scrivere di loro, per loro.

Per me, beh, è diverso. Cioè, da quando mi sono trovata Zed accanto, a causa di una role più che casuale con la mia migliore amica, non me lo sono più scollato.

Anche adesso che scrivo è qui a guardarmi male, borbottando che potrei anche smetterla di fare tutte 'ste scene, perché lui sa perfettamente che mi fa piacere che lui sia con me.

Beh. E' vero, in effetti. Come dargli torto?

Da quando condivido la stanza con questo dottorino eccentrico, sto meglio. E non sono sola. Giuro che è bello, a farci l'abitudine.

L'argomento del contest è "se lui apparisse e tu potessi passarci una giornata". Quindi, eccomi a parlare di una comune giornata con il frutto della mia mente malata, sì.

 

- Buongiorno, Zed.

- Bonjour.

 

Ecco. Mi saluta in francese. Poi si chiedono perché sia diventata così brava in francese in così poco tempo, a forza di vivere a stretto contatto con un piccolo genio della sua lingua..

 

- Alziamoci, ah?

- Hai la scuola?

- Beh, sì. Sai com'è.

- Resto a casa, allora.

 

Un'altra scena molto normale della mia vita. Perché vivere con Zed vuol dire anche essere pronta a fare tutto da sola, oppure in sua perenne compagnia. Dipende da come gira al mio piccolo lunatico, già.

 

- Ma oggi c'è il compito di francese.. dai, vieni ad aiutarmi!

- Se non fai da sola poi non impari nulla, bête.

- Non rivolgerti così a tua madre, vieni, daaai!

- … Non ne ho voglia.

 

Mogia mogia, esco dalla mia camera. E improvvisamente cambia idea, si infila una maglia nera e un pantalone di identico colore, un paio di calzini spaiati, le scarpe e l'enorme camice che quasi gli struscia a terra. Si da una pettinata agli infiniti capelli che ha sulla testa, mi affianca, fissandomi.

 

- Beh?

- "Beh" cosa, hai detto che non venivi.

- Ho cambiato idea. On y va?

- … Sì, Zed.

 

Mi stupisco sempre quando mi rendo conto che mamma e papà non lo vedono, e neanche mia sorella, anche se sono convinta che lui e i miei due gatti neri abbiano un certo feeling.

E mi stupisco anche quando prendo i cereali per me e faccio per offrirli anche a lui, ricordandomi solo dopo che non mangia quasi niente.

Così, ogni mattina faccio colazione, metto i libri nello zaino, mi vesto e, che lui ci sia o meno, esco di casa, in moto con mio padre, verso la scuola.

Volete la verità? Penso che quando vado a scuola Zed mi segua volando, o qualcosa di molto simile. Perché, ecco, non mi spiego come faccia ad arrivare a scuola prima di me e senza alcun mezzo di movimento, dato che io in un quarto d'ora arrivo a scuola in moto.

 

- Alla buon ora.

- Scusa sai, io non so volare.

- Oh, ma neanche io, cherie.

 

Di solito a questo punto scuoto la testa e lascio correre. Poi insieme ci facciamo la salita che ci separa dal luogo che odio di più al mondo, la scuola.

Anche perché, come al solito, non ho studiato nulla né fatto alcun compito.

Non per motivi familiari, per mancanza di intelligenza o che so io.

E' che trovo la scuola così inutile, le cose che ci insegnano così banali. Come posso essere motivata se mi chiedono di fare versioni, espressioni, riassunti e cose del genere?

Entro in classe, ed è vuota. Sono sempre la prima. Sospiro, faccio cenno a Zed di stare zitto, poso lo zaino sul primo banco davanti alla cattedra, la mia condanna eterna.

Apro le imposte, apro le finestre. Mi godo la frizzante aria mattutina, mentre Zed si siede sul balconcino, osservando fuori.

 

- Arriva M.

- … L'ho vista, sì.

- Che farai?

- Mi siederò e mi metterò a leggere.

 

Ed è ciò che faccio. Mi siedo, tiro fuori un libro, un thriller, o un horror, e leggo. Fregandomene del fatto che entrano gli odiati compagni di classe, fregandomene dei professori, della stupida preghierina di inizio giornata, delle stupide correzioni dei compiti. Zed mi spalleggia, leggendo con me, assorto.

E pensare che un tempo odiava leggere..

 

- Quando c'è il compito di francese, ah?

- Mhn. Non ne ho idea. Quinta ora? Quinta ora.

 

Me ne sono sempre fregata dell'opinione che potrebbero avere gli altri di me, me che parla da sola, me che ogni tanto ride immotivatamente in mezzo alla lezione perché magari Zed si è messo a borbottare tra sé qualcosa di molto stupido.

Non c'è nessuno che sa che Zed è sempre accanto a me, seduto al banco accanto al mio, perennemente vuoto. Non c'è nessuno che sa che quello che scrivo a scuola sono frammenti della sua storia che ogni tanto si degna di raccontarmi.

Quando ci sono i compiti di francese, se gli gira bene, mi aiuta.

Sennò parla troppo velocemente e io non lo seguo, e sbaglio tutto. Per questo la mia media quest'anno era di 6, è tutta colpa sua.

 

- Hai finito, con la scuola?

- Sì, sì, ora usciamo.

 

E come sono la prima ad entrare in classe, sono la prima ad uscire, scura in volto, la cartella in spalla e il libro in mano, una penna sull'orecchio, i capelli al vento per come corro veloce.

Voglio andare via, correre fuori da quelle mura che mi opprimono con i loro pregiudizi e i loro sermoni cattolici.

Scappo all'aria aperta, respiro l'aria di Roma. Ecco, questa è una bella aria. Non quella rarefatta e clericale che si sente ogni momento della giornata.

