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Autore: Il_Genio_del_Male    22/08/2011    12 recensioni
Di maghi pasticcioni, filtri d'amore, oscuri intrighi e risultati inaspettati. Tutta colpa (?) di un drago slasher...
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Merlino, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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- Questa storia fa parte della serie 'Once upon a time...' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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DEDICA: Sempre a Cloud, che mi ha tartassata perché terminassi al più presto il primo capitolo, e a feyilin, la mia sis del cuore. E’ tutto per voi, mie omonime <3.

NOTE: Capitolo un po’ meno scoppiettante del precedente (niente Arthur che canta, sorry!), ma molto più consistente. Se vi dovesse risultare prolisso o troppo tedioso, fatemelo sapere. Le critiche, purché costruttive, sono sempre ben accette.  

Un bacio con schiocco a chi ha recensito il prologo e a chi ha messo questa storia tra le Seguite, le Ricordate e le Preferite.  

Buona lettura, ci risentiamo a fine pagina!

 

 

 

 

 

Merlin non poteva saperlo, in quanto non aveva mai avuto modo di studiare il greco, ma qualche secolo prima della sua venuta al mondo un uomo di nome Polibio, storico di una certa levatura dedicatosi allo studio delle cause che si celano dietro agli avvenimenti passati e presenti, ne aveva distinte di tre tipi: aitìai (ovvero le cause profonde), profàseis (i pretesti) e archài (le prime iniziative e azioni di cose già decise).

Forse, se Merlin avesse cercato di analizzare la situazione in cui si trovava applicando il metodo polibiano, sarebbe giunto alla conclusione che, poiché alla seconda tipologia di causa corrispondeva la propria goffaggine e alla terza la geniale pensata di Kilgharrah, rimaneva sconosciuta la prima, e più temibile, aitìa.

Il buon Emrys, infatti, era totalmente ignaro delle perfide macchinazioni di Morgause, nemica giurata di Uther. L’ossigenata strega, stanca di girarsi i pollici ventiquattr’ore su ventiquattro, in combutta con la sorellastra Morgana cercava ormai da tempo di impadronirsi di Camelot, tuttavia i precedenti tentativi erano falliti a causa di “quell’insolente, sparuto maghetto dalle orecchie enormi”. Questa volta, però, Morgause aveva ordito un piano a suo dire geniale e senza falle. Cenred (sì, proprio lui: il coglio- ehm, furbacchione che le obbediva come un cagnolino) si sarebbe recato alla corte di Pendragon senior con il pretesto di stringere, dopo anni di rivalità e ripicche più o meno gravi, un’alleanza tra i loro regni ma con il reale intento di scatenare, spalleggiato dalle sorelle Materassi, una sanguinosa guerra per mettere le mani sull’ambita terra camelottiana. Eliminati Uther e quell’impiastro di suo figlio Arthur, Morgause avrebbe fatto incoronare Cenred e Morgana re e regina, riservando per se stessa il ruolo di governo ombra, consigliandoli e manovrandoli a suo piacimento quando necessario.

Grande sorpresa e perplessità generò l’arrivo a Camelot di un messaggero per conto di Cenred; sorpresa e perplessità che aumentarono (sfociando rispettivamente in speranza e scetticismo) quando la voce secondo cui l’altro re chiedeva di stipulare una pace raggiunse le orecchie di tutti gli abitanti di Camelot, nobili o popolani che fossero.

Uther si mostrò da subito favorevole all’idea di un abboccamento pacifico -tanto più che una tregua al giorno toglie il medico di torno- e così invitò il collega a raggiungerlo nel suo bel castello (marcondirondirondello) per discutere più dettagliatamente della cosa. Morgause, che aveva fatto affidamento sul desiderio di pace e tranquillità del vecchiaccio, quando il messaggero le riferì la risposta si esibì in una delle sue risate tanto malefiche che più malefiche non si poteva.

Tutto stava andando secondo i suoi piani.

 

 

C’è da dire che, sebbene non tutti fossero propriamente convinti della trasparenza delle intenzioni di Cenred, a Cameolt non si badò a spese per accogliere l’illustre ospite che in fondo, per quanto scarmigliato e un poco rozzo, era pur sempre di sangue reale.
Le strade vennero ripulite da residui di sterco, fieno, bucce d’ortaggi e carcasse di animali, i tetti delle abitazioni più malmesse ricoperti con nuove assi di legno e foderati di paglia fresca, le insegne delle osterie e delle botteghe ridipinte. I mercanti di stoffe, il barbiere ed il sarto fecero affari d’oro, poiché -grazie alla distribuzione di una moneta d’argento ad ogni singolo abitante, per gentile concessione di un decreto reale- i camelottiani, tenendoci a fare bella figura con l’alleato straniero, approfittarono della gioiosa occasione per rinnovare il look e farsi dare una puntatina a barbe, baffi e chiome selvagge.

