They are feathers in the wind.
prompt: #031, bubbles
-Che ne diresti se aggiungessi un paio di acuti
anche qui?-
L’uomo alzò lo sguardo e
scoppiò in un risolino divertito, scatenando il lato fanciullesco
dell’amico che, offeso per la sua reazione, incrociò le braccia e
gli voltò le spalle.
-Eddai, Perc! Ora non incazzarti, su…-
ridacchiò ancora, andandogli incontro e tirandolo per una manica
vaporosa, ma l’altro si scostò bruscamente, lasciandolo di sasso.
-Dicevo sul serio, Jimmy.-
Il chitarrista stette a guardarlo per un
po’ e poi si lasciò cadere sul divano.
-… seriamente?-
-Seriamente.-
-Ok, seriamente.-
I due si guardarono per una frazione di secondo,
prima di scoppiare a ridere come dei perfetti deficienti.
-Ahahaha, Pagey! Avresti dovuto vedere la tua faccia, eri
spassosissimo!-
-Ammetto di esserci quasi cascato, maledetto…- gli sorrise l’altro di rimando.
A tutta quella scenetta avevano assistito un
paio di occhioni chiari, che però avevano
preferito concentrarsi in particolar modo su tutto ciò che li
circondava: il soffitto era tappezzato di affreschi religiosi, mentre in un
angolo vi era qualcosa che aveva tutta l’aria di essere un confessionale.
Gran tipo strano, lo zio Jimmy.
-Scarlet, Scarleeeet! Per la miseria, quante volte te l’ho
detto di non correre come una cretina, quando scendi le scale?!-
-Dev’essere
arrivata miss Raffinatezza.- sorrise Jimmy, sempre senza staccare gli occhi dal
foglio su cui, a mano a mano, stava trascrivendo gli accordi che più lo
convincevano.
Robert ridacchiò e si girò per
controllare come stesse il figlio, sorridendogli teneramente quando questi gli
aveva rivolto una linguaccia scherzosa.
-E che pizza, mammaa!
Fai questo, fai quello, non andare lì, non usare quella cosa, non
correre, non giocare, stai dritta, fai i compiti, sii educata, guai a te se non
usi le pattine, saluta sempre, lavati le mani… Bastaa!-
Una figurina minuta ma piuttosto energica aveva
fatto il suo ingresso trionfante in sala da pranzo, attirando
l’attenzione divertita dei due musicisti e quella curiosa del quasi
coetaneo.
Karac osservò
la bimba: portava un bel vestito rosso e i capelli scuri erano raccolti con un
nastro dello stesso colore. Quasi a voler far capire tutta l’energia che
aveva in corpo, la piccola muoveva ritmicamente i piedi, che sembravano quasi
prigionieri delle scarpette lucide di vernice.
-Jimmy, io… Io… Dille
qualcosa, cazzo!-
La bambina aveva riso istintivamente, dopo aver
sentito la parolaccia sfuggita dalle labbra educate di sua madre, ma non
si preoccupò di quel che aveva detto: sapeva che suo padre
l’avrebbe difesa, e così ne approfittò per sgattaiolare
furtivamente dallo zio Robert e stampargli un grosso bacio sulla
guancia, prima di potergli finalmente accarezzare quei meravigliosi ricci
biondi che tanto gli invidiava.
Nel frattempo il chitarrista, da buon padre
inetto qual era, era rimasto piacevolmente stupito dal caratterino che sua
figlia mostrava, così sempre più simile al suo, e aveva deciso di
divertirsi.
-Già, qui urgono dei provvedimenti seri.-
Si girò in direzione della figlia: -Scarlet…-
La piccola alzò il capo, alzando un
sopracciglio in qualcosa che pareva un misto tra l’attesa e un gesto di
sfida.
-… il tuo daddy ti fa i suoi più cari complimenti
per la maestria con cui riesci a tener testa a tua madre! Brava, tesoro mio!-
Tutti risero, tranne Charlotte che, inviperita,
se ne uscì dalla stanza a grandi falcate.
