Anime & Manga > Air Gear
Segui la storia  |       
Autore: BloodyRoad    22/07/2011    3 recensioni
"Io mentirò...ma stai certo che tu mi crederai."
Voglio dimenticarti, ma allo stesso tempo ti cerco così tanto da star male. [AkiraxAgito]
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

2) Pity and fear

 

“There are no tears, just pity and fear
I recall the push more than the fall…
The push more than the fall”.

Death Cab for Cutie.

 

 

Quanto tempo era passato?

Sbattè diverse volte le palpebre, sollevandosi con lentezza con l’aiuto dei gomiti. Era sempre un dramma, per lui, svegliarsi. Non sapeva bene quale fosse il motivo, ma nel mondo dei sogni ci si ritrovava così dannatamente bene da volerci restare perfino al risveglio. Catapultato nella realtà, di nuovo. Odiosa, prevedibile realtà.

Agito ricordava di essersi steso sul letto, qualche tempo prima, sbirciando i messaggi del suo cellulare, ma non capiva come potesse essersi improvvisamente appisolato. Doveva essere proprio stanco, in quei giorni. Caffè, caffè, in dosi industriali, meglio ancora se iniettato in endovena. Ecco di cosa aveva bisogno, pensò, mentre la sua mano sottile andava ad impregnarsi delle perle di sudore sulla sua fronte. Il cuore gli batteva, il respiro era veloce. Aveva anche fatto un incubo…?

Allungò lo sguardo sul comodino, per far sì che la sveglia chiarisse ogni dubbio. Le 21:05…

“Akira tornava alle nove…” si scoprì a pensare, mentre poggiava i piedi sul pavimento. Si sorprese di sé stesso. “E a me che cazzo frega?!” Si sdegnò con sé stesso, scattando in piedi con una punta di acido nervosismo. E ora, che poteva fare? Era troppo confuso per mettersi a studiare. Lo stomaco era scombussolato, e non aveva voglia di inutili succulenti pesi. E poi, era così agitato..agitatissimo…Senza alcun motivo apparente, iniziò a camminare su e giù, ripetutamente, per la stanza. Provò a fermarsi, a respirare profondamente, a riflettere. Ora aveva anche caldo. Sfilò la felpa e la lascio cadere per terra, ma nulla. Non era il caldo a farlo agitare come una tigre in gabbia. Ecco il risultato di quando pensava troppo, maledizione. Chissà quale era il pensiero che lo assillava, lo agitava, lo rendeva nervoso e arrabbiato.

Ancora a torso nudo, si specchiò, sbuffando per l’ilarità una volta visti i suoi capelli. Passò una mano sopra, riuscendo di nuovo ad appiattirli. E si guardò, negli occhi. Aveva bisogno di chiarirsi con sé stesso, e con “sé stesso” intendeva lui, Agito. Non Akito. Agito.

Il suo scopo gli aveva proibito di vedersi come un essere a parte. Si era sempre considerato…come dire…un plug-in del dolce Wanijima, quello che deliziava le persone quando la benda era spostata sull’occhio destro. Era un’aggiunta, un componente pensato per l’autodifesa. “Un coltello affilato”, amava definirsi, ai tempi in cui la sua autostima da Fang King superava il K2.

Ora quel titolo non aveva più senso. Pur continuando ad usare le At, pur restando un fenomeno nel settore, nella sua vita di diciassettenne si erano introdotti molti, molti più elementi, che avevano fatto perdere l’importanza di parecchie cose che solo fino a qualche anno prima avrebbe considerato questioni di vita o di morte. La scuola, innanzitutto. “Devi studiare, sennò cosa farai in futuro?”. Più che altro, se si impegnava, era per Akito. Gli ottimi voti che aveva a scuola altro non erano che frutto di una collaborazione a due. Materie scientifiche? Provvedeva Agito. Materie umanistiche? Nessuno poteva battere Akito. Il vantaggio di avere una mente a metà. Risultato: una media invidiabile. E Akito ci teneva a mantenerla. Agito lo assecondava, senz’altro, ma era quasi un obbligo per lui. Di rado prestava la giusta importanza allo studio. E, anzi, si chiedeva come mai Akito non fosse ancora spuntato fuori per rimproverargli di aver saltato i capitoli di fisica. Probabilmente aveva capito il suo stato d’animo.

Altra priorità, gli amici. Agito aveva imparato da lì a poco tempo che Ikki, Kazu, Onigiri e Buccha potevano essere considerati anche esseri pensanti, con i quali passare un po’ di tempo, non solo dei semplici soprammobili. Un vero e proprio feeling fraterno l’aveva raggiunto con Ikki: tutto quel tempo condiviso insieme l’aveva fatto sentire più vicino di quanto pensasse. Non condividevano gli stessi gusti, non piacevano gli stessi film, stessa musica, stessi libri (anzi, si poteva dire che di rado Ikki apriva qualche volume con l’intenzione di leggerlo, e non di costruire qualche fortino per dispetto). Eppure, uno istruiva l’altro. E a parte quegli stranissimi e perversi film che Ikki beccava a notte fonda e che a lui facevano solo arrossire fino alla punta dei capelli, ad Agito non dispiaceva affatto prestarsi ai suoi passatempi. O magari passare la notte svegli a raccontarsi qualche baggianata o storia a sfondo horror. Agito era convinto di aver mantenuto sempre lo stesso atteggiamento, eppure Ikki insisteva col dire che era diventato “Molto più morbido”. Con conseguente rissa.

