Damon
era distrutto.
Ormai
Bianca era scomparsa da due settimane e Stefan non stentava ad
immaginare dove
fosse diretta: stava cercando Klaus per capire chi fosse lei e che cosa
ne
avrebbe dovuto fare della sua vita.
Dopo
la sua dipartita nel 1353, Bianca era apparsa solo una volta a Stefan e
lui se
la ricordava come se fosse passato solo un giorno… del
resto, la ragazza era
stata la sua unica migliore amica.
Quel
giorno, lui si era saziato con qualcosa di simile a undici giovani
vergini
fiorentine e Damon era già partito per cercare la redenzione
che ovviamente non
avrebbe trovato.
Nel
momento in cui stava per prosciugare la dodicesima, il suo volto
mutò e si
ritrovò davanti a quello di Bianca Djokovic che lo guardava
supplichevole. “Che
cosa stai facendo, Salvatore?” gli domandò con un
tono freddo come il ghiaccio,
mentre prendeva possesso del corpo della ragazza morente.
“B… Bianca?” lei
annuì, mentre si alzava dal sofà e passava
attraverso i cadaveri disseminati
nella stanza a casaccio.
Ad
un certo punto, si avvicinò ad una delle tante e le
sfiorò il collo intriso di
sangue. “Oh Stefan, Stefan… anche io sono stata
tentata dal sangue in vita” “Di
cosa parli? Tu non puoi sapere… eri umana”
“Oh sì, lo sono stata… Ma ti ricordi il
signor Lombardi? Indovina un po’ chi ha
assaggiato il suo sangue?” Stefan scosse la testa.
“No, non è possibile…
Tu…” “Sì
che è possibile, mio dolce bignè alla crema! Sei
sempre stato così ingenuo e
alla fine ti sei fatto soggiogare da una stupida, insulsa
doppelganger… Ti
facevo più furbo” Bianca si portò il
dito sporco di sangue alle labbra e gli
occhi della ragazza, ancora posseduta dallo spirito
dell’amica di Stefan, si
fecero neri come la pece: erano gli occhi di un demone. “Non
può essere…” “E
invece è così. Ma io mi sono pentita delle mie
azioni… E infatti non ho
trasformato né Damon né te… Mi sono
trasformata per voi. E infine sono morta” silenzio.
“Ma non siamo qui per parlare di me. Sei tu quello che ha un
problema” si
sedette ancora una volta vicino a Stefan e i suoi occhi, che fino a
quel
momento erano stati di ghiaccio, si sciolsero e tornò
l’amica di un tempo. “Che
cosa stai facendo Stefan?” la sua voce era rotta dal pianto.
“Non finire come
me. Non farlo!” urlò aggrappandosi alla camicia
sporca di sangue dell’amico. “No,
aspetta!” ma il viso della ragazza posseduta stava diventando
grigio e marcio
in un modo rivoltante e l’urlo di Bianca rimase impresso
nelle pareti del
casato Salvatore.
Della
ragazza rimase solo un mucchio di polvere.
Questo
ti aspetta se continui a
uccidere. La
voce di Bianca rimbombò
nella sua mente come una eco in stanze grandi e deserte.
Da
quel momento in poi, Stefan bevve solo sangue animale e tutte le volte
che si
sentiva tentato, pensava a Bianca.
All’insaputa
del fratello, uscì dalla loro casa nella disperata ricerca
di Bianca.
Sperando
che non fosse stato troppo tardi.
Sperando
di darle la salvezza, come lei l’aveva data a lui anni prima.
“Stefan
sta arrivando” disse Elijah mentre entrava nella stanza in
cui la sorella stava
sorseggiando una tazza di thè.
“Che
venga pure” disse lei.
Ora
si ricordava tutto, grazie a suo fratello.
Lei
era Bianca Djokovic, una degli Originari e Klaus era suo fratello
così come lo
era Elijah.
Nel
1352 si era perdutamente innamorata di Damon Salvatore, un giovane
signore
italiano che però era decisa
a non
trasformare. Così, decise di diventare lei
un’umana per vivere una vita felice
insieme a lui, ma il Potere di una Originaria era troppo da incanalare
in un
corpo umano così è morta l’anno
seguente.
Si
ricordava di aver vagato sulla Terra per diversi anni, nella spasmodica
speranza di salvarsi dall’Inferno che la attendeva a braccia
aperte. E aveva
visto Stefan tornare sulla giusta via, Damon passare
all’oscurità
dopo una serie di tragici eventi… Era stata
spettatrice passiva della vita dei fratelli Salvatore per tutti quegli
anni,
fino al momento nel quale la sfortunata combinazione di sua madre con
suo
fratello l’aveva riportata in vita.