-Tu dici che se la sia presa?- chiese Jimmy alla
figlia, che gli si stava avvicinando ridendo.
-Naaah, le
passerà.- lo rassicurò lei, sedendosi sulle sue ginocchia e
abbracciandolo teneramente.
Riaprì gli occhi e incrociò lo
sguardo incuriosito di un bambino in salopette che sedeva nervosamente poco
distante: istintivamente gli sorrise, e lui fece altrettanto.
Scarlet balzò
giù dalle ginocchia del padre, svelta come una cavalletta, e si
fiondò immediatamente dal nuovo ospite.
-Sei il figlio dello zio Robert, vero?-
Il bimbo sorrise e annuì, confrontando
rapidamente il viso della sua interlocutrice con il profilo pallido e
seminascosto dai ricci scuri che poteva intravedere sullo sfondo.
-Benvenuto a casa mia, Karac.
Sono Scarlet.- gli strinse la mano, avvertendo il
padre che sarebbero andati a giocare in quel posto che sai tu.
Un leggero venticello sferzava la collina,
facendo arrancare i due bimbi.
-Ancora poco e siamo arrivati, dai!-
Scarlet aveva parlato
per tutto il tempo, raccontandogli dei litigi frequenti che aveva con sua madre
che, a suo dire, si sentiva trascurata da suo padre, ma anche quanto amasse
quell’uomo taciturno che suonava sempre la chitarra.
Karac capiva quel
tono sognante con cui la bimba aveva descritto lo zio Jimmy: era lo stesso che,
inconsciamente, assumeva anche lui, quando qualcuno gli chiedeva qualcosa riguardo
il suo.
Per tutto il tragitto se n’era stato zitto
e buono: ascoltare era forse il suo passatempo preferito ma, contrariamente a
quel che potrebbe sembrare, non lo faceva controvoglia. Almeno, non con Scarlet.
-Guarda, siamo arrivati!- esclamò vittoriosa
l’amica, mentre lui rimase a bocca aperta: il prato era totalmente
sommerso dai fiori, mentre un’enorme quercia sovrastava tutti
maestosamente.
Mentre si perdeva a guardare il panorama, non
notò che Scarlet si era già accoccolata
contro la corteccia dell’albero, intenta ad armeggiare con un contenitore
in plastica.
Le si sedette accanto e la fissò
sorridente, uno sguardo che la bimba interpretò erroneamente come una
domanda.
-Sono bolle di sapone. Le ho portate per giocare
un po’…-
Intinse il bastoncino nell’acqua saponata
e soffiò delicatamente, mentre la prima sfera uscì tremante,
scoppiando dopo nemmeno un secondo.
Dopo un paio di tentativi andati a male,
optò per la soluzione più semplice: corse un po’ più
avanti e, dopo aver intinto nuovamente la forma, girò perfettamente su
se stessa, creando un vortice di bolle iridescenti che fecero scintillare di
gioia gli occhi di Karac.
Questi l’applaudì festoso, e Scarlet si esibì in uno dei suoi migliori inchini:
dopodiché, ripeté il procedimento per un paio di volte,
finché non si schiarì la voce.
-Sai, Karac…
Quando mi sento sola vengo a giocare qui, e le bolle sono la mia unica compagnia… Ma non mi sento mai triste, perché
loro possono essere qualunque cosa io voglia: farfalle da inseguire, lucciole
da catturare, fate da aiutare… Oggi,
però, saranno dei mostri da sconfiggere, perché io ora
ho il mio cavaliere, e quel cavaliere sei tu.-
Il bimbo arrossì ma le si
avvicinò, accettando l’invito silenzioso della sua mano tesa, che
baciò piano.
