Yume si mise a sedere sul letto. Si
alzò completamente. Si girò
per rifare il letto. Si bloccò.
Sul letto c’era un uovo.
Lo prese, incuriosita. Bianco, con
una croce nera in pizzo sopra. A
Yume non risultava di averlo già visto.
Sarà
di Hime…
Hime,
la sorella, era famosa per entrare di
nascosto nella sua camera, ficcando il naso dappertutto e lasciando
evidenti
indizi. Strano
che non mi abbia dato fastidio mentre dormivo…
Poggiò l’uovo
accanto alla cartella e andò a cambiarsi.
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L’accademia saint flower
era, secondo il preside, “uno splendido prato
fiorito di giovani in divisa alla marinaretta e gakuran”.
Gli studenti avevano espanso la
frase. “uno splendido prato
fiorito di giovani in divisa alla marinaretta e gakuran, in cui
è spuntato un
giglio del candore più assoluto”.
Yume Hanazono era il giglio. I suoi
lunghi capelli come l’ala di
un corvo, gli occhi blu-verdi come le profondità marine, la
pelle candida e
morbida come il petalo di una rosa, gli ottimi voti, la tenera
imbranataggine a
ginnastica, la rendevano oggetto di adorazione per compagni e
professori.
All’entrata, ogni singola
mattina, riceveva l’onore di essere
accolta da una ventina di studenti e studentesse appartenenti al suo
fan club,
in fila oltre il cancello.
Quella
mattina non faceva eccezione.
«BUONGIORNO,
YUME-SAMA!» urlarono tutti insieme
con un inchino profondo appena Yume varcò la soglia.
«Oh,
ancora? Vi avevo chiesto di evitare questa cerimonia… mi
mette in imbarazzo…»
disse la ragazza, arrossendo delicatamente e chinando la testa.
Quell’angelica visione
colpì al cuore tutti i presenti, maschi e
femmine, che urlarono in sincrono «LE SAREMO SEMPRE FEDELI,
HANAZONO-SAMA!».
Yume arrossì ancora di
più, borbottò un «uh…
devo… devo andare…» e
si allontanò a passo spedito.
Nella mente dei fan si diffuse un
unico pensiero. Oh…
che
carina…
Nella
mente di Yume comparve lo stesso pensiero di tutte le mattine. Idioti.
Yume
Hanazono era un fiore velenoso.
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Yume aprì
la cartella. All’ora successiva le toccava un test di
matematica.
E, per
superarlo e mantenere la sua media dell’85,88%, doveva
sommergere di preghiere
ed invocazioni la matita comprata al museo della matematica
più grande del
Giappone.
Ma, appena
guardò dentro la cartella, rimase paralizzata.
L’uovo.
L’uovo di
quella mattina.
Poggiato
tranquillamente sull’astuccio.
La mente
di Yume rimase paralizzata. Non poteva essere DENTRO. Ricordava
chiaramente di
aver poggiato l’uovo ACCANTO alla cartella. Non lo avrebbe
mai portato a
scuola.
La porta
che si apriva e il saluto dell’insegnante la riportarono alla
realtà. Doveva
sbrigarsi, o non sarebbe riuscita a sommergere abbastanza
d’invocazioni la
matita. Aprì l’astuccio e si sentì
morire.
Alcune
matite erano spezzate a metà. Compresa quella del museo.
La mente
di Yume si svuotò. Poi si riempì
d’insulti.
QUEL
▓▓▓▓▓
DI UOVO! COL ▓▓▓▓▓ CHE LO RIDÒ A HIME! LO
GETTO SOTTO A
UN’AUTO!
Ma gli
insulti, ora, erano inutili. Niente avrebbe potuto ridarle la sua amata
matita.
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«Il test è
semplice. Siete tutti in grado di prendere ottimi voti....».
Yume fissò
il foglio, pieno di simboli sconosciuti. Sospirò. Su, su. Con un
po’ di ragionamento,
dovrei riuscire a raggiungere risultati decenti.