Con Kazu, le cose andavano abbastanza bene. Il biondino non vedeva più una minaccia da Agito, anzi, lo sfruttava come fonte di ispirazione. Qualsiasi problema avesse, chiedeva consiglio a lui. “Secondo te dovrei fare così?”. “Tu che faresti al posto mio?”. “E’ normale, secondo te?”. Tuttavia Kazu non era assillante, e sapeva sempre come ringraziare Agito di quei consigli dati con finta noncuranza. Ad esempio, lo portava a fare qualche corsa all’AT-park. E la competizione era la droga di Agito, si sapeva.

Con Buccha il rapporto era molto più intellettuale. Era un ottimo interlocutore, ma Agito di rado passava il tempo da solo con lui. Eppure, quando ad esempio Kazu ed Ikki iniziavano ad usare le bacchette del ramen per simulare un incontro di spada laser (con tanto di effetti sonori improvvisati), lui e Buccha iniziavano a parlare. E Agito doveva ammettere che il grassone non aveva solo cibo per la testa.

Onigiri, e lì le cose diventavano bizzarre! Agito giurava di non poterlo subire. Odiava le sue sfrenatezze dovute a qualche tempesta ormonale mal gestita, odiava il suo insano interesse per il sesso. E da quando, durante una bevuta, Onigiri aveva esplicitamente dichiarato “Se mai dovessi farlo con un ragazzo, vorrei farlo con Agito!” il ragazzo si manteneva debitamente a distanza. Dai rapporti civili si passava a veri e propri insulti, che il ragazzo grassoccio non prendeva troppo sul serio. Anzi, a volte sfruttava quella sorta di tacito timore di Agito nei suoi confronti per prenderlo in giro. E, come citato prima, con conseguente rissa.

Insomma, Agito aveva dunque anche una vita sociale piuttosto intensa, sebbene con poche persone, a differenza di Akito, che andava d’accordo praticamente con tutti.

Beh, con Akito, ci andava d’accordissimo anche lui. Al di là della convivenza in un solo corpo, i due alter ego si prendevano cura l’uno dell’altro, in una sorta di amore che nessuno avrebbe potuto capire. Ideale, semplice, puro. Agito riteneva di non amare nessuno al di fuori di Akito.

…forse…

Tornò ad osservare l’orologio. Le 21 e 10. “Akira tornava alle nove…”

-E STA’ ZITTO!- urlò allo specchio, rimproverandosi.

Akira, Akira, Akira!

Era diventato un’ossessione nel giro di poche ore!

-Porca puttana, appena arriva lui, si incasina tutto!- urlò ancora, allontanandosi dallo specchio e sedendosi sul letto, tenendosi la testa tra le mani.

Akira…

Agito aveva un orgoglio, e voleva mantenerlo.

Akira l’aveva tradito, aveva rinnegato la sua…amicizia, con Agito.

O qualcosa che almeno Agito riteneva tale.

Lo detestava. A morte. Akira era stata l’unica persona in grado di farlo soffrire come un cane, fino a fargli versare segrete lacrime di rancore, rabbia…

…gelosia.

Se non fosse stato per quella puttanella, aveva spesso pensato, se non fosse stato per lei, col cazzo che a quell’ora sarebbero stati così distanti. Erano così uniti, così vicini.

Erano davvero come fratelli.

Quindi perché buttare tutto all’aria per colpa di una smorfiosa?

Era davvero necessario abbandonarlo?

Agito aveva sempre pensato che anche se Akira fosse tornato per scusarsi, lui non l’avrebbe mai perdonato.

E adesso, invece, combatteva per il suo orgoglio contro una parte di sé che urlava, strepitava, lo tormentava e voleva vedere Akira.

-No, no e poi no! Cosa diamine crede?- pensò. –Che io sia la sua puttanella, al suo servizio? FUCK! Che se ne torni da dove è venuto!- Stava strepitando. I capelli erano stretti tra le dita, a volte il suo corpo tremava, solo per quei grandi rimorsi e quei grandi dubbi che lo stavano assalendo.

Voleva andare da lui?

Sì.

No.

Sì.

No.

Sì…

Agito non poteva più mentire a sé stesso. Voleva, desiderava vederlo. Almeno una volta. Ma no, non per farlo contento: non si sarebbe buttato tra le sue braccia. Non si sarebbe prostrato ai suoi piedi.

Avrebbe chiuso i conti, una volta per tutte.

3 anni prima, durante quello scontro, non ci era riuscito: Akira aveva preferito svenire tra le braccia di Len.

E Agito aveva desiderato con tutto sé stesso essere al posto suo.

