Questa storia si è classificata seconda al Concorso
di Fanfiction Tema: L’Originalità organizzato da Ellephedre
Appena avrò un po’ di tempo libero
sistemerò con calma la storia in più punti, soprattutto nel finale che ho
scritto un po’ frettolosamente. Come sempre mi riduco all’ultimo minuto!
SERENITY
Pioggia.
La donna dai lunghi codini biondi
fissava dalla finestra della sua camera quel giardino terrestre: alberi senza
ormai alcun fascino, avevano perso i loro colori con l’arrivo dell’inverno.
Si reggeva a malapena in piedi, Il
suo viso era pallido e stanco. La vestaglia candida sfiorava appena le sue caviglie,
e i suoi piedi nudi erano a diretto contatto con il freddo marmo del pavimento.
Pioggia.
Quel fenomeno era completamente
assente sulla Luna.
Sulla Luna non esistevano le
stagioni. Di giorno il clima era mite, di un caldo piacevole. La sera invece, la
brezza fresca accompagnava serate romantiche e passeggiate sognanti.
Ma ormai, la Luna, come la ricordava
lei, non esisteva più. Al suo posto, un pianeta inospitale senza alcuna forma
di vita.
Una guerra atroce aveva segnato la
rovina del suo regno perfetto.
La sua vita e quelle delle persone a
lei più care erano state distrutte in modo atroce.
Ma sia lei che le sue compagne erano
vive, reincarnate nei corpi di ragazze terrestri.
Avevano avuto una seconda
opportunità, un’opportunità che non potevano assolutamente sprecare.
Sorrise asciugando una lacrima
ribelle che era sfuggita al suo controllo.
« … Serenity»
La donna alla finestra si era girata
di scatto, era così presa dai suoi pensieri da non accorgersi che qualcuno era
entrato nella sua stanza.
«Mercury,
Venus … » sorrise tristemente. Non aveva voglia di vedere
nessuno. Le capitava spesso di voler stare sola con se stessa e con i suoi
pensieri.
«Come stai questa mattina?» Mercury
si avvicinò e l’aiutò a sistemarsi sul letto. Appoggiò la mano sulla sua fronte
«Hai ancora la febbre alta».
Febbre. Non si era mai ammalata
sulla Luna.
«Sono solo un po’ stanca» e non solo
fisicamente.
Venus le rimboccò le coperte.
«Appena ti sarai completamente ristabilita faremo una delle nostre lunghe
passeggiate».
Serenity annuì debolmente.
«Qualcosa non va?» Domandò
preoccupata l’altra.
Serenity guardava un punto sul
soffitto «è vicina, lo sento. Vuole raggiungermi, ma … » fece una lunga pausa
«non riesce a trovarmi.»
Mercury si sentiva quasi
mortificata. «Non essere giù, non ti fa bene.» Erano giorni che ormai Serenity
andava avanti con quella storia «sono sicura che presto riuscirai a trovare
Mars.»
«Riusciremo. Tu, Venus e Jupiter mi
aiuterete. Vero?» Aveva bisogno di sentire che non era sola, che le sue guardiane
le avrebbero dato il loro sostegno.
«Qualcuno parlava di me?» Jupiter
aveva fatto il suo ingresso con un sorriso abbagliante, ed in mano un vassoio contenente un pranzo ricco ed
abbondante.
Solitamente le prelibatezze
preparate da Jupiter riuscivano sempre a mettere Serenity di buon umore, ma da
tempo aveva ormai perso l’appetito.
Venus aveva alzato il coperchio che
celava le pietanze. «Cosa vedo qui? Ramen, onigiri, verdure al vapore … una
bistecca?» Osservava a bocca aperta. «Ma come ti è venuto in mente di preparare
tutta quella roba per una sola persona?»
«Quello che ho preparato non è affar
tuo Mina ... » Jupiter rimise
imbarazzata il coperchio al suo posto «Serenity ha bisogno di nutrirsi bene per
guarire».
