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Autore: Selene Silver    25/07/2011    4 recensioni
«E va bene. Allora iniziamo subito. Voglio andare… sul trenino degli orrori! Sarò come tornare a casa, per te, eh, re delle tenebre?!» Gli afferrò una mano e lo guidò verso la baracca dipinta con scene che a Entwistle parvero più buffe che. John entrò nel vagoncino con Keith.
Per quanto l'altro fosse minuto, stavano lo stesso stretti, e il batterista ridacchiò quando le mani del bassista si posarono sul suo petto per trovare l'equilibrio. «Non ridere, maledetto» sussurrò il bassista, sentendo un'ondata di calore salirgli alle guance pallide. Keith sorrise dolcemente, avvicinando ancor di più il viso al suo. John sapeva che stava per succedere una cosa davvero avventata, ma non avrebbe saputo come fermarla, perché c'era una parte di lui (una grande parte di lui) che lo voleva. Ma poi, proprio mentre il naso di Keith sfiorava il suo, il vagoncino si mosse in avanti di scatto, facendogli perdere la presa sul petto dell'altro. Si ritrovarono nell'oscurità muffosa del tunnel degli orrori.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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In the light or in the dark, our love is still the same


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Keith aveva sempre amato i Luna Park. Ricordava come fosse ieri la prima volta che ci era stato; era con suo zio Charlie, che rideva sempre e aveva gli occhi  grandi e scuri come i suoi. Lo zio l'aveva preso sulle spalle e gli aveva comprato lo zucchero filato: con le stelle negli occhi e la bocca impiastricciata, il piccolo Keith aveva penato che fra le giostre e le musiche si nascondessero infinite possibilità, e nella sua mente aveva iniziato a risuonare un battito ritmico, molto più forte, ma in qualche modo simile, a quello di un cuore.

 

Il suo primo bacio l'aveva dato sulla ruota panoramica di quello stesso Luna Park. Lui e la sua fidanzata, Emily, avevano entrambi tredici anni. Mentre il sole scaldava le loro spalle e la ruota li portava in cima al mondo che conoscevano, Keith le si era avvicinato. Con le mani intrecciate sul sediolino di ferro, si erano baciati, innocenti come i bambini che erano, e che presto non sarebbero stati più.

 

«John, grazie!»

«Umpf.» Per John Entwistle, il Luna Park non era di sicuro il massimo del divertimento. Odiava tutte quelle luci lampeggianti, il caos, le musiche sparate a palla, la stupida facciata di felicità che quasi ti obbliga a essere felice. Il punto era che Keith lo era davvero. E per quanto potesse odiare quella situazione, John era disposto a sopportare qualunque cosa pur di vedere gli occhi del suo piccolo lunatico illuminarsi. «Non c'è di che» biascicò.

Keith gli si lanciò addosso e lo abbracciò stretto, schioccandogli un bacio sulla guancia. La gente li guardava, sorpresa (una scena del genere fra due ragazzi non si vede certo tutti i giorni); forse qualcuno era persino sul punto di riconoscerli. Se John non avesse saputo che quello non era il solito show di Moon the Loon, l'avrebbe spinto via. Ma dal momento che sapeva che quella stretta era molto più di un ringraziamento, la ricambiò per un minuto buono.

Quando si staccarono ficcò le mani in tasca. «Non più di tre ore, Moon. Questo posto non mi piace.»

«Ma come no?!» si scandalizzò Keith, sgranando gli occhi. Poi sbuffò. «E va bene. Allora iniziamo subito. Voglio andare… sul trenino degli orrori! Sarò come tornare a casa, per te, eh, re delle tenebre?!» Gli afferrò una mano e lo guidò verso la baracca dipinta con scene che a Entwistle parvero più buffe che. John entrò nel vagoncino con Keith. Per quanto l'altro fosse minuto, stavano lo stesso stretti, e il batterista ridacchiò quando le mani del bassista si posarono sul suo petto per trovare l'equilibrio. «Non ridere, maledetto» sussurrò il bassista, sentendo un'ondata di calore salirgli alle guance pallide. Keith sorrise dolcemente, avvicinando ancor di più il viso al suo. John sapeva che stava per succedere una cosa davvero avventata, ma non avrebbe saputo come fermarla, perché c'era una parte di lui (una grande parte di lui) che lo voleva. Ma poi, proprio mentre il naso di Keith sfiorava il suo, il vagoncino si mosse in avanti di scatto, facendogli perdere la presa sul petto dell'altro. Si ritrovarono nell'oscurità muffosa del tunnel degli orrori. John tirò un respiro di sollievo: per quanto potessero amarsi, fare cose del genere in pubblico non era esattamente una furberia. Erano famosi, perdio, e anche se non lo fossero stati vedere due ragazzi maschi che si baciano per strada non è una cosa che succede tutti i giorni. Perciò si limitò a stringere la mano di Keith e sprofondare nel seggiolino, mentre il buio fitto della baracca si chiudeva attorno a loro. Riusciva a sentire il respiro dell'altro.