Ora però era sufficiente, aveva sofferto abbastanza. Credeva d’averlo dimenticato, ed invece…

Ma poi perché stava reagendo come una ex-fidanzatina inacidita?

Ridacchiò. Che idiozia. Quando mai aveva amato Akira?

Gli aveva voluto un gran bene, questo sì.

…e tutto questo dolore giustificava quel “bene”?

Quell’incessante flusso di pensieri venne interrotto di nuovo dall’irritante suoneria del suo cellulare. Promemoria: gettarlo all’inferno.

Agito lo afferrò, pronto a prendersela col primo che avrebbe risposto.

Invece il display non mostrò nessun numero. Un misterioso “Anonimo” ostacolava la sua riflessione.

Infastidito più che incuriosito, Agito rispose.

-Pronto?

-Di solito ai messaggi si da’ una risposta, lo sapevi?

Fu come un lampo a ciel sereno.

Il cuore di Agito perse un battito. Sgranò gli occhi e smise di respirare, mentre il suo corpo divenne improvvisamente di pietra. Quella voce…non poteva essere…era lui?!

Ma come…cosa diavolo…?

Non se lo stava forse sognando?

-Chi diamine ti ha dato il mio numero?- urlò furioso all’apparecchio, nonostante fosse rimasto completamente privo di fiato.

-Un uccellino!- rispose l’altro allegro, con tono frivolamente idiota.

-Come ti sei permesso? Che vuoi da me?!- Domandò a raffica Agito, abbassando appena il tono per riprendere fiato.

-Cosa dici? Bwah, Agito, mi farai piangere, così! Non eravamo amici, io e te?

-Abbiamo smesso da parecchio, mi pare!

-No, non è vero e lo sai.

Agito ammutolì, pieno di collera. Poteva davvero permettersi di parlare, lui, con quel tono saccente e scanzonato? A che puntata si era fermato? Credeva forse che sarebbero bastati un paio di versetti sciocchi a far dimenticare tutto l’accaduto?

E poi, non doveva essere con la sua fidanzatina da qualche parte?

-Ohi, pronto? Agito? Allora, quando passi a prendermi?- Riprese il suo interlocutore, con tono appena appena più serio.

-Non verrò…- sussurrò Agito alla cornetta, tremando tutto.

Sta’ calmo, Agito. Calmo…

-Come, puoi ripetere?

-Ho detto che non verrò…

-Eh?

-NON VENGO, IDIOTA!!!

Agito esplose. Stava quasi ringhiando, come un feroce cane rabbioso ad un padrone che non riconosce più. E ciò che era peggio, due gocce salate gli stavano scivolando sulla guancia.

Stupido, stupido, stupido! Non doveva mica frignare come una femminuccia!

Per lui, poi?

Inaspettatamente, dall’altra parte si sentì una risatina sommessa.

-Ti voglio bene, Agito…

-MUORI.

-Allora ti aspetto, mh?

-VA’ ALL’INFERNO, AKIRA!

Staccò la chiamata, senza ulteriori indugi.

Akira si era azzardato a chiamarlo, dopo 3 anni di assoluto silenzio.

Con l’unico risultato di avergli fatto perdere le staffe.

Agito crollò, crollò del tutto. Le ginocchia toccarono terra, e finalmente il suo pianto esplose.

In singhiozzi, in forti singhiozzi. Di quello che in inglese chiamavano “Sorrow”. Un dolore insopportabile, incurabile perché non fisico.

E perché piangeva, allora? Era solo la rabbia?

Aveva mantenuto il suo orgoglio, no? Aveva vinto. Aveva preservato il suo orgoglio. Era lui il vincitore, no?

Forse era proprio questo a renderlo disperato..

Oppure, no…

Agito piangeva.

Perché si accorse di non aver vinto lui, stavolta.

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice.

“Pity and Fear”, Death Cab for Cutie, mi ha accompagnato nella stesura di questo capitolo.

E anche “Imbranato” di Tiziano Ferro, che non capisco come sia finita nel mio lettore.

Che capitolaccio.

Lungo, introspettivo, noioso.

A dire il vero volevo piantarla, ma sono troppo sadica e volevo far piangere Agito.

E poi, una deliziosa persona mi ha recensito. Quasi 130 persone hanno visitato questa storia.

Chissà, magari poi a qualcuno interessa.

Qualche anticipazione? Vi va?

Chissà.

Sappiate che non sono molto brava nel descrivere come si consuma la passione.

 

ChaosEvangeline: Il mio presto purtroppo equivale a diverse settimane. La mia autostima non era tale da permettermi di continuare in fretta il capitolo. Però l’hai letto, l’hai recensito…ti ringrazio. E sono contenta che ti piaccia.

Kaito…sai che è il mio personaggio preferito? Forse proprio perché puoi interpretarlo come ti pare.

E’ così imprevedibile che se fosse davvero uno stronzo/premuroso non mi stupirei.

Ti aspetto, posso contarci?

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Air Gear / Vai alla pagina dell'autore: BloodyRoad