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Autore: Rory Gilmore    11/08/2011    3 recensioni
Frank ha origini irlandesi, da parte di suo nonno. Da quando quest'ultimo è morto, ha trovato il suo piccolo nascondiglio dal mondo proprio nell'isola di smeraldo. Ma lì troverà anche qualcos'altro, oltre la serenità.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mettendo a posto la mia cameretta (oww, sì la chiamo ancora così <3) ho trovato questa schifezzuola. L'ho iniziata a leggere e mi sono ricordata che era una shot che avevo scritto più di due anni fa, ovviamente Frerard. Cioè, l'ho trovata, come dire...carina. Non vi aspettate niente di che, eh. Anche perchè avevo appena 17 anni e...vabbè non scrivevo una meraviglia. Non che adesso scriva perfettamente, ma sono migliorata dai é__è e vabbè, questo sproloquio potevo anche risparmiarmelo D: 
Vabbè, leggete, e poi fatemi sapere se vi è piaciuta. Non fatelo tanto per me, ma più che altro per la Vanessa che due anni fa si vergognava troppo per postarla, ed ora vuole sapere cosa ne pensate :3
Beh, ovviamente sono ben accette anche le critiche, tsk v.v 

 


                                                                   Il rifugio in Irlanda.

'Pizza margherita al tavolo 14!' 
Erano ormai due anni che Frank lavorava in quel vecchio ristorante a Dublino. 
Era stressante, duro e a volte anche noioso trascorrere le proprie giornate in quel posto, eppure ogni anno, ci tornava. 
Frank era di origini irlandesi, da parte di suo nonno. E quando quest'ultimo era morto, lui aveva deciso che ogni estate sarebbe andato in vacanza lì, nell'isola di smeraldo.
Fin da bambino e ancora da ragazzo, rimaneva incantato nell'affacciarsi alla finestra e osservare quelle vaste praterie che si estendevano davanti ai suoi occhi nocciola. 
Credeva che l'Irlanda fosse un paradiso. Il suo paradiso segreto. Un rifugio dove nascondersi ogni qualvolta il mondo diventava troppo opprimente.
E così, con la scusa del 'summer job', aveva convinto i suoi genitori a mandarlo ogni estate in quella terra isolata.
Sua madre gli ripeteva sempre di portare con lui a Dublino un amico, o comunque una ragazza. 
Ma era proprio quello il punto.
Frank era convinto che in quel posto non avrebbe mai portato nessuno. 
Voleva stare da solo. Senza avere a che fare con qualche altro essere umano. Solo con i suoi problemi.
Era da vigliacchi, tutto ciò, Frank lo sapeva bene. Eppure non riusciva a farne a meno di fuggire ogni estate e andarsene per tre mesi, lontano da tutti. 
Dopotutto secondo lui l'unica soluzione era scappare. Sempre e comunque. Dagli affari di cuore, ai problemi con la famiglia.
Era proprio per questo che non era mai riuscito a legarsi con nessuno. 
Aveva avuto qualche storia con delle ragazze e anche con alcuni maschietti, ma nessuno di essi era riuscito a rubargli il cuore. Non che fosse semplice, Frank era un duro, ma comunque lui sapeva, sentiva che in qualche parte del mondo c'era qualcuno che lo avrebbe incantato, non appena avesse posato i suoi in quelli dell'altro.
Suo nonno, la persona più cara che aveva, gli ripeteva sempre che approvava la sua idea di non portare chiunque nel suo rifugio segreto in Irlanda, perchè quando avrebbe trovato la persona giusta, semplicemente se ne sarebbe accorto e non ci avrebbe pensato un secondo a portarlo nel paradiso verdeggiante, che era Dublino. 


