La mattina portò con sé aria di pioggia e
odore di erba fresca. Alessandro si svegliò, stese le braccia in avanti e si
stirò energicamente. Guardò Efestione, immerso in un sonno leggero, poi rivolse
gli occhi verso l’esterno, verso quel sole che sembrava pigro, nel suo comodo
sedile di nuvole. Andava tutto bene, quella mattina. Tornò sul compagno, gli
sfiorò il volto e le labbra con un dito, e lui arricciò il naso, sospirando
appena. Quel gesto, ripetuto infinite volte, per infinite mattine, dopo
infinite notti, aveva ancora il potere di farlo innamorare, come se svelasse
l’incanto di quel giovane uomo che si ostinava ad amare. Sorrise dell’idea che
in quel momento aveva preso forma nella sua mente, si alzò e si sedette al suo
scrittoio. Rovistò un po’ in giro finché non trovò un pennino nuovo, che
rosicchiò fino a renderne la punta sottile. Non prese il piccolo contenitore
per l’inchiostro, ma tornò sul letto, facendo attenzione a muoversi con
prudenza. Si inginocchiò accanto ad Efestione, intinse la punta nell’acqua
fresca di una brocca, scoprì il corpo nudo del compagno ed iniziò a scrivere.
Il pennino scorreva morbido sulla sua fronte, sulle guance, sul collo. Il
generale non sembrava accorgersi di nulla, dormiva tranquillo. Pian piano
Alessandro gli coprì il collo, le clavicole, il braccio sinistro. La parola
“Alessandro” si ripeteva di continuo, come una preghiera orientale sulla sua
pelle. Solo quando arrivò a scrivere sul ventre, all’altezza dell’ombelico,
Efestione ebbe un sussulto. Mugolò qualcosa, si scosse ed aprì gli occhi.
Quando vide il re chino sul suo addome lo guardò per qualche secondo,
interdetto.
- shhh- gli fece Alessandro, continuando la
sua opera. Efestione rimase immobile, ancora stordito, poi all’improvviso
scattò, saltando su e guardandosi le mani, il petto, le gambe.
Alessandro rise: -dai, non ti preoccupare,
non l’ho fatto con l’inchiostro.- disse agitando il pennino, che sgocciolò
appena sulle lenzuola candide. -è solo acqua, vedi? Mica ti voglio tatuare!
Rilassati.-
-ma… Alessandro… cosa…- La voce di Efestione
era leggermente roca per il sonno interrotto bruscamente.
-tieni, bevi un sorso d’acqua.- Alessandro
gli porse un bicchiere e lo guardò mentre lo vuotava. Una goccia fece capolino
dall’angolo della sua bocca, e lui la raccolse con un dito. La fece scivolare
sulla punta del pennino e riprese a scrivere. -tu…- disse, mentre tracciava con
cura le lettere -…sei mio. Per questo ho bisogno di scriverti il mio nome
addosso, anche se solo con dell’acqua. Per ritrovarti sempre. Per non perderti
mai. Siamo una cosa sola.-
-è… è dolce da parte tua…-
-allora lasciami continuare. Non voglio
smettere finché tutto il tuo corpo risuonerà del mio nome.-
-ma il mio corpo risuona già del tuo nome…
Alessandro…-
Il re lo guardò sorpreso.- l’hai detto… come
lo dicesti a Pella, anni fa…-
-… la sera in cui io e Cassandro trovammo te
e Tolomeo nascosti dietro ad un cespuglio. E tu mi chiedesti di dire il tuo
nome.-
-dopo tutto questo tempo… te lo ricordi
ancora?-
-potrei mai dimenticarlo? Per me fu quasi
come il primo bacio.-
-oh, Efestione, tu sei un dono.-
Efestione fremette, sotto la punta che ora
fluiva lenta sulla sua coscia sinistra.
-che c’è?- gli chiese Alessandro,
concentrato.
- c’è che… mi dai i brividi…- sorrise.
-fra poco ho finito.-
- Alessandro… fai l’amore con me.-
Alessandro alzò lo sguardo ed incrociò
quello di Efestione, che lo chiamava a sé. Smise di scrivere e si sollevò su di
lui. Efestione gli prese il pennino dalla mano e gli scrisse lentamente sul
cuore “ Efestione”.
-portami sempre qui, a me basta questo.-
mormorò, poi lo baciò e si lasciò andare al suo vigoroso abbraccio.