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Autore: Querthe    27/03/2006    1 recensioni
Rei ha uno stranissimo risveglio, ma è solo lei che ha dei problemi con i sogni ad occhi aperti?
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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Il gruppetto si fermò a riposare un attimo, dopo aver camminato per alcune ore nella foresta, andando nella direzione della torre. La stanchezza che li aveva assaliti non era normale, e tutti se ne erano accorti.
- Io non ci credo. - Sbuffò Mako, appoggiandosi ad un albero nero come la pece. - Ho corso quasi tutto il giorno accanto ad un cavallo e non ero nemmeno sudata, mentre qui… e poi, la torre sembrava vicina, e non certo ad ore di cammino.
- Già. - Annuì Haruka. - Io provo ad alzarmi in volo per vedere quanto ancora è distante. Sempre che si riesca a superare questa coltre di alberi bui come la notte.
Si tolse il mantello che le copriva le bronzee ali e tentò di sollevare il muscoloso corpo dal suolo. Sbattendole, sollevò foglie secche e polvere, ma non andò oltre.
- Allora? - chiese Ami.
- Non riesco a capire. E’ come se qualcosa mi bloccasse a terra… Aspetta che ora ci provo nuovamente.
Ritentò, senza risultato. Furente, si risistemò il mantello e si incamminò verso dove avevano visto l’ultima volta la torre. Gli altri, vedendo che la ragazza non aveva alcuna intenzione di fermarsi, la seguirono ansimando di fatica.
- Certo che è strano. Più crediamo di essere stanchi, più lo siamo… Che ci sia qualche potere nella foresta che non conosciamo? - si chiese Rei.
- E credi che se ci fosse non ne sarei a conoscenza? - La zittì Ami, guardandola in malo modo. - Siamo semplicemente stanchi per tutto il cammino fatto e per la tensione, qui non c’entrano i poteri del re della luna nera o di altri.
- Scusa. La mia era solo una domanda da neofita di questo mondo. Tu sembri essere nata qui, o quella che mi ha risposto ora è la maga e non la mia amica?
- No, certo che sono Ami. Credo che la maga si sia convinta della mia bravura e mi abbia dato pieno controllo del corpo. E’ tanto che non la sento nella mia testa.
Tutto il gruppetto aveva raggiunto Haruka, e insieme continuarono nella notte senza luna della Foresta delle allucinazioni. Procedevano lenti, attenti a non inciampare nelle radici che fuoriuscivano dal terreno bruciato come serpenti di pietra grigia o a non essere colpiti al volto dai rami bassi dalle nere e accartocciate foglie.
- Sembra che da queste parti abbiano fatto un raduno le grandi lucertole di fuoco. - costatò amaramente ironica Haruka.
- Scusa l’ignoranza, ma cosa sarebbero? - chiese interessata Minako, avvicinandosi a lei a svelti passi.
- Sono grandi rettili dotati di ali come quelle dei pipistrelli e in grado di percorrere in volo molti giorni di viaggio prima di atterrare. A volte alcuni dei nostri anziani le utilizzano per compiere delle perlustrazioni su vasti territori, ma ammetto che vederne uno è già impressionante, figurarsi cavalcarlo…
- Ma quanto sono grossi, se dici che si possono cavalcare? - intervenne Mamoru.
- Diciamo che non ho mai visto essere più grande. - Si fermò un attimo come per riflettere. - Direi che sono lunghi un centinaio di ooli.
- In unità di misura che conosciamo? Non siamo pratici delle tue unità di lunghezza.
La giovane allargò le braccia, tendendole il più possibile.
- Ecco, questi sono poco meno di quattro ooli.
- Quindi circa due metri. Il che, calcolato per dodici e cinque, fa… venticinque metri! - esclamò Rei.
- Sono enormi!
- E possono sputare un inferno di fiamme quando pare a loro, rendendo tutto ciò che è loro attorno cenere e polvere nerastra. Sono impressionanti da vedere, ma ancora di più mi ha stupito la loro intelligenza. Credo che si facciano vedere poco perché preferiscono la ricerca di qualcosa di superiore rispetto al contatto con altri esseri.
- Sembrano i draghi di certi giochi di ruolo. - commentò Michiru. - Grandi, possenti e solitari.
Gli altri annuirono, contenti che per un po’ la discussione li avesse distratti dalla situazione in cui si trovavano. Un rumore li attirò. Qualcosa sopra di loro, molto in alto, sembrò sfrecciare verso il luogo della loro comparsa.
- Cos’era? - chiese Minako.
- Non lo so, e non lo voglio sapere! - le rispose Rei, reprimendo un brivido.
- Veniva dalla torre, ed era un guardiano alato. - Brontolò la maga. - Niente di buono, questo è certo, ma siamo fortunati, in un certo senso.
Makoto la guardò con fare interrogativo.
- In questa foresta la notte regna eterna, ma è una tenebra più forte di quella del re della luna nera, per cui qui non possono esistere i suoi esseri.
- E quello che è passato come lo chiami?!
- Animale autoctono.
- Cioè… - Iniziò spaventata Haruka. - Vuoi dire che questa foresta ha degli abitanti?
- Come ogni foresta… Semplicemente questa ha degli esseri molto cattivi, neri e grossi.
- Grossi quanto? - chiese Rei.
- Non lo vuoi sapere, te lo assicuro. Ma non preoccupiamoci, in genere non vedono mai creature come noi, per cui potrebbero anche non attaccarci.
- Ad ogni modo non mi sento tranquilla. - mormorò Michiru.
Quasi a conferma di quanto aveva appena detto, dietro di loro, a una ventina di passi circa, si udì come uno schianto di rami. Tutti si bloccarono, indecisi se fuggire o aspettare e combattere.
- Cosa è stato? - sibilò Mamoru rivolto ad Ami.
Questa rispose scuotendo la testa e alzando le spalle.
- Di sicuro qualcosa di brutto. - Gli rispose Minako, guardandosi attorno come cercando la fonte del rumore. - Guarda la mia catena…
L’arma della giovane, solitamente attorcigliata attorno al suo braccio, si era in parte dispiegata e stava oscillando al pari di un serpente che stia per attaccare una preda.
- Cosa sta facendo? - chiese Rei.
- Non lo so, è la prima volta che fa così, e il fatto che la vera incantatrice non mi stia suggerendo niente come le altre volte che ho avuto bisogno di spiegazioni non mi tranquillizza di certo.
Il rumore si ripeté, più vicino e più forte, tanto da far trasalire Michiru, che si spaventò a tal punto da cercare rifugio accanto ad Haruka. Tutti sfoderarono le armi o si tennero pronti con i loro poteri, attendendo il peggio, che si presentò in una forma che nessuno aveva neppure immaginato. Davanti a loro un albero cadde, schiantandosi a pochi metri da Mamoru, per poi letteralmente dissolversi in un tratto, lasciando al suo posto l’impronta di una grossa zampa artigliata a tre dita, fumante come l’acido sul ferro. Gli alberi accanto vennero incisi profondamente da striature di fumo biancastro, come toccate da sbarre roventi.
- Ma che diavolo è? - biascicò terrorizzata Minako, mentre la catena si muoveva impazzita, alla stregua di un piccolo animale che tenti in tutti i modi di spaventare un suo predatore molto più potente.
Ami sbiancò.
- E’ un essere del Nulla. Se vogliamo salvarci, ci conviene essere molto più veloci di lui. Non riusciremo mai a sconfiggerlo. - gridò mentre si girava e iniziava a correre dalla parte opposta da quella dell’orma.
Davanti a Mamoru si formò un’altra orma fumante, stridendo e consumando il terreno per circa una ventina di centimetri di profondità. Dalla distanza fra le due orme, quell’essere doveva avere un’altezza di una decina di metri. Anche gli altri scapparono, ognuno in una direzione differente, lasciando Mamoru solo davanti alla creatura che sembrava completamente trasparente.
- Eppure è qui. Sento il suo odore di morte, sento la sua voglia di uccidere, ma data la mia situazione, se gli voltassi le spalle sarei morto. Tanto vale combattere. - Sorrise, pensando, il giovane. - Fatti avanti, ma almeno fatti vedere, o hai paura di un uomo piccolo quanto me?! - gridò Mamoru, calando la celata dell’elmo.
Per tutta risposta il mostro lanciò un ruggito, che fece svolazzare il mantello dell’altro come se fosse stato investito da un forte vento, e si rese visibile, se assumere un aspetto di nebbia grigiastra è divenire visibile. Il muso aveva un aspetto animale, come di un cane dobermann, ma il corpo era sicuramente umanoide, dotato di quattro robuste braccia dotate di artigli e di un paio di ali all’apparenza membranose.
- Forse era meglio se rimanevi invisibile… - scherzò il ragazzo, cercando di darsi coraggio.
L’essere non sembrò udirlo, e con velocità non indifferente allungò gli arti destri, col chiaro intento di colpire l’avversario, che a sua volta si gettò a lato e rotolò poco lontano, finendo la sua fuga contro il tronco di una pianta.
- Primo colpo andato. Ora tocca a me.
Si rialzò e si gettò contro la gamba sinistra del nemico, che non fece nemmeno finta di spostarsi. La lama penetrò a fondo nella sostanza molliccia che formava l’essere, e come al solito dal terreno iniziarono a formarsi i tralci che in genere portavano alla morte di chi era avvolto. Mamoru si ritrasse, aspettando che la magia facesse il suo effetto. La pianta crebbe, ma arrivata a quello che doveva essere il ginocchio del mostro, avvizzì, cadendo a terra secca. Della ferita nella gamba nessuna traccia. Se non fosse stato certo del contrario, il giovane avrebbe potuto credere che il gigante stava ridendo. Gli artigli tornarono all’attacco, e questa volta riuscirono a stridere sulla corazza, che resse comunque all’urto lasciando illeso l’occupante. Un terzo artiglio riuscì a ghermirlo e lo sollevò a terra stringendolo come in una morsa di fuoco. L’armatura iniziò a fumare.
- Se non riesco a liberarmi alla svelta, l’acido finirà per toccare me, e non credo di essere troppo resistente. - pensò allarmato il giovane, colpendo senza successo l’artiglio, che risuonava come fatto di cristallo.
Il mostro sembrò infastidito, e scrollò Mamoru, il quale, per il colpo, perse la spada, che cadde a terra conficcandosi nel terreno poco distante dalla zampa sinistra. Come la volta precedente, dalla spada iniziarono a svilupparsi rovi che si diressero velocemente verso l’essere, che parve non accorgersi di loro. Lo raggiunsero e iniziarono ad aggrovigliare le gambe, salendo a velocità impressionante fino al busto e poi alle braccia. Solo allora la cosa sembrò infastidire il gigante, che scagliò contro il tronco di un albero il ragazzo e quindi iniziò a strappare le piante che a velocità sempre maggiore lo stavano avvinghiando. Una di esse lo passò da parte a parte penetrando dalla schiena e uscendo là dove in un uomo c’erano le viscere. Il mostro gridò di dolore e cadde terra, ormai preda delle rose vampiro. Un fluido giallastro sembrò fluire da lui verso la spada attraverso i fusti delle piante, finché di tutto l’essere non rimase che una carcassa disseccata di materia grigiastra. L’elsa della spada, che per tutto il tempo aveva pompato come il cuore di un cavallo al galoppo, rallentò, per poi smettere. Mamoru si era nel frattempo rialzato, e per quanto barcollante, aveva raggiunto la sua arma, ancora piantata nel terreno. Timoroso la stava osservando, incapace di staccare gli occhi dai tralci che si stavano ritirando nel terreno nello stesso modo in cui si erano sviluppati. Quando anche l’ultimo fusto sparì laddove la spada era infissa, il giovane toccò l’arma per riprendersela. Appena la ebbe estratta, l’elsa riprese vita, ma Mamoru non riuscì a lasciarla. Era come se non volesse essere lasciata.
- Ma cosa… - esclamò spaventato, mentre il metallo dell’elsa si sciolse e si mosse lungo la sua mano, salendo velocemente verso il braccio.
Nel giro di qualche secondo tutto il corpo del ragazzo fu ricoperto da una crosta metallica e lucida, finemente lavorata.
- Noi… Tu… siamo i vampiri di anime. - esclamarono mille voci in una nella testa di Mamoru, che vide davanti a sé una quantità incredibile di visi, alcuni umani, altri meno.
- Dove sono?
- Tu… Noi siamo nella tua testa, siamo accanto alla tua anima. - risposero senza espressione le voci.
- E cosa volete da me? - chiese guardandosi attorno alla ricerca di una possibile via di fuga o di un’arma da usare in caso di pericolo.
Vedeva solo facce senza sentimenti, come maschere di statue. Nessuna di loro aveva pupille, sebbene gli occhi fossero spalancati.
- Tu… Noi vogliamo vendetta.
- Vendetta? E verso di chi? E cosa c’entro io?
- Noi… Tu… sei l’anima più pura che abbiamo mai incontrato. Mai nessuna che abbiamo saggiato era come te. Noi… Tu… vogliamo la tua anima per i nostri scopi, ma sarai compensato.
- Volete la mai anima? Dovrei finire come gli esseri che ho ucciso con la spada? Trafitto da rose assassine?! Ve lo potete scordare! - urlò Mamoru, stringendo i pugni per la rabbia.
- No… Tu… Noi… usiamo te come tramite, noi… Tu… usi noi come mezzo per i tuoi scopi.
- Tramite per la vendetta? E verso chi?
- Verso chi ti… Ci ha creato.
- Ma non mi avete ancora detto chi è!
Le facce iniziarono a scomparire, mentre il giovane iniziava ad intravedere la foresta e il cadavere del mostro ucciso.
- E se rifiutassi? - chiese verso i volti ormai semitrasparenti.
- Non puoi. Noi siamo te, e tu sei noi fino al compimento di uno dei tanti destini… - sussurrò la voce.
Le ultime parole furono quasi impercettibili. Il ragazzo ora vedeva esclusivamente la foresta attorno a lui. Delle sue compagne nessuna traccia, e non sapeva nemmeno se mancava molto o poco alla torre, né quanto mancasse allo scadere dei giorni. Si incamminò, ma dopo una decina di passi si rese conto che qualcosa era cambiato. Dove aveva messo la spada, e come mai la sua armatura era divenuta così leggera? Abbassò lo sguardo là dove doveva esserci il fodero, ma non vide né quello, né il cinturone o l’armatura che aveva fino a quel momento indossato. Al loro posto c’era una specie di armatura grigio cupo, altamente lavorata e perfettamente modellata. Assomigliava a qualcosa di vivo, come al guscio di qualche strano e alieno animale, sensazione aumentata, non senza una punta di ribrezzo, da delle decorazioni rosso sangue che correvano lungo il bordo dei vari pezzi che componevano la protezione. Non erano dipinte, quanto in rilievo, e parevano pulsare come vene. Osservandosi per quanto gli era possibile scoprì che l’armatura era completa. Non indossava elmo, e non sapeva minimamente dove fosse finito il suo.
- Ho guadagnato un’armatura, ma ho perso la spada. - pensò incamminandosi nuovamente.
Istantaneamente, estroflessa dal fianco stesso della protezione, si formò la spada che cercava, sebbene più grande e composta interamente di quello strano metallo color del piombo.
- Noi siamo il mezzo, tu il tramite. - Gli disse una voce nella testa. - Noi siamo i vampiri di anime.
- Ma dove siete?
- Sopra di te, nella tua mano, dentro di te. Noi siamo te, e tu sei noi fino al compimento di uno dei tanti destini.
La spada, attaccata al fianco da una specie di protuberanza pulsante come una vena, scomparve nel giro di un secondo, mentre Mamoru, rassegnato anche se non ancora convinto della bontà di ciò che gli era successo, riprese il cammino.

