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Autore: Giulz95    21/07/2011    1 recensioni
David Rays è un ex detective, che ora lavora come buttafuori in un locale di proprietà della mafia. Quando una rapina finisce con l'uccisione del figlio del capo mafioso Vinnie Marcello, Pietro, Rays dovrà tornare al suo vecchio lavoro, se ne vuole uscire vivo. Cosa succederà quando sua sorella Julie deciderà di andare a dargli una mano con le indagini? David riuscirà a proteggerla?
-Hai qualcosa per cui combattere?- mi giro a guardarlo -Qualcosa per cui non puoi sparire e basta?-
Mi fa la domanda che io faccio a me stesso da mesi. Per cosa vado avanti? La mia vita non ha più un vero senso da quando sono stato sbattuto fuori dalla polizia. Non so nemmeno se ne uscirò vivo da questa storia, ma di certo non mi farò ammazzare senza provarci. Devo farlo per me e per Julie. Devo impedire a Vinnie di farle del male.
-Sì.- dico guardando in avanti -C'è qualcuno.-
Sono ben accette recensioni :)
Genere: Azione, Fluff, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Detesto il freddo. Specialmente quello di gennaio, quello bastardo, che non perdona con le sue nevicate e le sue gelate durante la notte. I bambini sono contenti, certo, perché possono uscire in strada a giocare, io che devo rimanere fuori da questo buco a controllare che la serata dentro fili liscia come l'olio posso dire solo una cosa: detesto il freddo.
Qualche anno fa pensavo di trasferirmi, magari in un posto caldo, tipo Miami o Orlando. Già, un posto tremendamente caldo e asciutto che mi libererebbe da tutta questa merda. Poi però mi sono reso conto che questa merda mi trattiene qua, mi impedisce di scappare, vietandomi di lasciare lo stato, nel senso giudiziario e penale del termine. Per un detective ci sono due cose insopportabili nella vita: dover riconsegnare il distintivo e dover essere costretto a vedere uno dei tuoi colleghi che ti sbatte in una cella. Beh, posso dire di averle passate tutte e due. 
Forse me lo sono meritato tutto questo schifo. Forse avrei potuto fare scelte migliori, forse dovrei smettere di fumare questa merda e ricominciare a vivere. Ma Dio Santo, guardati intorno. Guardali, tutti questi stronzi che arrivano davanti al locale, pronti a godersi un strip fenomenale, e magari per portarsi a letto una delle spogliarelliste. Idioti, falliti, malati e drogati, certo. Ma sono pronto a scommettermi il culo che tra quelli c'è almeno un avvocato, o un ingegnere, o magari un dirigente di qualche banca di questo schifo di posto. Mi fa solo ridere il pensiero che loro dovrebbero essere quelli che stanno vivendo la bella vita.
La ricetrasmittente gracchia per la chiamata entrante proprio mentre respiro l'ultimo centimetro di catrame dalla sigaretta.
-Rays?-
-Qui Rays.-
-Abbiamo bisogno di sotto.-
-Sto arrivando.- Chiudo mentre do un'altra occhiata alla massa, prima di aprire la porta del locale ed entrare nella prima sala.
Il piano terra non è altro che un bar, una grande sala verde e marrone con al centro un tavolo da biliardo e un bancone. Qualche tavolinetto sparso in giro e qualche coppietta di allupati sui divanetti. Qui di solito è tutto tranquillo, nulla di più che qualche rissa, ogni tanto. L'azione è quasi sempre nei sotterranei, nel cuore del "The House". Questo schifo di posto nasce come nightclub, ma morirà come bordello. Già, perché anche se è proprietà di uno dei pezzi grossi della mafia come Vinnie Marcello, questo buco sta diventando sempre più difficile da gestire, dopo le recenti sparatorie e almeno un paio di ragazze trovate morte dopo l'orario di lavoro. Tutto sta andando a puttane, letteralmente.