Poi si levò una sinfonia stridente da film horror, e delle cose non meglio definite presero a frusciare e svolazzare attorno a loro nell'oscurità. Keith lanciò uno strillo, stringendosi contro John e poi ridacchiando, imbarazzato e spaventato insieme. Dal soffitto iniziarono a cadere delle cose viscide e molli, come vermi. Moon strillò di nuovo. John scosse la testa e gli passò le dita fra i capelli morbidi per toglierne gli insetti di plastica. Keith reclinò indietro la testa e chiuse gli occhi, come un gatto che si lascia accarezzare con tutta la soddisfazione di questo mondo.

Il tempo si fermò. La musica stridente, le grida e i fruscii smisero di essere fastidiosi. John affondò le mani nei capelli di Moonie, massaggiandogli la nuca e avvicinando il viso al suo. Respiravano dello stesso respiro. Keith aprì i suoi occhioni scuri, li appuntò in quelli azzurri di John. Il mondo finiva e cominciava lì.

Poi le luci si accesero, e loro sussultarono, ritraendosi di scatto, mentre il vagoncino usciva dalla baracca, nella luce grigia di quel pomeriggio di novembre. I loro respiri leggermente affannosi si condensavano in vapore bianco.

Scesero dal trenino impacciati e insicuri. John affondò il viso nel bavero del cappotto di Keith, gli prese una mano; Entwistle la strinse e se l'infilò in tasca, piccola e calda, intrecciata alla sua. «Che facciamo, adesso?»

Moon sorrise e lo portò in giro con sé per tutto il Luna Park, comprando zucchero filato e costringendolo a stringere i denti per non pulirgli con le labbra le tracce di zucchero che gli erano rimaste attorno alla bocca e sul naso. Giocarono al tiro a freccette e a quello al bersaglio e tutte quelle stupidaggini che però sembravano fare Keith tanto felice. Infine, John guardò l'orologio, con un senso di dispiacere e sollievo insieme. «Tempo per l'ultima giostra, Moonie» annunciò.

Keith gonfiò le guance e si guardò attorno. C'era la ruota panoramica, scintillante nido d'amore per una calca di fidanzatini che se ne stavano mano nella mano. Ma neppure il folle Moon the Loon avrebbe osato mettere in pratica l'idea che per un attimo gli era passata per la testa. Così, con una punta di tristezza, voltò lo sguardo e scelse. «Ehm… quella.»

John si voltò e trattenne il respiro, capendo quale giostra Keith intendesse. Era un trenino che, a ritmo di R'n'B, girava su se stesso, sia in avanti che indietro, e che veniva anche coperto da un telone. Si sentì male. Era esattamente il tipo di giostra che gli dava il voltastomaco. Ma prima che potesse dirglielo, Moon l'aveva trascinato con sé dentro il vagoncino e aveva iniziato a battere le mani sulla barra di sicurezza, tenendo il ritmo di batteria di Jumping Jack Flash dei Rolling Stones, che aveva iniziato a suonare dalle casse attaccate al giradischi dietro la cassa.

John salì circospetto e si accomodò. Il sediolino era più grande di quello del trenino degli orrori, ma stavolta fu lui ad avvicinarsi a Keith. Era spaventato. Quella giostra non gli era mai piaciuta… e proprio mentre lo pensava, questa partì. All'inizio lenta, poi sempre più veloce, una velocità spaventosa. I capelli gli volarono via dalla faccia, mentre Moonie, accanto a lui, rideva, e Jumping Jack Flash non diventava altro che un ronzio indistinto. Poi la giostra scattò all'indietro. John urlò come una ragazzina.

