Autore
(nome su EFP): Kamy [msp17 sul forum]
Titolo: Il re di cioccolato
Fandom: Kuroshitsuji
Personaggi principali: Sebastian, Ciel
Rating: verde
Genere: One shot, generale,
comico
Avvertimenti: Ooc
Note(facoltativo): nessuna
Il re di
cioccolato
"Puoi scegliere di cadere, si dovrebbe rischiare tutto?"
"Can you choose to fall, should you risk it all?"
Si sistemò composto sulle coperte
appena sgualcite del letto a baldacchino. Sembrava ci fosse un velo di magia
malinconica dimenticata che sostava su tutto quel palazzo. Per quanto fossero
rumorosi gli abitanti, o meglio la servitù, sembrava sempre un posto fuori dal
mondo. Una sensazione che prendeva alla gola vedendo le tende tirate sulle
finestre. Accavallò le gambe. Era un maggiordomo, ma sembrava il sovrano del
mondo intero. Appoggiò la mano, dentro un guanto bianco, sulla spalla del
ragazzino profondamente addormentato.
L'occhio azzurro di Ciel si aprì
lentamente a quel contatto, di mala voglia, scocciato dall'improvviso spezzarsi
del suo sonno. L'iride marchiata dal contratto rimaneva invece sigillata,
mentre le labbra sottili del Conte s’inclinavano in una smorfia stizzita. Gli
ci volle qualche secondo per rendersi conto che la mano del suo maggiordomo gli
stringeva la spalla. Si mosse immediatamente, scacciandola, osservando
severamente il maggiore.
"Che stavi combinando?"
chiese, duramente.
Gli occhi
rossi dal taglio felino del maggiore si allargarono a dismisura divenendo quasi
acquosi. Passarono al setaccio il giovinetto, nemmeno si fosse ferito in
qualche modo all’universo ignoto. Scrutò attentamente ogni più piccolo angolo
della pelle chiarissima del ragazzetto e stabilendo che non stava male,
accentuò un sorriso alquanto strano. Sembrava lui il fanciullo intento a
giocare.
“Fratellino,
ti alzi?”domandò. Si portò una lunghissima unghia laccata di nero alle labbra e
prese a mordicchiarla. Per come la trattava con noncuranza, sembrava un
miracolo che le sue unghie ancora non si fossero ancora spezzate o rovinate.
Il giovane rizzò la schiena, allontanandosi
di un poco dal demone con aria stralunata. Con l'unica iride guardò dall'alto
in basso il maggiordomo nemmeno potesse aggredirlo.
"Non chiamarmi fratellino,
idiota!" sbottò, tentando di trovare un luogo sicuro in cui ripararsi.
Adocchiò la tenda ancora libera della finestra. Si sarebbe rifugiato lì, come
ogni buon Phantomhive doveva fare in quelle situazioni drastiche.
"Sì, come vuoi fratellino. Per
colazione, però, ci sono le ciambelle al cioccolato"disse il demone. Si
sistemò i pantaloni di velluto nero, per poi dimenticarsi il gesto di serietà
iniziando a giocherellare con i bottoni d'argento della giacca.
Eppure, quel giorno il demone pareva
cupo per i suoi canoni, ma solo chi lo conosceva da molto tempo poteva capirlo.
"Non chiamarmi fratellino!"
ringhiò isterico Ciel. Vedendo il demone iniziare a giocare con i bottoni della
giacca stava già per rifugiarsi nel luogo prescelto, quando una cosa gli balzò
alla mente.
"Hai detto ciambelle al
cioccolato?" domandò, come parlasse di una divinità innominabile,
cadenzando il tono con cura.
Il demone fece sbocciare un fiore
bianco nella mano e poi iniziò a strappargli i petali uno a uno, lasciando in
pace le vittime precedenti.
"Tanto cioccolato"sussurrò
sottolineando con cura quelle parole.
Il giovane Conte normalmente si
sarebbe chiesto da quando Sebastian faceva giochi di magia, ma in quel momento
tutto perse totalmente importanza. La morte dei suoi genitori, la vendetta, la
compagnia da gestire, tutto smetteva di esistere davanti a quella rivelazione:
Tanta cioccolata. Ciel s'illuminò mormorando una sola parola
"Cioccolata".
Il demone si alzò sorridendogli ancor
più forzatamente, faceva parecchia paura con quelle smorfie.
Si avviò verso l'armadio sbattendo le
ante e scegliendo i vestiti.
"Prima vestiamo fratellino".
Prese a canticchiare facendo quasi precipitare la collezione di teschi che
teneva sopra il mobile. Ce n'erano di tutte le grandezze, di vari bianchi
alcuni tendenti al grigio, con le orbite in parte allungate, i denti sporgenti
o mancati. Un paio erano addirittura cornuti.
Ciel annuì più volte accucciandosi sul
letto come un cagnolino, attendendo con un occhio immenso i vestiti. La
cioccolata lo stava aspettando, sarebbe stato disposto a scendere perfino in
camicia da notte. Perfino sentirsi chiamare fratellino diveniva improvvisamente
stupendo e positivo.
