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Autore: Lumik Lovefood    17/07/2011    2 recensioni
[SOSPESA, GUARDA PROFILO]
I cuori dei sopravvissuti erano pesanti come quei corpi riversi e contorti che diventavano a mano a mano più freddi, gelidi; c’erano conoscenti, compagni di guerra e dolore, amici.
Il gruppo Joui era completamente smantellato se non per quattro valorosi samurai, di fronte a loro due figure sconosciute, oscurate dall’ombra che man mano andava a dissolversi.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gintoki Sakata, Nuovo personaggio, Sakamoto Tatsuma, Takasugi Shinsuke | Coppie: Katsura/Zura Kotaro
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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cap 1

Somewhere I Belong









L’odore del sangue riempiva l’aria già satura del campo di battaglia.
I cadaveri giacevano a terra insozzando il suolo e tingendolo di rosso e rendendolo fango.
I cuori dei sopravvissuti erano pesanti come quei corpi riversi e contorti che diventavano a mano a mano più freddi, gelidi; c’erano conoscenti, compagni di guerra e dolore, amici.
Il gruppo Joui era completamente smantellato se non per quattro valorosi samurai, di fronte a loro due figure sconosciute, oscurate dall’ombra che man mano andava a dissolversi.
I samurai alzarono il volto verso di loro e si scambiarono un’occhiata complice, l’uomo dai capelli neri e corti fece un passo avanti e cominciò a parlare.
“Mostrateci i vostri volti, alieni!”
Il vento scoprì il cielo coperto da nuvole e rivelò le persone che erano davanti agli occhi degli umani, erano un Amanto dalla pelle smeraldo e una ragazza a capo chino con i capelli raccolti. Avevano entrambi delle spade ma, mentre la donna la riponeva accuratamente nel fodero, l’alieno la stringeva fortemente nella mano e sorrideva cinico.
“Sei stato accontentato…” rispose calmo questi ghignando verso gli uomini.
Takasugi grugnì rabbioso ed era pronto a fargli saltare la testa dal collo ma la mano scarlatta dell’argenteo che l’era affianco, lo calmò. Gintoki osservò meglio le due figure di fronte a sé: l’alieno aveva dei lunghi capelli grigio topo legati da una coda lenta e bassa, gli occhi piccoli e neri come la pece erano freddi e distanti, il naso piccolo e appuntito all’insù, il corpo dallo strano colore era muscoloso e coperto da macchie cremisi come il kimono blu elettrico che lo copriva e cui era fissato il fodero della sua spada. Ai piedi aveva dei semplici calzai in paglia.
La ragazza che l’era affianco, sembrava la più strana. Non aveva ancora alzato il capo e sembrava fissare imperterrita le punte dei suoi anfibi di pelle nera indossati su dei calzettoni bianchi, il kimono nero ornato da petali di ciliegio rosa antico le arrivava fino alla metà delle sue cosce bianche come la porcellana ed era legato da un obi del medesimo colore dei fiori e allacciato con un enorme fiocco in cui vi era la sua arma risposta accuratamente nel suo giaciglio. I capelli raccolti a crocchia erano un castano tendente al miele, lucidi come la lama di una spada. Non era certo un abbigliamento degno di una guerra così cruenta e mascolina e in sostanza, una guerra non era un posto adatto a delle signore.
L’alieno si accorse dell’attenzione che il giovane samurai degnava alla sua compagna e si porse davanti ad essa.
“Strana, non trovi?” chiese questi rivolto a Gintoki, che increspò le labbra in una smorfia.
“E’ una combattente della fazione degli Amanto.” intervenne sussurrando Sakamoto alzandosi l’elmo che gli copriva gli occhi cerulei “L’ho vista mentre trucidava alcuni dai nostri compagni, tra cui Akira.”
“Uno come Akira, battuto da una donna? Com’è mai possibile?” chiese uno sconvolto Katsura ai suoi compagni.
“Non lo so Zura. Una cosa è certa: mai abbassare la guardia, non sembrano dei semplici soldati come quelli che abbiamo ammazzato finora.”. Gli mise in allerta l’argenteo non togliendo lo sguardo dalla ragazza.
