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Autore: claws    07/07/2011    4 recensioni
Storia di un gatto e di come una malattia possa colpire lui, il suo umano, e la loro casa.
I:Heracles non si sentiva spesso così irrequieto.
II:I rivali di sempre tentavano di proteggerlo, in un moto istintivo e antico quanto la specie felina.
III:Il telefono di casa Karpusi aveva squillato nel cuore della notte - le quattro, cinque del mattino.

[Heracles e i suoi amati mici]
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Grecia/Heracles Karpusi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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III: Eleftherìa ke Thànatos


Ad Heracles i miagolii acuti non avevano mai dato troppo fastidio. Da quando i gatti vivevano in casa sua - da sempre, a sua memoria -, erano parte integrante della sua giornata.
Ma c'era una differenza abissale tra i miagolii di altri mici e quelli di Tanas.
Il gatto dalla pelliccia nocciola era disperato, miagolava sofferente fino all'affanno, e grattava la porta di casa perché desiderava come non mai uscire all'aperto.
Heracles non poteva certo lasciarlo andare in giro, per di più l'animale non voleva saperne né di bere, né di assaggiare del cibo, né soprattutto di ingoiare le medicine necessarie - ma lo guariranno davvero?, si domandò un giorno Grecia.
Dovette portarlo un'altra volta dal veterinario perché l'antibiotico gli venisse iniettato sottopelle tramite una flebo, prima di poter notare un piccolo positivo cambiamento. Ora Tanas si avvicinava alle ciotole e annusava per bene i croccantini prima di metterli in bocca, e beveva tanta acqua, oh, se ne beveva.
Nei due giorni seguenti tutto sembrava prendere una piega migliore, anche Heracles era più rilassato e riusciva a pensare con più lucidità rispetto alle tribolazioni delle giornate precedenti. Sdraiato sul divano, con il viso affondato nel cuscino, sperava con tutta l'anima che arrivasse presto la fine di quel tormento.

Quel martedì sera, tuttavia, la situazione precipitò.
Mentre il resto della famiglia felina dormicchiava lungo i tappeti e nelle varie scatole del soggiorno, un miagolio intenso ruppe il silenzio della notte, seguito da altri versi meno stentorei ma inzuppati della stessa inquietudine.
Heracles si svegliò di soprassalto, spaventando un paio di micetti che dormivano accoccolati accanto a lui.
Tanas non era più nelle condizioni di restare relegato dietro il divano. Doveva tornare una volta ancora dal dottore, o il giorno seguente non avrebbe visto la luce del sole attraverso lo spiraglio tra le tende del soggiorno.

Il pronto soccorso li accolse immediatamente. Lo stesso veterinario che aveva visitato Tanas il sabato pomeriggio, quel maledetto giorno in cui Heracles aveva capito che qualcosa non andava, lo visitò e capì che doveva assolutamente drenare una volta ancora il pus tra le pleure dei polmoni; aveva congedato Grecia velocemente, prima di scomparire dietro una porta bianca come la pelle d'alabastro di un cadavere.

Il telefono di casa Karpusi aveva squillato nel cuore della notte - le quattro, cinque del mattino. La voce del medico, tuttavia, non poteva dirsi altrettanto vivace.
«Venga immediatamente.»
E cosa poteva aspettarsi, se non il peggio?

Le ciglia del castano si erano imbevute leggermente nell'acqua salata delle lacrime.
Tanas era steso sul tavolino dello studio, gli occhietti chiusi, una zampetta color crema sotto il mento, come se fosse addormentato.
Ma lui, nel sonno, si agitava spesso. E ora era immobile, racchiuso in un sarcofago trasparente e leggero.
Appena si sentì in grado di accarezzarlo, sorrise, amaro. Il pelo era morbido come la seta che sua madre gli portava dall'Oriente, lungo l'antica via terrestre che portava alla Cina, e i cuscinetti delle zampine erano rosa come il sorriso di una bambina.
«Lipame, Tanas.» Sussurrò, abbassando gli occhi, mentre la sua mano scorreva avanti e indietro sulla testolina. «Sinchorìste mu.»
Il medico attese qualche minuto. «Se fosse riuscito a superare questa infezione, in ogni caso le sue funzioni non avrebbero ripreso come prima. Non avrebbe più potuto correre o saltare, insomma.»
Quindi forse è stato meglio così.
«Cosa gli è successo?»
«Mentre drenavo il pus, ha avuto un collasso, e non si è ripreso. E' deceduto per insufficienza respiratoria, ci sono voluti pochi secondi.»
Non hai sofferto molto, eh, Tanas? Meno male.
Tiche li aveva assistiti troppo tardi per rimediare alla morte, ma in tempo perchè questa non fosse terribile.

Le ceneri furono sparse nel giardino dove Tanas era solito giocare con altri mici e dove adorava riposare, durante l'estate.
Heracles aveva trascorso molti giorni chiuso in casa, in compagnia della schiera felina che sembrava accudirlo con miagolii sconsolati e strofinii d'affetto. Aveva parlato a lungo con loro, con la voce roca per il dolore e uno pseudo-raffreddore che non voleva saperne di passare.
La libertà aveva superato la morte?
Sua madre gli aveva raccontato tante storie riguardo l'Oltretomba. Per quanto fosse cristiano, Heracles continuava a credere che quei miti avessero un misterioso fondo di verità.
E gli bastava chiudere gli occhi, per immaginare i campi verdi irrorati dall'acqua di un fiume e uno scricciolo nocciola riposare lungo la riva di esso, magari all'ombra di un albero, assieme a una piccola combriccola di felini che rumoreggiavano facendo delle dolci fusa.



Note Autrice:
Si concluse, quindici giorni fa, la vita terrena del mio micione adorabilmente idiota, ma inspiegalmente furbo.
Grazie al supporto della mia famiglia e di alcune mie amiche - ringrazio Ayame-chan, Nemeryal-san e Kya-chan, per la vostra grandissima disponibilità ad ascoltare i miei sfoghi -, ora va decisamente meglio. Grazie anche a tappy, spero che Gatto si sia ripreso dall'influenza.
Dedico questo ultimo capitolo a tutti coloro che, nella vita, hanno perso un amico, che fosse un gatto, un cane, un ornitorinco, o un essere umano.
Note linguistiche: «Lipame» significa «Mi dispiace». «Sinchorìste mu», invece, è «Perdonami».
Tiche è
la dea del destino, identificata dai Romani con Fortuna.
Le ultime righe sono un voluto accenno ai Campi Elisi. Certo, gli antichi Greci e Romani (o almeno Virgilio) - lo ritenevano il luogo dove gli eroi morti trascorrevano una vita migliore della precedente. Ma perché non pensare che anche i nostri co-abitanti possano avere un loro luogo meraviglioso? E' un'idea che mi piace tantissimo, e che fin da piccola ho sostenuto. Inoltre, Virgilio è il primo a chiamarli Eliseo, o Campi Elisi: Omero accenna "alla vita di pace e serenità che vi si conduce, all'eterna primavera che vi regna e alla fiorente vegetazione" (dal mio fidato libro di mitologia greca e romana). Virgilio li descrive a lungo, invece. Ma adoro questa idea di gioia dopo la morte.
Un grazie a voi che avete letto, alle persone che hanno deciso di seguire la storia mettendola tra i preferiti o seguiti, a tutti i mici che nella nostra vita ci fanno compagnia e che ci regalano, con un musetto dolce e una zampata, un miagolio e delle fusa, tanti sorrisi e serenità.
Adìo, gàto mu.
claws_Jo
  
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