Will stava fuggendo. Qualcosa la inseguiva. Non sapeva bene cosa o chi era,
però avvertiva la sua presenza, era sempre là, dietro
l’ultimo angolo che aveva voltato. Corse disperatamente, ma il suo
inseguitore non le lasciava scampo. I vicoli della città, vuoti e
bui, si susseguivano uno dopo l’altro, i suoi passi rimbombavano nel
silenzio. Il fiato cominciava a mancarle, i polmoni invocavano disperatamente
aria e il suo cuore batteva troppo, troppo rapidamente. Dietro di lei il
respiro del suo inseguitore, invece, era sempre, lo stesso, profondo e ferino,
ritmico e riposato. Si stava avvicinando, I suoi passi risuonavano sempre
più forte. Una mano sconosciuta le sfiorò un lembo della maglietta.
Will gridò, invocando aiuto.
Si svegliò nel suo letto caldo, i capelli rossi mandidi di sudore
e gli occhi spalancati. Il cuore le batteva furiosamente nel petto e, nello
svegliarsi di soprassalto, si era alzata a sedere. Si guardò intorno,
ancora in preda al panico dopo l’incubo appena vissuto. Si sfiorò
la fronte con la mano e affondò il volto nel palmo.
“Che sciocca che sono.” Mormorò “Era solo un
incubo.”
“Will, attenta, dietro di te!” La sveglia gridò, con voce
metallica e acuta. La ragazza reagì di istinto, prima di capire cosa
stava succedendo, gettandosi di lato e cadendo dal letto in un cumulo confuso
di coperte. Dalle ombre dietro al letto, emerse un’alta figura, le braccia
ancora tese davanti a sé, alla cui presa, Will era sfuggita per un
soffio. Will rotolò ancora di lato, tentando di liberarsi dalle lenzuola,
in preda al panico. Si sentiva come se il suo incubo le fosse piombato addosso,
ancora più spaventoso, dopo quel breve sollievo. Il suo aggressore
si gettò di nuovo su di lei. Chi era quell'uomo, chi era? Cosa voleva
da lei? Da dove era arrivato? Will indietreggiò alla cieca. La sua
schiena urtò contro un ostacolo. Will cercò disperatamente
di scansarlo, mentre l'ombra scura si chinava su di lei. La lampada sul comodino
si accese da sola. Un fascio di luce colpì il nuovo arrivato negli
occhi ed egli, preso alla sprovvista, arretrò, coprendosi gli occhi
con le mani. Will riuscì a vederlo per una frazione di secondo: un
giovane dai lunghi capelli neri, stretto da una imponente armatura scura
e avvolto da fluide vesti di velluto. Poi l’apparizione svanì.
La porta della stanza di Will si spalancò, un fasciò di calda
luce gialla si riversò su di lei, mentre sua madre irrompeva nella
stanza.
“Wiil, Will! Tutto bene? Hai gridato e poi ho sentito quel
botto…” Si arrestò di colpo, vedendo la figlia distesa sul
pavimento, mentre una buffa smorfia divertita le appariva sul viso. “Non
ci credo, sei caduta dal letto! Era da quando avevi otto anni che non succedeva.
Dai, tirati su, ti do una mano a rifare il letto.”
Will annuì, il respiro che si placava e afferrò grata la mano
che la madre le stava porgendo. Rifecero il letto insieme, la madre troppo
assonnata per parlare ancora, la figlia ancora troppo spaventata. Da dove
veniva quel giovane? Chi era? Cosa voleva da lei? Il volto cupo, di cui non
aveva avuto più che un impressione, continuava ad aleggiarle di fronte
al viso. Doveva parlare con le altre, il prima possibile. Susan diede
un bacio veloce sulla fronte di Will.
“Buonanotte dolce” mormorò “Dormi bene.”
“’Notte mamma” rispose Will, mentre la madre spengeva la luce
e tornava a letto.
La ragazza fece per infilarsi a sua volta sotto le coperte. Avrebbe fatto
bene a stare vigile per la notte, domattina avrebbe parlato con le altre.