“Hai ragione umano. Siamo dei capitani infatti e voi morirete. Non avete nessuna speranza contro di no-Ahhh!” l’alieno, il cui volto era dipinto da un’espressione sicura e sadica, gettò un urlo strozzato mentre una mano candita gli trapassava il corpo all’altezza del petto. Rivoli di uno strano liquido verdognolo colavano dalla ferita e dalla mano che l’aveva trapassato, che si ritirò veloce in direzione del mittente. Il verde si volse lentamente dietro di sé e vide gli occhi scarlatti della sua compagna ridotti a una misera fessura fissarlo con soddisfazione e curiosità, la ragazza lo vide accasciarsi a terra mentre si teneva il petto stretto nella mano e gemere di dolore.
I quattro ragazzi fissavano la scena, interdetti e sconvolti, la castana chiuse i suoi occhi e gli riaprì scoprendo delle perle azzurre come il ghiaccio che fissavano quel corpo esangue verde contorto e privo di vita; con un passo superò il cadavere e cominciò a camminare decisa verso i quattro samurai, che istintivamente puntarono le loro spade su di essa.
Sorrise divertita di fronte a quella scena, quattro coraggiosi samurai che si drizzavano per fronteggiare una ragazza, non capitava tutti i giorni uno spettacolo del genere.
Continuò la sua passeggiata fino a trovarsi le armi dei suoi nemici a pochi millimetri dal suo piccolo naso, chiuse gli occhi e con un dito spostò la spada di Sakamoto per poi passare accanto ad esso e Gintoki con calma e mantenendo gli occhi chiusi. Takasugi si stava innervosendo.
“Ehi tu! Dove credi di andare?” urlò il moro puntando l’arma verso le spalle della ragazza. Essa si voltò a tre quarti e lo fissò sottecchi per poi sorridere furba.
“Se state pensando che io sia un Amanto oppure un’umana passata dalla loro parte, state sbagliando i vostri calcoli. Tra poco un’altra truppa verrà a prendere i cadaveri per cibarsene ed io non voglio essere coinvolta con ciò.”. Proferì decisa la ragazza che aveva stranamente una voce calda e morbida, a volte roca e continuò la sua camminata per allontanarsi da quel luogo. I quattro ragazzi si scambiarono un’occhiata stranita e dubbiosa ma l’argenteo, senza proferire parola, la seguì riponendo la sua spada nel fodero.
“Ehi Gin, ma che… Anche tu Sakamoto??” lo richiamò Zura preoccupato ma si bloccò nel vedere anche il suo compagno castano seguire l’esempio di Sakata.
“La ragazza ha ragione. Meglio squagliarcela prima che ne arrivino degli altri intenti a mangiarsi il nostro corpo…” rispose Gin non continuando a camminare senza voltarsi indietro.
“Effettivamente, non sono tanto buono da mangiare! Ahahahah!” rise Sakamoto riponendo la sua arma e affiancando il compagno che gli era davanti. Katsura si scambiò un’occhiata diffidente con Takasugi e seguirono l’esempio degli altri due samurai, abbandonando il terreno di guerra.
La ragazza, che aveva udito tutto, sorrideva.


Attraversarono un sentiero sperduto per poi trovarsi all’entrata di una foresta verde e rigogliosa, i quattro non conoscevano quel sentiero e chiesero subito spiegazioni alla castana, che invece camminava decisa senza nessun turbamento.
“Ma questa non è la strada per il nostro campo. Dove ci stai portando, donna?” chiese Zura, intuendo che ci fosse sotto una trappola.
La ragazza si girò verso il moro “Questa è una strada secondaria, gli Amanto non la conoscono ed è molto più sicura della vostra abitua.
“Come fai tu a conoscerla?” chiese Takasugi grugnendo.
“Durante le esplorazioni.” rispose breve proseguendo.
“Come ti chiami?” esordì l’argenteo fissandogli le spalle.
“Reiko.”
“Bel nome!” proferì Sakamoto ridendo ma la ragazza non lo seguì e continuò a camminare. Scrutava con i suoi occhi ogni albero e ogni siepe in cerca di qualche segno o qualsiasi altra cosa. Si appoggiò a un albero e vi passò sopra un dito sulla corteccia scura e ne ispirò il profumo, cercando di trattenerlo nelle narici, chiuse gli occhi e si staccò dalla pianta continuando la sua traversa nella foresta, i Joui erano sempre più sconcertati.
