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Autore: Ravenwood    12/07/2011    1 recensioni
Thomas era così innamorato di se stesso da non riuscire a fare a meno delle attenzioni altrui, dagli sguardi invidiosi o ammirati dalle sue doti sul campo da football e nella recitazione, e aveva sempre l’occasione di fare sfoggio di sé. Nelle partite contro le altre scuole, o nelle recite scolastiche che il preside organizzava fiducioso ed esaltato. Sembrava perfetto, Thomas, ma si sa: nessuno lo è.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Gemiti.   Sospiri.   Baci rubati, espliciti, vogliosi.                                                                                                             
Brividi, brividi su tutto il corpo.
La stanza da letto era nella penombra, illuminata leggermente dalla luce della luna e delle stelle, semplici e silenziose spettatrici filtrate dalla finestra aperta, benché la notte non fosse così calda da permettere alle persone di non rinchiudersi nelle rispettive calde dimore.
Thomas guardava dall’alto l’ennesima ragazza che era riuscito a portare a letto. Insulso, banale oggetto.   Era bionda. O forse mora. Non riusciva a ricordarlo e non era nemmeno importante. L’aveva incontrata nel bar dietro l’angolo che fungeva anche da discoteca, dove la musica rock non era estranea, e lì si erano conosciuti abbastanza da pomiciare dopo qualche mezz’oretta passata a guardarsi maliziosamente. Questa gli piaceva più delle altre, tanto da decidere di concludere la serata con un po’ di sano sesso, invece di passare oltre e continuare a filtrare con altre ragazze. In fondo, era quello che voleva anche lei.               
Era sempre così da un anno a quella parte. Usciva la sera di soppiatto, sgusciava nel retro dell’Hugly Cats e cominciava a scatenarsi. Prima gli bastavano solo una o due bottiglie di birra, ora incominciava ad essere ancora abbastanza lucido a quota sei. Che fregatura, si diceva ogni volta il ragazzo, l’eterno donnaiolo. Aveva da sempre attirato gli sguardi e le attenzioni delle ragazze, fin dalle prime fasi dell’adolescenza. Era bruno, con i capelli costantemente ribelli, e gli occhi azzurri come il cielo d’estate e freddi e pungenti come i ghiacci del polo Nord. Una faccia d’angelo, un fisico scolpito e invidiabile, carnagione color cioccolato fondente.

Tutti, nella sua scuola, erano attirati da Thomas Campbell, dalla bellezza brillante come la luce del giorno ma nel frattempo scura e tenebrosa, come la notte senza stelle.
Tutti, alunni e insegnanti, vecchi e giovani, gravitavano come satelliti attorno a lui. E Thomas si beava costantemente di quelle attenzioni, le assorbiva insieme all’ossigeno, vitali come esso. Ma non bastava, non bastava mai.                                                                                                                                     
Thomas era così innamorato di se stesso da non riuscire a fare a meno delle attenzioni altrui, dagli sguardi invidiosi o ammirati dalle sue doti sul campo da football e nella recitazione, e aveva sempre l’occasione di fare sfoggio di sé. Nelle partite contro le altre scuole, o nelle recite scolastiche che il preside organizzava fiducioso ed esaltato. Sembrava perfetto, Thomas, ma si sa: nessuno lo è.

Katie, Lizzie, Lucy, o come diavolo si chiamava la ragazza sdraiata sotto di lui, ansimò di piacere e conficcò le dita munite di unghie a gel nella schiena di Thomas, che sentiva l’orgasmo di lei e raggiungeva il suo a ruota. Brividi di piacere si insinuarono nel suo corpo, e poco dopo scivolò via da dentro di lei e si rigirò nel letto, accomodandosi nel fianco destro del letto a due piazze.                                                                                      
Si sentì soddisfatto di sé. Era a quota sette quella settimana, ed era solo mercoledì.
Passarono circa dieci minuti distesi così, insieme, nel letto che odorava di sesso e nel frattempo di lenzuola pulite. Poi una voce tranquilla ruppe il silenzio.
‘’Vattene’’ disse, angelico.                      
‘’Cosa? ‘’ bofonchiò la ragazza, confusa ma ancora sveglia.                                                                                                                    
‘’Vattene ‘’ ripetè scocciato Thomas, assumendo un tono degno da essere sfoggiato ad una bambina stupida e capricciosa. ‘’ Non ti voglio qui. Vestiti, e non fare rumore. ‘’ 
Lei lo guardò, irritata e all’apparenza fragile.  ‘’ E-e mi sbatti fuori così? Come una sgualdrina da quattro soldi?! ‘’
‘’ Esattamente ‘’ rispose lui, contento di essere arrivato al nocciolo della questione.      
Le ragazze sono così seccanti, quando fanno le puttane e poi non vogliono essere chiamate tali.          

 Lucy, Eliza, o come si chiamava, si alzò dal letto e cominciò furiosa e cercare i vestiti sul pavimento, senza assolutamente badare al rumore che faceva. Sbattè un po’ dappertutto: sul letto, sul comodino, goffa come una gallina. Thomas ridacchiò di fronte a quella visione, mentre cominciava già ad accarezzare il suo smisurato ego, così difficile da rassicurare. Improvvisamente, fuori dalla porta della camera, sì udì il rumore di vetri spezzati. La porta si spalancò, mostrando una donna dai capelli quasi bianchi, vecchia,  con numerose cicatrici che le sfiguravano il volto. La ragazza a quella visione si coprì con la maglietta appena trovata, e si udì provenire da lei un urletto isterico, tipico di chi è stato beccato in fragrante.                                                          
‘’Mamma! ‘’ urlò Thomas, spaventato come non mai. Sua madre non usciva mai da camera sua, doveva ogni tanto portarle lui stesso da mangiare per evitare che morisse di fame. Per questo forse la sua camera puzzava di pipì, merda e di pizza marcia.                                                                                                                                                         
 ‘’ Canadesi! ‘’ urlò la donna. ‘’ Canadesi,figli di buona donna che non sono altro, sono entrati dalla soffitta, vogliono rubarci persino le palle, le palle sono importanti, noi non glielo permetteremo di rubarci le palle, vero?  Vero? ‘’ continuò a sbraitare cose senza senso con sguardo vacuo, a nessuno in particolare. Poi, finalmente, questo prese vita. Scannerizzò come un computer la cameretta, e si fermò su Thomas. ‘’ Tu ‘’ pronunciò con voce rauca. ‘’ TU! ‘’  Il ragazzo cominciò a dimenarsi dalle coperte, cercando di andare verso di lei, ma quella attraversò la stanza più velocemente di lui e , non curandosi della ragazza che la guardava impaurita dall’altro lato della stanza, cominciò a schiaffeggiare suo figlio. Schiaffi potenti, da far pulsare le guancia e farle diventare rosso peperone. Thomas la guardò terrorizzato, e cominciò ad urlare e cercare di tenere lontano la madre, che ora lo prendeva a pugni e calci. La ragazza scappò via, e Thomas si raggomitolò a terra, proteggendosi la testa con le braccia, incapace volente e nolente di alzarsi, mentre la furia della donna lo colpiva fisicamente.
‘’ Passerà.. passerà.. passerà.. ‘’ cominciò a cantilenare in lacrime nudo, a terra, indifeso mentre veniva picchiato dalla donna, sangue del suo sangue.

Sua madre.

 

  
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