E di nuovo avanti, e il telo calò su di loro. La giostra rallentò. Entwistle respirava affannosamente.

«Tutto a posto, John?» La voce di Keith era sinceramente preoccupata, accanto a lui nell'oscurità. 

Lui deglutì. «Odio questa cosa.»

«Mi dispiace. Adesso è un po' più lenta, no?» Moon gli accarezzò le guance per calmarlo. Gli Stones continuavano a suonare.

John appoggiò la fronte contro quella di Keith. «Non mi sento bene.»

«Shhh…» sussurrò il batterista. Iniziò ad accarezzargli i capelli, passandovi le dita in mezzo come lui aveva fatto poco prima per togliergli i vermi di plastica. Poi le labbra di Keith si posarono sulle sue, lentamente, dolcemente, per calmarlo. John riprese a respirare. Respiri troppo profondi, a dire la verità, mentre si stringeva a Moonie e sentiva ogni nervosismo, nausea e paura sparire, scacciato da un mulinello di calore sempre più grande, che partiva dai punti in cui le mani di Keith si posavano sulla sua pelle; infilandosi dentro il cappotto, accarezzandogli la pelle pallida e tesa sulla schiena.

«Ti amo» mormorò, staccando di poco la bocca da quella dell'altro.

«Anch'io. Non puoi neanche capire quanto. Non ti lascerò mai, John.»

 

Quando il telone tornò a sollevarsi, John aveva i capelli dritti sulla testa, il giubbotto sbottonato e il sorriso più grande del mondo.

Le guance di Keith erano arrossate, e praticamente il batterista stava seduto sulle gambe dell'amico; ma faceva finta di niente, guardando a sinistra.

Fu in quel momento che un fotografo li colse. Proprio nel momento in cui Moon sussurrava a mezzabocca che non importava essere sotto un riflettore, per amare con tutto il cuore una persona.



Prima di tutto, vorrei scusarmi per eventuali errori di grammatica, ortografia eccetera eccetera. Ho finito di scrivere questa cosa alle quattro del mattino e la sto postando alle cinque: non abbiatemene a male.
Come seconda cosa, vorrei porvi le mie scuse anche per il titolo, che trovo troppo melenso: all'inizio doveva essere "Luna Park", ma ormai la storia usciva fuori dai bordi del titolo (come dice Murakami Haruki).
Terza cosa, quell'immagine è bellissima, vero? Sono molto felice di averla trovata :3
Quarta, in questa storiella c'è una morale; ovvero che non si deve sminuire l'amore anche se è tenuto nascosto. O almeno, è la morale che ci vedo io, ed è dettata dal fatto che mentre scrivevo un tizio su tumblr, che nonostante tutto apprezzo perché ama i Kinks e ha come icon una bellissima foto di Dave, mi ha detto che lo slash è una cosa fuori da ogni grazia di Dio -.- Poi vedeteci voi qualunque morale vogliate XD
Quinta cosa: sapete che mi sono emozionata scrivendo le parti dove quei due si sbaciucchiano? E che mi sono venute le lacrime agli occhi scrivendo quel "Non ti lascerò mai, John"? Forse è il potere dell'amore, forse è perché sono un'idiota pompata che si commuove alle cose che scrive @-@ ^^
Sesta e ultima cosa: questa è la prima MoonEntwistle della quale sono del tutto soddisfatta: le altre due erano carine, ma non spiegavano bene ciò che penso di questa coppia. Ovviamente ne scriverò altre perché mi sembra di aver approfondito male l'argomento - forse perché ho copiato e rifinito la storia a un orario impossibile .-. - ma per adesso questa mi piace, e credo che proverò a dedicarmi al Pete/Roger :3 Dunque, dal momento che questa è una storia importante, per me, gradirei più che mai avere un commento. Grazie e baci, Sel.
P.S.: Se avete apprezzato i riferimenti agli Stones, vi piacerebbe dare un'occhiata alla mia fic su Brian Jones? :3 Gracias

[Ehi, Mitch. Se stai leggendo, sappi che ti ho tenuto virtualmente la manina per tutta la serata XD. E che spero tu non sia stata troppo male, guardando il live a Knewboth. E che se stai ancora male, spero che questa cosa ti tiri su :3 <3]

  
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