E
Damon le aveva mentito, aveva omesso tutto ciò che sapeva di
lei.
Un
ricordo la assalì: risaliva alla primavera nella quale Damon
era ritornato dall’esercito.
Quando lo aveva conosciuto, lui ancora non aveva perso i classici
tratti del
ragazzino e non si era innamorata esattamente dal primo istante, ma
conoscendolo. Per lei era stato un duro colpo lasciarlo andare verso la
guerra.
Guardavo
la mia immagine riflessa nel
sontuoso specchio della mia casa.
Ero
bella. E i sei terribili mesi di
solitudine erano passati. O quasi. Damon sarebbe tornato la settimana
dopo, ma
non sapevo cosa aspettarmi. Era cambiato? Non mi voleva più
come amica?
Volteggiai dentro al mio abito rosso fuoco, con tanto di corpetto
ricamato.
Quel giorno sarei andata a pranzo insieme alla mia famiglia a casa dei
Salvatore,
anche se l’idea di Klaus ed Elijah seduti allo stesso tavolo
di comuni umani mi
inquietava non poco. Avevo passato molto tempo lì durante
gli ultimi anni. Stefan
era l’unico che, ogni tanto, mi faceva sorridere. Io avevo
diciott’anni, lui
sedici ma mentalmente era più grande… Sembrava
che fosse nato adulto. Tra
di noi si era instaurata una bella
amicizia e ci eravamo convinti ad andare avanti l’uno con
l’aiuto dell’altra.
Strinsi il nastro del mio vestito ed ero pronta. Qualcuno
bussò alla porta. Io
aprii e mi trovai davanti a Stefan, che aveva un sorriso smagliante.
“Ehi!” mi
salutò con un cenno del capo ed entrò
trotterellando nella camera. Era
cresciuto molto negli ultimi tempi e sfiorava il metro e ottantacinque.
Aveva
messo su delle spalle larghe e in confronto a me sembrava un
grandissimo
armadio. “Ti va di parlare un po’?”
domandò. Io annuii e ci sedemmo sulle due
poltrone della camera. “Mi manca
tantissimo…” dissi abbassando il capo. Le
lacrime stavano affiorando lentamente. “Magari si
è scordato di me e tornerà
con una stupida provinciale” “No. Lui non si
scorderebbe mai di te” il mio
amico sembrava risoluto. “Oh, l’esercito cambia le
persone… Non mi sorprenderei
se non volesse più tornare” sussultai.
“Non lasciarti andare proprio adesso…
Manca poco più di una settimana. E poi oggi ci
divertiremo” sorrise dandomi una
gomitata scherzosa. Cercai di non annientare la sua
felicità. Ma le persone
cambiano durante sei mesi di assenza. Cambiano e magari non in meglio.
“Ti
voglio bene… So che anche a te è mancato
Damon” gli misi una mano sulla spalla
e lui sembrò apprezzare il gesto. Nella stanza irruppe
Giacomo, il maggiordomo
che sussurrò qualcosa all’orecchio del mio amico.
I suoi occhi verdi si fecero
grandi e brillanti. “Ci vediamo più tardi,
Bianca” detto ciò corse verso
l’uscita con una foga che non avevo mai visto in lui. Che
maleducazione! Non
feci in tempo a chiedere cosa stesse succedendo perché era
già lontano e il mio
vestito impediva i movimenti. Sbuffai. Mancava poco all’ora
di pranzo ed io non
ero ancora uscita di casa. Decisi di fare una passeggiata nel giardino,
dato
che mi stavo annoiando a morte. Uscii dalla villa e mi diressi verso lo
stagno,
quello percorso da un incantevole ponte che portava con sé
mille ricordi. Al di
là del ponte c’era il giardino dei Salvatore, dove
avevo corso tante volte.
Okay, il vestito che indossavo non era esattamente da passeggio ma mi
potevo
adeguare. Il corpetto era troppo stretto e le scarpette facevano un
male
tremendo. L’erba del prato, durante quel marzo del 1353 era
d’un verde simile
agli smeraldi e le rose rosse crescevano nelle siepi. Mi avvicinai per
godere
del loro profumo quando sentii delle voci concitate
dall’altra parte del
laghetto.