 

- Grida di nuovo, e il re della luna nera dovrà accontentarsi di una sposa muta! - ringhiò Hotaru all’interno dell’elmo rivolta verso una sconvolta Usagi, in lacrime e a terra dopo che quella l’aveva gettata sul pavimento allontanandola dalla finestra.
- Lasciala immediatamente, brutta peste! - gridò Luna lanciandosi verso la bambina, che senza apparente sforzo la colpì con il piatto dell’arma ributtandola sulla branda da cui si era alzata per aiutare l’amica.
- Non tentarci più! - Le intimò la giovane. - Tu non servi al re, e saresti solo una delle tante che ho ucciso.
Luna decise che era meglio stare calme e aspettare che qualcuno venisse a salvarle. Il lampo visto qualche secondo prima poteva essere solo qualcosa di buono, in quanto aveva gettato nella confusione tutto il castello. Si potevano udire grida dovunque e si erano già allontanati dalla torre mostri di ogni tipo. Forse era Mamoru, come diceva Usagi, forse no, ma nella situazione in cui si trovavano potevano solo aspettare.
Uno degli scagnozzi che le avevano portate nella cella irruppe e si genuflesse goffamente davanti a Hotaru.
- Signora, il padrone la desidera, e urgentemente.
- Quando ne avrò voglia andrò da lui. - rispose indifferente lei.
- Ha detto che la cosa è urgente, e ha ordinato di…
- Lui non può ordinare a me! - Si infuriò la giovane, voltandosi e puntando fulminea la falce alla gola del guerriero, che si ritrasse impercettibilmente. - Io non sono una creatura nata dalla sua mente malata. Lui può chiedere, non imporre. Riferiscigli che sarò da lui quando mi aggraderà. O ha forse paura di un piccolo lampo?
- Ma…
- Chi preferisci che ti uccida? Lui perché non mi hai portato da lui o io per la tua impudenza? - chiese ironica.
L’essere deglutì rumorosamente mentre la lama gli passava gentile sotto il mento.
- Riferirò quanto lei ha detto. - biascicò rialzandosi e lasciando la stanza.
Hotaru rise, con una risata che fece accapponare la pelle alle due presenti, quindi uscì, chiudendo la pesante porta alle sue spalle e bloccandola con un catenaccio.
- Credi davvero che fosse Mamoru? - chiese sussurrando Luna a Usagi.
Lei annuì, mentre reprimeva per l’ennesima volta le lacrime.
- Ne sono certa. Lui è venuto per salvarmi, e tra poco lo vedrò comparire alla porta e dirmi che è ora di tornare a casa.
- Speriamo. - sospirò l’altra.