'Frank, vedi quel tavolo?'
Il ragazzetto si girò, seguendo il dito del capo con il quale stava indicando poco più in là. 
Annuì, distrattamente.
'Mmh, mmh. Beh?'
'L'uomo seduto a quel tavolo si sta lamentando. Dice che ha trovato un capello nella pizza. Io non ho tempo da perdere, visto che mi sembra che tu ti stia girando i pollici, vai a sentire che vuole.' 
Frank alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
Purtroppo nella sua carriera da cameriere non aveva trovato sempre persone gentili e dolci.
'Ma perchè mandi sempre me a fare il lavoro sporco?' 
'Frank! Ma se ti tratto sempre come un nipote..' 
'Zio, io sono tuo nipote.' 
'Beh, è lo stesso! Comunque sono sempre il tuo capo. E ti ordino di andare a quel tavolo.' 
'Okay, okay.' 
'Frank, mi raccomando: delicatezza!' 
Il giovane sorrise falsamente e gli fece una smorfia annoiata.


'Cioè, io vengo a mangiare in un posto che penso sia pulito e mi ritrovo queste orride sorpresine..' 
Frank sentì una voce continuare a borbottare insistentemente.
Raccolse tutta la sua calma e respirò profondamente. Niente discussioni. Era al lavoro e non poteva permettersi un'altra sfuriata da parte di suo zio.
'Signore, ci dispiace molto che abbia avuto uno spiacevole...' 
L'uomo, che era rimasto con lo sguardo rivolto nel suo piatto, si girò verso il cameriere che aveva iniziato a scusarsi.
Si guardarono dritti negli occhi e Frank morì in quello sguardo.
Aveva trovato il verde delle praterie irlandesi negli occhi di quell'uomo.
Era impossibile. Non aveva mai incontrato nessuno che avesse gli occhi dello stesso colore di quei boschi irlandesi.
Frank avrebbe voluto continuare a parlare, ma le parole girovagavano nel suo cervello, senza però avere intenzione di arrivare alla sua bocca. 
'Allora? Hai perso la lingua?' chiese sarcastico lo sconosciuto.
Poteva avere anche degli occhi unici. Uno sguardo assassino e un viso da angelo. Ma a quanto a educazione era davvero messo male.
'Io...senta, non può rispondermi così sgarbato solo perchè lei qui è il cliente.' 
Nessuno poteva trattare in quel modo Frank Iero. Tantomeno l'angelo di fronte a lui. 
L'uomo lo guardò con fare ironico, e non riuscendo a trattenersi, scoppiò in una fragorosa risata che sapeva tanto di presa per il culo.
Frank sentì le guance arrossarsi e la vena del collo pulsare.
Eppure, non riuscì a bloccare il pensiero che quell'uomo era dannatamente bello, soprattutto quando rideva.
Fu contento che anche questo pensiero morì nel suo cervello, prima di arrivare alla bocca. Molte volte aveva parlato a sproposito, senza riuscire a controllarsi. Stavolta non l'avrebbe fatto. 
'Perché...perché ora ride, scusi?'
'Perché tu mi fai ridere. Hai l'aria da uomo cazzuto. Gonfi il petto come i pavoni. Ma hai questo viso angioletto che stona con tutto il resto. Sei esilarante!' 
Ecco, Frank in quell'istante avrebbe tanto voluto massacrargli quel bel visino che si ritrovava. 
E l'avrebbe fatto se non fossero stati nel ristorante di suo zio, e se l'uomo in questione non fosse stato così meravigliosamente perfetto. 
Avrebbe fatto peccato solo a sfiorarlo. 
'Sinceramente non so se prenderlo come un complimento o un'offesa' -si lamentò, cercando di non fargli notare che era fottutamente agitato. Poi continuò a parlare. - comunque, cosa le porto, in sostituzione alla pizza?' 
L'uomo lo osservò dall'alto al basso, sempre con un sorrisetto stampato in viso.
Frank si accorse che non doveva essere irlandese.
La pelle era bianca, sì, ma faceva contrasto con i suoi capelli corvini. Ed era quasi impossibile trovare un irlandese con dei capelli così neri. 
'Lascia stare, mangerò questa pizza in cui ho trovato il capello.' 
'Signore, no..'
'Chiamami Gerard'
Il cuore gli saltò un battito. Pensò di morire. 
Si chiamava Gerard. Come aveva fatto a non pensarci? Cioè, Gerard era il nome perfetto per...lui. 
Gerard era un nome elegante, raro, bellissimo. Proprio come lui.
'Ookay, Gerard. Comunque, il mio capo è pignolo. Non vuole che i clienti se ne vadano da qui insoddisfatti, quindi...ordina qualcos'altro, ti prego.' 
Cercò di spiegare Frank.
In realtà voleva che ordinasse qualcos'altro solo perchè sarebbe voluto tornare da lui, per rivederlo. 
'E tu allora digli che non fa niente, perchè mi sta simpatico il cameriere.' 
Gerard gli fece l'occhiolino.
E allora Frank credette davvero che la morte non era mai stata vicina come in quel momento.
Sperò che Gerard non si accorgesse della sua espressione da puro idiota.
'Va bene, allora ti porto solo da bere.'
Si allontanò dal tavolo maledetto.
Ci aveva ripensato, non sarebbe più voluto tornare vicino a quell'uomo.


