2) Pity and
fear
“There
are no tears, just pity and fear
I recall the push more than the fall…
The push more than the fall”.
Death
Cab for Cutie.
Quanto
tempo era passato?
Sbattè
diverse volte le palpebre, sollevandosi con lentezza con
l’aiuto dei gomiti.
Era sempre un dramma, per lui, svegliarsi. Non sapeva bene quale fosse
il
motivo, ma nel mondo dei sogni ci si ritrovava così
dannatamente bene da
volerci restare perfino al risveglio. Catapultato nella
realtà, di nuovo.
Odiosa, prevedibile realtà.
Agito
ricordava
di essersi steso sul letto, qualche tempo prima, sbirciando i messaggi
del suo
cellulare, ma non capiva come potesse essersi improvvisamente
appisolato.
Doveva essere proprio stanco, in quei giorni. Caffè,
caffè, in dosi
industriali, meglio ancora se iniettato in endovena. Ecco di cosa aveva
bisogno, pensò, mentre la sua mano sottile andava ad
impregnarsi delle perle di
sudore sulla sua fronte. Il cuore gli batteva, il respiro era veloce.
Aveva
anche fatto un incubo…?
Allungò
lo sguardo sul comodino, per far sì che la sveglia chiarisse
ogni dubbio. Le
21:05…
“Akira
tornava alle nove…” si scoprì a
pensare, mentre poggiava i piedi sul pavimento.
Si sorprese di sé stesso. “E a me che cazzo
frega?!” Si sdegnò con sé stesso,
scattando in piedi con una punta di acido nervosismo. E ora, che poteva
fare?
Era troppo confuso per mettersi a studiare. Lo stomaco era
scombussolato, e non
aveva voglia di inutili succulenti pesi. E poi, era così
agitato..agitatissimo…Senza alcun motivo apparente,
iniziò a camminare su e
giù, ripetutamente, per la stanza. Provò a
fermarsi, a respirare profondamente,
a riflettere. Ora aveva anche caldo. Sfilò la felpa e la
lascio cadere per
terra, ma nulla. Non era il caldo a farlo agitare come una tigre in
gabbia. Ecco
il risultato di quando pensava troppo, maledizione. Chissà
quale era il
pensiero che lo assillava, lo agitava, lo rendeva nervoso e arrabbiato.
Ancora a
torso nudo, si specchiò, sbuffando per
l’ilarità una volta visti i suoi
capelli. Passò una mano sopra, riuscendo di nuovo ad
appiattirli. E si guardò,
negli occhi. Aveva bisogno di chiarirsi con sé stesso, e con
“sé stesso”
intendeva lui, Agito. Non Akito. Agito.
Il suo
scopo gli aveva proibito di vedersi come un essere a parte. Si era
sempre
considerato…come dire…un plug-in del dolce
Wanijima, quello che deliziava le
persone quando la benda era spostata sull’occhio destro. Era
un’aggiunta, un
componente pensato per l’autodifesa. “Un coltello
affilato”, amava definirsi,
ai tempi in cui la sua autostima da Fang King superava il K2.
Ora quel
titolo non aveva più senso. Pur continuando ad usare le At,
pur restando un
fenomeno nel settore, nella sua vita di diciassettenne si erano
introdotti
molti, molti più elementi, che avevano fatto perdere
l’importanza di parecchie
cose che solo fino a qualche anno prima avrebbe considerato questioni
di vita o
di morte. La scuola, innanzitutto. “Devi studiare,
sennò cosa farai in
futuro?”. Più che altro, se si impegnava, era per
Akito. Gli ottimi voti che
aveva a scuola altro non erano che frutto di una collaborazione a due.