 

- Credete che gli altri siano riusciti a mettersi in salvo? - chiese preoccupata Minako alle altre due compagne.
Rei e Mako la guardarono annuendo, ma i loro occhi tradivano la paura del contrario. Rei ebbe il coraggio di dire ciò che pensava.
- Se non sono riusciti a scappare più velocemente di quel mostro, non credo che…
- Ma certamente corrono tutti più veloci del mostro! - quasi gridò Makoto, singhiozzando.
- Eppure qualcuno avrà inseguito, e nonostante tutto, quel mostro… quel mostro… - Non riusciva a continuare, la voce spezzata dal dolore. - Quel mostro corre sicuramente più forte di tutti noi.
Si accasciò sul terreno, piangendo senza più remore. Le altre tentarono di consolarla inginocchiandosi accanto a lei, ma presto si unirono al suo pianto liberatorio della tensione e della fatica accumulata. Dopo alcuni minuti si guardarono in faccia, e vedendosi gli occhi rossi e il viso stravolto, si calmarono lentamente.
- Non dobbiamo piangere, ragazze. - Balbettò Mako. - Se Usagi ci vedesse non sarebbe affatto contenta.
Rei singhiozzò.
- Già. E’ lei ad avere l’esclusiva di piangere nella situazioni di pericolo. - Accennò un sorriso e si rialzò, aiutando poi le altre a fare lo stesso. - Forza, facciamoci coraggio, la torre è ancora lontana, e non voglio troppo tardi. Odio arrivare in ritardo agli appuntamenti.
- Giusto. - confermarono le altre, riprendendosi.
- Che peccato, penso proprio che a quell’appuntamento non arriverete mai! - rise malvagiamente una voce alle loro spalle.
Si voltarono, e videro un uomo seduto su una bassa roccia. Le stava osservando come se guardasse uno spettacolo interessante, scrutandole lentamente e con malcelata superiorità.
- E tu chi saresti? - si fece avanti Makoto, stringendo i pugni e tentando di mostrare una spavalderia che in quel momento non si sentiva di avere.
La catena dell’incantatrice non si muoveva. Lo sconosciuto, agilmente, saltò giù dal masso e si avvicinò a loro di un paio di passi.
- Diciamo che sono uno che ama dare consigli spassionati. E ora ve ne sto dando uno. Lasciate stare, non andateci alla torre. Se volete fuggire da questa situazione, vi basterebbe fare due passi avanti e tornerete da dove siete venute.
- E perché dovremmo abbandonare una nostra amica in pericolo? - chiese arrogante Rei, iniziando a far baluginare i simboli sul suo costume.
Lo sconosciuto, il volto nascosto da un cappuccio che copriva il suo volto così come il mantello grigio chiaro ne copriva le fattezze, arretrò di un passo.
- Ti prego, non è necessario ricorrere alla violenza. Se volete, posso mostrarvi che la vostra amica è perfettamente a suo agio, e credo che non voglia nemmeno essere salvata… - concluse con un’intonazione che non piacque alle ragazze.
- Voglio proprio vedere, ma attento, niente scherzi! - lo intimò l’elementale di legno, che avanzò ancora di un passo nella direzione del nuovo arrivato.
- Io sono vostro amico, perché dovrei imbrogliarvi?
Una mano comparve da sotto il mantello, e lenta descrisse un cerchio in aria. Quando ebbe completato il giro, l’aria davanti a lui tremolò e comparve un’immagine leggermente sfocata, che piano piano assumeva contorni più definiti. Le ragazze non credevano ai loro occhi. Davanti a loro c’era come un ologramma di Usagi, riccamente vestita come si vestirebbe una regina, e la loro amica stava ridendo allegramente accanto ad una figura ammantata di nero, mentre servi identici ai mostri che per giorni avevano combattuto servivano ai vari tavoli della stanza in cui sembrava si svolgesse la scena.
- Ma… Ma quello è Mamoru, e quella Haruka, e ci sono tutte le altre! - esclamò sconvolta Minako.
- Esatto. Stanno festeggiando lo sposalizio della principessa della luna chiara con il re della luna nera. Gli altri, rendendosi conto che non potevano fare nulla, hanno deciso di sfruttare l’ospitalità del nostro padrone, che non porta rammarico contro nessuno.
- Non ci posso credere! Non è possibile che Mamoru si sia arreso così presto. Usagi era il suo unico amore… - si stupì Mako, quasi affranta per ciò che vedeva.
- Hai detto bene, elementale. Era il suo unico amore. Come puoi ben vedere, si è ripreso velocemente dalla perdita. - sogghignò lo sconosciuto mentre le tre vedevano una giovane e procace fanciulla seduta teneramente sulle ginocchia del ragazzo.
Minako scoppiò a piangere, coprendosi gli occhi con le mani, la catena penzolante inerte dal suo braccio.
- Non posso crederci. Tu stai mentendo, non può essere vero… - gridò, mentre calde lacrime le bagnavano le guance.
Makoto le toccò gentile la spalla per consolarla. Lei alzò la testa, gli occhi rossi, e fissò l’amica, che stava a stento reprimendo lo stesso impulso a cui aveva ceduto Minako. Rei non si era mossa di un passo, e non stava lasciando trapelare nessuna emozione dal suo viso. Il corpo era però in tensione, pronto a scoppiare di rabbia da un momento all’altro: i pugni chiusi tremavano, le spalle si erano inarcate e fremevano.
- Tu vuoi farci credere che tutto ciò che abbiamo fatto e che stiamo facendo è stato inutile, ma non ci conosci! - Urlò la giovane, avvicinandosi allo sconosciuto, che indietreggiava lentamente, diminuendo comunque lo spazio tra loro. - Noi non ci arrenderemo così facilmente. Ci vuole ben altro che due immagini per convincerci!
- Ma lo hai visto con i tuoi occhi! - Obbiettò Minako, asciugandosi le lacrime con le mani, tentando di non singhiozzare. - E’ troppo tardi per fare qualcosa.
- Non capisci che è tutta un’illusione! Ricordi come si chiama questa foresta? Foresta delle allucinazioni. E cos’è questa se non un’orribile allucinazione? Non capisci che quello che abbiamo davanti non è altro che un essere mandato dal nostro nemico per convincerci a desistere?!
- E la mia catena? Non lo reputa un essere pericoloso.
- Potrebbe esserci una spiegazione per questo. - Disse come parlando tra sé e sé Makoto, grattandosi quasi comicamente la testa mentre pensava. - Lui ci sta solo mostrando qualcosa che in sé non è ne malvagio né buono. Sta a noi decidere se ciò che stiamo osservando ci piace oppure no…
- Non riesco a capire… - replicò l’incantatrice.
- Io invece forse inizio a comprendere cosa vuoi dire, Mako. - Sorrise Rei. Il suo sorriso sembrò terrorizzare lo sconosciuto, che con malcelata paura arretrò ancora rispetto a dove si trovava. - La tua catena non registra nessun nemico perché effettivamente qui non ce ne sono. Il credere o meno a ciò che vediamo è solo una nostra decisione, e siamo noi a scegliere se continuare a sperare che la missione abbia successo o no. Se anche tu credessi in ciò che stiamo vedendo, l’unico tuo vero nemico saresti te stessa, e non puoi combatterti, né puoi attaccarti da sola.
- Mi sono persa a metà del discorso… - confessò timidamente Minako, anche se aveva un sospetto di ciò che le aveva detto l’amica.
- No… No, sono solo chiacchiere. - Si affrettò a replicare l’uomo, ormai quasi a una decina di metri lontano dalle ragazze. - Ciò che state vedendo è solo la pura e semplice verità!
- Se è così, perché hai paura? - chiese ironica Rei, facendo risplendere ardenti i simboli che ornavano la sua tunica.
Lo sconosciuto si voltò e si diede alla fuga urlando, mentre la visione svaniva velocemente. Makoto sospirò profondamente, quasi a riprendere coraggio. Rei si avvicinò all’amica e la guardò fissa negli occhi lignei.
- Grazie. Senza di te anche io sarei caduta nello sconforto, e il re della luna nera avrebbe vinto. - le sorrise la ragazza, subito ricambiata.
Anche la terza giovane si avvicinò, e con un rimasuglio di lacrime abbracciò più forte che poté le sue compagne. Uno strattone al braccio la fece sussultare. La catena si era mossa di scatto, e puntava davanti a loro, nel buio innaturale della foresta.
- Nemici? - sibilò Mako.
- Non credo. In genere si comporta in maniera diversa. Sembrerebbe più che ci stia indicando una direzione.
- Si ma quale? - si chiese Rei. - Siamo state separate dalle nostre compagne e da Mamoru, e stiamo cercando una torre. Quale direzione ci sta indicando? Quella per raggiungere la nostra meta, i nostri compagni o cosa altro?
- Non credete che l’unica sia scoprirlo? - Sorrise triste lo spirito dei boschi, dando loro una leggera pacca sulla schiena e partendo nella direzione indicata dall’arma di Minako.
Le tre amiche avanzarono nel fitto bosco perdendo ben presto l’orientamento, guidate dalla catena dorata dell’incantatrice, che precedeva le altre due e tentava di capire in che direzione, se verso il pericolo o verso degli amici, le stava portando la sua arma. Per un tempo che a Rei parvero secoli si fecero strada tra alberi dai rami bassi e secchi come artigli pronti a ghermirle e terreni umidi e infidi, dove le leggere scarpe di Minako e della sacerdotessa affondavano facilmente e risalivano con un lugubre risucchio, al contrario della pesante Mako, che pareva galleggiare su quello stano terreno.
- Pare quasi che non ti voglia toccare più del necessario… - esclamò Minako, guardando la facilità con cui l’amica procedeva, nonostante il peso decisamente maggiore della stessa.
- Beh, sono uno spirito dei boschi, e credo che ciò voglia dire che rappresento tutto quello che di bello vi è nella foresta. Questa non è viva, e men che meno bella, per cui io per lei sono un’estranea, quasi un pericolo.
L’incantatrice annuì non del tutto convinta. Dopo quasi un minuto brontolò sommessamente.
- C’è qualcosa che non va? - chiese Rei.
Minako sembrò titubante se rispondere o meno. Alla fine si decise.
- Anche io c’entro qualcosa con la natura e la sua bellezza, per cui questo schifo di bosco dovrebbe temere anche me… E invece niente, come se non esistessi.
- Forse non sei pericolosa quanto me! - ridacchiò Mako, scoppiando decisamente a ridere vedendo l’amica che per risposta le mostrava la lingua.
- Di sicuro, con tutto il chiasso che fate, sarete pericolose per noi quando ci avvicineremo alla torre, se vogliamo cogliere il nostro nemico di sorpresa. - la apostrofò una ben conosciuta voce a pochi metri davanti alle tre.
Un’ombra si fece velocemente avanti, facendosi riconoscere.
- Haruka! - gridò di felicità Minako, lanciandosi a braccia aperte verso l’amica.
Accanto a lei arrivò anche Michiru, stupenda figura umana di trasparente acqua.
- Siamo contente di rivedervi. - Sorrise l’elementale liquido rivolgendosi a Rei e Mako, poiché l’incantatrice era ancora avvinghiata alla guerriera dei venti, che gentilmente tentava di staccarla da sé. - Avete notizie di Ami?
Le due scossero la testa.
- Credevamo fosse con voi, dopo che quel mostro ci ha divise. - rispose Mako.
- No, è scappata accanto a noi per qualche secondo, quindi ha improvvisamente cambiato direzione e l’abbiamo persa di vista. - spiegò Haruka, mentre Minako si riuniva alle sue compagne e tutte assieme riprendevano il cammino.
- Beh, se non altro ora siamo in cinque a cercare dove si trova quella malefica torre… - sospirò con un sorriso amaro Rei rivolta alle due amiche ritrovate.
Michiru sorrise furba, e indicò dritto davanti a sé.
- La torre, se non l’hanno spostata in questi dieci minuti, si trova a quattro passi da qui. Ci siamo praticamente sbattute contro mentre cercavamo voi e gli altri.
- La solita fortuna… - Commentò allegra Mako. L’idea di aver trovato il luogo dove avrebbero potuto rivedere Usagi la mise di buon umore, anche se mancavano all’appello due suoi amici. - Se l’avessimo cercata noi, potevamo girare per anni prima di trovarla.
- L’importante è averla trovata. - Disse seria Rei. - Anche se avrei preferito trovare prima Mamoru e Ami. Da soli in questa foresta non hanno molte probabilità di farcela.
- Vedrai che sapranno cavarsela. - Tentò, con scarso successo, di rincuorarla Mako. - Lui è un guerriero capace, e lei ha comunque i poteri di maga dalla sua.
- Sì, hai ragione. Sono sicuramente vivi e come noi si staranno dirigendo alla torre.
Quasi l’avessero evocata, un’ombra nera comparve davanti a loro, un’ombra ancora più nera della notte eterna che regnava in quel posto.