'Ma quanto ci hai messo? Ha fatto tante storie?'
'No zio, anzi. E' stato stranamente gentile... Ma comunque, chiedi a Ray di portargli da bere. Io servo altri tavoli.'
'Non ho, visto che è stato gentile, finisci di servire lui.' 
Frank maledì mentalmente suo zio. Con tutto se stesso.
Prese la coca dal frigo e andò velocemente al tavolo di Gerard. Quasi inciampò sulle sue stesse gambe. 
Prima gliel'avrebbe portata e prima se ne sarebbe andato.
'Ecco la tua coca-cola' 
Frank l'appoggiò sul tavolo, stando bene attento a non entrare in contatto con qualsiasi parte del corpo del moro.
Quest'ultimo seguì tutti i movimenti del giovane cameriere e Frank si sentì ancora più in imbarazzo. Ed imbranato.
'Grazie Frank'
'Uh, prego' 
Tornò al bancone, e iniziò a leggere le ordinazioni degli altri tavoli.
Mentre era intetto a prendere un piatto con patatine e hamburger, quasi gli cadde tutto, quando gli tornò in mente l'ultima frase che Gerard gli aveva detto.
Come cazzo faceva a sapere il suo nome quell'uomo?


Non era tanto il fatto che Gerard sapesse il suo nome, a preoccuparlo.
Il problema era un altro.
Non faceva altro che andare a sbattere a destra e sinistra, per osservarlo mentre mangiava, o fumava, o beveva. 
E quando non lo fissava come un maniaco sessuale, pensava al suo viso, ai suoi occhi ed era anche peggio.
Sentì improvvisamente uno sguardo insistente su di sè e si girò a guardare, sperando ardentemente che fosse lui.
Come nel più bello dei sogni, il desiderio di Frank si era esaudito. Gerard lo stava guardando.
Notò, però, che si era alzato ed era andato a pagare alla cassa.
Un ultimo sorriso, un altro sguardo e Gerard era fuori dal ristorante. E si era portato con sè anche i suoi meravigliosi occhi color Irlanda e il suo viso da angelo.
Frank si sarebbe voluto uccidere o semplicemente massacrare di botte da solo. 
Stavolta non avrebbe dovuto comportarsi in quel modo.
Quell'uomo era diverso. Era l'Irlanda. Era il suo paradiso.
E lui come sempre era scappato. E come sempre gli era riuscito più che egregiamente.