Materie
scientifiche? Provvedeva Agito. Materie umanistiche? Nessuno poteva
battere
Akito. Il vantaggio di avere una mente a metà. Risultato:
una media
invidiabile. E Akito ci teneva a mantenerla. Agito lo assecondava,
senz’altro,
ma era quasi un obbligo per lui. Di rado prestava la giusta importanza
allo
studio. E, anzi, si chiedeva come mai Akito non fosse ancora spuntato
fuori per
rimproverargli di aver saltato i capitoli di fisica. Probabilmente
aveva capito
il suo stato d’animo.
Altra
priorità, gli amici. Agito aveva imparato da lì a
poco tempo che Ikki, Kazu,
Onigiri e Buccha potevano essere considerati anche esseri pensanti, con
i quali
passare un po’ di tempo, non solo dei semplici soprammobili.
Un vero e proprio feeling
fraterno l’aveva raggiunto con Ikki: tutto quel tempo
condiviso insieme l’aveva
fatto sentire più vicino di quanto pensasse. Non
condividevano gli stessi
gusti, non piacevano gli stessi film, stessa musica, stessi libri
(anzi, si
poteva dire che di rado Ikki apriva qualche volume con
l’intenzione di
leggerlo, e non di costruire qualche fortino per dispetto). Eppure, uno
istruiva l’altro. E a parte quegli stranissimi e perversi
film che Ikki beccava
a notte fonda e che a lui facevano solo arrossire fino alla punta dei
capelli,
ad Agito non dispiaceva affatto prestarsi ai suoi passatempi. O magari
passare
la notte svegli a raccontarsi qualche baggianata o storia a sfondo
horror.
Agito era convinto di aver mantenuto sempre lo stesso atteggiamento,
eppure
Ikki insisteva col dire che era diventato “Molto
più morbido”. Con conseguente
rissa.
Con
Kazu, le cose andavano abbastanza bene. Il biondino non vedeva
più una minaccia
da Agito, anzi, lo sfruttava come fonte di ispirazione. Qualsiasi
problema
avesse, chiedeva consiglio a lui. “Secondo te dovrei fare
così?”. “Tu che
faresti al posto mio?”. “E’ normale,
secondo te?”. Tuttavia Kazu non era
assillante, e sapeva sempre come ringraziare Agito di quei consigli
dati con
finta noncuranza. Ad esempio, lo portava a fare qualche corsa
all’AT-park. E la
competizione era la droga di Agito, si sapeva.
Con
Buccha il rapporto era molto più intellettuale. Era un
ottimo interlocutore, ma
Agito di rado passava il tempo da solo con lui. Eppure, quando ad
esempio Kazu
ed Ikki iniziavano ad usare le bacchette del ramen per simulare un
incontro di
spada laser (con tanto di effetti sonori improvvisati), lui e Buccha
iniziavano
a parlare. E Agito doveva ammettere che il grassone non aveva solo cibo
per la
testa.
Onigiri,
e lì le cose diventavano bizzarre! Agito giurava di non
poterlo subire. Odiava
le sue sfrenatezze dovute a qualche tempesta ormonale mal gestita,
odiava il
suo insano interesse per il sesso. E da quando, durante una bevuta,
Onigiri
aveva esplicitamente dichiarato “Se mai dovessi farlo con un
ragazzo, vorrei
farlo con Agito!” il ragazzo si manteneva debitamente a
distanza. Dai rapporti
civili si passava a veri e propri insulti, che il ragazzo grassoccio
non
prendeva troppo sul serio. Anzi, a volte sfruttava quella sorta di
tacito
timore di Agito nei suoi confronti per prenderlo in giro. E, come
citato prima,
con conseguente rissa.
Insomma,
Agito aveva dunque anche una vita sociale piuttosto intensa, sebbene
con poche
persone, a differenza di Akito, che andava d’accordo
praticamente con tutti.
Beh, con
Akito, ci andava d’accordissimo anche lui. Al di
là della convivenza in un solo
corpo, i due alter ego si prendevano cura l’uno
dell’altro, in una sorta di
amore che nessuno avrebbe potuto capire. Ideale, semplice, puro. Agito
riteneva
di non amare nessuno al di fuori di Akito.