In breve tempo la collina venne invasa da ogni
sorta di orchi, draghi e terribili mostri a tre teste che volevano solamente
uccidere la principessa Scarlet, non avendo
però messo in conto l’abilità dello spadaccino Karac, invincibile guerriero dell’Esercito del Falco
Dorato.
I due bimbi, ridendo a crepapelle, si lasciarono
cadere tra l’erba alta, esausti dai tanti giochi.
Scarlet non ricordava
un giorno uguale a quello, forse perché non ce n’era mai stato
uno, prima d’allora.
Con la coda dell’occhio sbirciò Karac, intento a giocherellare con una piuma, arrivata da
chissà dove.
Adorava l’espressione concentrata che
assumeva quando doveva sferrare il colpo di grazia all’ennesimo drago
risorto, o il modo signorile in cui le aveva baciato la mano.
Adorava le fossette che gli si formavano quando
sorrideva, e il fatto che tutto il corpo sembrasse risplendere quando lo
faceva.
Adorava i boccoli biondi che gli incorniciavano
il volto, e il fatto che averli più vicini a sé fosse così
dannatamente più facile di avere quelli dello zio Robert.
Karac stava
finalmente riprendendo a respirare regolarmente, quando notò le
scarpette di Scarlet volare per aria.
Si sedette di scatto e vide la bimba volteggiare
leggiadra, circondata dalle bolle: sembrava una fata.
Scarlet si accorse di
essere osservata e, nonostante l’imbarazzo, lo invitò ad unirsi a
quella strana danza, stupendosi per l’entusiasmo con cui lui aveva
accettato.
-Aspetta un attimo, così andrà
meglio.- e, con gesto rapido, si sciolse la coda, lasciando che le ciocche scure
le coprissero le spalle.
Dopodiché, afferrò incerta il
polso di Karac e gli legò intorno il nastro
rosso, mentre questi rifiutava di accettare questo regalo, solo perché è
tuo, ed è troppo bello per me.
Ignorando quei commenti, Scarlet
fece un bel fiocco e lo osservò orgogliosa, sorridendo poi al suo nuovo
amico.
-Così ti ricorderai di me.-
-Perché ti piacciono le bolle, Karac?-
-Perché hanno dentro tutti i colori del
mondo, sono leggere e possono volare…-
I due bimbi si guardarono e si sorrisero,
finché il maschietto si decise a rivolgerle la stessa domanda:
-E a te perché piacciono?-
La bambina esitò, inumidendosi le labbra,
quasi per pregustarsi quel che stava per dire.
-Sono fragili e scoppiano subito, senza
soffrire.-
A quelle parole Karac
tremò.
-Non mi sembrano delle cose belle…-
-Lo sono, fidati. Quanto darei per essere una di
loro! Alla nascita verrei ammirata dai bimbi, e dopo un paio di secondi… PUFF! Scomparirei, e non avrei sofferto
neanche un po’, nemmeno un pochino.-
Tra i due bimbi calò il silenzio,
interrotto solamente dal vento, che aveva preso a spirare con maggior vigore.
-… E allora io
sarei il cacciatore che ti acchiapperebbe e t’infilerebbe in una teca,
per poterti ammirare ogni giorno.- soffiò infine lui, stringendola a
sé.
Il vento, nel frattempo, portava con sé
le voci dei loro genitori, che li richiamavano a tornare a Tower
House.
-Maureen, scusa per il
ritardo ma ci siamo ritrovate imbottigliate nel traffico…-
-Non importa, finalmente siete arrivate.- il
viso della donna s’illuminò di un breve sorriso, mentre Charlotte
la stringeva tra le proprie braccia.
Da dietro le gambe della modella fece capolino
un visetto allungato che Maureen conosceva bene, e a cui non poté non
rivolgere un altro sorriso stiracchiato.
-Ma come siamo eleganti, Scarlet!-
disse fintamente allegra, sistemandole il cappellino che portava.
La bimba però non ci cascò e
tagliò corto.
