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Autore: Balestra    02/08/2011    1 recensioni
Death City, Nevada, 1947. Soul Eater Evans, uno dei migliori detective del Nord America diventa un poliziotto nella oscura città di Death City, sconvolta da un improvvisa ondata di crimini. Insieme al compagno BlackStar scoprirà che il sottobosco della malavita della città nasconde qualcosa... qualcosa che Soul non avrebbe mai voluto scoprire.
Genere: Azione, Comico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Black Star, Death the Kid, Soul Eater Evans
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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D.C. NOIRE

DEATH CITY NOIRE

 

Il sole illumina pigramente i palazzi di questa enorme città. Death City, il mio nuovo luogo di lavoro. Purtroppo, aggiungerei. Mi sistemo più comodamente sul sedile posteriore del taxi, guidato da uno strano tizio, un nanetto con un nasone abnorme. Non ha aperto bocca da quando sono salito e io ho fatto altrettanto: se tutti gli abitanti di questa città sono così, mi annoierò da matti. L'auto si ferma proprio davanti all'edifico che mi interessa. Porgo i soldi al tizio e, senza degnarlo di uno sguardo, scendo. Il taxi riparte sfrecciando, confondendosi nel traffico forsennato. Mi metto le mani in tasca, fissando la struttura davanti a me: La Shibusen, ovvero dove risiede la polizia di questa cittadina. Ad aspettarmi, proprio davanti alla porta, sta un uomo. I suoi capelli corvini sono attraversati da tre strane strisce bianche orizzontali. Appena mi scopre a fissarle mi guarda male con degli occhi color ambra. Mi si avvicina e mi porge la mano -Lei, credo, è Soul Eater Evans, la nuova recluta, eh?-

Annuisco -Sì, sono io. Lei, invece, deduco che sia il commissario Death the Kid, il figlio del sindaco della città.-

Non sembra affatto sorpreso... forse pensa che mi sia informato prima o che lo conosca di fama... -Sì, sono proprio io.- dice. Ghigno -Non capisco perché lei si sia abbassato a venirmi ad accogliere quando avrebbe potuto delegare il compito ad un subordinato.-

Il commissario sembra sorpreso, ora -Non le sfugge niente, eh? Ebbene, sappiamo che lei è un ottimo elemento, visto anche il suo passato da investigatore privato...-

Non mi sta per niente simpatico, questo... -Già, immagino che lei sappia già tutto di me, la mia storia, le mie origini eccetera.-

Death the Kid si limita a scrollare le spalle, facendomi cenno di seguirlo. Entriamo così nella Shibusen... poliziotti indaffarati fanno su e giù, intenti a gridare chissà cosa. Già, di questi tempi la città è stata colpita da un'ondata di criminalità senza pari... e, questo, è uno dei motivi che ha spinto la polizia ad offrirmi un posto: sono uno dei migliori detective del nord America, dopotutto.

Il commissario mi accompagna fino al suo ufficio -Bene, Evans.- inizia -Sei un nuovo arrivato, ma sai già come ci si muove. Se fosse per me ti metterei subito nella sezione “Casi Speciali” ma non voglio essere accusato di favoreggiamento... non con i tempi che corrono.-

-Già, ho saputo dei tempi corrono: omicidi e spaccio di anime solo solo una piccola parte di tutto il resto...- commento, bastardamente. Kid si torce le mani -Già... una brutta situazione.-

-Quindi, se non vuole fare favoreggiamenti dovrei iniziare con i giri di ronda, vero?-

Lui annuisce -Vedo che ha capito tutto.-

-Se non lo facessi, come sarei un detective?- mi alzo -Quando inizio?-

Il figlio del sindaco scuote la testa -Non c'è fretta, non c'è fretta... BlackStar!- chiama. Un secondo uomo entra, i capelli di una strana colorazione blu e un sorriso da schizzato sulla faccia. Davvero rassicurante. Si avvicina, gridando come un matto -Oilà, capo. E lui chi è? Non mi dica che è Soul Eater Evans, quel detective che ha risolto il caso dell'omicida delle prostitute?-