…forse…
Tornò
ad
osservare l’orologio. Le 21 e 10. “Akira tornava
alle nove…”
-E
STA’
ZITTO!- urlò allo specchio, rimproverandosi.
Akira,
Akira, Akira!
Era
diventato un’ossessione nel giro di poche ore!
-Porca
puttana, appena arriva lui, si incasina tutto!- urlò ancora,
allontanandosi
dallo specchio e sedendosi sul letto, tenendosi la testa tra le mani.
Akira…
Agito
aveva un orgoglio, e voleva mantenerlo.
Akira
l’aveva tradito, aveva rinnegato la sua…amicizia,
con Agito.
O
qualcosa che almeno Agito riteneva tale.
Lo
detestava. A morte. Akira era stata l’unica persona in grado
di farlo soffrire
come un cane, fino a fargli versare segrete lacrime di rancore,
rabbia…
…gelosia.
Se non
fosse stato per quella puttanella, aveva spesso pensato, se non fosse
stato per
lei, col cazzo che a quell’ora sarebbero stati
così distanti. Erano così uniti,
così vicini.
Erano
davvero come fratelli.
Quindi
perché buttare tutto all’aria per colpa di una
smorfiosa?
Era davvero
necessario abbandonarlo?
Agito
aveva sempre pensato che anche se Akira fosse tornato per scusarsi, lui
non
l’avrebbe mai perdonato.
E
adesso, invece, combatteva per il suo orgoglio contro una parte di
sé che
urlava, strepitava, lo tormentava e voleva vedere Akira.
-No, no
e poi no! Cosa diamine crede?- pensò. –Che io sia
la sua puttanella, al suo
servizio? FUCK! Che se ne torni da dove è venuto!- Stava
strepitando. I capelli
erano stretti tra le dita, a volte il suo corpo tremava, solo per quei
grandi
rimorsi e quei grandi dubbi che lo stavano assalendo.
Voleva
andare da lui?
Sì.
No.
Sì.
No.
Sì…
Agito
non poteva più mentire a sé stesso. Voleva,
desiderava vederlo. Almeno una
volta. Ma no, non per farlo contento: non si sarebbe buttato tra le sue
braccia.
Non si sarebbe prostrato ai suoi piedi.
Avrebbe
chiuso i conti, una volta per tutte.
3 anni
prima, durante quello scontro, non ci era riuscito: Akira aveva
preferito
svenire tra le braccia di Len.
E Agito
aveva desiderato con tutto sé stesso essere al posto suo.
Ora
però
era sufficiente, aveva sofferto abbastanza. Credeva d’averlo
dimenticato, ed
invece…
Ma poi
perché stava reagendo come una ex-fidanzatina inacidita?
Ridacchiò.
Che idiozia. Quando mai aveva amato Akira?
Gli
aveva voluto un gran bene, questo sì.
…e
tutto
questo dolore giustificava quel “bene”?
Quell’incessante
flusso di pensieri venne interrotto di nuovo dall’irritante
suoneria del suo
cellulare. Promemoria: gettarlo all’inferno.
Agito lo
afferrò, pronto a prendersela col primo che avrebbe risposto.
Invece
il display non mostrò nessun numero. Un misterioso
“Anonimo” ostacolava la sua
riflessione.
Infastidito
più che incuriosito, Agito rispose.
-Pronto?
-Di
solito ai messaggi si da’ una risposta, lo sapevi?
Fu come
un lampo a ciel sereno.
Il cuore
di Agito perse un battito. Sgranò gli occhi e smise di
respirare, mentre il suo
corpo divenne improvvisamente di pietra. Quella voce…non
poteva essere…era
lui?!
Ma
come…cosa diavolo…?
Non se
lo stava forse sognando?
-Chi
diamine ti ha dato il mio numero?- urlò furioso
all’apparecchio, nonostante
fosse rimasto completamente privo di fiato.