La vestizione però era ugualmente
drammatica. Sembrava che Sebastian non avesse capito niente del modo di vestire
umano e gli rifilava vesti degne di un film in maschera. Cappellini che si allacciavano
in testa di tutti i tipi, con strani fiorellini che alle volte quasi
strangolavano il ragazzino. Aveva un set persino di bende bianche o nere, di
seta o lino con lacci e laccetti variegati. Strane palandrane con gonne con una
collezione di tipi di stoffe da far sgranare gli occhi e tanti di quei lacci e
laccetti che facevano girare il capo. Per mettere gli stivaletti bisognava
spingere peggio di come avevano fatto le sorellastre alla scarpetta di
cenerentola e per allacciarli ci s’impiegavano delle ore passando per asole
quasi invisibili. Per finire gli rifiniva i colletti che sembravano volergli
segare il piccolo collo.
Ciel sembrava in sintesi una bambolina
gotica, con laccetti di ogni forma, colore e stoffa che penzolavano ovunque. Le
scarpe con tacco dieci per sembrare più alto e l'aria seria e composta che non
c’entrava un bel nulla con quel modo di vestire.
"Sebastian" disse
solennemente.
"Portami dalla Sacra
cioccolata".
Sebastian annuì gonfiando il petto per
mettere in pratica la dura missione.
Uscì e il suo gatto nero lo aggredì
come faceva in pratica quotidianamente. Lo schivò con rapida maestria, fece
apparire dei coltelli di argento e li lanciò contro la creatura che a unghie
sguainate tentava di tagliargli il collo. Lanciò una dietro l'altra le sue armi
e immancabilmente non lo prese nemmeno una volta. Era quella creatura Lucifero
in persona, sicuro come il fatto che il cielo è azzurro. Fu perciò costretto a
riparare dietro il vassoio d'argento. Superata la prima minaccia, fu costretto
a correre per gli assalti della cameriera che gli voleva saltare addosso,
ignorando gli altri pazzi scatenati che vivevano sotto il suo stesso tetto. Se
l'avanzata fu un incubo, il ritorno con la cioccolata fu anche peggiore, ma non
poteva permettersi di farne cadere nemmeno una goccia. Ritornato nella stanza
del giovinetto, si lasciò andare contro la porta.
"Fratellino, ogni tanto potresti
anche uscire tu". Sbuffò apertamente. I capelli neri rimanevano
assurdamente perfetti, cose da demoni. Le ciambelle erano ripiene fino allo
stremo di cioccolata, ma erano anche immerse in un'enorme tazza colma dello
stesso liquido. Il colesterolo alto era assicurato con una colazione come
quella.
"Io sono Ciel Phantomhive, nel
nome del mio nobile casato e della nobile Regina, per la mia vendetta e per la
morte dei miei genitori, ma soprattutto per la cioccolata a colazione, io non
posso uscire!" dichiarò sicuro il ragazzino, battendo il bastone dorato a
terra, come a sottolineare quella poetica frase.
"Sì fratellino, mangia e non
macchiarti". Fu la risposta da far cadere le braccia del demone. Gli
sistemò tutto sul letto, come se fosse toccato ad altri lavare le lenzuola.
Tutta quella servitù serviva solo a fare chiasso giacché alla fine doveva fare
tutto lui, persino il bucato. Lasciando il minore a mangiare tirò fuori
l'orologio e guardò l'orario. O almeno ci provò, perché finì per legarsi da
solo con l'immensa catenina cui era legato l'oggetto.
Ciel aveva cominciato a mangiare,
intingendo le dita candide e sottili nella cioccolata, leccandole con la
lingua, osservando incantato il liquido colare lungo i polsi. Si bloccò nel
vedere Sebastian attorcigliarsi con la catenella dell'orologio. Un ghigno
malvagio si delineò sulle labbra sporche di cioccolata, mentre un dito indicava
il demone.
"Ah - ah" prese in giro, con
tono stridulo.
Il demone finì per arrivare per terra
dopo essersi legato anche le gambe. Si massaggiò il capo con aria confusa.
"Almeno ti stai divertendo
fratellino"commentò ricordandosi in quel momento che poteva usare i suoi
poteri per liberarsi.
"Ta-dà". Gridò rimettendosi
in piedi nemmeno un mago dopo il suo ultimo numero di magia.
Il Conte iniziò ad applaudire con
foga, sparpagliando ovunque chili di cioccolata. Quando se ne accorse, spalancò
l'occhio, atterrito. Guardò le lenzuola ormai di un colore marrone intenso,
alzando lo sguardo disperato sul maggiordomo. "Sebastian" sussurrò,
quasi fosse in fin di vita.
"Eh no, l'ultima cioccolata che
ti posso offrire, non finirà perduta fratellino".
Si scurì ed evocò tutti i suoi poteri
da demone, facendo finire l'intera stanza sottosopra per il forte vento
sparpagliando piume nere praticamente ovunque. In compenso la cioccolata tornò
al suo posto integra come non mai. Solo dopo Michaelis si guardò intorno con
aria colpevole, facendo malamente finta di niente tornando normale.
