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Autore: Kary91    26/07/2011    16 recensioni
Ricki ricambiò lo sguardo del padre con altrettanta intensità e diede una scrollata di spalle.
“Voglio venire con te papà.”
Ammise infine afferrandogli la mano e tirandola con forza.
“Voglio aspettare la luna con te.”
All’avvertire quelle parole Tyler si irrigidì immediatamente. Il suo sguardo si fece guardingo, nervoso,mentre i rumori che li circondavano assumevano d’un tratto una cadenza più sinistra, preoccupante alle sue orecchie.
“Ehi, campione…”
Mormorò inginocchiandosi in maniera da poter avere gli occhi di Ricki alla stessa altezza dei suoi.
“…chi ti ha parlato di questa storia della luna?”
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Richard Lockwood, Tyler Lockwood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Jeffrey, non credo arriverà presto il giorno in cui qualcuno riuscirà a fregare quel birbante di Ricki Lockwood.”

Da Let it slide.

Waiting for the moon.

wftm

You're not alone, together we stand
I'll be by your side, you know I'll take your hand
When it gets cold and it feels like the end
There's no place to go, you know I won't give in
Keep holding on.
Avril Lavigne

 

“Tyler?”

Il sole era ancora alto nel cielo quando Tyler Lockwood decise di incamminarsi verso la cripta. Con un sospiro di rassegnazione, l’uomo baciò la moglie sul capo, badando bene a non parlare troppo forte.

“Non voglio che Ricki mi senta” sussurrò, sfiorando l’orecchio della donna con le labbra.

“Stai già andando?”

Un lieve alone di tristezza attraversò le iridi chiare della donna. Tyler annuì.

“Fai attenzione” si raccomandò la moglie. Erano le stesse parole che gli rivolgeva ogni mese, di pomeriggio, la vigilia della luna piena. Mentre il silenzio vegliava il sonno dei suoi figli, la signora Lockwood sfiorava con tenerezza il viso del marito e si lasciava stringere, consapevole del fatto che quella notte avrebbe dovuto fare a meno del calore di quelle braccia attorno al suo corpo. Consapevole del dolore che attendeva puntualmente l’uomo al sorgere della luna nel cielo.

 “Ti amo” aggiunse, sorridendogli con dolcezza. Quel sorriso era la ragione per cui Tyler aveva perso la testa per lei sin da subito: era un sorriso sincero e luminoso. Un sorriso che gli ricordava qualcuno, qualcosa. Un dettaglio del suo passato sui cui amava soffermarsi spesso, specialmente in quei pomeriggi solitari che precedevano l’arrivo della luna.

 “Anch’io” rispose, per poi sfiorarle l’ultima volta una guancia. “Non farli avvicinare alla cripta” si raccomandò infine, scoccando un’occhiata furtiva alle scale che portavano alle camere dei suoi figli.“Tornerò presto.”

 

***

L’erba scricchiolava in maniera più innaturale del solito. Tyler camminò una decina di minuti, prima di scorgere una coppia di scarpe da ginnastica avvicinarsi a piccoli passi silenziosi.

“Ti ho preso!” dichiarò con un sorriso furbo, allungando il braccio dietro di sé. Riconobbe all’istante il corpicino esile del suo primogenito e se lo caricò sulle spalle, ignorando i piccoli pugni di protesta del bambino.

“Lasciami, orco!” si lamentò Richard sgambettando con furia, tentando di divincolarsi dalla presa del padre. “Lasciami!”

“Orco?”

Tyler inarcò un sopracciglio con aria divertita, afferrando il bambino per i fianchi. “Mi hai chiamato orco? Sei tu quello puzzolente, non io. Quando è stata l’ultima volta che la mamma ti ha fatto il bagno?” domandò, incominciando a fargli il solletico e cercando di evitare i calci per nulla innocui del figlioletto.

“Mille anni fa!” dichiarò Ricki, ridacchiando. Si allungò fra le braccia del padre per riuscire ad afferrargli la testa. “Anzi, duecento!” si corresse poi con aria soddisfatta, sfregando il piccolo pugno contro il capo del padre.

“No. Quello te lo posso fare solo io!” lo ammonì Tyler, incominciando a strofinare la testa del bimbo.

“Dai, papà!”

Ricki scosse il capo in fretta cercando di difendersi dall’attacco dell’uomo.

“Smettila!”

“Che ci fai qui, mascalzone? Sai benissimo che nei giorni speciali di papà tu non devi uscire di casa” ricordò l’uomo, depositando il figlio a terra. Lo squadrò con aria seria: Ricki ricambiò lo sguardo con altrettanta intensità e diede una scrollata di spalle.

“Voglio venire con te, papà” ammise infine, afferrandogli la mano e tirandola con forza. “Voglio aspettare la luna con te.”