-Lui dov’è?-
La donna sussultò e, a capo chino,
indicò una porta poco distante, abbandonandosi poi singhiozzante tra le
braccia dell’amica.
Scarlet se ne
andò subito a grandi passi, mentre in sottofondo sua madre confidava
all’altra: -Non riesce ancora a crederci.-
La bambina socchiuse lentamente la porta, che
emise un leggero cigolio, richiudendosela alle spalle.
Stette un po’ sulla soglia a rimirare il
volto pallido e meno tondo di Karac, sentendo
stringersi il cuore.
Non riusciva a capacitarsi per quale odiosissimo
motivo fosse dovuto capitare proprio a lui, tra tutte le persone che
c’erano a quel mondo.
Ma, proprio mentre era persa nelle proprie
riflessioni, una voce flebile la fece sobbalzare.
-Come…
come siamo eleganti, oggi…-
La bimba corse al letto e vide Karac sorriderle, un po’ più spento del
solito, ma comunque sempre in possesso di quel potere, capace di farle
tremare le gambe.
Era l’unico che ci fosse mai riuscito.
-Ciao, Karac…
Come stai?-
-Va un po’ meglio, grazie…
Tu?-
-Tutto bene, grazie.-
Stupida, non c’è niente che stia andando bene, diglielo!
-Sai che questo completo ti dona davvero molto?-
le sorrise, indicando il cappotto e il cappellino bordeaux.
Scarlet mantenne fede
al proprio nome e divenne rossa come un pomodoro, farfugliando in fretta un
-Grazie.-
La stanzetta diventò improvvisamente
silenziosa, se si escludeva il rumore di carrelli e distributori automatici in
funzione che proveniva dal corridoio.
-Senti, Scarlet…
Io dovrei dirti una cosa…-
La bambina annuì in fretta e gli si
sedette accanto, ansiosa di sentire cos’avesse da dirle.
-Questo…-
e alzò il polso, a cui era ancora legato quel nastro, -Vorrei che
te lo riprendessi.-
Scarlet sentì
il sangue gelarsi nelle vene, ma la lingua era ancora in grado di parlare.
-Non se ne parla, Karac.
È un mio regalo.-
Il bimbo le sorrise intenerito e
continuò: -Lo so, e mi piace da impazzire, ma…
Ma credo che non mi serva più. Sai, io sto…-
-Non dirlo nemmeno per scherzo! Non dirlo! Non
ti voglio sentire!-
Scarlet era balzata in
piedi, facendo cadere la sedia e premendosi prepotentemente le mani sulle
orecchie.
-Sono tutte bugie! Tu non mi puoi raccontare
bugie! Io mi fidavo di te! Io mi fidavo, lo capisci?!- urlò, mentre le
lacrime iniziarono a mescolarsi alla voce che le usciva strozzata dalla gola.
Karac la osservava
dispiaciuto, cercando un modo per farla calmare.
-Io… Mi dispiace…-
-Tu non dovresti nemmeno pensare a cose
così brutte, capito? Mettiti bene in testa che l’unico modo in cui
uscirai di qui sarà con me, e la nostra destinazione sarà la
collina, per un fantastico picnic! Mi hai capito?-
Il bambino annuì divertito e le strinse
il mignolo per suggellare quel patto improvvisato.
-E comunque avevi ragione tu: le bolle sono
meravigliose proprio perché spariscono in un attimo…-
riprese lui, con voce più flebile.
Scarlet notò le
sue palpebre farsi più pesanti e riprese a piangere.
-Ma la bolla ero io, Karac!
Tu eri il cacciatore che doveva catturarmi e poi proteggermi, per poter
rimanere sempre con me! E invece te ne stai andando, e io non sono una
cacciatrice in grado di acchiapparti…-
singhiozzò, prendendogli la mano.
Karac la
guardò e le sorrise dolcemente, tentando di alzare quel braccio,
senza però riuscirvi.