Katsura non sapeva spiegarsi la sua presenza, non era certo nata per combattere vedendo il suo corpo quasi perfetto e privo di ferite o cicatrici e non si fidava di lei. Militava tra la fazione avversaria ma non ci ha pensato due volte a uccidere un suo compagno, anche se prima aveva ammazzato altri samurai suoi compagni. Non prometteva nulla di buono la sua presenza.
Sakamoto l’aveva vista combattere e abbattere dei suoi amici, tra cui Akira, con una tale destrezza da poter essere un degno avversario per qualcuno di loro ma aveva percepito nei suoi occhi che non c’era divertimento, solo malinconia, una forte malinconia. Si chiedeva chi fosse in realtà quella ragazza, apparentemente così giovane, e cosa ci facesse in una guerra come quella.
Takasugi la odiava. Odiava quella sua calma apparente, odiava che guardasse tutti con sufficienza, odiava la sua voce e il suo profumo che la lieve brezza tirava nel suo naso, odiavo anche solo che respirasse. Una leggera nota omicida voleva farle saltare quella testa castana ma per ragioni sconosciute non era che una voce lontana nella sua testa. Volava scoprire chi era a tutti i costi e da che parte stesse.
Gintoki non sapeva spiegarsi l’interesse che aveva per lei. La domanda sul suo nome era uscita spontanea tra le sue labbra e voleva sapere sempre di più su di lei, perché si trovasse lì. Perché poi proprio tra gli Amanto, anche era loro nemica visto come aveva ammazzato quello che doveva essere un suo “compagno” ma c’era comunque una leggera inclinazione in quella curiosità, non si fidava completamente di lei e per questo fissava imperterrito la spada di Reiko.
La ragazza non degnava di uno sguardo a quegli strani tizi che la seguivano nonostante avvertisse un certo astio tra di loro verso la sua figura, represse ogni pensiero e si concentrò sulle varie tracce che aveva lasciato per ricordarsi il sentiero.
“Ragazzi ma qui abbiamo un segugio!” ironizzò Sakamoto vedendo la ragazza annusare l’aria e alcuni alberi ma deglutì a fatica quando i suoi occhi incontrarono quelli glaciali e rabbiosi di Reiko. “Scherzavo!” affrettò a dire questi alzando le mani con il palmo aperto.
La ragazza grugnì rumorosamente chiudendo svelta gli occhi, sentendoli vagamente caldi “Ti conviene non farmi innervosire.”
“Perché?” chiese Katsura guardandola sottecchi. Reiko aprì nuovamente gli occhi e lo fissò, poi gli rivolse nuovamente le spalle e continuò a camminare non rispondendo alla domanda del ragazzo.
“Che strana…” commentò Gin grattandosi freneticamente la nuca con una mano coperta ancora di sangue.
Reiko osservò il cielo e socchiuse lievemente gli occhi incontrando la sfera luminosa del sole. C’era un bel sole nonostante poco prima si fosse combattuta una battaglia cruenta dove uomini e alieni avevano perso la vita, alcuni a causa sua. Aveva privato forse una donna di un marito o un bambino di un padre e questo la rammaricava ma dopotutto quando si va in guerra sai cosa lasci, ma non sai cosa trovi. Si volse indietro per costatare se quei quattro fossero ancora alle sue spalle e, quando ne fu certa, continuò a proseguire verso il loro accampamento, sentiva stranamente caldo e vide la vista appannarsi a tratti ma cercò di continuare incurante di quegli strani avvenimenti. Sakamoto notò che la ragazza cominciava a traballare e che si appoggiava pesantemente a un tronco di un ciliegio e corse verso di lei per aiutarla seguito da Zura.
“Ehi, tutto bene?” chiese visibilmente preoccupato tendendogli una mano. La ragazza la scacciò con uno schiaffo e si tolse gli anfibi e le calze, per rimanere completamente scalza, e tornò a seguire la strada che aveva trovato tra gli odori e i suoni:
“Propongo di lasciarla, quella ragazza, secondo me, non sa nemmeno dove ci troviamo.” Esordì Takasugi incrociando le braccia al petto.