Nell’udire quelle parole, Tyler si irrigidì immediatamente. La sua espressione si fece nervosa, mentre i rumori che li circondavano assumevano d’un tratto una cadenza più sinistra, preoccupante, alle sue orecchie.

“Ehi, campione” mormorò, inginocchiandosi in maniera da poter avere gli occhi di Ricki alla stessa altezza dei propri “Chi ti ha parlato di questa storia della luna?”

Ricki sorrise con aria da birbante e arretrò velocemente, come faceva sempre quando voleva prendersi gioco di qualcuno.

“No, ehi! Ricki, guardami: non sto scherzando. Chi ti ha detto queste cose?”

Le due paia di occhi scuri si scrutarono con diffidenza. Ricki chinò il capo e si arrese al tono autoritario del padre.

“Ho sentito la mamma che lo diceva l’altro giorno. Diceva se poteva venire ad aspettare la luna con te, e tu hai detto di no. Allora ho pensato che ci potevo venire io” spiegò con aria, incominciando a giocare con de dita dell’uomo. “Io sono più forte della mamma!”

Tyler lo osservò a lungo, non sapendo che cosa rispondere. Esaminò con attenzione le piccole mani di Ricki, che si intrecciavano alla sua. Contemplò quegli occhi scuri e molto spesso schivi che il bambino aveva ereditato da lui e il sorrisetto scaltro, da birbante, che Richard Jr. non perdeva mai occasione di esibire. Era un bimbetto allegro, un gran chiacchierone. Era piuttosto diverso rispetto a come era stato lui alla sua età.

“Senti, Rick” incominciò in tono di voce più tranquillo, avvertendo con un certo disagio le prime avvisaglie della luna incombente minacciare il suo auto-controllo. “Il posto in cui sto andando  non è adatto a dei bambini. Non lo è nemmeno per i ragazzini in gamba come te.”

È pericoloso papà?” domandò Ricki, con un pizzico di curiosità nello sguardo. “Aspettare la luna fa paura?”

“Fa paura, sì” ammise Tyler con un sorrisetto amaro, contemplando l’ingenuità del bambino. “Ma passa in fretta. Vedrai che domani arriverà in un baleno. Nel frattempo, però, chi si prenderà cura della mamma, di Care e di Mase? Ho bisogno di qualcuno abbastanza sveglio.”

“Posso chiedere a Jeff, papà!” propose Ricki con aria pratica, agganciandosi alla mano del padre. “Può aiutare lui Care con i compiti, mentre io e te aspettiamo la luna. E può giocare con Mase: a Mason piace Jeff.”

“A Mason piacciono praticamente tutti” commentò Tyler con un guizzo divertito nello sguardo, prima di scoccare un’ultima occhiata indecisa al suo primogenito. Tirò fuori il cellulare per controllare l’ora: le quattro. Erano solo le quattro.

“E va bene” si arrese infine, ridendo della scintilla di trionfo che andò a intrufolarsi nello sguardo del figlio. “Accompagnami per un po’. Ma quando arriverà il momento di tornare a casa voglio vederti correre veloce come un fulmine, hai capito? Te ne torni a casa e non ne esci fino a domani mattina. Sono stato chiaro?”

“Sì, papà!” dichiarò Ricki con decisione, incominciando a saltellare, ancora saldamente aggrappato alla mano dell’uomo. “Tu hai paura papà?” domandò improvvisamente, mentre padre e figlio riprendevano a camminare. Tyler valutò la sua domanda per un attimo.

“Molta” ammise infine, stringendo con più forza la mano del figlioletto. “Te lo aspettavi? Tuo padre è un gran fifone” si prese in giro da solo, ben sapendo che la cosa avrebbe fatto divertire il figlio.

“Per questo vengo con te!” dichiarò invece Ricki, facendo oscillare il braccio cui mano era allacciata a quella del padre. “Così aspettiamo assieme. Se ci sono io hai un po’ meno paura, vero? Vero, papà?”

Ricki aveva l’abitudine di ripetere più volte alcune parole, in particolare, i termini ‘mamma’ e ‘papà’. Era un dettaglio che a Tyler faceva sempre sorridere: lo incantava il linguaggio infantile dei suoi figli. Amava ascoltare la risata contagiosa della piccola Caroline e ridere intenerito con la moglie del balbettare cronico di Mason Jr. Li amava: sin dal primo giorno in cui aveva stretto fra le braccia il corpicino di Richard, il suo primo figlio, Tyler si era reso conto di non aver mai provato un amore così grande in vita sua. Non si sarebbe mai privato di quella gioia, di quello spiraglio di sole in mezzo ai pallidi raggi lunari. Sapeva che la sua seconda natura era una minaccia per loro, per la moglie e i tre bambini. Suo padre probabilmente non avrebbe mai approvato la scelta di farsi una famiglia in quelle condizioni, ma lui non era suo padre. Di errori ne aveva fatti molti in passato e la decisione di avere dei figli non era sorta con facilità. Il pensiero di poter fare del male a sua moglie e ai suoi figli lo terrorizzava più della maledizione stessa. Ogni notte di luna piena, Tyler si piegava al suo volere, servendola, ma pregando in silenzio di riuscire a controllarsi almeno in parte. Sperando di essere abbastanza forte, da riuscire a proibirsi di abbandonare quella cripta.