-Un uccellino!- rispose l’altro
allegro, con
tono frivolamente idiota.
-Come ti
sei permesso? Che vuoi da me?!- Domandò a raffica Agito,
abbassando appena il
tono per riprendere fiato.
-Cosa
dici? Bwah, Agito, mi farai piangere, così! Non eravamo
amici, io e te?
-Abbiamo
smesso da parecchio, mi pare!
-No, non
è vero e lo sai.
Agito
ammutolì, pieno di collera. Poteva davvero permettersi di
parlare, lui, con quel
tono saccente e scanzonato? A che puntata si era fermato? Credeva forse
che
sarebbero bastati un paio di versetti sciocchi a far dimenticare tutto
l’accaduto?
E poi,
non doveva essere con la sua fidanzatina da qualche parte?
-Ohi,
pronto? Agito? Allora, quando passi a prendermi?- Riprese il suo
interlocutore,
con tono appena appena più serio.
-Non
verrò…- sussurrò Agito alla cornetta,
tremando tutto.
Sta’
calmo, Agito. Calmo…
-Come,
puoi ripetere?
-Ho
detto che non verrò…
-Eh?
-NON
VENGO, IDIOTA!!!
Agito
esplose. Stava quasi ringhiando, come un feroce cane rabbioso ad un
padrone che
non riconosce più. E ciò che era peggio, due
gocce salate gli stavano
scivolando sulla guancia.
Stupido,
stupido, stupido! Non doveva mica frignare come una femminuccia!
Per lui,
poi?
Inaspettatamente,
dall’altra parte si sentì una risatina sommessa.
-Ti
voglio bene, Agito…
-MUORI.
-Allora
ti aspetto, mh?
-VA’
ALL’INFERNO, AKIRA!
Staccò
la chiamata, senza ulteriori indugi.
Akira si
era azzardato a chiamarlo, dopo 3 anni di assoluto silenzio.
Con
l’unico risultato di avergli fatto perdere le staffe.
Agito
crollò, crollò del tutto. Le ginocchia toccarono
terra, e finalmente il suo
pianto esplose.
In
singhiozzi, in forti singhiozzi. Di quello che in inglese chiamavano
“Sorrow”.
Un dolore insopportabile, incurabile perché non fisico.
E
perché
piangeva, allora? Era solo la rabbia?
Aveva
mantenuto il suo orgoglio, no? Aveva vinto. Aveva preservato il suo
orgoglio.
Era lui il vincitore, no?
Forse
era proprio questo a renderlo disperato..
Oppure,
no…
Agito
piangeva.
Perché
si accorse di non aver vinto lui, stavolta.
Note
dell’autrice.
“Pity
and Fear”, Death Cab for Cutie, mi ha accompagnato nella
stesura di questo
capitolo.
E anche
“Imbranato” di Tiziano Ferro, che non capisco come
sia finita nel mio lettore.
Che
capitolaccio.
Lungo,
introspettivo, noioso.
A dire
il vero volevo piantarla, ma sono troppo sadica e volevo far piangere
Agito.
E poi,
una deliziosa persona mi ha recensito. Quasi 130 persone hanno visitato
questa
storia.
Chissà,
magari poi a qualcuno interessa.
Qualche
anticipazione? Vi va?
Chissà.
Sappiate
che non sono molto brava nel descrivere come si consuma la passione.
ChaosEvangeline:
Il mio
presto purtroppo equivale
a diverse settimane. La mia autostima non era tale da permettermi di
continuare
in fretta il capitolo. Però l’hai letto,
l’hai recensito…ti ringrazio. E sono
contenta che ti piaccia.
Kaito…sai
che è il mio personaggio preferito? Forse proprio
perché puoi interpretarlo
come ti pare.
E’
così
imprevedibile che se fosse davvero uno stronzo/premuroso non mi
stupirei.
Ti
aspetto, posso contarci?