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Autore: Chichilina    14/07/2011    5 recensioni
Se la vita non era che il sogno di un sogno, un romanzo di cui essere lettori e protagonisti allo stesso momento, qualcuno in quello stesso istante stava sorridendo con lei.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
- Questa storia fa parte della serie 'Le (Mancate) Parole '
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Vorrei gridare al miracolo…non lo faccio solo per la paura che questa one shot vi faccia talmente schifo che invece di un miracolo vi sembri una disgrazia.
Cmq ho scritto, dopo tanto tempo, qualcosa di nuovo che voglio condividere con voi, amanti di questo meraviglioso fandom su Sailor Moon.
Questo lavoro è totalmente dedicato ed ispirato all’opera di Ellephedre. Ogni riferimento a scene o personaggi descritti  (anche solo dal punto di vista caratteriale) da lei è puramente voluto come una specie di tributo.

Avrei dovuto chiederle il permesso anche se si tratta di un tributo, non l’ho fatto solo per non toglierle la sorpresa di trovarsi a leggere una storia completamente dedicata a lei. Perciò su sua eventuale segnalazione  provvederò immediatamente a togliere questa storia da Efp.
Il senso di quello che sto per scrivere si riassume nel fatto che c’è tutto un mondo dietro ad ogni capitolo di una storia e nel caso di Ellephedre si tratta di un mondo meraviglioso ricco di dettagli, impegno e passione.
Spero davvero di essere riuscita a trasmettere questo in ogni riferimento alla sua regia che spero intravedrete leggendo quanto segue.
Grazie a tutti e soprattutto alla “Divina”, come la chiamo io, perché in questi anni mi ha regalato così tante emozioni che se riuscissi con questo tentativo a regalargliene una io ne sarei davvero onorata.
Chichilina

 
IL SOGNO DI UN SOGNO.
 