 

La torre, di altezza considerevole, emanava un’aura di cattiveria e di morte non indifferente, come un cadavere in grado di causare danni per la sua stessa presenza nel mondo. Le tante finestre che ne punteggiavano le pareti circolari erano feritoie di un grigio appena più chiaro della sagoma della costruzione, e parevano gli occhi di molti animali feroci che stessero aspettando le prede, che si avvicinavano ignare al luogo dell’agguato.
- Certo che l’architetto qui si è sforzato al massimo per renderla gradevole all’aspetto. - brontolò ironica Mako, squadrando la torre.
Il commento strappò dei deboli sorrisi al resto dei presenti.
- E adesso che si fa? - Chiese Minako. La sua catena era inerte, penzoloni dal braccio. - Come entriamo?
- Che ne dici se proviamo a bussare alla porta? - le rispose accigliata Haruka, mentre pensava ad una strategia. - Sempre che si riesca a trovare una porta. Proviamo a fare il periplo della torre. Dovrà pur esserci un’entrata…
Le giovani iniziarono a camminare circospette attorno al fossato che divideva, con i suoi dieci metri di larghezza di acqua limacciosa, la foresta dalle pareti di nera e antica pietra.
La torre era più grande del previsto, misurando di diametro oltre cinquanta metri, e a tratti sembrava di passare nuovamente in punti già visti. La sensazione divenne certezza quando videro che il periplo durava più di una mezz’ora. Si fermarono e si guardarono attorno. Apparentemente non avevano mosso un passo dal punto in cui erano partite, ma l’uniformità e della costruzione e della foresta poteva fare brutti scherzi.
- Facciamo una cosa. - Propose sbuffando Haruka. - Io rimango qui ferma, e voi fate il giro. Vediamo un po’ se questa volta riuscite a trovare un’entrata prima di incontrarmi nuovamente.
Le altre furono d’accordo, e si mossero come per compiere il giro in senso antiorario. Dopo circa venti minuti il gruppetto ricomparve dalla stessa direzione in cui era partito.
- Perché siete tornate indietro? - chiese corrugando la fronte la guerriera dei venti.
Le amiche la guardarono non capendo.
- Guarda che nessuna di noi è tornata indietro. Abbiamo sempre camminato nella stessa direzione…
Haruka agitò furiosamente le ali bronzee e fremette di rabbia.
- Torre del cavolo! - Sbottò alla fine, rossa in volto. - Deve ancora esistere una costruzione in cui non riesco ad entrare.
- Mi rendo conto che è frustrante, ma se non riusciamo a trovare un’entrata… - Tentò di consolarla Rei, anch’essa nervosa. - Ci vorrebbe qui Ami. Lei sicuramente saprebbe come scoprire l’accesso.
Una lugubre risata risuonò dalla cima della torre, facendo rabbrividire le giovani, che subito guardarono verso l’alto, non riuscendo però a scorgere la sommità della costruzione. Davanti a loro la torre tremolò come un’immagine sfocata, e improvvisamente laddove c’era nera pietra ora si stagliava un’apertura ad arco, da cui stava fuoriuscendo una quantità di mostri che gelò il sangue nelle vene al gruppetto. Nel giro di qualche secondo il ponte ligneo che si stava formando permise alle bestie di superare il fossato e di schierarsi ghignati davanti all’unica possibile entrata.
- Adesso l’ingresso c’è, ma dovremo guadagnarci il diritto di passare. - scherzò Haruka, sguainando l’arma.
Anche le altre si prepararono al combattimento, ognuna a suo modo, e all’unisono attaccarono il folto gruppo di mostri, che colto di sorpresa, dovette subire il colpo. La battaglia divenne ben presto furiosa, e nonostante le giovani abbattessero un numero incredibile di nemici, questi sembravano praticamente senza fine, vomitati a ritmo continuo dalla nera apertura.
- Io inizio a non farcela più! - Ansimò Rei, mentre evocava una freccia infuocata che infilzò, prima di spegnersi, tre esseri cornuti e artigliati. - Se non riusciamo a trovare il modo di fermare l’aumento dei mostri, siamo finite…
- Sì, ma come possiamo riuscirci. Siamo ad almeno una ventina di metri dall’entrata, e solo se raggiungiamo quella avremmo delle speranze. Sembra che sia il buio dell’entrata a crearli. - le rispose Michiru, colpendo con un liquido pugno un nemico, buttandolo a terra rantolante.
- Dobbiamo a tutti i costi arrivare all’entrata. - Gridò una voce cavernosa dietro le loro spalle. - E’ l’unica maniera per non morire.
Minako, ringraziando la protezione fornitale dalla sua catena, che si agitava come un serpente ebbro di rabbia per tenere a bada i mostri, riuscì a voltarsi per vedere a chi apparteneva quella voce stranamente famigliare. Poco lontano dal luogo in cui si trovava c’era un uomo in armatura grigio scura, il volto coperto da un elmo che riproduceva le sembianze umane, ma quegli occhi spenti e l’espressione di tristezza infinita le misero i brividi.
- Mamoru! - gridò.
- Sono arrivato solo adesso, ma vedrò di recuperare il tempo perduto. - ribatté il giovane, staccando la spada dal fianco e gettandosi con un balzo inumano nella mischia.
Atterrò sulla schiena di un nemico con uno sgradevole rumore di ossa rotte, e fulmineo passò a fil di spada un numero di mostri incredibili. Sembrava inarrestabile, e con il suo aiuto per qualche minuto l’entrata sembrava avvicinarsi sempre più. Erano ormai a metà del ponte, quando ebbero la sgradevole sorpresa che i mostri non solo venivano creati con velocità sempre maggiore, ma avevano anche dimensioni almeno doppie del normale.
- Cavalleria pesante. - bofonchiò Minako, buttando nel fossato un piccolo umanoide peloso che le si era parato davanti.
Rei e Mako, accanto a lei, annuirono, mentre gocce di sudore imperlavano la fronte di tutte e tre. Michiru si era avvicinata ad Haruka, ferita da un mostro, più per fortuna che per bravura, all’ala destra, ora una brutta visione di piume sporche di sangue secco, per sostenerla e proteggerla.
Uno dei giganti neri aggredì Mamoru, che colto alla sprovvista si vide colpito in pieno petto dagli artigli affilati del nemico. Il giovane si preparò al rumore del ferro raschiato, ma con grande sorpresa di tutte le sue amiche e dell’essere davanti a lui, gli artigli lasciarono dei solchi ben visibili nella protezione, mettendo allo scoperto qualcosa che poteva assomigliare a carne scurastra e pulsante. Emise un grido, tra lo spaventato e il doloroso, dato che sentiva la ferita come sua. Le decorazioni rosso sangue pulsarono velocemente, mentre lo squarcio si risanava a vista d’occhio, facendo tornare la superficie della protezione perfettamente intatta. Il dolore che fino a quel momento aveva sentito era ora scomparso, e senza aspettare un secondo trafisse il mostro ancora sbigottito. Un icore color petrolio uscì dalla ferita, subito assorbito dalla spada e pompato nelle decorazioni, che divennero impercettibilmente più scure.
- Tu… Noi possiamo guarire togliendo la vita ad altri. - gli dissero le voci nella sua testa.
- Ma è orribile, non voglio. Ridatemi la mia armatura, la vostra è una cosa malvagia. - esclamò inorridito Mamoru.
- Noi… Tu non sei malvagio, e come tale tu… Noi non lo siamo. Siamo la stessa cosa. Ciò che succede, che provi, che dici tu, a noi succede, noi lo proviamo, noi lo diciamo. Così è la nostra natura, perché così ci ha voluto. Nostra è solo la colpa di non esserci ribellati prima…
- Ma contro chi?
- Mamoru, ti dispiace dirmi con chi stai parlando? - disse Makoto, bloccando con il braccio un colpo che avrebbe preso in pieno volto il giovane, fino a quel momento imbambolato.
- Te lo spiego dopo. Ora dobbiamo entrare a tutti i costi. Ma se questi mostri sembrano non finire mai…
Makoto sorrise triste.
- Ho un’idea. Ma mi raccomando, nessun rimpianto…
- Perché nessun rimpianto?
- Tu promettimi solo che non avrete rimpianti, e che saluterai Usagi da parte mia.
- Va bene, ma perché non dovresti rive… - La frase gli morì in gola, capendo cosa aveva in mente. - Non puoi farlo, Mako, è una follia!
Come non curandosi di lui, l’elementale ligneo sfiorò la tiara che ancora portava, e iniziò ad accumulare energia elettrica per lanciare i suoi fulmini. Nel giro di alcuni secondi il gioiello era abbastanza carico da lanciare una decina di fulmini, ma la ragazza continuò a caricarlo, mentre si avviava, incurante dei colpi, verso la bocca buia dell’entrata. Anche le altre ragazze capirono cosa voleva fare, e corsero, le lacrime agli occhi, verso il giovane, che a stento avanzava, rallentato dall’orda di mostri. La tiara di Makoto emise uno strano brillio, come di diamanti colpiti dal sole, e si sovraccaricò sfrigolando. Lo spirito dei boschi fu avvolto da un globo di fiamme, e prese fuoco, divenendo una torcia umana. La luce emessa, prima visibile in secoli di buio continuo, ebbe l’effetto sperato. I mostri si contorcevano doloranti, svanendo come neve al sole, mentre la ragazza si consumava velocemente, correndo verso l’entrata.
- Non dimenticherò quello che stai facendo. - pianse Mamoru, gettandosi dietro di lei, seguito dalle altre.
I pochi mostri sopravvissuti vennero facilmente annientati dai colpi rabbiosi del gruppetto, ormai giunto nella torre. Di Makoto non rimanevano che pochi, sparsi tizzoni ardenti che un innaturale vento stava spargendo nell’ampia sala in cui erano finiti. Michiru, senza che gli altri se ne accorgessero, ne raccolse un pezzo, che sfrigolò e si spense a contatto della mano d’acqua della ragazza. Lo mise nella piccola borsa a tracolla, unico oggetto, oltre al piccolo ciondolo datole da Ami, che indossava, e si riunì agli latri. Nessuno aveva la forza di piangere, mentre una rabbia e una frustrazione mai provate prima li assalì all’unisono.
- Re della luna nera! - Urlò Rei, la voce stravolta dalla furia. - Giuro su tutto ciò che mi è caro che la pagherai per quello che hai fatto!