Ciel si buttò sulla cioccolata
nuovamente al suo posto, sguazzandoci allegramente con le dita. Solo dopo si
rese conto che qualcosa non quadrava.
"L'ultima?".
Sebastian fece finta di niente. Prese
una sedia e si sedette davanti alla finestra guardando il giardino che pareva
privo di vita, spento come una fotografia sbiadita.
"Detto qualcosa
fratellino?"domandò piegando il capo con aria fintamente confusa.
Il giovane si mise seduto sulle coltri
con eleganza. All'ultimo secondo inciampò sui tacchi finendo a gambe all'aria,
rotolando dall'altro lato del letto, atterrando perfettamente ai piedi del
maggiordomo.
"Hai detto 'ultima'?"
chiese, da lì sotto.
Sebastian sbiancò in ansia.
"Fratellino, ti sei fatto
male?"domandò sollevandolo di peso e guardandolo nemmeno si fosse rotto un
osso importantissimo.
"Smettila di prendermi in
giro!" il nobile iniziò a dimenarsi scalciando, smettendo dopo due secondi
a causa dei tacchi troppo stretti e s'imbronciò.
"Ultima?" chiese di nuovo.
Il demone lo rimise a terra dopo un
respiro. Non si era fatto niente, fortunatamente.
"Sì, ultima. Da domani ti sarà
assegnato un altro demone". Disse con pacatezza, ma un lampo di fastidio
passò dietro le sue glaciali iridi. Quell'anima era così perfetta, racchiusa in
un cuore dolce come la cioccolata che il ragazzino mangiava. Già non voleva che
gli altri se lo mangiassero per principio, ma soprattutto se qualcuno se lo
doveva finire toccava a lui. Insomma, una lotta tra quel suo strano lato
fratellone e il suo demone che dava la caccia alla preda già dall'inizio.
"Problemi burocratici agli
inferi". Aggiunse corrucciando il viso in una smorfia con il labbro in
fuori.
"Eeeeeeh?" Ciel scattò
all'indietro, spalancando gli occhi.
"Ma… ma... ma... ". Iniziò a
balbettare per un'ora, buttandosi poi tra le braccia del maggiore.
"Bwaaaaa!!!". Scoppiò a
piangere, stringendosi.
"Su, su fratellino. Non piangere,
in fondo l'unica altra scelta sarebbe ben peggiore. Vedrai che ti troverai bene
con chiunque verrà".
Il demone si abbracciò il più piccolo
così stretto, con movimenti delle mani delicate ansiose e spasmodiche che
sembravano smentire le sue stesse parole.
"C'è un'altra scelta?"
chiese il piccolo, con le lacrime enormi. Lui aveva sempre amato il suo
fratellone, nel buio nascosto della sua vendetta e del suo odio! Non poteva
mandarlo via! Non senza aver mangiato un'altra cioccolata!
"Ogni demone ha un suo oggetto
peculiare che se finisce in mano a un umano fa in modo che sia quello il suo demone.
In fondo a te interessa solo eliminare chi ha ucciso i tuoi. Puoi farlo anche
avendo qualcun altro tra i piedi, pronto a finirti in un boccone".
Disse annuendo il demone per poi
lottare con un ciuffo di capelli corvini, che per quanto perfetto nella
posizione immutabile da cui era da sempre, improvvisamente dava sui nervi a
Sebastian; intento anche a farsi sparire tra le braccia Ciel.
"Lo voglio". Iniziò a
lagnarsi il ragazzino.
"Non voglio un altro demone! Non
voglio, non voglio, non voglio!!" piagnucolò, come ogni bravo nobile
viziato deve fare, sparendo tra le braccia del demone. Decise di tentare il
tutto per tutto. Ne valeva il suo onore e il prestigio della sua casata, non
poteva fare altrimenti. Eroicamente alzò il capo e…
"Fratellone, per favore!".
Gli occhi di Sebastian luccicarono,
sul suo viso si dipinse un sorriso da invasato. Pareva partito per il mondo dei
fratelli maggiori adoranti e che il suo soggiorno lì dovesse durare un tempo
indefinito. Per completare il quadretto mancava solo che uscisse fuori le sue
ali nere solo per svolazzare in giro per la camera. Solo che alla fine si
riprese.
"Non voglio che rischi la vita
per me". Disse serio annuendo.
"Siamo sinceri, fratellino. Tu
non sei in grado nemmeno di camminare tra un po'. Conoscendoti riuscirai a
compiere la tua vendetta sull'ottantina e avrai così tutto il tempo di farti
una vita prima di essere mangiato. Inoltre gli altri demoni sono un gruppo
d'incapaci, con loro c'è rischio che ci riuscirai direttamente sul
centinaio". Ugualmente accarezzò il capo del ragazzino.
“Fra-tel-lo-ne" scandì lentamente
Ciel, solenne. Era una missione impossibile, era solo contro un demone spietato
pronto a mangiarlo che gli stava accarezzando i capelli con affetto
eppure…doveva farcela. Sì, doveva riuscirci. Non poteva fallire, in nome della
Regina!
"Prrrr" prese a fare le
fusa, alle carezze.