«Un brodino sarebbe stato più che
sufficiente … »
Serenity sorrise di gusto. Le sue
amiche, le sue guardiane erano tutto ciò che aveva, e ben presto il gruppo
sarebbe stato al completo. Con l’arrivo di Mars, l’ultima guardiana che mancava
all’appello, lei avrebbe riacquistato tutti i suoi poteri e un nuovo regno
sarebbe sorto.
«Ti ringrazio Jupiter, ma non sono
sicura di riuscire a mangiare tutto … »
«L’importante è che mangi tutta la
carne, quella ti fa bene … e anche le verdure.»
«D’accordo … » rispose infine senza
alcuna convinzione.
Mercury controllò per bene gli
infissi per evitare che ci fossero spifferi. «Adesso è meglio andare, Serenity
ha bisogno di riposare.»
Le ragazze si fissarono e annuirono
tacitamente.
Una volta rimasta sola, Serenity si
rialzò a fatica dal letto e tornò alla finestra.
Pioggia.
Quel fenomeno era completamente
assente sulla Luna.
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Mercury camminava lungo un corridoio
sterile, non un quadro, non una finestra, solo una lunga serie di porte
bianche. Venus e Jupiter la seguivano silenziosamente. Varcarono l’ultima porta
del corridoio con affisso un piccolo cartello: dressing room.
Quando furono chiuse all’interno,
Mercury si avvicinò a Jupiter con aria severa «Makoto, si può sapere che
diavolo stavi facendo?» Aveva quasi urlato mentre teneva il dito puntato verso
Venus. «Ti ho sentita sai? Stavi per chiamarla Minako!»
«Mi … mi dispiace … è stato un
lapsus» rispose dispiaciuta.
«Stavi per rovinare mesi di studio.»
Venus appoggiò una mano sulla spalla
di Mercury «Dai Ami non ti arrabbiare, Makoto non l’ha fatto apposta. Non è
ancora abituata al cambio di identità.»
«Che non accada mai più.» Si tolse
il camice bianco da tirocinante. «La mia tesi di laurea è tutta incentrata su
Serenity, sulla schizofrenia e la distorsione della realtà. Se viene a scoprire
che in realtà non siamo le sue guardiane, potrebbe perdere la fiducia che ha
riposto in noi.»
Makoto ripose la sua uniforme da
cuoca nell’armadietto. «Giuro che starò più attenta. Il fatto è che quando sono
davanti a Serenity mi sento strana … a volte ho come l’impressione di essere
realmente di fronte ad una principessa. Ha una bellezza regale e i suoi modi
sono così raffinati … »
«È vero. Anche io quando sono con
Serenity mi dimentico di essere con una persona disturbata» continuò Minako. «E poi la sua storia è così
affascinante: La bella principessa di un antico regno sulla Luna, si reincarna
nel corpo di una terrestre, e solo dopo aver ritrovato le sue quattro
guardiane, potrà riacquistare i suoi poteri per poter ricostruire il suo regno
qui sulla Terra ... »
«Minako ma cosa stai dicendo?»
s’intromise Ami. «Serenity, anzi Usagi, è una persona con un grave disturbo
della personalità. È una persona malata. Mi meraviglia che un’infermiera faccia
certi discorsi … »
«Ma dai, si stava solo scherzando …
Oggi sei un tantino acida!»
«Cosa?»
«Che ne dici di una birra?» le fece
l’occhiolino.
Ami fece un sorrisino, in fondo
Minako non aveva tutti i torti, quel giorno si sentiva particolarmente
lunatica, forse era a causa della pioggia.
Le ragazze uscirono dall’edificio,
fortunatamente aveva smesso di piovere. Percorsero allegramente un lungo viale
alberato; dopo circa otto ore chiuse in quella clinica, era sempre molto
piacevole la sensazione che si provava quando si respirava l’aria esterna,
anche se era inverno e faceva freddo.
«Maledizione!» Ami fu colpita da un
vago presentimento e frugò confusamente nella sua borsa. Come sospettava,
mancava il suo portafogli. «Ho dimenticato il portafogli nell’armadietto.»
«Ami Ami … » la rimproverò Minako
con sarcasmo. «La precisa e meticolosa Mercury non avrebbe mai fatto un errore
simile!»
«Piantala!» disse fintamente offesa.