Era stata una battaglia lunga e sofferta.
Studiare ogni mossa, ogni dettaglio, ogni emozione l’aveva stremata più che partecipare al combattimento stesso con la violenza dell’attacco stretta nel pugno.
Aveva partecipato senza esserci, ma era la più stanca. Nessun taglio a dimostrazione dei colpi subiti, solo la consapevolezza di un direttore d’orchestra che ha suonato un concerto senza toccare nessuno degli strumenti.
Haruka invece era ferita nella carne. Il suo corpo sembrava di solo sangue costituito. Dove l’incarnato roseo e sano restava visibile, lasciava l’impressione atroce di una vitiligine deturpante.
Il suo viso era teso alla ricerca di un segnale, un assenso, per terminare quello che da ore aveva cominciato.
La bonaccia che regnava negli occhi di Michiru  era la meta del suo sguardo.
Si, era finita. Poteva mettere fine al quel momento di dolore.
Solo l’avversario, il nemico di questa avventura, lo sprovveduto invasore che aveva osato distruggere la serenità dei loro giorni riservati, non lo aveva ancora capito.
Presto se ne sarebbe accorto.
In serbo per lui c’era ancora ben poco da dire.
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Raccontare una giornata di sole può essere più difficile che narrare di un temporale, un terremoto, un’inondazione.
Il fatto che il sole ricopra ogni cosa con la sua polvere scintillante rendendo tutto più bello per il solo motivo di essere baciato da una luce gioiosa, diveniva banale da argomentare, se si decideva di evitare spiegazioni che avessero a che fare con teorie sulla luce, o spiegazioni scientifico-biologiche.
Un compito di scrittura creativa poteva mettere in difficoltà anche lei, Ami Mitzuno.
Mente geniale, frutto di altrettanta geniale intuizione.
Parole come “bellissimo”, “colorato”, “allegro” non erano opportune. Occorreva una ricerca approfondita di significati alternativi. Modi di raccontare diversi dove il vedere rubala l’attenzione al dire.
Non era la sola a saperlo mentre quel momento si svolgeva frutto dell’attenzione.
Però poteva riuscirci. Ne era certa. Sarebbe stata una nuova sfida: spiegare il banale rendendolo eccezionale. Si sarebbe concentrata, avrebbe trovato il giusto punto di vista, il dettaglio migliore, e avrebbe raccontato al suo lettore di un’emozione, non solo di una giornata dove le nuvole avevano lasciato il posto pieno al solleone.
Quello che Ami non sapeva, concentrata nella sua ricerca, era che in quello stesso momento non era la sola a sforzarsi di trovare il giusto modo per dire senza farlo.
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Mamoru Chiba sarebbe  diventato  un grande dottore.  Peccato non aver avuto il modo di terminare un percorso iniziato con tanto profitto e tanta passione. Altri erano i progetti che il destino aveva per lui.
Era un destino curioso e astuto che affondava nel passato le radici di proposte nuove eppure coerenti con la sua personalità .
Studiare la politica, relazionarsi con uomini che credevano di possedere il potere, preludio della vera forza, della vera ricchezza, sarebbe stato più utile per chi si apprestava a diventare nel giro di poco tempo, l’unico uomo al mondo che poteva davvero vantare una forza che fosse tale e un potere che potesse definirsi con quella parola carica di avidi appetiti.
Non che a lui interessasse davvero.
Tutto ciò che avrebbe voluto scegliere per il suo stesso percorso non avrebbe incluso altro che una certa testolina buffa e una piccola peste dai capelli rosa che aveva preziosi geni dalla sua parte.
Ma la sua felicità, i suoi sogni, i suoi passi da uomo e da re non erano determinati dalla sua volontà.
Se ne rendeva conto perfettamente anche in quel momento in cui, alle prese con una decisione non certo di vitale importanza, capiva che uomini come lui, nella storia della sua vita, non ce ne sarebbero stati molti.
La sua donna, ben più potente di quanto lui avrebbe anche solo voluto immaginare, lo avrebbe di certo divorato al posto del gelato che doveva comprarle se, alla fine del red-momento che quella sera si apprestava con somma gioia a vivere non avesse trovato in frigo i suoi gusti di gelato preferito.
Era meglio quindi rompere gli indugi e decidersi a comprare anche il gelato alla fragola, in caso vaniglia e cioccolato non fossero andati bene.
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Usagi trovava quello che stava per fare decisamente inutile. Nonostante il diverso pensiero di chi quel momento lo aveva previsto nei dettagli.
Erano ore che non faceva che farsi trascinare da un negozio all’altro alla ricerca di chissà quale meraviglia dai magici poteri ammalianti. Solo Minako poteva convincerla a spendere i suoi ultimi esigui risparmi in un  negozio di biancheria intima sexy.
Perché, si domandava affranta e sconfitta, spendere del denaro per qualcosa che tra poche ore non sarebbe stato indossato e visto per meno di una frazione di secondo?
Continuava a guardare il completo che Minako l’aveva costretta ad indossare nel privato di un camerino.
Pensare a quello che l’aspettava tra poche ore forse era l’atteggiamento giusto da avere in un negozio come quello. Mamochan aveva organizzato una cenetta romantica a casa sua per loro due soli e…insomma … di certo vederla indossare qualcosa di carino non gli sarebbe dispiaciuto.
Lo sguardo afflitto si era trasformato in un sorriso imbarazzato. Chi reggeva le fila del suo destino era stato magnanimo con lei, le aveva regalato un grande amore, delle amiche pazze e capaci di capire i suoi bisogni prima che lei stessa, e tutta una serie di meravigliosi momenti  che non sarebbe riuscita ad immaginare nemmeno da lì ai prossimi mille anni che l’aspettavano.
Sorrideva e, ne era sicura, non era sola a farlo.
Se la vita non era che il sogno di un sogno, un romanzo di cui essere lettori e protagonisti allo stesso momento,  qualcuno in quello stesso istante stava sorridendo con lei. Che fosse un suo compagno di avventura, un lettore o l’ideatore di quel sogno romanzato era lo stesso.
Si sentiva grata per quella condivisione.
Una sola domanda a sé stessa: possibile che tanti e tali profondi pensieri le fossero venuti in mente all’interno di camerino con indosso niente più che un filo interdentale bordato di pizzo?
   
 
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