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Autore: Aliceppp    23/07/2011    1 recensioni
Mark era appena stato colpito da qualche Vietcong nascosto in uno dei palazzi, ormai diventati macerie.
Dal suo fianco iniziò a uscire sangue, sangue rosso mischiato al suo sudore e alla terra che era sotto di lui.
 
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopoguerra
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                                                                                                                                                                                                                                 -Somebody please stop that war now!-



Mark era appena stato colpito da qualche Vietcong nascosto in uno dei palazzi, ormai diventati macerie.
Dal suo fianco iniziò a uscire sangue, sangue rosso mischiato al suo sudore e alla terra che era sotto di lui.
“Vi prego aiutatemi! Sto morendo! Mi fa malissimo!Aiuto! Dio ti prego salvami !!” Urlava Mark, ma nessuno andava a soccorrerlo.
Avevano paura di essere colpiti e di fare la stessa fine di Mark, gli altri soldati.
Mark nel frattempo, pensava a tutte le cose fatte nella sua vita fino a quel momento, fino a quell’istante, che lui non si sarebbe mai immaginato, non avrebbe mai pensato di trovarsi sdraiato con un buco nel fianco e avere i minuti contati. Quando era piccolo si immaginava in una casa con sua moglie e i suoi due bambini, ci sperava. E forse questo non sarebbe mai accaduto per colpa di una stupida guerra.
Mark iniziava a ricordare.

18 Anni prima.
“Mamma ti prego toglimi questo dente, mi fa male! Nooooo, non così! Che mi esce tanto sangue, mammaaaa! Ma non ci riesci? Anche io che vengo a chiederlo a te! Lo dovevo chiedere a papà, lo sapevo!”
“Mark! Calmati! Non è la fine del mondo quando cade un dente da latte!Tranquillo non farà neanche male”
“Se lo dici tu mamma…!”
E il suo primo dente cadde a terra, la sua bocca sapeva di un misto di saliva e sangue. Andò a prendere un bicchiere pieno d’acqua si sciacquò la bocca e poi corse in bagno a vedere com’era cambiato, si perché pensava di essere cresciuto. Pensava di essere diventato grande.


15 Anni prima.
“Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Mark, tanti auguri a te !” i suoi amici intonavano la solita cantilena per l’ottavo compleanno di Mark. La mamma corse ad abbracciarlo e baciarlo. “Auguri amore mio” “Grazie Mamma, però dai lasciamo ci sono tutti i miei amici!” Sussurrò Mark nell’orecchio della madre. “Certo tesoro” Rispose la madre con tono affettuoso, com’era al suo solito.


10 Anni prima.
“Dimmi Mark! Che succede?” Chiese Ginevra, una sua compagna di classe in modo impaurito ma nello stesso contento.
“No, cioè ti volevo dire che praticamente…” Rispose Mark, ormai in viso era rosso.
Avvicinò le sue labbra alle labbra delle ragazze, ed ecco che un’altra tappa dell’adolescenza è andata: “il primo bacio”.


5 Anni prima.
“Mark… Questa lettera è per te.” Disse la madre in lacrime.
“No… Non ci posso credere. Perché? Non ci voglio andare !” Urlò Mark, e nel frattempo corse in camera a piangere.
“Mark, ti prego esci. Devi andarci, se no sai cosa succede se non vai…” Ripeteva la madre con il cuore infranto.

Mark, alla fine, era andato. Era andato al campus per l’arruolamento. Era il 1964, inverno. Faceva freddo e nevicava, eppure dovevano allenarsi. Mark aveva solo 18 anni. Non sapeva cosa doveva fare in quel posto. Veramente non capiva perché c’era lui lì, non c’entrava niente.


4 Anni prima.
“Mark Liberty, inviato sul campo di battaglia. Complimenti.”
“Grazie.” Rispose Mark con il sangue gelato.

La stagione era quella autunnale, le foglie cadevano dovunque, persino in Vietnam, l’anno era il 1967.
“Soldato Liberty? Non crede che il suo cognome sia inadatto alla guerra? Che ne pensa se la chiamiamo Soldato M.?”
“Si signor si” Ma a Mark quel soprannome non piaceva affatto. Lui si chiamava così, e chi se ne frega se non era adatto alla guerra!