Andai
in quella direzione, soffermandomi
all’inizio del ponte. “E’ un gioco che
loro chiamano calcio” qualcuno stava
parlando con Stefan. “Ma questa palla è troppo
pesante per essere lanciata” si
lamentava il mio amico. “Infatti, va calciata” a
parlare era un uomo dai folti
capelli neri, vestito di tutto punto. Era alto circa come Stefan
e… “Ehi!”
esclamò il mio amico. Si voltarono entrambi verso di me.
Quel ragazzo…
Quell’uomo, più che altro… Chi poteva
essere? Anche lui sembrava perplesso
quanto me. Poi, i nostri sguardi si incrociarono.
Occhi
azzurri e profondi.
Era
lui.
Il
respiro si mozzò sul colpo e per un
istante che parve interminabile tutto fu avvolto da una calma
inverosimile.
“Bianca” sussurrò lui.
“Damon” ribattei io. Mossi il primo passo, lui il
secondo e in meno di un attimo ci trovammo avvinti in un abbraccio. Non
avevo
immaginato che quel momento sarebbe stato così…
commovente. I miei occhi si
fecero umidi e sprofondai nell’incavo della sua spalla. Anche
lui si commosse,
ma non pianse. “Come fai a non piangere?” gli
domandai tra le lacrime. “Ti
avevo promesso che non sarei più stato il Dan fifone.
Mantengo le mie promesse
nei confronti di una persona importante” e mi strinse ancor
di più nel suo
forte abbraccio. Stavo scomparendo tra quelle braccia muscolose e
inaspettatamente mi ritrovai a volerlo baciare. No, lo volevo
tempestare di
baci. Volevo affondare le mani in quei capelli neri come la notte e
perdermi
negli occhi azzurri di un tempo. Mi vergognai anche solo di averlo
pensato. Di
sicuro lui non provava lo stesso per me…
L’abbraccio si sciolse lentamente.
Solo a
quel punto mi accorsi quanto
fosse grande, con dei tratti… adulti. Mi sembrava quasi
impossibile che fosse
lo stesso bambino singhiozzante che avevo salutato sei mesi prima.
“Non sei più
il bambino paffuto eh?” gli domandai sorridendo. “E
tu sei sempre la stessa,
bellissima donna Bianca Djokovic” “Io sono nella
norma Damon” ribattei. “Ah sì?
E chi è il fortunato che si è aggiudicato la tua
mano?” arrossii di colpo
davanti a quel Dan rinnovato. “Nessuno” lui
sembrò quasi sollevato.
Mi
sorrise e una rughetta d’espressione
comparse vicino agli occhi.
A quel
punto capii una verità
inequivocabile: mi ero innamorata.
Quel
ricordo le provocò un vuoto al petto, dove una volta il suo
cuore batteva
grazie al suo sangue e non a
quello
di altri.
“Bianca?
Ti ha trasformata?” Stefan. La guardava
dall’entrata e Bianca sentiva che aveva
ricollegato la sua immagine di vampiro a quella di cinquecento anni
prima. Sorrise
di nascosto vedendo quel faccino sempre tormentato e triste.
Era
stata lei a renderlo così?
Lo
stava facendo soffrire ancora?
“Stefan,
possiamo parlarne?” domandò incerta.
“No, capisco perfettamente” e corse fuori
dalla stanza. “No, Stefan!” gli urlò
mentre lo rincorreva. Era già in strada e
non la ascoltava.
Lo
raggiunse in un secondo e lo abbracciò da dietro, sentendosi
minuscola rispetto
a lui che era una montagna di muscoli e folti capelli biondi.
“Stefan?”
lo chiamò, rimanendo stretta a lui. “Continuo a
volerti bene” lui si girò e la
abbracciò normalmente, sovrastandola e dandole un senso di
pace che mai aveva
provato da quando era diventata una vampira, da quando era tornata a
rivestire
il suo ruolo di Originaria. “Anche io te ne voglio”
sorrise lui. “Pensavo che
per una volta sarei stato io a salvarti da
un’eternità di sofferenza” lei
scosse il capo, rimanendo attaccata a lui. “Non lasciarmi, ti
prego” “Non lo
farei mai, ma tu devi tornare da Damon” “Lui mi ha
mentito” “Lo ha fatto per il
tuo bene” si guardarono. “Non mi accetterebbe mai
come vampiro” disse infine
lei. “Tu almeno provaci” Stefan sorrise.
“Lo
farò” concluse Bianca, mentre i suoi occhi si
illuminavano di speranza.