In ogni caso, scendo le scale dirigendomi verso la porta del sotterraneo, proprio mentre una delle spogliarelliste si avvicina, costringendomi a scansarmi un filo. Mi lancia un sorrisetto malizioso mentre raggiunge un "cliente" sul divanetto. Al diavolo. Quattro ragazze, tanga di pizzo, tacchi alti e seni scoperti si muovono in modo provocante sopra i quattro piccoli palchi agli angoli della stanza. Bello spettacolo, non c'è che dire. Una di loro mi sorride mentre gli passo davanti, ammirandola. Si avvicina al mio viso e appoggia delicatamente le labbra sulla mia guancia ruvida. Le sorrido, prima di imbattermi nell'unica di queste donne che ho avuto il piacere di vedere in azione.
-Dave.-
Jenny, bionda, occhi chiari, labbra rosse e aria della ragazza della porta accanto. Una di quelle che ti fanno perdere la testa, che ti confessano il loro amore prima di pugnalarti alle spalle. Già, Jenny, che dopo sei anni di relazione con me ha pensato bene di scoparsi lo stronzo che mi ha sbattuto dentro per cinque anni.
-Hey, Jenny.-
-Pete ha detto di chiamarti. Hanno bisogno di te all'entrata principale.-
-E si è curato di dirlo a te.- La supero, senza guardarla ngli occhi.
Ho sempre avuto un certo controllo sulle donne, non chiedetemi il perché. Forse è il fascino del galeotto, forse è il mio metro e novanta oppure sono i miei bicipiti. In ogni caso, quello che fa effetto su Jenny è la consapevolezza di essere stata un stronza, e il tentativo di voler mettere le cose a posto. Povera illusa. 
-Non è come pensi, Dave.-
-No? Com'è allora?-
-Mi ha solo chiesto un favore.-
-Bene. Levati di torno.-
Sento il suo sguardo chiaro che cerca di mandarmi a fuoco la schiena, anche se non ci riesce. 
Ho passato la bellezza di trentaquattro anni a farmi fregare dalle persone che ritenevo care. Sì, perché ci sono cose per le quali la gente è pronta a fottere un amico: soldi, sesso, droga... Tutte le schifezze che girano qui a Washington DC, insomma. 
Pete è fuori dalla porta e con un mezzo sorriso da bambino controlla le tessere di chiunque voglia entrare nel locale. E quando dico sorriso da bambino, intendo dire che Pete dovrebbe avere intorno ai vent'anni. Lavora qua perché è il figlio di Vinnie, e il padre ha assunto me anche per dare un occhio al figlio, ma non ce n'è bisogno. Pietro Marcello, come è scritto sul cartellino di riconoscimento, è sempre stato un bravo ragazzo.
-Hey Pete,- Gli dico avvicinandomi -Che ci fa quaggiù? Vinnie lo sa?-
-No, e non lo deve sapere, Dave. Cristo Santo, si gela stanotte.-
-Hai visto Walter? Quel tizio è di nuovo in ritardo.-
-No, a dire il vero sè circa mezz'ora che mi congelo le chiappe qua fuori. Doveva darmi il cambio, ma non si vede da nessuna parte.-
-Perché non entri? Ti copro io qua.-
-Grazie, amico.- e dandomi un pacca sulla spalla torna dentro al locale.
Davanti a me le luci delle macchine sfrecciano a velocità elevate, anche se l'asfalto è ghiacciato. Una condanna a morte, praticamente. Ma d'altronde il quartiere sud di Washignton è anche questo: condanne a morte, gente che si è stancata di vivere in questo buco e di soffrire la povertà e i problemi di un ghetto come questo. Ci siamo tutti dentro. Anche io una volta c'ero dentro. Spaccio di droga, soldi falsi, aggressione a pubblico ufficiale, possesso di arma da fuoco... La solita merda. 
La porta dietro di me si apre, e una donna avvolta in una pelliccia si fa avanti ancheggiando sui tacchi a spillo.
-Lavori qui, giusto?- mi chiede, senza nemmeno guardarmi.
-Sì.- le rispondo, subito prima che mi metta davanti al muso un paio di chiavi.
-Honda Civic blu metallizzato.-
-No, grazie, sono a posto.-
La mia battuta la spiazza un secondo, prima di puntare il suo sguardo snob e superiore nel mio, guardandomi dall'alto verso il basso anche se mi arriva a mala pena alle spalle.