'Frank, conoscevi quell'uomo che si è lamentato?'
'No, Ray, perché'?
Ray ci pensò un attimo, prima di rispondere, poi gli porse un tovagliolo.
'Uhm. Guarda qui, ti ha lasciato qualcosa.'
Frank prese in mano ciò che l'amico gli stava porgendo e notò che c'era scritto proprio il suo nome.
Beh, quanti Frank potevano esserci in quel ristorante? Avanti, sicuramente non era per lui.
Comunque, la curiosità lo portò ad aprire lo stesso quel tavogliolo.
Una calligrafia ordinata, curvilinea, rotonda, gli riempì la visuale. Iniziò a leggere.
'So che la prima domanda a cui dovrei risponderti è: come conosco il tuo nome? Beh, non ci crederai Frank ma sono ormai due estati che ti osservo attentamente da fuori il ristorante, nella via secondaria. E ci ho messo due anni per finire il tuo ritratto, che ho appoggiato sotto il tavolino. - Frank si chinò e vide che c'era davvero un foglio, con sopra disegnato il suo viso. Rimase affascinato dalla perfezione di quel ritratto. Doveva averl odavvero osservato per due anni. - Solo oggi ho avuto il coraggio di parlarti e ho trovato quella stupida scusa del capello nella pizza per farlo. Frank, sei l'unico motivo per cui vengo ogni estate, da due anni, qui a Dublino. Arrivavo sempre con la speranza di farmi notare da te. Invece tu non guardavi nessuno. Niente sembrava riuscire a prendere la tua attenzione. E allora ho deciso di dare una spinta al destino, ed eccomi qui. Che ti apro il mio cuore. Sembrerò pazzo, lo so. Ma se anche una piccola parte del tuo cervello pensa che non è del tutto una pazzia questa, allora esci da quel ristorante e raggiungimi. Ti aspetterò per cinque minuti dietro l'angolo. Se non lo farai mi metterò il cuore in pace, ma tornerò in America con la consapevolezza di averci almeno provato. G.'
Frank era estasiato. Dalle parole, dal disegno, da quello che sembrava un bellissimo sogno, ma che invece era la realtà.
Come diavolo aveva fatto a non notare un essere tanto perfetto dopo due anni in cui era sempre stato un passo dietro di lui?
Si riscosse dai suoi pensieri. Non poteva stare per sempre a disperarsi e a sospirare come una donnetta. Doveva agire. E questa sembrava proprio l'occasione giusta.
Basta fuggire.
Si tolse il grembiule di fretta e fece per aprire la porta del ristorante, ma suo zio notò il suo intento.
'Frank? Dove stai andando?' 
'A prendermi ciò che ho aspettato da una vita.'


Non ricordava fosse così lunga la strada dal ristorante all'angolo. Sperò comunque che non fosse troppo tardi. 
Non sapeva nulla di Gerard, se non l'avesse trovato lì, come avrebbe potuto rintracciarlo? 
Finalmente girò l'angolo e inciampò su qualcosa, o meglio qualcuno che però lo tenne stretto a sè per non farlo cadere a terra.
Si ritrovò immediatamente a specchiarsi negli occhi sorridenti e felici di Gerard.
'Pensavo non arrivassi più.' 
Frank sorrise. Di un sorriso sincero. Non ricordava nemmeno quando aveva sorriso in quel modo l'ultima volta.
'Potrei dire la stessa cosa di te, Gerard'
Si avvicinarono, lentamente, avevano paura che fosse troppo presto. Ma in cuor loro sapevano bene che non era troppo presto per fare quel passo.
Si baciarono. E si riconobbero. 
Quelle labbra erano nate per amarsi, così come i loro padroni.
Frank non potè fare a meno di pensare che quella persona speciale di cui parlava il nonno, non ci sarebbe stato bisogno di portarla nel suo rifugio segreto in Irlanda, perchè l'aveva trovata esattamente lì. 


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Siete arrivati alla fine? Davvero? D:
Tante bombe alla crema per voi <3
Vav.
   
   
 
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