«Voi avviatevi, io recupero il portafogli e vi raggiungo.»
«Ok, ma non metterci delle ore.»
«Sì, Sì, sarò veloce» disse mentre
s’incamminava verso l’ingresso della clinica.
Con passò svelto percorse il lungo
ed interminabile viale alberato. Raggiunse rapidamente gli spogliatori. Tre,
uno, quattro, uno, cinque, era la combinazione di cinque numeri che inserì per
sbloccare il lucchetto che sigillava il suo armadietto, e … click! Sorridente
afferrò il portafogli e dopo aver dato una rapida occhiata all’interno,
richiuse l’armadietto. Giunta di nuovo all’esterno, si rese subito conto che
aveva ripreso a piovere. «Che iella!» ma non era un problema, il piccolo
ombrello che aveva in borsa, non era molto resistente, ma avrebbe retto per
l’intero il tragitto fino al pub dove la aspettavano le altre.
Quando attraversò per l’ennesima
volta il viale alberato e raggiunse il cancello principale della clinica, non
poté non notare una ragazza che la osservava. Non aveva l’ombrello, e i suoi
lunghissimi capelli corvini erano completamente bagnati.
«Ha bisogno d’aiuto?» Ami si rivolse
alla strana ragazza.
Quella sorrise dolcemente. «Beh, è
una situazione un po’ strana … » arrossì. «Io devo incontrare una persona che è
in questo ospedale.»
«Si tratta di un paziente?»
«Questo non lo so di sicuro … credo
di sì.» Sembrava confusa.
«Sa almeno il nome di chi cerca?»
«Sì, sì … »
Oh bene, altri imprevisti … «Io
conosco i nomi di tutti i pazienti della clinica.»
La ragazza si sentì sollevata. «Sto
cercando una ragazza … una donna. Il suo nome è Serenity.»
Ci fu una lunga, interminabile
pausa.
«Cos’è uno scherzo? È stata Minako a
dirti di fare questo?»
«Oh no, nessuno scherzo … »
«Mi dica allora per favore chi è
lei, e cosa ci fa qui?» Ami iniziava ad innervosirsi.
«Il mio nome è Rei, sono una
sacerdotessa shintoista.» Abbozzò un lieve inchino «spesso durante le
meditazioni ho come delle visioni. Visioni che mi hanno portato qui.»
Ami aveva coperto la ragazza col suo
ombrello, ma sembrava alquanto perplessa e allo stesso tempo interessata.
«Parlami di queste “visioni”»
Rei dentro di sé sapeva di potersi
fidare. «Durante la preghiera, spesso raggiungo una concentrazione tale che mi
permette di stabilire dei contatti con forze sconosciute, spiriti.» Era seria.
«Oh … quindi sei qui perché ti ha
contattato uno spirito che vive in questa clinica?»
Rei fece di no con la testa. «Non si
tratta di uno spirito, ma di una persona che possiede una forza senza pari.»
«E vuoi che io ti creda?»
«No, voglio solo poter incontrare
Serenity … »
«No!» Ami aveva alzato la voce. Non
poteva essere vero, non stava accadendo realmente. «Non c’è nessuno con quel
nome in questa clinica.»
«Io la sento … è qui!»
«Se ne vada.»
«Lei non capisce, io le ho promesso
che l’avrei trovata … lei mi sta chiamando, ha bisogno di me!»
«Senta» Ami cercò di dimostrarsi
comprensiva. «Le mostro il registro dei pazienti, così si renderà conto che non
esiste nessuna Serenity.»
«Va bene.» Rei non era molto
ottimista, ma era un modo come un altro per entrare nell’ospedale.
Aveva consultato da cima a fondo il
registro, ma come si aspettava senza alcun esito positivo. Ma Serenity era lì,
sentiva il suo potere. Doveva raggiungerla.
«Bene, spero che adesso ti sarai
convinta … »
Rei fece cadere volontariamente il
pesante registro a terra. Ami si chinò per raccoglierlo … quello era il momento
giusto per agire. Riuscì a defilarsi e a correre verso le scale. Doveva
raggiungerla.
