Libri > Classici Novecento
Ricorda la storia  |      
Autore: yesterday    07/07/2011    2 recensioni
["Due" di Irène Némirovsky]
Quando era tornato — quando l'aveva voluta in moglie (e l'aveva avuta, perché da sempre Marianne era per Antoine ciò che Antoine desiderava che lei fosse, come una sorta di stramba legge di matematica applicata, incomprensibile ai più) —, era tutto finito. Irrimediabilmente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dévouement


«Oggi come sta?».
«Sempre uguale».
«E il cuore?».
«Resiste».

— Capitolo XXXIII.





Marianne osservava severa il suo riflesso allo specchio.
Aveva cambiato pettinatura da anni ormai, ma si sentì come se ne prendesse coscienza solo in quel preciso momento. Compì mezzo passo indietro, sino a ritrovarsi di profilo, e registrò come un’ombra quanto quei cinque anni l’avessero trasformata nel cadavere della ragazza che era.
Cadavere non in senso brutto, beninteso. Un cadavere solitamente è pacifico, immobile nel suo ultimo fiato, gli arti induriti nell’ultimo vano tentativo di aggrapparsi alla vita.
Marianne era così: serena. Non felice. Aggrappata alla vita ed alle convenzioni di una donna che sposa l’uomo per cui tanto ha sofferto, per poi rendersi conto d’aver sposato poco più che un conoscente, un compagno, un amico.
Non che fosse poca cosa, comunque.
Si sistemò il colletto della camicia di lino, quel gesto la riportò indietro al tempo in cui, arsa d’amore per il suo Antoine, aveva strappato il bavero della camicia bianca, forzato il cassetto del comò nella foga, fino a tagliarsi col legno, fino a tagliarsi persino dentro — oh, faceva un gran male, bruciava come il fuoco di un camino —, perché non c’era tempo, perché Antoine non l’avrebbe aspettata, Antoine se ne sarebbe andato.
Da Nicole. O un’altra amante per lei.
E avrebbe trascorso giorni vuoti ed interminabili — e li aveva trascorsi davvero, un inverno inestinguibile, la condensa che appanna il vetro —, perché Antoine era così volubile, ed anche se lei bramava una certa stabilità, Antoine era tutto ciò che avesse mai potuto desiderare.
Con un sospiro Marianne si sistemò anche la lunga gonna di velluto, ed allungò una mano fino alla pensante cornice accanto alla lampada da notte.
Conteneva la foto del suo matrimonio con Antoine.
E Marianne capì — lo capì in quell’unico momento, e si sentì per un attimo saggia, una vera filosofa — d’aver provato dell’amore entrambe le sfumature.
Lo capì osservando quella foto, il suo sorriso migliore e la vita stretta nell’abito bianco, e Antoine accanto a lei, il viso disteso di chi fa la scelta giusta e al contempo s’inganna.
Lei ed il marito s’erano condannati ad una sorta di piacevole detenzione, una pena ponderata, quasi decisa a tavolino.
Marianne era serena, con lui. Non felice.
Ma Antoine era in un certo senso la sua bilancia, Antoine forse era l’amore stesso.
Ne aveva assaporato appieno entrambi i piatti, pesato sofferenze ed appagamento.
L’aveva amato di quell’amore cieco, irrazionale e doloroso (un coltello dentro se stessa, ecco cos’era stato Antoine per lei). L’amore folle, l’aveva amato di sospiri e di parole non dette, di attimi quasi brutali e sgarbati. Ne aveva amato le poche certezze, aveva amato forse il modo in cui l’aveva fatta soffrire.
Premette l’indice contro il vetro freddo sopra alla foto, sul collo del marito.
Quel freddo le ricordò quel dicembre passato ad attenderlo ai giardinetti pubblici accanto alla sua vecchia casa.
Ebbe un vago sentore dei pensieri dell’epoca — Régine e Lord Sendham, era un buon partito, veramente un buon partito… Odile, ed Evelyne, Evelyne… —, ma subito li catalogò come poco importanti.
Aveva fissa nel cervello quell’esplosione di dolore muto, quel “non tornerà” risaputo, accettato, ma non per questo meno difficile.