-Facciamo che questo sia stato il tuo retino,
ok?-
La bimba rise e altrettanto fece l’amico,
tossendo un poco.
Poi, acquietatosi, la guardò nuovamente.
-Se i mostri sulla collina dovessero ancora
darti fastidio, chiedi aiuto al mio papà: lui è il guerriero
migliore che esista.-
Scarlet rimase a
fissarlo impietrita, specie quando vide il petto fermarsi di colpo.
In lacrime, si alzò e lo guardò
per quella che credeva sarebbe stata l’ultima volta.
I ricci c’erano ancora, così come
le fossette che aveva tanto amato e quel sorriso leggero che sarebbe durato in
eterno.
Gli baciò la mano, come ogni principessa
bacia quella del proprio principe, quando questi se ne deve andare, ma,
riappoggiandola piano sul lenzuolo, da questa scivolò qualcosa.
La bimba si accucciò e raccolse
l’oggetto: una piuma, un ultimo arrivederci.
Soffocando un ultimo singhiozzo, la strinse tra
le mani e uscì dalla stanza a piccoli passi malfermi.
-Perché ti piacciono le piume, Karac?-
-Perché ci ricordano che
c’è sempre qualcuno al nostro fianco che non ci abbandonerà
mai.-
Credits titolo: All My Love - Led Zeppelin.
The song remains
the same.
Occhei.
Qualunque sia la vostra opinione riguardo a questo scritto, volevo
solamente dirvi che non intendevo farvi piangere (se l’avete fatto) o
intristirvi o vattelappesca, ma a mia discolpa posso dire che la
broncopolmonite fa questi cattivi scherzi (ebbene sì, gente! Madre
Natura nel pacchetto feriale di luglio mi ha donato pure questo simpaticissimo
omaggio; non è adorabile? <3) e che era da troppo tempo che volevo
scrivere su Karac e Scarlet.
Su di loro so pochissimo: lei è nata un anno prima di lui e non so se
si siano conosciuti, né mi ricordo se nel primo periodo in cui è
ambientata questa storia Page abitasse ancora alla Tower House, ma so che quella casa era zeppa di stanze a
tema meravigliose, e quindi mi sembrava un’abitazione perfetta per una
bambina fantasiosa come Scarlet.
Non sapendo nulla su di loro, ho quindi dovuto per l’appunto giocare
su queste loro personalità opposte: manco a farlo apposta, ho fatto i
due bimbi come due esatti contrari dei propri padri LOL
Però dai, ce lo vedevo un Karac timido e
riflessivo assieme ad una Scarlet più
espansiva ed energica, quindi ho preferito lasciare tutto così :)
Non so un fico secco nemmeno su Charlotte Martin (che a me sta un po’
sulle balle LOL ma devo ammettere che è stata una santa a sopportare Jimmurs :’D), e non mi ricordo nemmeno se erano
già in crisi o cos’altro; se non erro, in questo periodo, lei
viveva in libreria con Scarlet, mentre chi viveva con
Jimmy era Krissy Wood, fate conto voi TROLOLOL.
Poi boh, non saprei che dire: Karac ha la
salopette proprio come nel film The Song Remains The Same mentre, se non ricordo male, Scarlet
dovrebbe essere bionda :3
Se così fosse, qui è mora per esigenze tecniche, un po’
per ricreare il contrasto delizioso tra Jimmy e Robert; se invece è
mora, fate finta che non abbia detto niente :D
Bien, non so che altro aggiungere, se non che ho modificato il verso di All My Love per il semplice
motivo che in questa ff non è solo Karac ad essere una piuma nel vento, ma anche la stessa Scarlet, che vorrebbe trattenerlo a sé o seguirlo,
ma che sa di non poterlo fare.
Il mio pensiero va a loro, a Robert, a Bonzo e, ovviamente, ai Led Zeppelin
che, con questa canzone, mi hanno insegnato che tutto può rinascere
sotto una nuova forma.
Dazed;