"C'è negli inferi un immenso
burrone. Solo cadendoci all'interno l'umano può entrarci e sul fondo troverà
l'oggetto che cerca, ma dovrà riconoscerlo tra mille altri uguali. Se sbaglia,
si porta a casa un altro demone. Inoltre, si rischia di perdere tutto in quella
caduta oscura: la memoria, la felicità, il proprio corpo o l'anima
stessa". Spiegò il demone e oltre ad accarezzarlo delicatamente aveva
anche preso a cullarlo.
"Voglio!" chiese lamentosamente, come un bambino piccolo,
il Conte. Si era perduto sui bottoni argentei della giacca del maggiore, ma era
vitale per lui farlo. Ne valeva il nome del suo casato.
"Per la cioccolata!!".
Sebastian ridacchiò.
"Fratellino, dimmi. Tu vuoi vendicare i tuoi genitori o la
cioccolata che è andata perduta nell'incendio?"domandò.
"La cioccolata!" risposta immediata e decisa che fece
brillare l'occhio di Ciel di un azzurro più intenso del solito... di sottofondo
partì, dal nulla, una canzoncina romantica.
"Era lì, a terra, aspettava solo meeee" cominciò a
cantare il Conte, commosso.
"E poi il fuoco, la divorò, la cioccolata…la cioccolata…la
cioccolata…" Ciel scoppiò a piangere e la musica cessò.
"Abbiamo passato così bei momenti insieme, io e lei!".
"Oh, povero il mio fratellino". Sebastian lo cullò un
po' di più e gli asciugò le lacrime. Chissà se anche la fantomatica regina era
una fanatica della cioccolata.
"Oh, fratellino, te lo posso mettere l'abito per la festa giacché
andiamo agli inferi?"domandò improvvisamente eccitato il moro. Il demone
si riferiva a un vestito che alla stregua degli altri aveva benda, cappellino,
pizzi e simili; ma che era da femmina di un rosa che faceva rassomigliare Ciel
a una piccola e dolce bambina ricordante un confettino.
Ciel guardò Sebastian male. Odiava quell'abito, ne avrebbe voluto
uno nero come quello. Non rosa, nero. Come il fratellone.
"Per la cioccolata?" chiese solenne.
"Se te lo metti, ti farò il bagno nella cioccolata al
ritorno". Stabilì il demone.
"Sempre che torneremo insieme, tu vivo e non con un altro
demone"pensò, però, impensierendosi Sebastian.
"All'armadio segreto in rosa!!!". Urlò Ciel alzando il
dito al cielo.
Prima di tutto bisognava entrare nell'armadio normale dove tra
pizzi e merletti quasi si soffocava. Qui bisognava andare tentoni e le testate
erano la quotidianità, per cercare il famigerato bottone rosa. Da non
confondere con quello nero che faceva illuminare gli occhi rossi dei teschi
sopra il mobile, con quello giallo dell'allarme, con quello marrone che faceva
apparire le cioccolate di emergenze e soprattutto con quello blu che era
l'espulsione immediata in caso di attacco della cameriera. Una volta che si
riusciva a premere, si apriva la botola e si cadeva su degli scivoli. Dal cielo
scendevano cappellini, navigavano su un fiume di cioccolata al latte,
nevicavano barattolini di nutella e piovevano cioccolattini al fondente. Era
tutto sotto il castello, una serie di abiti rosa tutti uguali che sfilavano. Era
migliore della fabbrica di cioccolata dei romanzi.
Ciel si guardò intorno. Solenne, si avvicinò a una cascata di
cioccolata, bevendone un sorso. Gli serviva la forza per quello che stava per
fare e la cioccolata poteva dargliela. Guardò Sebastian.
"Fa quello che devi".
Sebastian sorrise. Lui agli inferi non era mai stato tipo da fare quelle
cose. Sì, certo, era più giocherellone degli altri, ma visto la sua
incommensurabile bravura rispetto agli altri sciocchi demonietti se lo poteva
permettere. Tutti quegli effetti servivano ad affascinare il bambino che
sembrava divertirsi un mondo. Il suo fratellino, dolce e impuro come nessun
altro bambino umano che aveva mai visto. Peccato che si fosse dimostrato troppo
legato sentimentalmente e fossero scattate una marea di clausole e la
burocrazia demoniaca, al pari di quella umana, non era superabile nemmeno per
nessuno a suo parere.
Sebastian fece apparire sul fiume di cioccolata una bellissima
barca. Era pallida come la luna, sinuosa e liscia al tocco come l'avorio. Sulla
punta c'era un'asta che sembrava quella dei gondolieri. Invece dei sedili,
l'intero era tappezzato da morbide rose bianche e blu. Il demone fece segno al
ragazzino di salire dopo aver controllato di aver fatto sparire tutte le spine.
Non voleva certo che il fratellino si facesse male.
Ciel salì cauto, solo per inciampare nei tacchi e nell'orlo del
vestitino rosa che gli era stato messo. Cadde però proprio sui petali di rosa,
come l'avesse fatto di proposito. Solennemente, sistemò la gonna guardando il demone.