“Papà? Papà?”

Tyler scacciò via i pensieri ingombranti e si voltò in direzione del figlio: Ricki lo stava osservando con espressione indispettita. Il padre  rimase a lungo a contemplare quegli occhi cerchiati d’innocenza, domandandosi se un giorno anche suo figlio avrebbe dovuto affrontare lo stesso destino che aveva condannato lui.

“Tu non hai proprio paura di niente, vero Ricki?” chiese, arruffandogli i capelli. Richard  scosse il capo, riprendendo a saltellare.

“Già! Non ho paura dei serpenti e dei mostri. E degli orchi. Non ho paura neanche di te!” aggiunse, pur sorridendo a mo’ di scusa subito dopo. Ricki rispettava suo padre, ma non ne aveva paura e le sue parole ingenue sollevarono istintivamente il morale di Tyler mentre la mano del ragazzino tornava ad a stringere la sua. “Però, se vuoi, posso avere anche io paura della luna” aggiunse improvvisamente, aggrottando le sopracciglia con fare pensieroso.

“No. Non averne” rispose il padre, continuando a camminare con il bimbo a fianco. “Non averne mai, Ricki.”

“Allora non ce la devi avere neanche tu: neanche tu, papà” lo ammonì il figlio con aria seria, scuotendo il braccio del padre. “Se ci sto io con te non hai paura. Vero?” ripeté ancora una volta, non avendo ottenuto risposta.

Tyler sorrise; si accorse che c’era qualcosa di diverso nel modo in cui Ricki gli stringeva la mano quel pomeriggio. Era un tocco più deciso, più vigoroso. Era come se il figlio stesse tentando di prendere le sue veci, incoraggiandolo a non avere paura. Quel bambino così piccolo si sforzava di fargli sentire la sua presenza, sottolineando le parole con i gesti. Con la manina del figli stretta alla sua, Tyler accolse dentro di sé la sensazione di non essere solo, di avere degli alleati nella sua battaglia contro la luna.

“Non ho più paura Ricki” lo rassicurò, rivolgendogli un sorriso sincero. “Grazie.”

Ricki fece spallucce come a voler minimizzare, seppur sorridendo orgoglioso; era fiero del fatto che la sua presenza potesse essere in qualche modo d’aiuto al padre.

“Papà” incominciò dopo qualche minuto, chinando poi il capo con aria imbarazzata. “Papà, se vuoi posso aspettare di nuovo la luna con te, quando succede di nuovo. Penso che mi viene bene, sai? Prima avevi la faccia triste e ora invece sorridi.”

Tyler si fermò, colpito dalle parole del figlioletto.

“Davvero?” domandò, inginocchiandosi di fronte al bambino.

Richard chinò ulteriormente il capo, come a volersi nascondere dallo sguardo del padre.

“Forse non hai paura con me…” incominciò, sorridendo con la timidezza genuina di un bambino piccolo.“… Perché mi vuoi bene.”

Tyler gli rivolse un’occhiata sorpresa: Ricki non era il genere di ragazzino che amava fare quel genere di confessioni. In quello aveva preso da Tyler.

Eppure eccolo lì, la testa china e le mani a giocherellare con i laccetti della maglia del padre.

“Certo che ti voglio bene” ammise il padre, attirandolo a sé in un abbraccio. Ricki si aggrappò a lui affondando il visetto sorridente nella sua felpa.“E hai ragione quando dici che quando sto con te mi passa la paura. Chissà perché non ci ho pensato prima!”

 “Vuoi dire che posso venire ad aspettare la luna con te anche le altre volte?”  domandò Ricki rivolgendogli un’occhiata speranzosa. “Anche se è pericolosa? Anche se Care e Mase crescono e diventano grandi come me, posso venirci lo stesso io?”

“Perché no?” acconsentì infine Tyler, cingendo le spalle del bambino con un braccio. “Sarai il mio accompagnatore ufficiale per il primo tratto di strada. Adesso devi andare, però” concluse, scoccando un’occhiata inquieta alle fronde degli alberi. Notò che, poco più in alto, il turchese del cielo stava incominciando ad annerirsi.