-Sì, sono io.- rispondo per la seconda volta da quando sono qua. BlackStar, come lo ha chiamato il commissario, mi porge la mano -Io sono BlackStar, per ora semplice poliziotto... ma non manca molto perché io diventi un Dio.-

Bene, sono nella polizia da appena qualche ora e già conosco uno squilibrato. Death the Kid mi dice che questo tizio mi aiuterà nei giri di ronda e in tutto quello che mi serve. -Inoltre, dividerete l'ufficio.- dice, indicando una stanzetta laterale. Ma che bello, in ufficio con questo... dannazione, il 1947 sarà un anno da segnare sul calendario.

-Inizierete stasera alle dieci il vostro giro di ronda... fino ad allora, siete liberi. Ma vi voglio puntuali.- esclama il mio nuovo capo -BlackStar, poi fagli vedere dove trovare la pistola e tutto quello che serve.-

Uuh, ma che bello -Con il vostro permesso, vado.-

-Allora alle nove inizia il turno, quindi mi raccomando vieni puntuale sennò Kid ti fa la ramanzina!- mi urla il pazzo. Ma vaffanculo... La colpa è mia che ho accettato di lavorare per la polizia di questo posto. Ma forse è un bene: Las Vegas può sembrare un paradiso, a prima vista, ma dopo un po' ti annoia. E poi, diciamocelo, non ne potevo più della mia famiglia. Scuoto la testa, dirigendomi verso l'appartamento che ho avuto la premura di comprare. Vicino al luogo di lavoro, almeno non arriverò in ritardo... forse. Giro pigramente all'angolo per dirigermi verso il vicolo in cui è situata la mia casa. Proprio mentre mi appresto ad inserire la chiave nella toppa, un urlo. Rumore di rissa. E che palle... sospiro. Immagino che debba intervenire... sono poco distanti da me, due ubriachi fradici anche se sono le cinque del pomeriggio. Si prendono a pugni. Uno, più alto, prende il suo avversario e lo sbatte al muro. Il malcapitato, un ragazzo di una ventina d'anni, manda un gemito di dolore. Mi avvicino con noncuranza, fino a raggiungere il tizio che tiene bloccato l'altro. Quello si gira a guardarmi -E tu che vuoi?- mi dice, sbraitando. L'alito puzza disgustosamente di alcool.

-Lascialo, è meglio.- gli dico. Quello non si degna nemmeno di rispondermi... mi tocca venire alle mani, allora. Gli mollo un pugno in pieno viso, spaccandogli il naso. Indietreggia, lasciando andare il ragazzo. Senza dargli il tempo di riprendersi gli do un calcio sullo stomaco e mi sposto alle sue spalle, afferrandogli un braccio e torcendoglielo dietro alla schiena.

-Bastardo...- impreca, ancora. Non gli basta? Gli afferro la testa e glie la sbatto contro il muro. L'uomo trema -Basta...- riesce ad articolare. Lo lascio andare. Rotola sul sudicio pavimento del vicolo. Scuoto la testa -Ringrazia che non sia in servizio.- gli dico, andando verso casa e lasciandolo li a terra. Un movimento mi avverte che si è rialzato... in mano ha un coltello. Ma proprio non vuole saperne di rimanere dov'è? Mi giro e fermo il suo braccio, grande come un prosciutto, a stento. La lama dell'arma scintilla sinistramente poco lontano dal mio viso. Con la mano libera riesco a colpirlo nuovamente sullo stomaco: è così stordito che non sa nemmeno cosa fa. Barcolla all'indietro e ne approfitto per strappargli il coltello di mano e rigettarlo a terra con l'ennesimo calcio. Stavolta non credo che avrà l'ardire di rialzarsi. Mi stiracchio, tornando al mio appartamento. Ribadisco la mia prima impressione: che città di merda.

 

  
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