Suddetto gli pulì il viso da un petalo che cercava di finirgli in bocca per poi
dargli un buffetto sul capo. Salì al suo posto e fece allontanare la barca
dalla riva con movimenti abili di chi sa cosa deve fare.
Man mano la cioccolata iniziò a dare spazio a dell'acqua limpida
ma intensa che non permetteva di vedere il fondo. Più si allontanavano, più
s’intuiva che si lasciava il mondo dei vivi per quello dei defunti. La cappa di
tristezza si solidificava rafforzandosi e man mano l'aria sembrava prendere
alla gola tanto da far avere dei giramenti al ragazzino che non riusciva a
stare ritto. Anche se già non ci riusciva nella vita quotidiana a causa degli
assurdi calzari che indossava.
“Il
tuo baciò è come un rock. Perché fratellino ha sempre ragione. La cioccolata
mette K.O. ed io canto così, perché sì”. Sebastian non stava fermo sulla punta
della barca e rischiava di farla rovesciare da un momento all’altro.
“La
tua anima mangerò, ma non la sputerò. Perché vivo così”. Continuò e per quanto
avesse una voce stupenda, sembrava farlo a posta di stonare. Le povere anime
dei morti dagli occhi spenti che passavano galleggiando nell’acqua sembravano
considerare quella una vera punizione invece del loro castigo eterno. Il
silenzio del luogo nebbioso sembrava irrimediabilmente spezzato e i demoni che
udivano lo straziante gridare alzavano gli occhi.
“Sebastian
è tornato”. Mormoravano afflitti.
Il demone si voltò verso il fratellino e vide che teneva una mano
davanti al viso e la osservava con interesse. Lui a vederla pensava fosse un
arto solo troppo piccolo e un arto che poteva farsi male semplicemente con un soffio di
vento, in grado di piegare quelle dita minute e affusolate con un nonnulla.
"A che pensi?"domandò.
Ciel osservò ancora un attimo l'arto, prima di guardare Sebastian
e poi di nuovo la mano.
"Io non sbaglio, perché sono Ciel Phantomhive e in nome di
sua maestà, della mia vendetta, del mio casato, della mia famiglia, ma
soprattutto della cioccolata, non posso errare. Se vedessi un cioccolatino cosa
dovrei fare?".
Sebastian alzò gli occhi al cielo. Non poteva pregare perché
sarebbe stato il più grande controsenso del mondo, ma in quei momenti era lui
tentato di fare cose assurde.
"Sono tutti carillon, non vedrete cioccolatini". Disse
il demone rassicurandolo.
Ciel sospirò sollevato. Non poteva permettersi distrazioni, non
ora che rischiava di perdere tutto quello per cui aveva sempre lottato. La
vendetta della cioccolata! E dei suoi genitori, ovviamente.
Improvvisamente ci fu una mareggiata molto più alta delle placide
onde e il giovinetto rischiò di finire in acqua. Seguita dal fragore assordante
di una botta. In realtà era semplicemente Sebastian che aveva parcheggiato.
Davanti a Ciel si estendeva un campo delle medesime rose, ma stavolta con delle
grandi spine e alcune di esse macchiate di rosso sangue. Qua e là c'erano
palazzi diroccati, finestre dimenticate e inquietanti panchine. Occhi rossi erano
ben nascosti un po' ovunque e si guardavano il ragazzino, affamati.
Ciel si attaccò ai pantaloni di Sebastian, in nome della sua
autorità di Phantomhive, non poteva mettersi a rischio. Svanì nelle pieghe
dell'orlo nero, lasciando spuntare due codini. La parrucca enorme da donna che
portava non aiutava a nascondersi.
Michaelis sorrise alle creature in modo alquanto perfido e mise
una mano sul suo piccolo lord. Fischiò e apparve il suo gatto che miagolando
impazzito prese ad attaccarli uno a uno mettendoli in fuga.
"Non l'avevo cacciato ieri quel gatto?" chiese perplesso
Ciel, starnutendo sonoramente. Era allergico ai felini da quando un micio gli
aveva rubato la cioccolata bianca fatta da Lizzy. Era diventato allergico anche
alla Duchessa, in effetti.
"Nerino non se ne va, anche se gli faccio crollare in testa
il palazzo, fratellino". Rise Sebastian.
"Stanco di camminare?"chiese poi, premuroso, al
fratellino piegandosi e sollevandogli il visetto pallido che per quanto svanito
riusciva sempre a trovare.
Ciel arrossì violentemente, a causa dell'allergia al gatto
ovviamente. Si attaccò al collo del maggiordomo "Grmpfh".
Proseguirono per parecchio, vicini. O meglio, il maggiordomo portò
il ragazzino per tutto il tragitto che se ne stava seduto comodamente in
braccio come un piccolo re.
A un certo punto Sebastian lo fece scendere con delicatezza.
Ormai erano arrivati. Sebastian aveva un'espressione seria come
Ciel non gliene aveva mai viste. O forse sì, raramente, quando lui rischiava la
vita, si faceva rapire, catturare o simili.
"Puoi scegliere di cadere". Disse serio con un tono
cadenzato ammaliatore e indicò il burrone immenso che si stendeva a perdita
d'occhio davanti a loro.