Fissò la
prima domanda. Sembrava facile. Dunque… La risposta è A.
Avvicinò
la penna al foglio. Che rottura di bip… Non ho voglia di
pensare…
Allora
non farlo! Fregatene e rispondi a caso!
Strillò
una vocetta nella testa di Yume.
La mano della ragazza
cominciò a
muoversi senza alcun controllo da parte della padrona.
In poco tempo il foglio delle
risposte
era pieno.
Yume aveva il colorito di un
fantasma.
Due domande le rimbalzavano confusamente nel cervello.
Uno: che diamine era successo? E,
soprattutto, due: come diavolo faceva a correggere il compito?
«Hanazono-san? Ti senti
bene?» La voce
dell’insegnante la riportò alla realtà.
«Ho avuto un capogiro,
signorina. Temo
di avere un po’ di febbre.»
«Oh, poverina. Vuoi
tornare a casa?»
No. Se fosse tornata a casa ora,
sarebbe
stato evidente che aveva messo le risposte a caso.
«Preferirei aspettare almeno
la fine dell’ora, signorina. Vorrei tentare di raggiungere un
punteggio
sufficiente, in questo compito.» Yume inclinò la
testa e sorrise.
L’insegnante
capitolò.
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«Sono tornata.»
borbottò Yume, pur
sapendo che in casa non c’era nessuno. Salì in
camera e si tolse la divisa. Con
solo la canottiera e i bloomers, s’inginocchiò di
fianco al letto.
Aveva decisamente bisogno di
scaricare
lo stress. Le incongruenze e la voce che le sembrava di aver sentito
erano
certamente causate dallo stress.
Infilò la mano sotto il
materasso.
I mezzi più rapidi,
piacevoli ed
efficaci per eliminare lo stress erano i suoi adorati videogiochi e
manga
rating +18, amorevolmente conservati in perfetto ordine fra le doghe e
il
materasso.
Mmm… quale scelgo?
«Che c’è
la sotto?»
«I miei
vid…» cominciò Yume, ma si
congelò a metà parola. Si voltò
lentamente.
Un esserino di forma umana levitava
a tre
centimetri dal suo naso.
Yume urlò e svenne.
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Yume rinvenne. La stanza era
silenziosa. Era solo un sogno… grazie al
cielo….
«Ah,
finalmente ti sei svegliata!»
L’esserino ricomparve nel
campo visivo
di Yume.
«AAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH»
L’esserino
s’imbippò.
«Tu,
stupida umana… come osi urlare in faccia due volte a
Ore-sama?!»
«UN
FANTASMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!»
«Ore-sama
non è un fantasma! È uno shugo chara!»
«UnfantasmaUnfantasmaUnfantasma…»
L’esserino
le diede una testata.
Yume smise
di parlare e fissò l’esserino. Sembrava una
bambina, con i capelli blu-verdi e
gli occhi neri. Indossava un abitino nero gothic lolita.
«Io
sono Sui!»
«Signor
fantasma di nome Sui, la prego, qualunque cosa le abbia fatto quando
era in vita,
la prego, mi perdoni….»
«Ho
già detto che non sono un fantasma! Ore-sama è
uno
shugo chara! Il tuo shugo chara!»
«signor
fan…»
Lo shugo
chara le tirò un orecchio e ci urlò dentro «Non
Sono Un
Fantasma! Sono Uno Shugo Chara! Uno Spirito Guardiano! Il
Tuo!»
«uno… shugo
chara?» Yume aveva ripreso la calma e l’aria
adorabile. «Non sono sicura di
sapere cosa sia…»
Lo shugo
chara alzò orgogliosamente la testa e incrociò le
braccia. «Te
lo
spiegherò in parole talmente semplici che anche tu, col tuo
basso quoziente
intellettivo, lo capirai! Lo shugo chara è uno spirito
guardiano, nato dal
desiderio di cambiare di un moccioso o di un adolescente! Tu, col tuo
debole
carattere, hai desiderato essere migliore ed eccomi qui ad
aiutarti!»