Ami si accorse quasi subito di
quella fuga inaspettata. «SICUREZZA!»
Rei raggiunge il primo piano, non
era lì, doveva salire ancora.
Secondo piano, no. Ancora un piano,
era vicinissima.
Terzo piano. Sì. Era lì, il potere
era fortissimo, quasi palpabile.
Sapeva benissimo dove andare, corse
verso l’ultima porta del corridoio, ci sbatté contro con forza. «SERENITY!»
Serenity dall’altra parte si era spaventata.
Curiosa andò verso la porta. «Chi è?» guardava attraverso una finestrella fatta
di un vetro molto spesso e resistente posta al centro della porta.
«Serenity sono io … » Rei cercava di
aprire la porta, ma i due uomini della sicurezza l’avevano fermata appena in
tempo.
«Mars! Mars sei tu … » era davvero
Mars, l’ultima guardiana. Serenity appoggiò i palmi sulla porta.
Arrivò anche Ami «PORTATELA VIA!»
I due uomini afferrano Rei per le
braccia e la trascinarono via di peso.
«NO … MARS!» Serenity fissava
incredula Mercury. «MERCURY È MARS, È LEI! NON PUOI MANDARLA VIA!»
Mercury abbassò lo sguardo, non
aveva il coraggio di guardarla negli occhi. Poi si rivolse ai due uomini.
«Portatela via» ripeté.
In quel momento Serenity si sentì
sola.
Sola.
L’urlo che lanciò fu agghiacciante.
Ami non ebbe il coraggio di
guardarla. A testa bassa stava andando via.
«DOVE CREDI DI ANDARE?» Serenity
batteva i pugni contro la porta «FAMMI USCIRE DI QUI!» continuava a prendere la
porta a calci e pugni. «VOGLIO USCIRE DA QUI!» piangeva.
Più si dimenava contro la porta e
più si rendeva conto che era una battaglia persa. Andò alla finestra. Una
resistente grata di ferro era posta davanti ai vetri, vi si aggrappò ed iniziò
a scuotere e a dimenarsi, ma niente. Quel posto era una prigione. Disperata
rovesciò a terra il vassoio con tutte le pietanze che Jupiter aveva preparato.
Afferrò le posate, ma quelle erano di plastica. Le sbatté violentemente a terra
rompendole. Il vassoio però era di metallo, poteva andar bene. Lo prese e si
scaraventò con violenza sulla finestrella posta alla porta. La colpì una, due,
tre volte, ma quella era indistruttibile. Poi alla decima volta il vetro iniziò
a scalfirsi, colpì ancora e ancora. I frammenti di vetro si riversarono sul
pavimento. Lasciò cadere il vassoio e prese a rimuovere altri pezzi di vetro
con le mani ferendosi le dita. Non c’era tempo da perdere, doveva raggiungere
Mars. Fece passare il braccio attraverso la finestrella rotta e poco importava
se i vetri residui le laceravano la pelle. Sapeva bene che quella porta si
poteva aprire solo dall’esterno. Ancora un piccolo sforzo, riusciva quasi a
toccare la serratura.
Ami assisteva alla scena inerme,
Serenity non si era mai comportata così. Era letteralmente impazzita.
Un gruppetto di medici ed infermieri
si era formato davanti alla camera di Serenity. «Presto, dobbiamo sedarla!»
disse qualcuno.
Poi, d’un tratto tutto divenne
sfocato, e fu il buio totale.
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Rei stava spazzando l’ingresso del
tempio. Quando la vide la riconobbe immediatamente ma cercò di ignorarla.
Ami si avvicinò stringendosi nel suo
cappotto.
Rei la
fissò negli occhi. «La tua presenza qui non è
gradita»
«Sono
venuta per scusarmi, l’altro giorno il mio comportamento alla clinica è stato
orribile.»
Era visibilmente pentita.
A Rei non interessavano le sue
scuse, voleva solo non vederla mai più. Le diede le spalle e s’incamminò a
passo lento verso l’entrata dell’abitazione accanto al tempio.
«Aspetta
non andare!»
Ami non poteva permettere che se ne andasse così, senza sapere la verità.