"Si dovrebbe rischiare tutto?". Gli chiese e i suoi
occhi rossi incontrarono l'unico suo non bendato. L'azzurro si specchiava nel
vermiglio e lì già percepiva come avrebbe potuto perdere ogni cosa. In fondo
però, non era già stato pronto una volta a mettere a rischio la sua anima?
"Ho già risposto a questa domanda due anni fa". Ciel si
sporse sull'orlo del burrone.
"In nome di…" non riuscì mai a finire l’ennesimo
sproloquio, perché il tacco della scarpa finì sul merletto, facendolo
inciampare rovinosamente nel burrone.
"Cioccolataaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa".
Sebastian guardò nel puro panico il corpicino cadere finché non fu
più visibile. Sentì crescere l'ansia, non solo per la sua cena, ma anche per il
fratellino. Nel suo caso si andava oltre lo sdoppiamento di personalità, si
arrivava proprio alla dissociazione anche delle altre persone. Non era un
demone molto normale, ma era raro trovarne uno sano di mente.
Ciel rotolò a lungo invocando la forza della cioccolata. Solo una
volta arrivato a terra si rese conto che avrebbe potuto ordinare a Sebastian di
prenderlo. Sbuffò, rimettendosi in piedi, spolverando l'abitino con cura. Si
guardò intorno, alla ricerca di qualcosa da poter prendere.
Silenziose si avvicinarono delle catene ben intenzionate a
rubargli l'anima. Silenziose strisciavano come serpi affamate e già erano
pronte a lambire i tacchi delle sue scarpe, prede fin troppo facile da
avvolgere nelle loro spire per poi passare a straziare l'interno del corpicino.
"Aaaaaaaaaaaaah!!!". Il Conte iniziò a calpestare tutto
e tutti, con foga, iniziando la fuga nel precipizio.
"Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!!!".
Sebastian mordeva nervosamente il guanto bianco. Fino a dove stava
lui, si sentivano le urla e non poteva fare a meno di non preoccuparsi.
Le catene persero la loro preda o forse rimasero semplicemente
sconcertate dal modo di fare. Nello scappare il giovinetto aveva perso pure le
scarpe e non gli rimase altro che mangiarsi quelle.
Sassi e spuntoni uscivano un po' dappertutto e, visto l'equilibrio
precario che possedeva l'azzurro, niente da stupirsi che volò in terra con un
doloroso capitombolo che gli fece sbucciare le ginocchia.
Tirò su con il naso, accorgendosi solo allora di aver perso le
scarpette. Chissà perché invece la parrucca era perfettamente al suo posto,
nemmeno un capello scombinato, niente di niente. Misteri da Conte. Ciel si
convinse fosse il potere della cioccolata e, sicuro di sé, si alzò in piedi.
Doveva trovare il carillon di Sebastian, solo allora tornare indietro avrebbe
avuto senso. "Per il bagno nella cioccolata" sussurrò,
incamminandosi.
La prova successiva non si fece attendere. Dal terreno e dai lati
delle pareti che ogni tanto si chiudevano, perché sul fondo del canyon si
dipartivano tanti cunicoli separati come in un labirinto, uscivano dei
cristalli. Taglienti come spuntoni di vetro e difficili da evitare, bastava
specchiarsi dentro di essi per perdere un ricordo.
Ciel continuò ad avanzare ed era così preso da suo pensiero fisso,
che nemmeno se ne accorse. Guardava in alto e perciò non perse più di due
ricordi proprio quando incontro la superficie maledetta perché stava come suo
solito per ruzzolare.
' Un bambino
di un anno stava seduto sul grande tappeto che copriva il pavimento di marmo. I
genitori perennemente sorridenti come se non avessero mai un problema al mondo
seduti sulle poltrone. La madre che guardava il bambino, svampita, nello stesso
modo in cui si fissa un tesoro prezioso e il padre sparito dietro il giornale,
si alzavano ogni tanto le volute di fumo dal suo sigaro. In un angolo ci sono i
giocattoli del piccolo più interessato a stringere spasmodicamente con le
manine un'intera barretta di cioccolato'.
' Madam Red lo
guardava seria. Si sistemava di continuo i capelli fissando il bambino davanti
a lei. Si sentiva già la vittoria in tasca. Si sistemò meglio sulla sedia e
sorridendo in un modo che era tutto suo, sferrò l'attacco. Con la pallida mano
simile a quella di una colomba mosse l'alfiere. La scacchiera che solo dei
ricchi nobili si potevano mantenere, era adagiata su un tavolino d'ebano
rifinito e ognuna di quelle pedine da sola valeva oro.
"Scacco".
Si vantò sicura. Ciel ridacchiò, muovendo a sua volta.
"Scacco
matto"dichiarò vincitore.
La donna impallidì,
non se lo aspettava. Il bambino si catapultò sulla fetta di torta al cioccolato
messa in palio gustandosi a grandi morsi la sua preda'.
Ad aspettare il conte c'era l'ultima prova.
Un gigantesco demone si mise sulla sua strada bloccando il
passaggio con due occhi di un rosso così tendente al nero da essere fastidiosi
e ripugnanti da guardare, quanto il suo aspetto ben diverso da quello stupendo
e tentatore del suo fratellone.