-Sai chi sono io?!-
-Ti sembra che me ne freghi qualcosa?-
Gira i tacchi e se ne va, in un fruscio di pelle di animale. Questa gente mi da il vomito. Ricconi che si credono superiori a te solo per i bei vestiti firmati che indossano. Poveri stronzi che si abbassano ad entrare in un posto come questo per passarsi una serata come tante. Patetici.
Un tizio a qualche passo da me è chinato sul secchio dell'immondizia. Non me ne fregerebbe nulla, se Vinnie non avesse esplicitamente chiesto di tenere alto il livello del locale, e un ubriaco che vomita  davanti all'entrata principale non è esattamente quello che puoi chiamare "alta pubblicità". 
-Amico, non puoi stare qui davanti. Mi dispiace, è un posto di classe.-
 Accade tutto velocemente, senza lasciarmi il tempo di realizzare che lo stronzo mi sta adesso puntando una calibro nove dritta in mezzo agli occhi. Da una macchina parcheggiata sbucano altri tre idioti, uno dei quali con un fucile a pompa. 
-Girati, stronzo!-
-Hey, datevi un calmata.- dico io, cercando di mantenere la calma in prima persona.
-Portaci alla cassa, muoviti!-
Generalmente avrei optato per aprirgli il culo, ma visto che ho una pistola puntata al centro della schiena, faccio come dice, continuando a dirgli di stare calmo. Non è la prima volta che sono coinvolto in una rapina, so la procedura. Lascia i soldi, salva il culo. In men che non si dica siamo tornati davanti alla cella della cassa. Il tizio con la pistola rimane coperto dietro la colonna, per non farsi vedere dalla ragazzina che lavora lì dentro.
-Dille di aprire la porta.- mi sussurra.
-Apri la porta.-
La ragazzina si gira, regalandomi un sorriso di cortesia.
-Certo,- continua poi, avvicinandosi all'interruttore -Tutto a posto?-
-Sì, apri la porta.-
Non appena la porta scatta aprendosi, i quattro rapinatori sovrastano me e la biondina, spingendoci a terra e tenendoci le armi puntate addoso.
-Rimani calma, non urlare e andrà tutto bene.- le dico a voce bassa, senza guardarla. Annuisce, ma inizia comunque a piangere.
-Stai calma, andrà tutto bene.-
-ZItto, pezzo di merda!-
Dopo aver riempito un sacco con tutti i soldi della cassa, il tizio con la pistola mi tira in piedi davanti a lui, e mi intima, sempre con la pistola puntata dietro la schiena, di portarlo all'uscita. Chiaramente, faccio come mi chiede, anche per non fare un casino qua dentro. Non appena entriamo nel nightclub, vedo Pete che mi guarda con lo sguardo terrorizzato.
-Va tutto bene, Pete.-
Uno dei clienti si butta addosso al tizio con il fucile, e si becca una botta con l'impugnatura, mentre sento la voce di Pete urlare.
-Sono armati!!-
-NO!- urlo anche io, prima di urtare il tizio che ha già la canna della calibro nove puntata verso il bancone. Da lì parte il caos generale. Le spogliarelliste si sdraiano a terra, qualcuno corre fuori dalla porta mentre qualcuno, come me, tenta di disarmare questi stronzi. Sento un colpo di fucile, e dopo essermi liberato con una gomitata da qualcuno che mi voleva prendere alle spalle, mi lancio dietro al bancone, seguito dagli spari della calibro nove. Dopo qualche minuto, il tizio esce dal locale, lasciando tutto in silenzio. Mi rialzo, e quello che vedo mi fa mancare un battito. Pete è qualche passo dietro di me, steso sotto il bancone con due pallottole nel petto. 
-Pete!- Mi inginocchio di fianco a lui e sono raggiunto da un collega. 
-Chiudi tutto e chiama il 911- Gli dico, prima di alzarmi e battere i pugni sul bancone per la rabbia.
Questo è il The House. Questi sono i piani bassi di Washignton DC. Questa è la vita di merda che facciamo tutti.



David Rays: David Batista http://www.justbatista.com/wp-content/uploads/2010/07/Dave-Batista-Bald-Headed1.jpg
 
  
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