In fondo, forse, era stato tutto un sogno. La voce di Taranee la raggiunse
improvvisamente. “Will, Will” chiamava urgentemente “Aiuto,
aiuto! Sono stata attaccata!”
Will si guardò un attimo intorno sorpresa, prima di ricordarsi dei
poteri telepatici dell’amica. Poi socchiuse gli occhi concentrandosi
e Taranee apparve, ansimante e rabbiosa di fronte a lei. Will l'afferrò
per le spalle "Stai bene? Sei ferita!"
"Non c'è tempo per questo! Anche le altre potrennero essere in
pericolo… Presto richiamale!”
Taranee stava studiando. Era tardi, molto tardi. Ma la mattina seguente la
aspettava un'interrogazione e non era sicura di sentirsi preparata. Si
sfregò gli occhi per, probabilmente, la millesima volta, sfilandosi
gli occhiali con la sinistra, poi sospirò stancamente e tentò
di concentrarsi di nuovo sul libro di fisica.
Il dolore la colpì, improvviso e inaspettato, una morsa di fuoco intorno
al collo, che le spezzava il fiato e le fiaccava le carni. Le mani di Taranee
corsero istitivamente alla gola, cercando di liberarsi dalla presa. Ma la
corda metallica era avvolta intorno al suo collo sottile troppo strettamente,
perchè Taranee riuscisse ad afferrarla. La ragazza si contorse
disperatamente, annaspando. Il suo aggressore, silenzioso e determinato,
non allentò, neanche per un secondo, la presa, stringendo con sempre
maggior forza. Taranee fu colta dal terrore, tese le braccia all'indietro,
riuscendo ad afferrare la corda della garotta. Evocò il suo potere
e, in un istante, il fuoco divampò. Un voce femminile si lasciò
sfuggire un urlo di rabbia, mentre Taranee si liberava. La ragazza cadde
in avanti, sulla scrivania, prossima all'incoscienza, mentre la garotta bruciava.
Ma la rabbia di essere stata sorpresa era tale, che riuscì a trovare
le forze per voltarsi e fronteggiare il suo assalitore, anzi la sua assalitrice.
La donna dimostrava una trentina d'anni, aveva la pelle scura e lunghi capelli
ramati, raccolti in traccine. Un'armatura in cuoio borchiato le proteggeva
il busto e portava un'impressionante varietà di armi: a parte la garotta,
di cui aveva ancora in mano l'impugnatura, Taranee ebbe il tempo di vedere
una corta lancia sulle spalle, una tozza spada al fianco, pugnali da lancio
su una fascia a tracolla e altri due più lunghi legati alle cosce.
La ragazza la squadrò con furia, gli occhi fiammeggianti, come osava
quella.. quella ... troia! Attaccarla in casa sua, alle spalle! Le si
scagliò contro, globi di fuoco nelle mani. Non avrebbe fatto il comodo
suo! La donna fu colta di sorpresa dalla furia dell'attacco di Taranee, ma
riuscì a difendersi egregiamente. Non riusciva a contrattaccare, ma,
per quanto la ragazza l'attaccasse con tutta la sua energia, non riusciva
ad infrangere le sue difese. Il fuoco scivolava dalla sua pelle ramata e
lei lo deviava a mani nude. Non poteva continuare così, un combattimento
magico nello studio di sua madre, non era esattamente auspicabile... Certo,
le bruciava, ma forse era meglio, per quella volta, solo per quella, battere
in ritirata. Taranee invocò l'aiuto di Will.
Irma si immerse di nuovo nell'acqua con un sospiro di soddisfazione. Era
meraviglioso, veramente meraviglioso. Un bagno caldo prima di andare a letto
era esattamente quello che ci voleva, dopo una dura giornata a base
di studio e pettegolezzi con le amiche. E nessuno sarebbe venuto a bussarle
maleducatamente, urlando di sbrigarsi: il resto della famiglia era sotto
le coperte già da un po'. Ma lei era appena tornata dal Neverwhere
Pub, dove l'aveva accompagnata quello schianto di Mark. Irma si concesse
cinque minuti di deliziose fantasticherie sul sedere del ragazzo. Mark era
proprio bello, ma proprio bello bello. Un po' allampanato, magari, e magari
aveva il naso un po' troppo a becco e quel modo strano di parlare, ma era
proprio bello in fondo. Un po' noioso magari, ma proprio bello... forse...