«Per
me può bastare»
«Ma si
tratta di Serenity … »
Rei finse una risata. «Non esiste
alcuna Serenity.»
«Ti
prego, solo tu puoi aiutarla.»
Ami si mise in ginocchio, scoppiò in lacrime. «Mi
dispiace, avrei dovuto portarti subito da lei. Ma tutte quelle coincidenze,
come potevo ignorarle … »
«Perché?» Rei la fissava negli occhi
«perché non volevi che la incontrassi?»
«Avevo paura; paura che tutto quello
che Serenity mi aveva raccontato fosse vero. Tutto ciò in cui credevo, gli
studi che ho fatto, si sarebbero sgretolati nel nulla.»
Rei si sedette su di un gradino.
«Chi è Serenity?» Sembrava più tranquilla.
Bella domanda. Ami la imitò
mettendosi accanto a lei. «Quando frequentavo il primo anno di liceo, avevo una
compagna di classe, Usagi.» Sorrideva ripensando ad Usagi e a quel periodo
spensierato della sua vita. «Era una ragazza fuori dal comune. Sempre allegra e
sorridente, carismatica. Non aveva un buon rapporto con lo studio, ciò
nonostante era riuscita a conquistare un timido e riservato topo da biblioteca
come me. Siamo diventate subito amiche, io la aiutavo con lo studio, e lei mi
insegnava a vivere la mia età. «A noi si aggiunse un’altra ragazza, Makoto;
formavamo un bel trio, sempre insieme, sempre affiatate.» Fece una piccola
pausa e divenne triste. «Poi Usagi iniziò a non venire più a scuola. Era a casa
malata ci dissero. I genitori non ci permettevano di vederla. Ci mancava.
Quando ormai io e Makoto credevamo di aver perso le speranze, eccola che
ricomparve. Ricordo che sembrava sconvolta. Era scappata di casa. Ci strinse le
mani dicendoci che noi avevamo un compito importante: quello di aiutarla e
starle vicino. Poi corse via. In seguito siamo venute a sapere che quello
stesso giorno Usagi aveva incontrato un’altra ragazza, Minako, e le aveva detto
le stesse identiche cose.»
«Usagi in realtà è Serenity …
giusto?»
Ami annuì. «Usagi venne ricoverata
in quella clinica per una gravissima forma di disturbo della personalità. Pian
piano Usagi scomparve definitivamente. Prese il suo posto Serenity. Si presentò
come la principessa della Luna reincarnata nel corpo di una terrestre. Il suo
obiettivo era quello di ritrovare le sue guardiane per riacquistare il pieno
possesso dei suoi poteri. Dopo di che, un nuovo regno guidato da lei, sarebbe
sorto qui sulla terra.»
«Una storiella inverosimile.»
«Già, ma non ti ho detto il seguito.
Dopo esattamente dieci anni, io, Makoto e Minako, pur avendo intrapreso strade
diverse, ci ritroviamo a lavorare tutte e tre nella stessa clinica dove Usagi è
ricoverata. Io sono tirocinante di psichiatria, Makoto lavora nelle cucine e
Minako è diventata un infermiera. In modo diverso, ci prendiamo tutte cura di
Usagi, proprio come lei ci aveva ordinato. Serenity ci ha nominato sue
guardiane … Non la trovi una strana coincidenza?»
Rei sorrideva «E se ti dicessi che
anche io ho incontrato Usagi dieci anni fa?»
«Beh, direi che è più che
probabile.»
«Ero proprio qui, su questi gradini,
seduta come adesso. Ero ancora una novizia. La vidi salire di corsa le scale e
dirigersi verso di me. La trovavo buffa, con quei codini bizzarri. Si avvicinò,
ma non mi disse di aiutarla, mi disse semplicemente trovami! Mi prese la mano ed avvertii subito una forte energia. Mi
sembrava una specie di sfida, e l’accettai. Cercavo di trovarla provando a
rintracciare quella energia. Ma era difficilissimo. Ho dovuto acquisire molta
esperienza prima di riuscire a ritrovarla. Ci ho messo dieci anni.»
