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Autore: BlueCandle    13/07/2011    1 recensioni
...e se Eloise non avesse mai conosciuto i meravigliosi Vandemberg? E se una volta, per caso, durante un viaggio...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Iniziava ad albeggiare e il sole, ancora assonnato, cominciava a stiracchiarsi, allungando le braccia per tingere di rosa e azzurro il cielo scuro.

 

Eloise Weiss era perfettamente sveglia e il suo sguardo pensieroso si perdeva oltre il vetro del finestrino, mentre il viso di lei veniva accarezzato dalla luce tenue e color albicocca del sole appena nato. Le case avevano smesso di sfilare poco dopo l'inizio del viaggio e il treno ora sferragliava fendendo la campagna silenziosa con il serpente di fumo bianco che per tutta la notte era rimasto a guardia della locomotiva.

Eloise incrociò le gambe e intrecciò la braccia sul petto. Il viaggio sarebbe durato ancora per diverse ore, quindi la giovane recuperò il trattato di medicina tirandolo fuori dalla borsa da viaggio posata di fianco a lei, e ricominciò a leggere.

Il vagone era praticamente vuoto, a parte lei e un paio di solitari viaggiatori ancora profondamente addormentati; quasi nessuno infatti era diretto ad Aldenor, dove c'erano solo il Palazzo Reale e la Cancelleria e Eloise, fermata dopo fermata, aveva visto la sciame di passeggeri sfoltirsi sempre più, il treno che sembrava sgonfiarsi come un palloncino vuoto.

Rilesse sovrappensiero e per l'ennesima volta l'accurata spiegazione teorica su come agire in caso di soffocamento, e il suo sguardo rimase fermo sull'immagine raffigurante un medico che stava praticando una tracheotomia usando una penna. D'un tratto però scorse con la coda dell'occhio che la porta di collegamento tra quel vagone e il suo precedente si era aperta silenziosamente, permettendo il passaggio ad un ragazzo, che non poteva avere più di diciassette anni. Mosse la testa da una parte all'altra, scrutando il vagone pressochè vuoto con gli occhi di un bell'azzurro, i capelli di un biondo particolarmente chiaro. Ad un certo punto incrociò il suo sguardo con quello di Eloise, che alzò la testa incuriosita quando lo vide dirigersi a passo veloce su di lei.

"Mi scusi..." Il giovane richiamò cortesemente la sua attenzione, e Eloise non potè fare a meno di sorridere di fronte a quell'espressione preoccupata.

"Serve qualcosa?" La ragazza chiuse il libro, poggiandolo sulle gambe e portando entrambe le mani come a coprirlo.

"Ecco... lei è un medico?" Le chiese mantenendo una certa cautela.

Eloise gli sorrise. "Quasi".

"E' una Scholara della Societas di Medicina?" Lui sembrò illuminarsi.

"Sì".

"Potrei osare e chiederle di farmi l'enorme favore di venire con me un attimo? Le sarei eternamente grato".

La ragazza mise il libro nella borsa e fece scattare i due fermagli che ne chiudevano il contenuto. "E' successo qualcosa? Sta male qualcuno?"

"Mio fratello".

Il ragazzo parlò nello stesso momento in cui Eloise, sfilato il mantello dall'appendiabiti e afferrata la borsa, si era alzata per seguirlo nella carrozza davanti.

"Tieni presente che sono solo una Scholara, non una Domina" gli ricordò lei, mantenendo lo stesso passo spedito del ragazzo.

"Immagino che lei sia uno Studente Anziano".

"Sono al secondo anno, sì".

"Allora andrà più che bene". Il ragazzo rise, lasciandola perplessa.

"Dal tuo tono non sembri molto preoccupato" osservò lei, piegando la testa per sbirciare il suo viso. Lui rise ancora, senza voltarsi.

"Infatti".

 

Procedettero in silenzio, camminando nella stessa direzione del treno, sempre più vicino alla locomotiva; quando varcarono l'ingresso della lussuosa prima classe, Eloise spalancò leggermente le palpebre, sorpresa, ma non disse nulla.