“Di già?”

Ricki guardò su con aria imbronciata, analizzando attentamente le nuvole. “Ma la luna non c’è ancora!” osservò poi, indirizzando al padre un’occhiata furbetta.

Tyler rise.

“Dai, adesso vai” esclamò, “Hai l’occasione di dimostrarmi che sei il bambino più veloce del mondo.”

“Non del mondo, dell’universo!” precisò Ricki, allargando le braccia in orizzontale. “Mase non riuscirà mai a correre veloce come me!”

“Mase non ha nemmeno tre anni” gli ricordò Tyler, placcando i movimenti del bimbetto che gli era appena saltato in braccio. “Prima o poi crescerà: non ti conviene cantar vittoria troppo presto.”

“Quando crescerà, io sarò ancora più veloce!” annunciò Ricki soddisfatto, schiacciando le guance del padre con le mani. “Allora adesso vado” aggiunse poi, allentando finalmente la presa e osservando con un sorriso soddisfatto il padre che si massaggiava la mandibola. Tyler lo ascoltò ridere, avvertendo poi con nervosismo la luna farsi sempre più vicina.Avrebbe voluto restare con Ricki un po’ più a lungo. I gesti d’affetto spontanei del bambino avevano tenuto lontana la sensazione di inquietudine che conciliava con l’attesa della luna piena.

Tuttavia, era giunto il momento di lasciare andare quella manina.

“Adesso vai.”

Tyler ripeté le parole del figlio, depositandolo a terra.

 “Sorprendimi!” dichiarò a quel punto Tyler con un sorriso, scompigliando i capelli del figlioletto.

Ricki, che si era chinato preparandosi a una partenza ad effetto, gli rivolse un’occhiata confusa.

“Che vuol dire, papà?”

“Voglio vedere le foglie che si alzano da quanto corri veloce. Puoi farlo?”

Ricki annuì in fretta, tirando poi fuori la lingua con aria furbetta.

“Posso farlo, papà!”

“Allora vai. Parti!”

Con un ultimo sorriso in direzione del padre il bimbo si diede la spinta e incominciò a correre, attraversando a ritroso il bosco che non distava poi così tanto dalla tenuta dei Lockwood. Tyler lo osservò allontanarsi in silenzio, le mani in tasca e un lieve alone di riconoscenza a illuminare i lineamenti del suo viso. Il cielo si era leggermente oscurato e, se prestava particolare attenzione ai rumori del bosco, poteva riconoscere l’innaturale silenzio che lo avvolgeva ogni pomeriggio antecedente alla luna piena.

Ma quel giorno in particolare il silenzio era stato spazzato via dalla risata genuina di Ricki. Dalle sue osservazioni affettuose prive di logica, ma terse di premure e attenzioni nei confronti dello stesso Tyler.

E nonostante il cuore incominciasse ad accelerare i propri battiti mentre i suoi piedi tastavano la superficie polverosa della cripta, l’uomo  non riuscì a non sorridere, nonostante tutto.

La risata di Ricki gli risuonava ancora nelle orecchie.

E a Tyler questo bastava.

Nota dell’autrice.

Da quando Ricki Lockwood ha fatto breve comparsa per la prima volta in “Let it slideho sempre saputo che prima o poi avrebbe fatto nuovamente capolino fra le mie storie con un ruolo da vero protagonista.

Così come ho dato in un certolieto fine” a Matt, avevo bisogno di fare lo stesso anche con Tyler. Tyler che sarà costretto a convivere con la sua condizione di licantropo anche in un eventuale futuro. Lo immagino come un papà un pomattacchione. Un papàorso” come dice Lizzie_siddal, che ringrazio per gli incoraggiamenti e il chilly-stendice sempre all’erta (sei bella xD). E ringrazio anche Lady Aika che ha minacciato più volte di rubarmi i Lockwood durante la stesura.

Ricki è il solito birbantello come avevamo già potuto intuire in Let it slide. In realtà, il piccolo non ha idea di che cosa possa significare quell’ ‘aspettare la luna’. Probabilmente nella sua testolina, il papà è una specie di supereroe che sconfigge i cattivi durante le notti di luna piena. Ciò che importa è che avevo bisogno di qualcuno che continuasse a rincuorare Tyler in quei momenti anche da adulto e l’innocenza di un bambino mi sembrava perfetta.

Per chi non ha letto Let it slide, o non segue History Repeating – The Next Generation of The Vampire Diaries, Jeff (che nomina Ricki da qualche parte) è il migliore amico di Ricki, nonché primogenito di Matt e di Elena.

Non mi dilungo molto e scappo al lavoro.

Un abbraccio

Laura

   
 
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