Oh insomma. Avrebbe fatto meglio a uscire subito, prima di convincersi che,
in fondo, Mark non le piaceva poi un gran che. Uscì dalla vasca con
decisione e si avvolse nel suo fantastico, morbidissimo, profumatissimo
accappatoio azzurro. Adorava quell'accappatoio. Scrutò lo specchio.
Aveva i capelli tirati indietro dalla fascia rosa e grondava acqua. Si
squadrò criticamente, volgendo il capo da una parte e dall'altra.
Era forse un bollicino quello che stava facendo capolino sul lato del naso?
Avvicinò il volto allo specchio per controllare. Quanti punti neri!
Accidenti! Avrebbe dovuto farsi prestare da Cornelia quella sua lozione...
però quella faceva tante di quella storie. Una risatina divertita
interruppe quell'occupazione. Irma si girò di scatto.
Un curioso ragazzo stava seduto sul bordo della vasca e sogghignava beffardo.
Indossava, Irma non riuscì a impedirsi di arrossire, solo pochi stracci.
In compenso era adorno di una raguardevole quantità di pendenti di
sassi, conchiglie e coralli, tenuti insieme rozzamente da spaghi. Il ragazzo
non doveva avere molto più di lei, era molto magro, con un viso
strafottente e i capelli biondi e perfettamente lisci, divisi in cinque codini
trattenuti da perle di legno.
Irma si portò le mani sui fianchi, ma guarda te quel bellimbusto,
entrava così in casa sua e le faceva quasi prendere un colpo. E rideva
pure!
"Certo che se volevi un appuntamento bastava chiedere, ti mettevo in lista,
fra un paio di mesi dovrei avere un pomeriggio libero. Entrare furtivamente
in casa di un poliziotto è un po' troppo anche per vedere le
mie belle gambe!"
Il ragazzo ghignò con ancor maggiore divertimento. "Per le tue gambe
non muoverei un passo, ma per i tuoi poteri... per quelli andrei in capo
al mondo." Schioccò pigramente le dita della mano destra e, ehi! Irma
spalancò gliocchi con indignazione. L'acqua della vasca si divise
in tentacoli serpentiformi che le si scagliarono addosso. Quello lo faceva
lei! Irma indicò verso il basso con un gesto imperioso, come per dire
a un cane di sedersi e i tentacoli cambiarono traiettoria, ma per poco. Il
giovane li diresse di nuovo verso di lei e lei deviò di nuovo.
Cominciarono a contendersi il controllo dell'elemento con crescente dispetto.
"Lascia stare, lascia stare!" Sbraitò Irma "Come ti permetti! Sono
io la Witch dell'acqua! la plendida sirena di Eth..." La fanciulla sparì
nel nulla. L'acqua si rovesciò, improvvisamente libera, sull'altro
contendente e sul pavimento piastrellato del bagno.
Hay Lin si trascinò su per le scale a testa china. Le avevano fatto
fare turno doppio al ristorante. Non che non fosse contenta che la sua famiglia
avesse tanti clienti, però non si reggeva più in piedi. Si
lavò i denti come uno zombie e si infilò il pigiama a occhi
chiusi. Sollevò un lembo del lenzuolo con gioia e improvvisamente
un turbine di vento la scaraventò contro il soffitto. Cosa stava
succedendo? Forse aveva perso il controllo dei suoi poteri per il sonno.