Il ragazzo marciò senza indecisione verso l'ala nord del vagone, quella in assoluto più curata e solitamente riservata ad ospitare persone di una certa rilevanza. La ragazza esitò un attimo quando vide ben quattro guardie alzarsi come un sol uomo pronte ad intervenire, ma ad un cenno del giovane davati a lei si sedettero nuovamente ai loro posti. Lui si voltò e le cedette il passo con un sorriso incoraggiante.

Eloise lo superò, e si ritrovò in quello che aveva l'aspetto di una piccola ma estremamente elegante saletta privata. Da dov'era, Eloise scorse immediatamente una prima figura su uno dei due sedili di fronte a lei, accasciato contro il finestrino con un'espressione di terribile sofferenza sul bel viso.

Si avvicinò a lui, e si chinò leggermemente in avanti per osservarlo.

"E' lei che si sente male?"

Il malato in questione socchiuse un occhio, che si rivelò essere di un turchino talmente vivido che sembrava avesse intrappolato in sè uno squarcio del limpido cielo azzurro di mezzogiorno, e lo richiuse subito dopo aver visto il volto di lei; quindi si portò una mano alla fronte con fare drammatico, coprendo in parte i luminosi capelli biondi, che sotto il sole rispondevano di riflessi ramati, ed emise un profondo sospiro, degno di un attore tragico.

Eloise sollevò un sopracciglio. "Era per caso un sì?" chiese ironicamente al fratello più giovane, restato in piedi di fianco a lei, che sorrise divertito.

"Sì, è proprio lui l'ammalato".

Eloise sobbalzò e si voltò di scatto, voltando il capo verso l'origine della voce, ben più profonda e accattivante di quella del giovane accanto a lei.

Non si era accorta, infatti, della terza delle presenze che occupavano quei posti costosi e che, a quanto pareva, non aveva fatto altro che osservarla dal momento in cui aveva premurosamente prestato attenzione al cosiddetto ammalato.

I capelli morbidi, di un biondo intenso, sembravano avere la capacità di catturare la luce del sole e rifletterla, brillando come fili dorati e accarezzandogli come un'onda la mascella. Il viso sembrava fatto di contrasti, naso lungo e affilato e zigomi alti che gli conferivano un'aria arrogante, la stessa aria che ora gli disegnava quell'espressione divertita sul volto dalla pelle chiara. Ma mentre Eloise scrutava accigliata i suoi tratti affilati, furono i suoi occhi a catturarla, immobilizzandola per un momento apparentemente infinito.

Se quelli del fratello sembravano riflettere l'azzurro del cielo, i suoi erano lo specchio della notte, di quello stesso blu talmente intenso e scuro da riuscire ad inabissare ogni sguardo che li incrociava, congelandolo all'istante. Sembravano scrutarle fino in fondo all'anima.

"Immagino che il minore dei miei fratelli abbia commesso l'imperdonabile errore di non presentarsi".

Con un unico movimento fluido si sporse in avanti, e gli occhi, dapprima così brillanti eppure cupi, vennero irradiati dal sole, assumendo la tonalità che raggiunge il mare dove è mare.

"Sono certo che non sarà un problema se vi porrò rimedio io. I miei fratelli minori: Jordan, al quale ha molto cortesemente concesso di accompagnarla fin qui..."

Jordan sorrise timidamente in direzione della giovane, che gli ricambiò il saluto.

"... e Bryce" rivolse un'occhiata annoiata al fratello, ancora apparentemente sofferente.

"-il suddetto malato".

Il maggiore dei tre fratelli raddrizzò la schiena, rimettendosi composto sul sedile; la mano parve voler descrivere un velato inchino verso Eloise.

"Io sono Axel Vandemberg"

 

 

"Eloise Weiss"

Per un attimo le parve che il mare in tempesta dei suoi occhi fosse stato solcato da un lampo, subito sprofondato nei suoi abissi più scuri.

Un mugolio sommesso interruppe i suoi pensieri e la fece voltare verso il mezzano dei Vandemberg, che la stava sbirciando da sotto le palpebre semichiuse, mentre restava accasciato nel suo sedile in poetico abbandono.

Eloise alzò il sopracciglio -di nuovo- e lo guardò di sbieco. Poi sospirò, e poggiò la borsa sul sedile libero rimanente.

"Bene, è ora di visitare il malato" annunciò, facendo scattare i fermagli dorati.