 

Il gruppetto girò per ore nelle sale della torre, senza trovare la minima resistenza, ma anche senza trovare alcun essere vivente. Dopo un’iniziale paura di trappole, si erano rilassati e avevano abbassato la guardia. La spada di Mamoru era sparita dal suo fianco, così come l’elmo, assorbito dall’armatura che ora faceva parte del suo stesso corpo.
- Questa torre sembra più larga di quello che pareva dall’esterno. - brontolò Haruka, che a ogni tanto lanciava soffocati rantoli di dolore a causa della ferita alla spalla.
- C’è una magia antica e strana in questo luogo, la sento anche senza l’aiuto dei poteri della tonaca che indosso. - disse cupa Rei.
Come le altre, anche Mamoru era stufo di girare per corridoi illuminati da spettrali torce verdastre e spalancare pesanti quanto silenziose porte in legno.
- So che sei qui, re della luna nera! - Gridò alzando i pugni al vuoto del soffitto. - Fatti vedere, e finiamola una volta per tutte!
Come a risposta alla richiesta, una porta alla loro destra si aprì senza alcun rumore, rivelando una scala in salita. Guardandosi negli occhi e annuendo, il gruppo si inoltrò nella porta, che si richiuse alle loro spalle con un tonfo sordo, che spaventò non poco i giovani.
- In trappola… - mormorò triste Minako.
- Con il nervoso che ho in questo momento, e la voglia di vendicare Mako, quella porta non mi spaventa per niente. - controbatté con un sibilo Rei, mentre salivano.
La scala era a chiocciola, intagliata nella viva roccia della torre, e si arrampicava vertiginosamente, illuminata da un vago bagliore che pareva derivare dalle pareti stesse, che al tocco risultarono viscide e fredde come le scaglie di un serpente in attesa di stritolare la preda. Avevano ormai percorso un centinaio di scalini, quando davanti a loro si parò una porta a due battenti, finemente intagliata, raffigurante una torre su cui svettava una luna piena e, anche se era solo un’impressione, ghignante di cattiveria.
- Cosa si fa? Bussiamo o entriamo direttamente? - scherzò amara Rei, preparandosi allo scontro che sapeva essere imminente.
- Non dimentichiamo le buone maniere, anche se il padrone di casa non ne ha certo usate nei nostri confronti. - tentò di scherzare Minako. La sua catena vibrava ansiosa.
Mamoru colpì il legno con il pugno un paio di volte. La porta si aprì, cigolando lugubre. La stanza all’interno era molto grande, quadrata, forse una decina di metri di lato. Sul lato opposto a dove era entrato il gruppetto c’erano due porte, entrambe sprangate. Il tutto era illuminato da quella gelida e viscida luce verdastra. Sul fondo del locale si notavano tre figure, una delle quali svettava sulle altre per la sua altezza e la sua imponenza.
- Benvenuto, principe delle due lune. - Disse fredda come una tomba la voce della figura più alta. - Ti stavamo aspettando, io e la mia futura sposa.
Diede uno strattone alla sagoma che stringeva nella sinistra, facendole emettere uno strillo femminile. La luce illuminò due codini lunghi e biondi.
- Usagi! - gridò il giovane, mentre al suo fianco compariva la spada e il suo volto veniva celato dall’elmo.
Il ragazzo iniziò a correre verso la figura scura, che senza apparente difficoltà gettò Usagi e l’altra sagoma ai due lati opposti della stanza, aspettando a braccia conserte. Quando Mamoru fu a poco meno di un metro da lui, il re della luna nera si dissolse in nebbia fredda e appiccicosa, facendo sbattere l’altro violentemente contro il muro di scura pietra, che si scheggiò in vari punti per l’impatto. Immediatamente il principe delle due lune si rialzò e si diresse verso la figura di Usagi, riversa sul pavimento, svenuta o morta. Nello stesso momento Haruka si avvicinò all’altra sagoma, che riconobbe come quella di Ami.
- Speriamo che non sia successo niente a nessuna delle due, o sarò io stessa a uccidere quel re da strapazzo… - pensò la guerriera dei venti, anche se sapeva che con quella ferita all’ala non sarebbe stata in grado di fare un bel niente.
I due sollevarono i corpi quasi nello stesso momento, rendendosi piacevolmente conto che nessuna delle due aveva subito ferite.
- Eppure c’è qualcosa che non mi convince… - Pensò Rei. - E’ stato tutto troppo facile…
- Rei, non credi che ci sia qualcosa di strano? - le chiese Michiru, che stava osservando la scena come cercando qualcosa che le sfuggiva.
Rei annuì, quindi trasalì vedendo la catena di Minako avvicinarsi velocemente a Ami, pronta a colpirla.
- Minako! - gridò puntando il dito verso l’arma dell’amica.
L’incantatrice tentò di richiamare la catena, ma essa non voleva ubbidirle, dotata di volontà propria. Ami aprì gli occhi, due occhi neri e senza alcun alito di vita, che fissarono maligni il volto di Haruka.
- Furba quella catena, ha capito il trucco alla svelta… - sogghignò.
Fulminea, approfittando del fatto che la guerriera dei venti la stava sollevando, e quindi era impossibilitata a difendersi, estrasse un coltello dalla lama nera e lo conficcò nella schiena della giovane, facendo svolacchiare sul pavimento varie piume rotte, sporche di sangue.
- Haruka! No! - strillò tra le lacrime Michiru, correndo verso la compagna. Fu bloccata da Ami, che le si parò davanti, reggendo nella mano destra il coltello ancora insanguinato.
- Perché? Perché ci hai tradito così?
- Se vuoi la risposta, chiedila alla principessa. - rispose sorridendo la maga, indicando con la mano sinistra Mamoru e l’altra figura, ora sulle sue spalle, che si stavano lentamente avvicinando a Minako e Rei, senza essersi resi conto di ciò che era successo.
Usagi aprì gli occhi, due occhi neri che sapevano di morte, e a una velocità inumana fece balenare un pugnale, che finì la sua corsa nella gola del giovane. Questi rantolò, cadendo a terra. Un fiotto di sangue uscì dalla bocca proprio mentre la figura che lo aveva colpito si sistemava le vesti e guardava in direzione dell’incantatrice e della sua amica.
- Usagi? - domandò incredula Minako, non capendo tale comportamento.
- Povera sciocca, non hai capito che noi non siamo le tue amiche, ma serve dell’oscuro signore. - la derise la falsa Ami, muovendo l’arma per tenere sulle spine Michiru.
- Già. Le vostre amiche si trovano da tutt’altra parte, e non le troverete mai - disse la falsa Usagi, scavalcando il corpo ormai inerte di Mamoru e avvicinandosi, lunghi artigli al posto delle mani e denti lunghi e aguzzi come rasoi che le stavano spuntando dalla bocca, alle altre due ragazze.
- Questo è ancora da vedere. - sibilò il giovane alle sue spalle, tentando di sollevarsi da terra con le mani.
Il mostro dalle sembianze di principessa si voltò, stupefatto della resistenza del suo nemico. Mamoru si sollevò ansimando, il coltello gli attraversava la gola come in un incubo, e mosse un passo avanti. Anche l’altro mostrò stava osservando la scena con interesse e sgomento.
- Io… Noi abbiamo il potere dei vampiri di anime, e tu non puoi scalfirci nemmeno in mille volte mille anni, creatura senza anima. - esclamò una voce che assomigliava sia a quella di Mamoru che alle mille altre che le ragazze avevano sentito durante la loro vita.
Il ragazzo afferrò con la sinistra l’elsa del pugnale, e senza il più piccolo gemito lo sfilò dalla sua trachea, gettandolo a terra. Lo squarcio provocato dall’arma si rimarginò nel giro di qualche istante, lasciando l’armatura intatta nella sua innaturale bellezza di ceselli.
- Non… Non è possibile! - sussurrò spaventata la falsa Usagi, indietreggiando a passi incerti.
Si fermò, la schiena contro la parete vicino a Rei e Minako, che stavano guardando, spaventate quanto il mostro, ciò che Mamoru aveva fatto.
- Devo fare tutto io o potete ucciderla da sole? - scherzò duro il giovane rivolto alle due amiche, che immediatamente si voltarono verso l’essere e con un colpo combinato lo uccisero, facendolo sparire in una nuvola di maleodorante vapore scurastro.
L’altro essere, visto ciò che era successo alla sua compagna, decise di chiedere rinforzi, e velocemente abbandonò l’arma dirigendosi verso la porta alle sue spalle. Prima che Michiru o chiunque altro potesse fare qualcosa, la falsa Ami aprì l’uscio ligneo e lo richiuse violentemente all sue spalle. Dopo alcuni secondi si udì un grido di terrore, quindi il silenzio, sebbene rotto da pesanti passi di uomini armati. Michiru riuscì a raggiungere Haruka e a portarla, anche se faticosamente, vicino alla porta da cui erano entrati, dove anche gli altri stavano aspettando, temendo il peggio.
- Haruka, come va? - chiese premurosa Minako, avvicinandosi e chinandosi accanto a lei
- Bene, anche se mi sembra di aver ricevuto una coltellata nella schiena. - Ironizzò la giovane. Tossì violentemente. - Non sono stata di grande aiuto…
- Va bene così, non ti preoccupare. - La tranquillizzò Michiru, tentando di non piangere. Si rivolse agli altri presenti. - Io mi fermo qui con lei. Non può avanzare, ma se rimane da sola è spacciata. Questo corpo possiede alcune capacità curative che possono essere la sua unica speranza di salvezza… Mi spiace Mamoru.
Il ragazzo annuì, proprio mentre quattro cavalieri in armatura, gli stessi che avevano scortato Usagi e Luna nella torre, sbucavano dalla porta da cui era sparita la falsa Ami. Si disposero uno accanto all’altro e si apprestarono ad attaccare.
- Mamoru! - gridò la voce di Usagi, anche se fioca.
- Dall’altra porta! - Indicò Minako con il dito. - Ma potrebbe essere una trappola…
- Non importa! Potete badare voi a queste creature? - Domandò il principe. Alla risposta affermativa delle altre quattro con un cenno del capo, il giovane iniziò a correre verso l’uscita. - Devo tentare. Ne va della vita di Usagi.
Mamoru si richiuse alle sue spalle la porta lignea, così che i rumori della battaglia appena iniziata si affievolirono, per quindi cessare dopo aver percorso una cinquantina di scalini disposti a chiocciola. Il giovane non riusciva a rendersi conto di quanto tempo stava passando, ma si sentiva sempre più stremato. Ad un certo punto si accasciò al suolo ansimante.
- Non ce la faccio più! - Pensò, mentre una goccia di sudore cadeva dall’elmo sullo scalino. - Se non mi fermo un secondo scoppio.
- Noi… Tu sei più forte di ogni cosa. Non fermarti proprio ora che il destino sta per compiersi. - Gli risuonarono nelle mente le mille voci, gentili come un nonno con il nipote piccolo e stanco. - Pensa a Usagi, pensa a Mako, pensa alle tue amiche che stanno morendo per permetterti di liberare lei…
Mamoru si rialzò, incespicò, cadde. Si rialzò, mosse alcuni passi, cadde di novo. Alla fine riuscì a trovare la forza di giungere ad un pianerottolo buio, di cui non vedeva la fine. Lì cadde carponi e ansimò per alcuni minuti. Niente venne a disturbarlo. Nessun rumore, nessuna persona. Si rialzò, meno stanco di prima, e mise mano all’elsa della spada.
- Avanti, avanti… - Sussurravano le voci nella sua testa. - Avanti troveremo il fato che ci meritiamo.

