Oltre
Partimmo io e i miei compagni, dirigendosi verso il luogo denominato nec plus ultra*.
Vidi i miei compari e i loro occhi giammai timorosi ma privati d’ogni esitazione,
furono pronti ad ardire al superamento dei limiti della conoscenza.
Giungemmo infine in prossimità delle imponenti Colonne d’Ercole, le attraversammo con la nave lignea e mi parve, un attimo solamente, che l’occhio* sulla prua ci stette scrutando.
Tutto fu immobile; sentii i fiati spasmodici dei miei compari, accompagnati come in un sofferto accordo dal mio.
L’ansia si dissolse e l’euforia accompagnata dai clamori di gioia riempì l’aria umida che ci circondava.
Del tempo passò da quell’apparente vittoria.
D’un tratto un fragore, come di onde che s’infrangono sulla scogliera, dopo di che fu quasi il nulla; se non un flebile risuono che mi parve appartenente a una sirena ammaliatrice: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.
Penelope, moglie mia.
* nec plus ultra: locuzione latina incisa sulle Colonne d’Ercole, che significa “non più avanti”.
* occhio: nell’antica Grecia era in uso dipingere un occhio sulla prua delle navi, che serviva ad annullare e allontanare influssi maligni.