“Ma che dici?? E poi non sta tanto bene, anche se non lo vuole dare a vedere, non possiamo abbandonarla. Appena arriviamo all’accampamento, la facciamo visitare dal medico.”. Propose Katsura osservando la figura di Reiko camminare a passi sbilenchi ma decisi. Attraversarono un prato verde smeraldo sovrastato da salici e da rocce bianche come la luna, in seguito attraversarono un fiume. Qui la ragazza dovette accettare a mala voglia l’aiuto di Sakamoto ad attraversarlo ma non lo ringraziò, facendo sbottare il castano in una risata fragorosa. Giunsero in un’altra foresta, fatta questa volta da ciliegi, e i samurai la riconobbero, era quella che c’era nelle vicinanze del loro accampamento e si dovettero ricredere sull’affidabilità di Reiko. Quel profumo così famigliare entrò prepotente nelle narici di Gintoki facendolo sorridere, profumo di casa.
Arrivati ad avere dinanzi ai loro occhi il dojo dove passavano le giornate prive di guerra, i quattro samurai si voltarono in direzione della ragazza di spalle che li aveva condotti fino a lì, era stata di parola, con grande sorpresa di Takasugi e Katsura.
Zura stava per parlare quando vide la ragazza accasciarsi a terra priva di sensi con il kimono nero a fiori macchiato di rosso alla spalla sinistra e il sangue che scendeva copioso fino al braccio e insozzando la mano bianca e il suolo. Corsero verso di lei e Sakamoto la alzò da terra prendendola in braccio.
“Ha la febbre alta!” gridò questi sentendo il forte calore che emanava quel corpo e che entrava nella sua pelle.
“Svelti, al medico!” Gridò Gin entrando nel dojo e percorrendo strada ai compagni.
“Ma non sembrava ferita…” esordì Katsura guadando la ragazza nelle braccia del compagno che sembrava realmente preoccupato per quella sconosciuta.
“Che stupida!” commentò Takasugi seguendo i compagni verso la stanza del medico.
I quattro entrarono prepotentemente nella stanza che il dottore solitamente usava per curare le ferite di guerra e Sakamoto posò su una lettiga il corpo esile e cinereo di Reiko mentre i suoi compagni parlavano con il medico.
“Yasushi, devi fare qualcosa per questa ragazza!” Esclamò Zura.
“E’ ferita ma non sappiamo come e dove di preciso.” Continuò Gintoki indicando con il capo la ragazza.
Yasushi era un uomo piuttosto avanti con l’età, un samurai ritiratosi per inseguire i suoi sogni di medicina. Posò i suoi occhi grigi come la cenere sul corpo della ragazza e le slacciò lievemente il kimono per esaminarla meglio, si grattò la testa e si volse sui quattro samurai e li notò piuttosto imbarazzati.
“Cosa c’è?” chiese ingenue l’uomo passandosi una mano nei capelli corti e neri come la pece.
“La vuoi svestire davanti a noi?” chiese acido Takasugi, lievemente innervosito.
Il medico guardò il corpo svenuto della ragazza cui aveva quasi scoperto il petto e si rese conto che era una grave mancanza di rispetto nei confronti di una signorina. Fece cenno con la mano di uscire ai ragazzi e continuò a occuparsi della sua paziente.
Le slacciò completamente il kimono e osservò il braccio sinistro di Reiko coperto completamente di sangue, apparentemente non sembrava ferito e passò oltre per arrivare alla spalla. Qui spalancò gli occhi, la scapola era stata completamente trapassata da una lama, ipoteticamente, e gli aveva creato un grosso squarcio da cui usciva molto sangue, notò che intorno alla ferita c’erano dei residui di fili, evidentemente quella ferita doveva essere già stata curata ma i punti avevano ceduto. Sopirò scuotendo la testa e pulì il braccio e la ferita con dell’acqua e del disinfettante, ringraziando il cielo del fatto che fosse svenuta e che non potesse gridare o imprecare dal dolore, per poi suturarla nuovamente e bendarla stretta, affinché i punti non cedessero più e limitassero i movimenti della giovane.
Nel cercare di rivestirla, notò oltre ai vestiti completamente intinsi di sangue, una strana cicatrice lunga e stretta che le percorreva la schiena dal costato fino alla nuca.
“Ma che diavolo è?” esclamò sorpreso l’uomo.









Piccola fic trovata nei meandri del mio computer... La sto rivedendo e soprattutto ricordando cosa volevo scrivere!! XD  Spero mi facciate sapere  cose ne pensate, anche perché è la prima volta che maneggio questi personaggi! ^_^'
Un bacione dalla Lu! :*

   
 
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