Purtroppo per Merlin, quest’euforia si tradusse in un sacco di lavoro in più. Tutta la servitù di corte fu colta dal bisogno impellente di lucidare e addobbare il castello (marcondirondirondello) affinché fosse splendido splendente. Motivo per cui anch’egli  -valletto del principe, d’accordo, ma pur sempre un servitore- venne coinvolto nelle pulizie generali. Quelli che seguirono furono giorni pienissimi e sfibranti per il nostro eroe, diviso tra un arazzo da passare col battipanni, un’armatura da lustrare e la solita, entusiasmante routine che lo vedeva al servizio di Arthur Pendragon, alias il più grande Asino Reale di Britannia.

Tuttavia, a voler essere obiettivo, Merlin doveva ammettere che sarebbe potuto capitargli un signore molto, ma molto peggiore. L’erede al trono, per quanto si divertisse un po’ troppo a tiranneggiarlo e a sfogare su di lui la propria irritazione quando aveva le sue cose (il mago ne era certo, Arthur soffriva di misteriosi cicli mestruali psicologici con relative sindrome premestruale e ritenzione idrica), era un cavaliere di tutto rispetto, onesto e coraggioso, magnanimo con i propri avversari e, tutto sommato, di buon cuore. Sarebbe stato un grande re, giusto e vicino al suo popolo… E poi era un gran bel pezzo di figliolo, il che certamente non guastava. Se solo non fosse stato così irrimediabilmente somaro e viziato!

Durante la settimana che precedette l’arrivo di Cenred, una volta constatato che il servitore non poteva più accorrere ad ogni suo schioccare la dita perché troppo impegnato con stracci e ramazza, l’erede al trono lo prese come un affronto personale e mise il broncio. Se così facendo pensava che Merlin non avrebbe dormito la notte, assalito dai rimorsi, si sbagliava di grosso. L’altro se ne accorse, e si limitò a ridere sotto i baffi: Arthur era un principino sul pisello, proprio come aveva sospettato. Eppure non lo avrebbe scambiato con nessun altro nobile, semplicemente perché era lui.

Venne infine il giorno dell’arrivo di Cenred a Camelot. Lo accompagnavano il suo luogotenente, che altri non era che Morgause sotto mentite spoglie, alcuni decrepiti consiglieri e un cospicuo numero di soldati. Uther però non si mostrò turbato dalla loro presenza, visto che la prudenza di quei tempi non era mai troppa. Le strade erano ricettacolo di predoni, sicari e oscuri ceffi spesso dotati di poteri magici, sicché poteva comprendere benissimo il presunto timore dell’altro di venire assalito durante il viaggio.

I due re si scambiarono violente pacche sulle spalle e strette di mano simili a tenaglie, poiché se veri uomini si vuole apparire un pochetto si deve soffrire, mentre il seguito dell’ospite venne fatto accomodare negli alloggi appositi. Dopo di che la corte si riunì nella sala dei banchetti, dove la servitù attendeva i commensali per servire il pasto di mezzodì. 

Una volta che ebbero tutti saziato il loro appetito vorace, neanche fossero stati orsi marsicani a digiuno da mesi, Uther comunicò a Cenred che gli era stato assegnato come servitore per tutta la durata della sua permanenza nientepopodimeno che il “prezioso valletto di mio figlio”. A quell’annuncio Merlin impallidì per la sorpresa, rischiando di far cadere la brocca di vino che teneva in mano; Cenred si mostrò compiaciuto, il suo luogotenente digrignò i denti... e Arthur, beh, lui si imbronciò ancora di più.

Non appena i convitati si furono alzati da tavola, Emrys ignorò il principe, che lo fissava a metà tra il cucciolo orfano di madre e il bambino cui è stato appena sottratto il suo balocco preferito, e trotterellò dietro a Cenred. Benché non fosse particolarmente entusiasta dell’idea di fargli da sguattero, la sua improvvisa richiesta di pace l’aveva insospettito non poco. Avrebbe approfittato dell’occasione per tenerlo d’occhio.

 

 

 

 

Allora, soddisfatte di questo capitolo? Ho anche aggiornato in anticipo, non mi sembra vero.

Non vedo l’ora di sentire il vostro parere!

 

 

 

   
 
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