"Ti farò a pezzi il corpicino, umano". Minacciò e prese
a battere le mani al suo discorso, nemmeno avesse dimostrato un'arte oratoria
sopraffina. Rimaneva lì godurioso a gambe aperte, immaginandosi come avrebbe
squartato la giovanissima vittima.
Il giovane Conte osservò spaesato
il demone, per poi inarcare un sopracciglio stizzito. In un primo momento lo
ignorò, pensando ancora all'amata cioccolata, per rendersi conto in seguito che
volevano ucciderlo. "AAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!" gridò, correndo
intelligentemente verso il demone. Scivolò sull'orlo del vestito, passando
sotto le gambe della creatura, rotolando per diversi metri.
"Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!!!"
continuò a urlare, correndo senza sosta.
Il mostro nemmeno se ne accorse.
Solo con calma guardò lì, dove doveva essersi la vittima. Si sfregò le mani e
si auto-convinse che era stato così veloce a ucciderla che se lo era
dimenticato.
Ciel finalmente arrivò alla meta.
Tutti i cunicoli portavano a quella stanza nella roccia di forma ovale. Per
terra sparpagliati, c'era un numero infinito di carillon tutti uguali. Non si
differenziavano per niente, emanavano persino le stesse musichette. Era
impossibile riconoscere quale fosse quello di Sebastian.
Eppure doveva esserci qualcosa.
Ciel era convinto che Sebastian fosse troppo eccentrico per non avere davvero
niente di diverso dagli altri. Si mise a
guardarsi intorno, pensando intensamente a del cioccolato per darsi la forza.
"Probabilmente avrà un micio
attaccato, fissato com'è... ". Si disse.
In angolo, sommerso da altri suoi
simili, vi era un carillon abbandonato. Sembrava un po' più vecchio e rotto
degli altri, aveva una melodia più lenta. Sarebbe stato ugualmente identico
agli altri, se non fosse stato per il pupazzetto all'interno che comunque a
guardare semplicemente l'oggetto non si sarebbe notato. Non aveva, infatti, a
muoversi dentro di sé la bambolina degli altri.
Il Conte si avvicinò, abbassandosi
per scrutare il carillon. Non poteva essere quello, visto che sembrava rotto. 'Salvo
che non gli sia caduto di mano. Potrebbe farlo' pensò il giovane, osservando
attentamente l'oggetto. La
musichetta parve accelerare, come se l'oggetto non volesse farsi notare,
l'indifferente.
"Fratellone, sei
un'idiota" si lamentò il nobile, sedendosi in mezzo a tutti i carillon.
Era perduto in quella landa, ma sapeva che se avesse nominato di nuovo
'Fratellone' il demone sarebbe apparso. Senza carillon era inutile. Peccato si sbagliasse, era bastato
un fratellone solo per farlo apparire.
"Ti sei fatto
male?"domandò Sebastian uscendo dall'oscurità davanti al ragazzino.
"No, mi son fatto bene!"
si lamentò, seduto davanti al carillon che poco prima andava più lento. Sbuffò.
"Voglio la mia cioccolataaaaa".
Sebastian sorrise con aria triste
e gli si sedette accanto.
"Vedrai che anche il nuovo
demone la saprà fare". Lo rassicurò per poi guardarsi intorno.
"Quale pensi dovesse essere
il mio?"chiese abbracciando il minore.
"E' questo qua" si
lamentò Ciel, indicando il carillon davanti a sé.
"Solo che fa finta di
no!".
"Allora prendilo. Se è lui,
reagirà facendomi restare qui, altrimenti ti apparirà l'altro demone. In ogni
caso potrai ordinare cioccolate". Lo incoraggiò Michaelis.
"Prima controllerò una cosa,
in nome del bagno di cioccolata". Ciel si alzò deciso, andando a
controllare una alla volta tutte bamboline di ogni carillon. Tutte identiche,
niente di particolare. A quel punto rimaneva solo l'ultimo carillon, quello che
il Conte pensava essere di Sebastian. Controllò, con il cuore in gola. Al suo
interno c'era una figuretta maschile così piccola che i tratti erano quasi invisibili.
Pareva un bambino con una corona così grande che a malapena riusciva a tenerla
sul capo e sulle spalle un immenso mantello da sovrano. Era totalmente fatta di
cioccolato di vari tipi. Sebastian fischiettò guardandosi le immense unghie
nere.
Ciel non poté resistere. Il mondo
intorno smise completamente di esistere. Afferrò il carillon deciso a mangiare
la statuina. Il
carillon gli scomparve dalle mani e i due si ritrovarono sulla barca intenta a
tornare a casa. Con il demone con aria colpevole che fischiettava. In compenso,
su ogni rosa intorno al ragazzino c'erano statuette di cioccolata a forma di
gattini.
Il giovane Conte avrebbe voluto
dire tante cose, tra cui dare dell'idiota al demone per averlo messo in
quell'enorme casino. Peccato che, vedendo le statuine di cioccolato, il mondo
passò in secondo piano e Ciel iniziò a divorarle, sparendo tra le braccia del
suo fratellone.