Ne trasse il suo stetoscopio; quindi, dopo aver lanciato uno sguardo di muta richiesta a Jordan, che la invitò nuovamente ad accomodarsi, si sedette di fianco a Bryce. Lo fece raddrizzare sullo schienale, per poi aiutarlo a sbottonarsi la camicia di seta chiara, lasciando intravedere il busto magro, ma dalla muscolatura nervosa, segno della fiorente giovinezza, la pelle chiara tipica della gente di Aldenor.

Poggiò lo strumento sul petto bianco; Bryce sussultò leggermente al contatto con il bordo freddo. "Scusate..." Eloise mormorò, senza alzare lo sguardo, concentrata sul battito regolare che le giungeva alle orecchie. Lo fece respirare più volte, spostando man mano il punto di contatto, quindi gli ordinò di tossire.

Eloise si sfilò lo stetoscopio, riponendolo nella borsa.

"Il verdetto?" Axel Vandemberg parlò senza nemmeno cercare di simulare il divertimento nella sua voce, la testa morbidamente sostenuta dalla mano chiusa contro lo zigomo.

"Sto morendo, vero?"

Bryce era indubbiamente disperato, intuibile dallo sguardo da cucciolo spaurito, con tanto di occhi completamente spalancati.

Eloise iniziò. "Il verdetto..."

"Sto morendo"

"...è che..."

"La mia vita si spegne... crudele vento di morte che soffia sulla fiamma del mio spirito tormentato..."

Eloise smise di parlare, ascoltando il drammatico delirio del giovane di fianco a lei.

Quando finalmente Bryce si accasciò di nuovo, forse per riprendere fiato dopo un tale fitto blaterare di bare e postazioni cimiteriali, la ragazza si schiarì forte la voce e si affrettò a sopprimere tutte le stupidaggini che stavano avendo libera uscita dalle labbra rosee di lui.

"Comunque..." Il tono fu abbastanza alto da permetterle di coprire i farfugliamenti del giovane ed attirare la sua attenzione. "Ciò da cui è afflitto è solo stanchezza, probabilmente causata dall'affaticamento del viaggio"

Rovistò nella borsa, e da un piccolo contenitore trasse quella che aveva tutta l'aria di essere una zolletta di zucchero.

"Nulla che non si possa curare con un bel tonico"

Fecero portare un bicchiere d'acqua e un cucchiaino, che Eloise usò per frantumare e sciogliere il cubetto. Quindi lo porse a Bryce, che solo allora, per bere, riaprì gli occhi.

"Dovrebbe agire in pochi minuti" disse Eloise, in tono sornione.

"Sapete, gentile donzella, la vostra presenza è stata la vera cura al mio terribile male"

Bryce Vandemberg sembrava essersi completamente ripreso, e ora le stava rivolgendo quello sguardo riconoscente e adorante che ogni bimbo lancia a chi gli porge un lecca-lecca.

"Mi fa piacere" Eloise sorrise, poi si alzò; le tre paia di splendidi occhi blu-azzurro seguirono il suo movimento.

"Bene, signori, sembra che il mio compito sia concluso. E' stato un onore conoscere voi tutti"

Il suo sguardo si soffermò sui visi dei tre fratelli, uno alla volta. L'ultimo blu che incrociò, quello più scuro, più seducente, la costrinse a non abbandonarlo subito, come invece aveva fatto per gli altri due cieli, uno più azzurro dell'altro. Si riscosse, maledicendo la sua debolezza, le guance vagamente tinte di rosso; sorrise, un po' impacciata, poi si voltò e si allontanò.

"Miss Weiss"

La voce che temeva di risentire per lo sconosciuto e devastante effetto che avrebbe potuto procurarle, la fece bloccare; respirò piano, e si girò di nuovo.

Axel Vandemberg, giunto alle sue spalle senza che se ne fosse accorta, si inchinò leggermente, sorridendo carismatico, très charmant.

“Se volesse riservarci il piacere di concludere l'ultimo tratto del viaggio in nostra compagnia, saremmo più che felici di invitarla a sedere vicino a noi”.

Eloise sembrò riflettere, lo sguardo fisso negli occhi ammalianti del giovane di fronte a lei.

Sorrise. “Con vero piacere, Principe”.

 
  
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