I giorni passavano. E lì non succedeva niente. Ormai era dicembre, tra pochi giorni si sarebbe festeggiato il Natale e poi il Capodanno.
E lui l’avrebbe festeggiati lì, in quel posto inquietante, senza vite vere. Ormai era morto dentro.

Una notte del gennaio del 1968, i Vietcong entrarono nell’accampamento. Iniziarono a uccidere e rapire i soldati americani.
No, Mark non fu ucciso, venne rapito.
Venne portato in una specie di canale fognario. Insieme ad altri soldati americani.
Ogni tanto dei Vietcong scendevano sceglievano due soldati e se li portavano su.
Si sentivano degli spari, ma raramente.
Era il turno di Mark.
Lui e l’altro ragazzo erano seduti, davanti a loro c’era una pistola.
Un Vietcong ridendo porse la pistola all’altro ragazzo. Dentro c’era 1 pallottola.
Il ragazzo non capiva. Mark, aveva capito. I suoi pantaloni si erano bagnati di paura. Il Vietcong spostò lo sguardo verso Mark, e porse la pistola a lui. Mark la prese. L’avvicinò alla sua tempia, la sentiva calda.
In un istante premette il grilletto. Si sentì sollevato, ma sapeva che c’erano ancora 5 colpi, di cui uno sicuro. Mise la pistola sul tavolino che lo separava dall’altro ragazzo.
Questo prese la pistola, e imitò Mark, premette il grilletto e “bum”. La sua vita di punto in bianco era finita, così in modo crudele, indolore, veloce. Come quella di chissà quanti altri ragazzi e uomini. Ormai la vita lì, era appesa a un filo, bastava un po’ di distrazione ed ecco che si cadeva.
I Vietcong lo portarono di nuovo nelle fognature, ma lui ora sapeva dove andare per uscire da quel posto puzzolente, sporco e delirante.
Uscito da lì andò a Saigon.
“L’esercito ti tornerà a prendere” Gli disse un medico.

Mentre era sulla jeep per andare in un accampamento, sentiva la radio. E sentiva che dei ragazzi in America e soprattutto in Francia protestavano contro la guerra in Vietnam. Ma queste rivolte furono soffocate. Molti ragazzi con degli ideali morirono, si ferirono andarono in carcere. Solo perché avevano capito com’era veramente questa guerra insensata.

Due giorni dopo ripartì per una missione. Ormai era estate. Faceva caldissimo.
Andarono in una di queste cittadine rase quasi completamente al suolo.
Mark,qui, dovette muoversi per primo. Ed ecco che uno colpo di fucile lo fermò. Lo fece cadere a terra sanguinante. Il suo fianco era appena stato bucato da una pallottola. Urlava, chiedeva aiuto.
Ecco un altro suono, simile a quello precedente e un altro gemito di Mark. Altro sangue.
La sua gamba era stata colpita.
“Scusate se non vi ho preso in parola, qui è davvero difficile la cosa. Dovevo farmi valere, e invece eccomi qui, per terra in un mare di sangue, senza nessun aiuto. Senza niente. Vi prego, perdonatemi, se non sono tornato come vi aspettavate. Scusatemi se questa era la fine che non mi aspettavo di fare. Scusate se sono qui, e non lì da voi a rendervi le giornate migliori. Vi ho voluto bene. E la madre e il padre sono persone fondamentali nella vita di una persona, e voi lo siete stati per me. Grazie” Bisbigliava il soldato M.

Tutto d’un tratto lo scenario era diventato ancora più cupo, Mark non respirava più bene. Mark con in mano un fucile chiuse gli occhi e tutto intorno divenne bianco. La sua vita era giunta al termine, solo per difendere una politica americana che non lo capiva.
  
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