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Autore: HamletRedDiablo    31/07/2011    8 recensioni
Che genere di pettirosso sarebbe Ciel Phantomhive?
Uno sciocco che tenta di salvare chi sta morendo, oppure uno crudele, che assesta il colpo di grazia al moribondo?
Solo Alaist Chamber conosce la risposta.
[A Sae]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alaist Chamber, Ciel Phantomhive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pettirosso

 
   «Non mi pare un quadro degno di lode.»
   Il vino amaranto venne fatto ondeggiare quasi con indolenza all’interno del lussuoso calice che il Visconte reggeva tra le dita.
   «Non siate così severo, Lord Phantomhive» sorrise, osservando il volto perennemente corrucciato del piccolo nobile. «La fresca ingenuità di questo dipinto è quasi commovente, non trovate? Pare quasi di vedere il pettirosso attraverso gli occhi sorpresi di un bambino.»
   «Sembra piuttosto che sia stato realizzato da un bambino» commentò il Conte. «Le pennellate sono grossolane, assestate senza il minimo criterio riguardo la consistenza del colore: la tela è piena di grumi.»
   «Dicono che sia un effetto attentamente studiato dal pittore per dare l’impressione di un punto di vista spontaneo e trasparente, come un fanciullo» replicò garbato Alaist.
   «Oppure è un espediente di un artista incapace per mascherare le sue lacune.»
   Lord Chamber affogò un sorriso nel vino speziato, sorbendone una lunga sorsata. Non vi era modo di scalzare le convinzioni di Ciel Phantomhive, né di raschiare via quella crosta di cinismo che ricopriva tutta la sua persona.
   «Vi hanno mai raccontato la storia del pettirosso, Conte?»
   L’espressione che colorò le iridi blu del ragazzino si poteva dire torva macchiata di sospetto. La perfetta espressione per un cane da guardia.
   «Di che storia state parlando?»
   «Si narra che, quando il Salvatore fu crocifisso, un pettirosso che volava lì vicino vide la sua sofferenza» un breve sorso di vino occupò la pausa necessaria a risvegliare una vaga curiosità nel Conte. «All’epoca, quel delizioso uccellino aveva il petto candido come quello di una donna. Divenne rosso quando, cercando di togliere le spine dalla fronte del morente, le sue piume si impregnarono del sangue del Salvatore. La leggenda vuole che, per ricordare la sua generosità, il suo piumaggio sia rimasto rosso.»
   «Che storia insensata» il Conte accarezzò l’anello che stringeva il suo pollice come per un riflesso istintivo e proseguì: «Quell’uccellino avrebbe dovuto capire che il suo aiuto sarebbe stato vano. La sua non è stata gentilezza, ma stupidità.»
   «Forse avrebbe dovuto farsi aiutare da un suo simile più forzuto» soppesò il Visconte. «Magari un corvo…»
   Una contrazione impercettibile tese i lineamenti del Conte nel nominare quel volatile. Strano come il glaciale aristocratico, frequentatore dei più abietti criminali per conto della Regina, potesse provare ansia per un semplice uccello. Strano, ma divertente.
   «Se voi foste stato quel pettirosso, probabilmente la storia che oggi raccontano sarebbe molto diversa» rifletté ad alta voce, accostandosi con un passo fluido alla figura del bambino. «Probabilmente l’uccellino avrebbe strappato le spine dalla fronte del condannato per conficcargliele nel cuore.»
   «Vorreste dire che sono un assassino?» la replica del Conte fu gelida come lo sguardo che gli assestò.
   «Voglio dire, Conte, che un’azione non è malvagia o benigna a prescindere» il calice, finalmente svuotato, venne poggiato sul ripiano in marmo del comodino poco distante. «A volte, un comportamento apparentemente crudele rivela più empatia di uno amichevole. Nel nostro caso, il primo uccellino non ha fatto che prolungare la sofferenza dell’uomo, il secondo ha cercato di accorciarla» strinse il mento tra pollice ed indice, mentre un sogghigno raffinato gli illuminava gli occhi di zaffiro. «E’ una benevolenza perversa, ma efficace. Si potrebbe dire che il nostro caro pettirosso sia un pragmatista: non si spreca in atti gentili gratuiti, e i pochi che fa cerca di nasconderli dietro una facciata di indifferenza.»
   «Il vostro commento non è per nulla pertinente al quadro.»
   Alaist non si fece scoraggiare dalle parole severe del ragazzo; al contrario, si scusò con un sorriso disarmante:
   «Perdonatemi, Lord Phantomhive. Non riesco a trattenermi di fronte alla bellezza.»
   Il dubbio sollevò le fini sopracciglia del piccolo nell’osservare il quadro: proprio non capiva dove il Visconte vedesse tanto splendore.
   Se fosse stato appena più attento, avrebbe notato che l’attenzione dell’uomo era puntata su di lui, non sul dipinto. Non era l’armonia dei colori di una tela ad affascinarlo. Era un gioiello ben diverso ad incantarlo: pelle di perla, due sottili ed ordinate file di quarzi rosa per labbra, ed il capolavoro degli occhi, con l’iride di lapislazzulo ed un’affusolata schiera di ciglia tormalina a completare il tutto.
   Quella era decisamente l’opera d’arte che preferiva osservare.
   «Vi chiamerò per la prossima esposizione d’arte nella mia villa, Lord Phantomhive. Per rimediare alla carenza di oggi» propose il Visconte.
   «Se insistete» concesse con disinteresse Ciel, voltandosi per imboccare l’uscita.
   Il Visconte fu rapido ad afferrargli il polso, così rapido che il Conte si avvide della sua mossa solo quando sentì le labbra dell’uomo premute sul dorso della sua mano.
   «Sarà un onore averla di nuovo» mormorò Alaist sulla pelle levigata del giovane.
   Ciel ritrasse la mano con uno scatto innervosito, sentenziando:
   «Prendetevi di nuovo simili libertà, e non metterò mai più piede qui.»
   Il Visconte fissò deliziato la piccola schiena che si allontanava, portando una ciocca bionda davanti al viso per nascondere il sorriso compiaciuto: una spruzzata di rubini sulle guance era decisamente ciò che mancava nella perfetta composizione del Conte. Aveva scoperto in un frangente molto più intimo quanto il giovane fosse meraviglioso con quelle nuvole cremisi ad imporporargli le guance. Ma Lord Phantomhive non era certo il tipo di persona che amava dar scandalo, diversamente da lui: avrebbe negato fino alla morte ogni possibile coinvolgimento sentimentale con l’immorale Visconte, proprio come aveva fatto poco prima.
   L’uomo poggiò due dita sulle labbra vellutate per poi puntarle verso il Conte, simulando lo schiocco di un bacio con le labbra.
   «Al prossimo incontro, mio crudele pettirosso.»

  

Ho scritto un'AlaistCiel. OMG.

Dedicata a Sae, che con tanta gentilezza me l'ha richiesta fornendomi il prompt (l'immagine che vedete in cima)<3<3<3<3 I love you, my dear<3

Poco altro da dichiarare, penso di dover ancora realizzare del tutto di aver scritto una fic su questi due xD 

La storia del pettirosso esiste veramente, la raccontano dalle nostre parti ai bambini delle elementari.

Red<3

   
 
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