Ami la guardò seria. «Non ci sono
più dubbi, tu sei Mars, l’ultima guardiana.»
«Così sembra … »
Ami si alzò. «Rei, non c’è tempo da
perdere, Serenity, dopo l’episodio dell’altro giorno non è più la stessa. È
apatica, non mangia più … si sta lasciando morire. Ed è tutta colpa mia.»
«Portami da lei.»
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Serenity era stata trasferita in una
nuova stanza. Senza finestre, nessun arredamento, neanche il letto. Solo
quattro mura e il pavimento rivestiti di gommapiuma. Era considerata
pericolosa, soprattutto per se stessa.
Rei entrò nella stanza accompagnata
da Ami, Makoto e Minako. «Serenity guardami … sono io, Mars!» le piangeva il cuore nel vederla accovacciata
in un angolino. I capelli erano sciolti, il volto spento e il braccio fasciato.
«Serenity torna in te … » aveva
sussurrato Makoto.
Venus le si era inginocchiata
accanto e la stringeva fra le sue braccia.
Rei afferrò la mano di Serenity.
«Ascoltami, so che mi senti … reagisci!»
Serenity avvertì un lieve calore che
dalla mano le si propagò in tutto il corpo.
Ami si avvicinò. «Serenity,
perdonami!» disse piangendo. «Non avrei mai dovuto impedirti di incontrare
Mars, ma avevo paura delle conseguenze, del futuro, temevo che la mia vita
potesse cambiare. Ma, ma adesso non ho più paura. Ritorna in te.»
Serenity sembrava non ascoltare. Se
ne stava immobile a fissare il nulla. Ma aveva capito; aveva capito di aver
sbagliato tutto. Egoisticamente si era preoccupata solo del suo regno senza
tener conto che i terrestri non erano ancora pronti.
Le ragazze rimasero lì per molto
tempo, e poi, stanche e afflitte, se ne andarono promettendole che sarebbero
ritornate a trovarla il giorno seguente.
Ma il giorno dopo con grande
sorpresa, trovarono solo una stanza vuota.
Cercarono ovunque ma senza alcun
risultato.
Serenity non c’era più.
Le ricerche andarono avanti per
giorni, mesi. Cercarono addirittura nel laghetto della clinica.
Sparita nel nulla.
Le ricerche vennero infine sospese,
e il caso archiviato.
Ben presto Serenity venne
dimenticata.
Di lei rimase solo una sciocca leggenda:
si dice infatti, che sia morta e che il suo spirito appaia nella clinica
durante le notti di Luna piena.
Nessuno ha mai più scoperto che fine
avesse fatto Usagi, o Serenity; ma c’erano ancora quattro ragazze che
aspettavano speranzose la rinascita di un regno meraviglioso.
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Notte.
Dall’alto di un grattacielo una
donna dai lunghi codini biondi osservava una Tokyo mozzafiato.
“Il mio regno può aspettare …”
pensava. “Fino a quel giorno, proteggerò la Terra e i suoi abitanti.” Sorrise
mentre la Luna illuminava il fiocco rosso che aveva sul petto.
Fine
Ragioni del
punteggio:
Originalità: non si è dato il punteggio massimo solo perché è un'idea che è
stato possibile leggere anche in altre storie, ma che comunque è stata trattata
in una maniera molto interessante
Trama: eh... la fine. Con un finale più corposo o
pensato la storia sarebbe stata migliore. Come trama infatti presenta un colpo
di scena e può sorprendere molto un fan della serie e di fanfic della serie.
Caratterizzazione: funzionale alla trama, è
approfondita bene dalle azioni e dagli stati d'animo dei personaggi.
Caratteristica che un po' si perde nel finale.
Stile e forma: buono stile, semplice ma efficace.
Non rimane impresso in sé, ma accompagna bene una bella storia.
Un enorme grazie ad Ellephedre
per aver organizzato questo concorso. Una bellissima iniziativa.
È stato divertente.
Scrivere, esprimere le mie ansie su
facebook, aspettare il verdetto.
Gioire per il secondo posto!
Naturalmente
ringrazio di cuore anche gli altri membri della giuria: Chichilina, Rox, Leaf81.