Yume fissò
lo shugo chara scioccata. Quell’esserino aveva frainteso.
Parecchio.
E lei non
aveva intenzione di correggerla.
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«Ehi,
Yume! Ce la filiamo? Dai… mi sto
annoiando…»
Yume la
ignorò. È
una mosca. Solo un piccolo, inutile, fastidioso insetto.
L’esserino
continuò a fare casino mentre andava a prendere il compito
di matematica. Si
aspettava un brusco abbassamento di media. Afferrò il
foglio. Lo girò.
Per poco
non svenne.
100 punti
su 100. Non era mai riuscita a ottenerlo con la matita.
«Uffa…
un cento non è interessante.»
Yume lo
trovava più che interessante, quindi ringraziò
ogni dio esistente.
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«Yumeeee…
ho fameeee….» mormorò sui,
appoggiandosi
alla spalla di Yume. «dammi
qualcosa da mangiare… ti prego….»
Yume sospirò e fece
finta di lasciar
cadere un pezzetto di frittata. Lo shugo chara si avventò su
di esso. La
ragazza riprese a mangiare. Non aveva intenzione di rovinarsi la
reputazione a
causa di quel coso.
Fuori dall’aula
cominciò un brusio eccitato,
in lontananza.
Yume smise di mangiare
immediatamente.
«Uh?
Yume?»
Yume si alzò di scatto.
Se non si sbrigava,
rischiava di rimanere bloccata in classe. Chiuse il bento in fretta e
furia e
lo infilò nella borsa, che afferrò prima di
uscire dall’aula.
O meglio, di tentare di uscire
dall’aula.
Troppo
tardi.
Una folla di studentesse si era
già
radunata, intasando il corridoio. Sarebbe arrivata in ritardo in
laboratorio.
«KYAH!
HOTOGI-SENPAI!» strillarono
tutte, non appena il ragazzo comparve.
Sosuke Hotogi era il segretario del
consiglio studentesco. Il più intelligente del secondo anno,
il più bravo negli
sport.
Le ragazze lo adoravano, trovandolo
persino affascinante nella sua abbronzatura media e i suoi capelli neri
e
corti.
Per Yume, era insignificante.
Totalmente
insignificante.
I suoi buoni voti erano frutto di
studio, la bravura negli sport di allenamento costante. Non era
particolarmente
dotato in nessun campo. L’abbronzatura era frutto di sole e
lampade, il taglio
di capelli gli stava malissimo.
Un tizio nella media che pretendeva
di
essere qualcuno.
Il tizio avanzava lentamente.
Troppo
lentamente
SBRIGATI, C☺☺☺☺☺☺E! NON POSSO STAR QUI AD ASPETTARE
TE!
La voce interiore di Yume era molto chiara.
Il tizio continuava ad avanzare
leeeeeeeeeeentameeeeeente.
Quando fu abbastanza vicino, la
ragazza vide qualcosa di strano.
Sulla spalla dell’essere
insignificante levitava un esserino. Che
salutava tutti e si metteva in mostra.
Yume sbiancò. Che cavolo
stava succedendo?
Fine primo capitolo – Il giglio carnivoro e l’uovo.
Prima long fic!
questo capitolo l'ho scritto durante le lezioni di storia e filosofia tre mesi fa. Ci ho messo più tempo a ricopiarlo al pc.
Micchan: forse perchè ti fermi ogni tre secondi a giocare?
Me: Forse. Come mai sei qua?
Micchan: Mi hai fatto comparire per circa tre secondi e molestare da una persona del mio stesso sesso (capitolo 5, alla sua prima apparizione NdTen). Mi rifiuto di avere questa onta nel mio curriculum
Me: non erano molestie, Misamisa.
*Micchan chiama le guardie del corpo armate fino ai denti*
Me: non mi puoi uccidere, Mittan.
Micchan: chi lo dice?
Me: Sono io che scrivo la storia. se m'ammazzi, tu non vivi. Ho il coltello dalla parte del manico.
Micchan: maledetta....
Me: ☺