 

Il giovane continuò, spada in pugno, lungo il buio corridoio che sembrava senza fine. Infine giunse ad una curva, una svolta d angolo retto da cui proveniva una tenue luce, che gettava sulla parete di fronte a lui l’ombra di un essere dotato di un’arma lunga e sottile.
- Benvenuto, principe delle due lune. - esclamò senza far trapelare sentimenti la voce di Hotaru.
- Hotaru? Sei tu? - chiese sbigottito il ragazzo, mentre la figura in armatura e falce voltava l’angolo e si parava proprio davanti a lui.
- Anche la tua amata principessa mi ha chiamato più volte così, ma entrambi vi sbagliate. Io solo la Morte, la signora di tutti.
- Ma sei al servizio dell’oscuro signore, il re della luna nera…
- No! - Vi era sdegno nella voce. - Lo sto aiutando per tornare alla pari di alcuni favori che mi ha fatto, ma nessuno può comandare la Morte. Nemmeno lui.
- Allora lasciami passare. Io non ho niente contro di te, Hotaru, o come vuoi essere chiamata. Io voglio liberare Usagi. Spostati.
- Tu dici di non avere niente contro di me, ma io voglio che tu paghi il tuo tributo a me. Per ben due volte ti ho invitato a raggiungermi, e per ben due volte ti sei rifiutato di venire, adoperando i poteri dei vampiri di anime. Voglio che sia fatta giustizia, voglio che qualcuno muoia.
- Colei che ci ha creati, colei che deve morire per la nostra liberazione è vicina! - urlarono nella sua testa le voci.
- Tu hai creato questa… cosa? - chiese, rivolto a Hotaru, il giovane.
- No! - Rispose sprezzante la voce di Ami, mentre quest’ultima faceva capolino da dietro la curva. - Io li ho creati, e francamente non credevo che potessero diventare così potenti.
L’armatura parve prendere vita, estrudendo spine e tentacoli da quasi ogni superficie. L’elmo mutò l’aspetto in una maschera terrificante, dotata di zanne e corna.
- Tu! - Gridarono le mille voci, prendendo il posto della voce di Mamoru. La bocca dell’elmo si mosse come se chi parlasse fosse la protezione stessa. - Tu ci hai creati! Tu devi pagare per ciò che abbiamo sofferto e per quello che abbiamo fatto soffrire.
La maga rise, facendosi avanti e ponendosi fra Hotaru, immobile e inespressiva come se osservasse dal di fuori una scena che non le interessava , e Mamoru, o ciò che era diventato.
- Cosa vorreste farmi, creature… Io vi ho dato vita, vi ho dato uno scopo nel ciclo dell’esistenza, e voi vorreste ripagarmi così? Ora tentate di ragionare, e abbandonate quel misero corpo che vi ospita, e venite a me!
- Ma… Ami! - Domandò il giovane, riprendendo il controllo del proprio corpo e dell’armatura. L’elmo tornò il volto impassibile e privo di emozioni di qualche secondo prima. - Cosa stai dicendo? Ti credevamo prigioniera.
La giovane rise malvagiamente, e si fece avanti fino a essere di fronte a lui. Gli accarezzò delicatamente la guancia con la mano destra, osservandolo con un lieve sorriso. Quindi gli affibbiò un sonoro schiaffo sulla stessa guancia che aveva accarezzato.
- Stupido! La vostra amica è prigioniera in un mio trucchetto psichico da prima ancora che incontrassimo quel cavallo alato. L’ho usata per ottenere quello che serviva a me e al mio alleato, il re della luna nera.
- Tu alleata con lui?
- Già! Chi lo avrebbe mai detto? - rispose ironica una voce di tomba e morte alle spalle del ragazzo.
Questi si voltò di scatto, vedendo la figura che già prima aveva osservato nella stanza della falsa Usagi. Il re della luna nera sembrava un fantasma di nebbia scura, più nera del buio del corridoio. Indossava un manto opaco e dai riflessi verdastri, come le luci delle torce che c’erano in tutta la sua torre, e si avvicinava lentamente, con passi misurati che stridevano sulla pietra del pavimento.
- Sembra che io sia giunto nel momento più intenso di questa commedia. - Ironizzò l’essere. - Ora siamo pronti per il momento finale, quello del lieto fine, dove io sposerò la bella principessa della luna chiara e diventerò padrone di questo mondo, mentre tu, insulso omuncolo, morirai per mano del mio più fedele servitore. Morte, uccidilo per me!
Hotaru non si mosse, gli occhi fissi a osservare ciò che si era appena compiuto.
- Morte, ti ho detto di ucciderlo! Obbedisci.
La giovane fece un passo avanti, trovandosi ormai a pochi passi dalla figura della maga, e abbassò l’arma, decisa a non attaccare.
- E va bene… - Sbuffò la ragazza vestita di azzurro. - Dovrò avere io il piacere di eliminarlo.
Mosse le mani in un ampio gesto, e una debole luce azzurra si formò sui palmi. Come risvegliata dal gesto, l’armatura di Mamoru riprese l’aspetto mostruoso di prima, e si lanciò all’attacco ruggendo. Tale fu la rapidità che la maga non poté finire il suo incantesimo, colpita in pieno petto da un pugno sferrato con violenza micidiale.
- No! - gridò Mamoru all’interno della sua stessa anima. - Non dovete ucciderla!
- E perché mai? Lei ci ha resi ciò che siamo, e ora deve pagare. - gli risposero le voci, che si materializzarono in facce di ogni genere, tutte attorno a lui.
- Se lei muore, anche la mia amica morirà con lei, e questo non lo permetto…
- Ci dispiace…
L’artiglio che ora era la mano di Mamoru colpì al volto la maga, che si accasciò di lato. Lo sguardo di Hotaru e della maschera di odio dell’elmo durò un secondo, un interminabile secondo di indifferenza totale. Alla Morte non interessava quello che stava avvenendo, così come non sembrava interessare nemmeno all’oscuro signore, che osservava a braccia conserte, un debole sorriso che gli increspava le labbra nere. La mano sinistra di Mamoru afferrò la gola di Ami, sollevandola di una spanna dal pavimento. L’altra era pronta a colpire.
- No!!! - gridò piangendo il giovane.
L’artiglio si mosse rapido e penetrò la cassa toracica della ragazza come se fosse fatta di carta. La maschera dell’armatura stava piangendo lacrime di sangue, mentre la mano destra si ritirava stringendo il cuore della maga, che non aveva emesso un gemito per tutto il tempo.
- Ora siamo stati vendicati, e non c’è più motivo per noi di esistere. Addio, anima pura, ti ringraziamo per ciò che ci hai concesso di fare. - dissero le mille maschere a Mamoru, la cui anima giaceva bocconi, piangente, incapace di credere di aver ucciso una sua amica.
- Ora giustizia è fatta. La Morte ha avuto il suo tributo. I conti sono regolati. - sogghignò Hotaru.
L’armatura che indossava Mamoru si sgretolò come sabbia al vento, lasciando il ragazzo con addosso la sua vecchia armatura. Si accasciò sul pavimento, distrutto come la sua anima. Nella mano stringeva ancora il cuore della maga.
- Ora che anche questo è sistemato. Possiamo procedere a cose più importanti. - Esclamò felice il re della luna nera, scavalcando il cavaliere e facendo scostare Hotaru. - Devo organizzare un matrimonio, e ho solo pochi minuti prima che l’eclissi finisca.
- E dopo? - chiese la giovane in armatura.
- E dopo sarà un mondo dove non esisterà nulla di bello, dove tutti saranno ai miei ordini come esseri che non potranno morire, poiché io avrò mangiato la loro anima come un umano mangia un biscotto saporito!
Hotaru inarcò un sopracciglio, e mosse la sua arma, ponendo la lama davanti alla gola del signore oscuro. Questi si voltò, l’odio negli occhi.
- Osi ribellarti?