E ricordò un barlume di saggezza nei suoi spensierati vent’anni, la conclusione del gioco, l’aveva capito per prima lei. Mancava il matrimonio, a loro, ecco cosa mancava.
« Che non si dica che è menzogna quanto le donne maturano più in fretta degli uomini » mormorò fra sé.
Che poi, le donne si adattano. Ci fanno il callo, persino alla sofferenza, e ci ricavano qualcosa.
Nel bene come nel male, le donne ci ricavano sempre qualcosa.
Gli uomini giovani sono frivoli, convenne. Fino ai trent’anni gli uomini sono poco coscienti della realtà. Tutti persi nelle loro folli idee di sregolatezza, soggiogati da quel concetto di libertà che per primo li incatena.
Se non altro gli uomini giovani sono imprevedibili. Una volta liberi davvero — autonomi, sposati, un uomo sposato è più libero di uno scapolo, seriamente — diventano noiosi.
La fiamma si spegne.
Antoine ci aveva messo un po’, ma era tornato da lei (da lei soltanto): « Marianne, quello che ci manca è vivere insieme, essere marito e moglie », le aveva detto.
Non c’era gioia in quelle parole: pura constatazione.
L’aveva notato anche Marianne stessa, dolenti anni prima, in un lampo di lucida consapevolezza, ciò che ancora non sapeva di Antoine era il risveglio al suo fianco. Il gusto del suo cognome accanto al proprio.
Due amanti non sono mai amici. Non riescono ad esserlo per forza di cose.
Due sposi, due sposi… Due sposi, vuoi per il tempo vuoi per gli anni che passano tra le stesse lenzuola, vuoi per i figli o per le liti, finiscono per diventarlo.
Ed era questa l’altra faccia della medaglia, l’altra parte dell’amore che Antoine rappresentava per lei.
Quando era tornato — quando l’aveva voluta in moglie (e l’aveva avuta, perché da sempre Marianne era per Antoine ciò che Antoine desiderava che lei fosse, come una sorta di stramba legge di matematica applicata, incomprensibile ai più) —, era tutto finito. Irrimediabilmente.
Marianne s’era convinta di una cosa: l’amore più vero vive nei ricordi.
Soprattutto nei ricordi del dolore, dei patimenti.
Così era iniziata una nuova stagione, per lei, l’epilogo felice della sua spensieratezza, il primo tempo del film al cinema.
Si erano sposati, e la brace s’era spenta.
Col matrimonio aveva sperimentato la parte matura dell’amore: la devozione.
Devozione che non è fedeltà, sia ben chiaro (scacciò con un cenno del viso il nome della sorella Evelyne e di Dominique), devozione è quello stesso svegliarsi l’uno accanto all’altro che era mancato a lei ed Antoine.
Una devozione tanto diversa dalle passioni che li avevano legati ai loro amanti, durante quegli anni… La passione distrugge più di quanto appaghi; la devozione no, la devozione dà serenità. Non felicità, ma pace.
Come era lei, com’era lui. Com’era il loro matrimonio intero.
Marianne frugò nel portagioie e ne estrasse la collana di piccole sfere d’ambra. La indossò e, subito dopo, con un gesto stizzito la ripose, sostituendola con una semplice collana di perle.
La fede all’anulare sinistro brillò alla luce della lampada.














Note:

Probabile che il libro da cui nasce questa storia sia sconosciuto ai più, ma consiglio vivamente di leggerlo, è impossibile non rivedersi nelle vesti di uno dei protagonisti.
Ad ognuno il suo modo di amare, ad ognuno Antoine, Evelyne, Marianne o chi per loro.
Io l’ho tanto amato.
Un coltello dentro se stessa, ecco cos’era stato Antoine per lei” è liberamente ispirata a “Che tu sia per me il coltello col quale frugo dentro me stesso”, da “Che tu sia per me il coltello” di D. Grossman, un altro tra i libri che più amo.

Yesterday.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Classici Novecento / Vai alla pagina dell'autore: yesterday