Sebastian riportò Ciel a casa. Non sapeva per quanto tempo avrebbe potuto vivere in pace con il suo fratellino, il giorno in cui la vendetta si sarebbe compiuta o il momento in cui avrebbe dovuto divorarne l’anima. Sapeva solo che ci stava bene e per quella sera, sarebbe stata solo l’ora di festeggiare per lui e di fare un bagno nella cioccolata per Ciel.
Terzo posto: mps17 Il re di cioccolato
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Attinenza e uso del prompt: 15/15 (10/10 alla lyric, 5/5
all'oggetto)
Su questo punto non mi fermo più di tanto perchè hai utilizzato sia la lyric
sia l'oggetto in un buon modo, specie l'oggetto che, nel racconto, diventa
anche importante in quanto è l'unico modo che ha Ciel per far rimanere
Sebastian con lui.
Il ricollegare la lyric all'anima ormai dannata di Ciel e al fatto che rischia
una seconda volta di perdere tutto mi è sembrata un'idea tutto sommato carina.
Lessico e grammatica: 8/15 (5/10 alla grammatica e 3/5 al lessico)
Ecco, qua voglio fermarmi un attimo.
Dunque, il lessico è semplice, e va bene, voglio solo farti una precisazione:
il termine "trasbordavano" riferito alle ciambelle immerse nel
cioccolato è scorretto in quanto il significato di trasbordare è "far
passare da un mezzo di trasporto all'altro", il concetto in sè si capisce,
però avresti potuto scrivere in un altro modo.
Per quanto riguarda la grammatica ci sono vari errori (alcuni sono sviste,
altri no), ti riporto quelli più importanti:
"Si avviò verso l'armadio sbattendo gli ante e scegliendo i vestiti."
grammaticalmente parlando "gli ante" è scorretto poiché, essendo la
parola "ante" femminile, richiede un articolo femminile che in questo
caso è "le".
Ancora, "...per allacciarli ci s’impiegava le ore" qui è il verbo
"impiegare" che non concorda con "le ore" che, essendo
plurali, richiedono un verbo al plurale, quindi ci andrebbe
"impiegavano", poi anche la costruzione della frase non è molto
corretta perchè "ci si impiegavano le ore" stona e magari al posto di
quel "le" avresti potuto mettere l'articolo "delle".
Oppure "...ve n'era un carillon abbandonato" il verbo "ve
n'era" non va bene in questa frase, ci sarebbe andato "vi era".
Poche righe dopo c'è "gli toccava fare tutto lui." e anche qui la
frase mi stona un po' per com'è costruita, magari avresti potuto scrivere una
cosa del tipo "doveva fare tutto lui"
"Sebastian mise sue due occhi luccicanti con un sorriso invasato e rimase
sul mondo dei fratelli maggiori adoranti per un tempo indefinito. Tra un po'
gli spuntavano le ali nere e iniziava a svolazzare per la camera." Qui non
ci sono errori, ma credo che il modo in cui hai scritto sia molto più vicino alla
lingua parlata che a quella scritta.
Qui "... che si potesse fare male con un soffio di vento semplicemente che
poteva piegare con un nonnulla le dita così minute e affusolate..." la
frase è un po' sballata nella costruzione, potresti correggerla, per esempio,
con "...un arto che poteva farsi male semplicemente con un soffio di
vento, in grado di piegare quelle dita minute e affusolate con un
nonnulla..." o frasi simili.
C'è un periodo con alcune ripetizioni e un "centrava" che va scritto
staccato perchè è la forma abbreviata di "ci entrava".
Originalità: 8/10
In realtà qui non c'è molto da dire, in quanto la coppia Ciel-Sebastian è una
delle più scritte del fandom e ripresentata in tutti i modi possibili ed
immaginabili, però rimane comunque una storia carina e divertente da leggere.
Caratterizzazione personaggi (OOC): 8/10
Sebastian, certamente, non è il solito maggiordomo attento ed impeccabile del
cartone, è più distratto e, oserei dire, vivace, il che gli conferisce un
aspetto più simpatico, ma a volte sfocia un po' nel frivolo e risulta forse un
po' "sciocco".
Anche Ciel non è il bambino serio del cartone, ma presenta i classici tratti
infantili e un po' giocosi che hanno tutti i bambini della sua età, cosa che
nell'anime non c'è affatto, forse l'unica parte del carattere che è rimasta è
la sua testardaggine.
Giudizio personale: 8/10
La storia in sé mi è piaciuta e mi ha fatto sorridere in più punti.
I demoni che sono preoccupati dal ritono di Sebastian, il gatto che tenta di
ucciderlo, Meirin che gli salta addosso, Ciel fissato con la cioccolata...sono
state cose divertenti, così come, nel complesso, è stata divertente l'intera
storia.
Anche il fatto che la vendetta di Ciel non si estenda solo alla perdita della
famiglia ma anche alla perdita della sua amata cioccolata è stata una cosa
carina.
Hai avuto una buona idea e tanta fantasia, complimenti =)
Punteggio complessivo: 50,5/60