- Tu non sei il mio padrone, anzi… Se tu non sei solo un ricordo spiacevole, è perché io ti ho concesso di non occuparmi di te per un po’ di tempo. E’ ora che tu capisca chi comanda qui.
- E saresti tu? - La guardò fissa negli occhi e rise. - Non mi arrabbierò per questa volta perché ho cose più importanti, ma attenta, la prossima volta potrei non essere dello stesso buon umore.
Scostò la lama con noncuranza e entrò nella cella che si trovava dietro l’angolo. Dentro, Luna e Usagi erano riverse sul pavimento, svenute dopo l’ultimo colpo ricevuto a causa delle loro grida. L’essere sorrise vedendo il viso tranquillo della giovane dai capelli biondi. Senza apparente sforzo sollevò le due ragazze, una per braccio, e se le pose in spalla, riuscendo a non svegliarle. Uscì dalla cella e depose i corpi sul pavimento, prestando attenzione a non far loro del male. Usagi sbadigliò e mosse le braccia.
- Che sogno orribile! C’era un essere nero… - La giovane aprì gli occhi che si posarono sul re della luna nera. - …come la pece! Luna, Mamoru, aiuto! - gridò, indietreggiando fino ad avere le spalle al muro.
Come risvegliato da uno stato di catalessi, il giovane si alzò in piedi.
- Usagi? - La vide. - Usagi! - gridò di gioia.
Il re della luna nera gli si pose davanti, ergendosi di almeno due spanne più alto di Mamoru.
- Uomo, cosa credi di fare? Ormai ho pochissimo tempo per compiere il mio sogno, e non sarai tu a distruggerlo.
- Non lui, io! - disse, senza emozioni nella voce, Hotaru, facendo sibilare la falce.
La testa del re della luna nera cadde, rotolando sul pavimento. Il corpo non si accasciò, ma rimase immobile, ritto su qualcosa che dovevano essere i suoi piedi. La testa rise acidamente.
- Morte, hai rovinato i miei piani, ma non credere che non mi vendicherò. Se non potrò avere io la principessa, non l’avrà nessuno! - sibilò sempre più debolmente, per concludere la frase con una risata disperata.
Il corpo dell’essere si mosse verso Usagi, e prima che chiunque potesse fare qualcosa, due artigli di tenebra si serrarono sul collo della giovane, provocando pochi istanti dopo un rumore secco e orribile. Usagi ebbe delle convulsioni per un secondo, quindi si accasciò sul pavimento, il collo in una posizione innaturale, gli occhi riversi all’indietro, piangenti.
- E’ morta. - Dichiarò Hotaru. - Sta giungendo da me, come l’anima dell’altra tua amica e di quella strega vestita di azzurro.
- Falla tornare indietro, Morte. Ti scongiuro, non farla morire… - singhiozzò Mamoru.
- Non posso. È la regola. Se qualcuno è morto, il numero non può variare. Anche se l’ho fatta io, la regola non può essere infranta.
Mamoru la guardò duro in volto, quindi estrasse la spada.
- Vorresti combattere? - chiese ironica la giovane.
- No! La mia vita per quella di Usagi. Dille che le volevo bene…
Voltò la spada impugnandola con entrambe le mani e se la infilò nello stomaco, facendola fuoriuscire dalla schiena. Un filo di sangue rosso cupo gli rigò il lato della bocca, mentre cadeva a terra.
- Anima nobile. Raro trovarla, anche per il tempo che ho vissuto… Mi sembra giusto accontentarlo.
Hotaru chiuse gli occhi, quindi li riaprì. Si trovava in un nulla bianco, dove giungevano continuamente figure di esseri di ogni tipo. La giovane focalizzò lo sguardo su due figure in particolare. Usagi e Mamoru furono accanto lei, sospesi in quel nulla senza tempo.
- Ma dove ci troviamo? - Chiese la ragazza guardandosi attorno. - Mi ricordo solo un dolore al collo, quindi il buio. Mamoru, tu ci capisci qualcosa?
Il giovane non rispose, ma la guardò con occhi tristi.
- Manterrai la promessa? - chiese a Hotaru.
Lei annuì.
- Addio, testolina buffa… - disse in un sussurro, strozzato dalle lacrime che voleva trattenere.
- Come addio? E che cosa ti aveva promesso?
- E’ tardi. Devi andare. - le disse la Morte.
Con un gesto della mano Usagi sparì dalla vista. Mamoru osservò la ragazza al suo fianco.
- E’ viva?
- In questo momento sta tornando al suo corpo… - Gli rispose. - Andiamo. Dobbiamo raggiungere la tua amica.
- Vorrai dire le mie amiche. Anche Mako è morta.
La Morte non rispose, attirata da qualcosa di strano.
- Due straniere hanno osato entrare nel mio dominio. - sibilò visibilmente alterata.
- Non due straniere qualsiasi, Morte… - la prese in giro una voce che, avvicinandosi a velocità impressionante, Mamoru riconobbe quasi immediatamente.
- Setsuna!
- E con me c’è anche la vera Hotaru.
Ormai le quattro figure erano una di fronte all’altra. Setsuna indossava il suo costume da Sailor, Hotaru era come se la ricordava Mamoru dopo l’ultimo scontro, neonata e in fasce.
- Guardiana del Tempo, sono secoli che non ci vediamo. - La salutò priva di emozione la Morte. - E quella che hai in braccio sarebbe la giovane a cui dovrei assomigliare?
Rise di gusto. Dopo qualche secondo tornò seria, e osservò con occhi penetranti Setsuna.
- Cosa vuoi da me, Guardiana del Tempo?
- Ti chiedo di salvare due anime.
La giovane aggrottò le sopracciglia.
- Hai capito, non farmelo dire. Mamoru e Ami non devono morire ora. Ancora molto li attende, in tutti i percorsi del Tempo che mi sono stati concessi, e non sono pochi.
- Lo so. Sei una Guardiana principale, e come tale dovresti sapere che non si infrangono le regole. Una vita per una vita. Lui ha accettato. Così come tu sapevi le regole quando li mandasti qui.
Setsuna annuì. Nelle sue mani comparve la Garnet Orb. La ruotò velocemente davanti a sé, creando un disco dove si formarono immagini a velocità così elevate che Mamoru dovette chiudere gli occhi per non perdere l’equilibrio. Dopo circa un minuto Setsuna fermò l’asta, e la fece scomparire. Aveva sempre retto con l’altra mano il fagotto sorridente che era Hotaru. Passò un tempo infinito, o così parve al giovane, prima che la Morte distogliesse lo sguardo da dove c’era prima il cerchio.
- Quello che mi hai fatto vedere è impressionante… - la voce tradiva una certa tristezza.
- Sono solo i percorsi principali, eppure…
- E in tutti loro due sono i protagonisti di grandi cambiamenti. Ma… - La voce si fece dura. - Non posso infrangere le regole! - concluse la frase puntando alla gola di Setsuna la falce.
La ragazza non mosse un muscolo. Hotaru, agitandosi e ridacchiando, si sporse abbastanza da toccare la lama dell’arma.
- Si… Silence… Grave. - bofonchiò con un sorriso che le increspava le labbra.
La Morte ritrasse l’arma e osservò la neonata come cercando di ricordare qualcosa.
- Eppure qualcuno infranse le regole per lei… - sorrise Setsuna guardando il fagotto che aveva in braccio.
La Morte ricambiò il sorriso e tese la mano. La bambina allungò le sue. Si toccarono. Una lacrima scivolò lungo la guancia della giovane in armatura.
- Già… - esclamò, sorridendo triste.
Si asciugò la lacrima passandosi la mano su viso.
- Guardiana del Tempo, mi devi un favore… - Sussurrò la Morte rivolta a Setsuna. - No, io ti devo un favore. Mi hai fatto vedere che due fragili vite possono qualcosa che nemmeno io posso distruggere, nemmeno in mille volte mille anni. Grazie.
Setsuna e Hotaru svanirono lentamente.
- Preparati. - Disse la giovane a Mamoru, quando le due furono completamente sparite. - Torni alla vita.
- E Ami? E Makoto?
- Non fare altre domande, o finirò per cambiare idea. Ora vattene.