Zed concorda con me, penso. Lui è ateo.

 

- Torniamo a casa?

- Non.. Facciamo una passeggiata a Villa Borghese.

 

E' sereno e pacato quando mi chiede le passeggiate ed io, anche se vorrei tornare a casa, togliermi l'uniforme e i dannati libri scolastici dallo zaino, non gliele nego mai.

Villa Borghese è un enorme parco. E' il posto che preferisco per andare a leggere, quando non piove o quando non fa troppo caldo, se non voglio subito tornare a casa.

Zed anche su questo è d'accordo, e non fa altro che ripetermelo.

Invece di andare a prendere la metro, ci facciamo il percorso a piedi, fregandocene del tempo che passa. Solitamente, stiamo zitti.

Che vogliamo farci, è molto laconico, quando si tratta di parlare con me.

 

- Ehi, parliamo un po'? Ti va..?

- Mh, se proprio devo, ok.

 

Mi da l'ok per parlare, allora tiro fuori il cellulare, faccio finta di rispondere ad una chiamata e parlo con lui, fingendo di stare al telefono con qualcuno.

Di cosa parliamo, beh, dipende. Se gli gira bene, facciamo certi discorsi da far paura. Se gli gira male, risponde a monosillabi e a volte mi insulta pure.

Non che lo faccia con cattiveria. E' solo un po' lunatico, piccolo lui.

 

- .. Sì, ok. Sil, torniamo a casa.

- Va bene, Zed..

 

Ogni tanto sì, mi chiama per nome. Andiamo a prendere il tram, poi il bus, e lui sta in piedi ad osservarmi dal basso del suo metro e cinquantuno, pensieroso.

Se stiamo ancora parlando, io guardo fuori dal finestrino, il cellulare attaccato all'orecchio, e gli parlo. Sennò metto la musica, rispettando il suo silenzio.

Arriviamo a casa, e se mamma c'è mangio, se mamma non c'è digiuno. Vado al computer, scrivo, ruolo, chiacchiero.

In tutto ciò, Zed sta seduto ai piedi del mio letto, davanti a me, a gambe incrociate. Mi osserva senza parlare, spesso resta lì fermo per ore, oppure affila le sue "armi".

Ah, sì, questo non ve l'ho detto.

Lui, lui è un dottore di manicomio schizzato dal passato orribile.

Tortura e uccide, pazzi e criminali, per una vendetta che si è autoimposto di compiere.

Sì, beh. E' un po' disturbato, Zed. Ma io lo adoro anche per questo.

Poi, ad un certo punto, mi viene l'istinto materno di abbracciarlo.

Mi alzo dalla scrivania e abbraccio il nulla, che io però vedo e sento.

C'è una forza che mi impedisce di stringere di più le braccia, oltre alle spalle di Zed. Forse è quella cosa chiamata autosuggestione, ma a me va bene così.

E' bello stringerlo, sentire i capelli sotto le dita, poterlo accarezzare..

Non so come facciano coloro che non vedono il proprio personaggio, coloro che non lo sentono presente accanto a loro. Non so come possano ideare una storia senza interagire con lui, chiedergli di sviluppi che gli piacerebbero, scusarsi per il dolore che gli verrà arrecato in una certa scena.

Io sono scrittrice, ma sono scrittrice solo della sua storia e di nessun'altra.

E' vero.

Ci sono personaggi secondari nella sua storia, nella storia di Zed. Ci sono i suoi amici, i suoi nemici. Il suo amore, da vendicare. L'altro amore, che l'ha tradito. L'ultimo amore, con cui passerà la sua intera esistenza.

Ogni tanto mi chiedo come sarebbe condividere la mia vita con un altro personaggio, magari meno importante, ma comunque che non sia Zed.

Sì, mi sono anche chiesta come vivrei senza quella presenza onnipresente della mia vita, quella presenza che mi fa compagnia anche ora che scrivo, come ho detto sopra.

.. Non vivrei.

Non per altri motivi stupidi o che so io. E' che ormai Zed si è rubato metà del mio cuore, metà della mia mente. E' lì, e ci rimarrà.

Se dovessi estirparlo, non so. Il paragone perfetto sarebbe "mi perderei in un mondo buio", perché questo è, il mondo. Il fatto che poi ci sia lui che mi fa stare meglio è ciò che mi motiva ad andare avanti.

 

Ora, penso che chi leggerà tutto questo non potrà che prendermi miseramente per pazza. Una pazzoide schizofrenica che sente le voci e si suggestiona con le idee confuse di una vita nella solitudine.

E se anche fosse?

Non rinuncerei a questa follia per niente al mondo, perché non ho gli incubi, perché quando vado a letto e lui è già lì, raggomitolato da ore, viste le mie notti in bianco, col respiro leggero di chi dorme senza problemi, io mi sento felice.

Forse, boh, è una felicità sbagliata.

Forse, boh, dovrei interessarmi "di più" del mondo qui fuori.

Ma perché, se il mondo qui dentro è così bello?

..

 

 

 

 

NdA

Sono sicuramente andata off-topic, ma in effetti non scrivevo per vincere. Scrivevo perché questa è una storia che in effetti covo nel cuoricino da un bel po'. E mettendomici d'impegno l'ho scritta tutta. Come sono brava!

… Zed è importante, per me. Tanto. E non so se i miei sentimenti / le mie emozioni si sono sentite abbastanza, in questa storia. Non ho pretese, sento che non "vincerò".

Ma in effetti, vincere?

Quando in gioco c'è lui, io ho già vinto contro me stessa per essere riuscita a scrivere.

Grazie dell'attenzione.

Sil~

   
 
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