Cercò di voltarsi in aria. Ecco cosa dovevano sentire le vittime del
suo potere. Su piccolo sono io! Io, Hay Lin. Il vento le lasciò un
pò di libertà, ma c'era una forza che le stava opponendo una
strenua resistenza. Hay Lin, sempre più confusa, si guardò
in torno, mentre tentava di concentrarsi sul suo elemento. Dall'angolo della
stanza ,sbucò un ragazzino, magro, anzi magrissimo, con un volto da
folletto e grandi occhi a mandorla, indossava una sorta di kimono nero e
stringeva le labbra, sforzandosi di non perdere il controllo del vento. Hay
Lin spalancò gli occhi, ancora più confusa di prima e si contorse
in aria. Dall'altro capo della stanza, emerse un'altra snella figuretta,
così simile alla prima da non lasciar dubbi sulla loro parentela.
"Arrendeti! Arrenditi!" Le intimò con voce acuta e capricciosa "Possiamo
batterti quando vogliamo Zeph e io! Il vento è nostro! Nostro!"
Ma come si permetteva quella bambina antipatica! Hay Lin le spedì
contro una folata di vento con tutte le sue forze e la ragazzina si ritovò
a sedere per terra con gli occhi spalancati.
"Come... come hai fatto! Tu non puoi..."
Dall'altro capo della stanza si levò una risata argentina. "Ahahaha
Ire... ti ahaha.... ti ha preso in pieno! Ahahaha ti sei fatta fregare come
una scema ahahah"
Hay Lin sentì il vento allentare la sua presa su di lei e riatterò
con leggerezza.
Ire mise su un broncio irato. "Come ti permetti... tu... tu... incapace!"
Inveì contro il gemello. "Avresti dovuto trattenerla! E' colpa tua!"
Cosa doveva fare? Que due la stavano ignorando completamente! Hay Lin aprì
la bocca per dire qualcosa, mentre Zeph smetteva di ridere giusto il tempo
necessario per rispondere a tono alla sorella. "Ehm scusate..." cominciò
e... svanì nel nulla. Zeph e Ire guardarono il punto dove era sparita
e bocca aperta.
"E' stata tutta colpa tua! Perchè doveva capitarmi un fratello così
incapace!"
"Ma se sei tu che ti sei distratta! Sei proprio una serpe!"
"Sgorbio!"
"Serpe!"
Cornelia dormiva pacificamente nel suo soffice letto. I biondi capelli sparsi
sul cuscino, il gatto comodamente acciambellato contro il petto. Stava facendo
un sogno splendido, uno di quelli che non sai esattamente di cosa parlano,
ma dove tutto è pervaso di lieve odore di arance e i colori sono caldi
e pastello. Un sorriso lieto aleggiava sulle labbra rosate.
Il risveglio non fu altrettanto piacevole.
Una mano forte le strinse senza troppi complimenti i polsi delicato, sollevandola
in aria. Cornelia spalancò gli occhi, subito lucida, come un gatto.
Napoleone, brutalmente scaraventato dal letto, miagolava energicamente. Di
fronte a lei stava un uomo alto e massiccio, dal volto maturo, ma attraente.
Il suo rapitore rispose al suo sguardo furibondo con un'occhiata carica di
dolce tristezza.
"Mi spiace bambina, non meritavi tutto questo. E' una triste sorte la tua"
Dal suo braccio sinistro si dipartirono funi di piante rampicanti che
cominciarono ad avvolgersi intorno a Cornelia.
Non si sarebbe fatta catturare così! Non lei! Cornelia provò
a controllare le piante, ma una forza estranea le sottraeva al suo controllo.
Allora, senza riflettere, contrasse gli addominali e colpì il suo
aggressore con entrambi i piedi nudi. Pieno sul naso. L'uomo preso di sorpresa
la lasciò andare. Bene! Bene così! Adesso gliela avrebbe fatta
vedere lei! Cornelia raccolse il suo potere caricando le braccia all'indietro,
i capelli biondi che frustavano l'aria dietro a lei, sospinti dall'energia
che ella emanava... e si dissolse nell'aria limpida.
L'uomo rimase a fissare per un momento il punto dove si trovava, negli occhi,
un misto di malinconia e sollievo.