 

Tutto attorno a Mamoru divenne confuso, mentre il bianco lasciava il posto al nero e al dolore sordo nelle ossa che gli fecero capire di essere di nuovo vivo. Aprì gli occhi, vedendo tutte attorno a lui le facce delle sue amiche.
Si rialzò, ma un dolore deciso alla testa lo fece desistere.
- Stai calmo. Ormai è tutto finito. Riposati un secondo. - gli disse Rei.
- Aiutatemi a mettermi seduto, per favore…
Le ragazze, a fatica lo spostarono un attimo e lo appoggiarono alla parete. Tranne Haruka, seduta poco distante da lui e intenta a controllarsi la fasciatura che le bendava la zona sinistra del busto, le altre erano ora davanti a lui.
- Usagi, sei salva! - esclamò felice il ragazzo, vedendo che tra le amiche c’era anche lei.
- Sì. Non ho ancora ben capito cosa sia successo, ma credo che questa volta abbiamo avuto più fortuna del solito. Siamo tutti sani e salvi.
- Tranne Mako. - Disse Ami, che presentava all’altezza del cuore uno squarcio nella veste, ma sotto la pelle era candida e senza segno di ferita. - Lei non ce l’ha fatta.
- Quindi… - iniziò Mamoru.
- Già. Anche quando e se torneremo nel nostro mondo, lei non ci sarà più.
Cadde il silenzio nella stanza, rotto solo dal sordo singhiozzo di Rei, subito consolata da Minako e Ami.
- Non è giusto! - Sbottò alla fine, scoppiando in un pianto dirotto. - Perché è morta?! Perché si è dovuta sacrificare così… Non è rimasto nulla di lei. Nulla!
Michiru si avvicinò a lei e le pose una mano sulla spalla.
- Qualcosa si è salvata. Lo so che questo non cambierà le cose, ma a questo punto mi sembra giusto che sia tu a tenerlo.
Estrasse il pezzetto di legno bruciacchiato e lo mise nella mano di Rei.
- Questo è ciò che rimane di lei. - balbettò la giovane vestita di rosso, tentando di non ricominciare a piangere.
Fallì. Le lacrime sgorgarono dai suoi occhi come da quelli degli altri, addolorati per la morte di un’amica. Alcune lacrime caddero sul pezzo di legno. Dopo qualche secondo, questi iniziò a rinverdire e a crescere, spaventando la giovane, che lo fece cadere a terra poco lontano da loro. In pochi minuti, sotto lo sguardo allibito di tutti, da quella piccola scheggia si riformò il corpo di Mako. Solo quando il corpo fu completamente ricresciuto e mosse dei piccoli, incerti passi verso il gruppetto di ragazze, Minako ebbe il coraggio di farsi avanti e abbracciare l’essere, che stava assumendo i colori che aveva in precedenza Makoto.
- Sei viva! - gridò piena di gioia l’incantatrice.
- Certo che sono viva. Anche se non so come sono arrivata qui e perché non sono nel castello a bruciacchiare mostri, direi che sono viva.
- Tu eri bruciata, e tutto quello che era rimasto di te era un pezzetto grande così… - le spiegò Michiru, facendo segno con la mano per la dimensione della scheggia.
- Un mondo ben strano, ma se questo mi ha permesso di sopravvivere…
- Ecco perché Hotaru… la Morte, continuava a dire che solo due anime erano arrivate a lei. Tu eri ancora viva, anche se confinata in quel pezzetto di legno… - Parlò come pensando ad alta voce Mamoru. Sembrò ricordarsi di una cosa importante. - A proposito, qualcuno ha visto Hotaru?
Tutte negarono scuotendo la testa.
- Dopo che sono svenuta per il colpo ricevuto dal re della luna nera... - Disse Usagi. - Non l’ho più vista. Probabilmente non aveva altri motivi per rimanere qui.
- Già… - annuì Mamoru, anche se poco convinto.
Passarono alcuni minuti di silenzio.
- Ragazzi, che ne dite se tornassimo a casa? - propose Minako.
- D’accordo, ma come? - le chiese Rei.
- A questo ci penso io.- Rispose Setsuna, comparsa all’improvviso dal nulla. Indossava la divisa da Sailor. - Io vi ho trascinato qui, io vi riporterò indietro.
- Ma perché lo hai fatto? - Chiese Ami. - E se è vero quello che mi disse la maga, io non ho più nessuna controparte, dato che la maga è morta.
- Calma. Il perché dovrebbe esservi chiaro: solo gli sforzi combinati di esseri tanto diversi potevano realizzare ciò che si è compiuto, e solo la vostra amicizia e l’amore di Mamoru per Usagi avrebbe permesso a persone che nemmeno si conoscevano di collaborare per sconfiggere il re della luna nera. Per quanto riguarda la maga, non preoccuparti. Quando tu tornerai nel tuo mondo, qualcuno che Mamoru conosce bene prenderà il corpo della maga, e lo utilizzerà per ripagare tutti i torti che lei aveva fatto negli anni della sua vita…
Ami guardò il giovane con fare interrogativo. Lui si limitò a scrollare le spalle, mostrando di saperne quanto lei. Setsuna sorrise.
- Il corpo della maga sarà controllato dall’entità definita vampiri di anime. - spiegò la ragazza dai capelli verdi.
- Ma non erano morti? - Chiese Mamoru. - Li ho visti sparire.
- Noi non possiamo morire, dato che non siamo mai nati. - Disse una voce che ne era centinaia, proveniente dalla bocca di Ami. - Ti ringraziamo ancora, anima buona, e chiediamo perdono all’entità con cui ancora per poco condividiamo questo corpo. Il nostro scopo l’ha portata alla morte, e ciò ci rammarica. Abbiamo un debito verso tutti e due, e non sappiamo se potremo ripagare.
- Fate del bene, e ciò sarà sufficiente. - Si affrettò a rispondere il giovane. - Avete enormi poteri, sta a voi decidere se essi debbano essere usati per fini malvagi o meno.
- Parole vere, Mamoru. - Sorrise Setsuna. - Ma ora dobbiamo andare, o avrò qualche problema in più del previsto per farvi rientrare nei vostri corpi…
Tutto davanti agli occhi dei giovani divenne nero.

 

Rei si voltò nel letto due o tre volte prima di decidersi ad aprire gli occhi. Sentiva la calda carezza del sole del mattino sfiorarle il volto, ma esitava ad abbandonare il mondo dei sogni che l'aveva ospitata fino a quel momento, non avendo assolutamente voglia di alzarsi per seguire anche quel giorno delle lezioni noiose e per lei prive quasi sempre di senso. Ma era un suo dovere andare a scuola, e si fece coraggio. Ad occhi chiusi si sollevò dal letto, sospirò sconsolata e allungò la mano cercando la sveglia sul comodino per guardare l'ora. Era in ritardo di qualche minuto, niente di grave.
- Eppure mi sembra che questa scena, o quasi, l’abbia già vissuta. Forse nel sogno che ho fatto stanotte. Era ben strano…
- Rei, svegliati. Non ci crederai mai, ma questa notte ho fatto un sogno incredibile! - Era la voce di Makoto. - pensa che ero fatta di legno e Mamoru aveva i capelli lunghi e…
Rei impallidì.
- Non era solo un sogno…
   
 
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