Sotto il vischio

Frankenstein represse a stento un sospiro, nel vedere in quali condizioni si trovava la casa che, nel suo cuore, era seconda solo al suo Master.
Aveva sperato che con l'approssimarsi dell'inverno le visite degli studenti sarebbero cessate, o quantomeno si sarebbero fatte meno frequenti, invece quei quattro ragazzini si erano testardamente decisi a invadergli casa ogni pomeriggio, con una naturalezza che aveva dell'inquietante.
Il suo sguardo sconsolato si posò sul tavolo ingombro di cartacce e confezioni vuote di cibo, sulle decorazioni di dubbio gusto che Shinwoo e Ik-Han avevano insistito ad appendere sui muri un tempo candidi del salotto e sui festoni colorati che le due studentesse avevano confezionato personalmente; in mezzo a tutta quella confusione, il suo padrone era rimasto impassibile a sorbirsi il suo tè, con uno sguardo di blando interesse che non aveva intaccato in minima parte il suo contegno.
E, adesso che finalmente i quattro ospiti se n'erano andati, non senza la promessa di tornare il giorno successivo, solo la muta approvazione del Noblesse gli aveva impedito di fare piazza pulita entro due secondi di tutta quella paccottiglia.
Una mano si posò sulla sua spalla, inaspettata ma leggera come un soffio di vento, interrompendo i suoi tristi pensieri.
- Master? – disse, incrociando il suo volto giovane a pochi centimetri dal proprio.
C'era un'espressione strana sui suoi lineamenti, lo stesso sguardo concentrato con cui si era impegnato le prime volte ad aprire la porta e con cui ancora adesso approcciava senza esito la macchinetta del caffè. Per un attimo si chiese se avesse dimenticato qualcuna delle sue mansioni, o se non avesse messo abbastanza zucchero nella sua bevanda preferita, ma i suoi dubbi furono di breve durata: con sorpresa crescente lo vide avvicinarsi ancora, fino a sfiorargli le labbra con le sue, in un contatto fuggevole che tuttavia era impossibile da fraintendere.
- Ma... Master? – mormorò incredulo, non appena il Noblesse si staccò da lui, gli occhi cremisi fissi nei suoi con quella solita espressione imperturbabile.
Senza dire una parola, Rai si esibì in un aggraziato cenno delle dita, indicando il vischio che troneggiava imponente sopra di loro.
- Quei bambini mi hanno detto che è una consuetudine di questi tempi. – disse poi, nel vedere che l'espressione dello scienziato era rimasta una maschera interrogativa.
Frankenstein cercò di ricomporsi, rivolgendogli il solito sorriso affabile e pacifico che solitamente nascondeva i suoi desideri omicidi.
- Davvero?
Il Noblesse annuì.
- Sotto il vischio si deve baciare la persona che più si è guadagnata il nostro affetto.
- So... sono onorato, Master. – commentò lui, incapace di dire altro, mentre pensava al modo migliore per trasformare Shinwoo e i suoi amici nelle sue nuove cavie senza farsi scoprire dal suo padrone.
Con un'espressione soddisfatta, Rai tornò a sedersi sul divano.
- Frankenstein. – lo chiamò, dopo qualche minuto di silenzio.
- Master? – chiese lui, preoccupato per aver percepito una nota turbata nella sua voce, la stessa antica tristezza che gli offuscava il volto.
- Quei bambini hanno detto che ci manca qualcosa di prezioso.
- Cosa? – chiese, in apparenza impassibile malgrado stesse già inorridendo nel domandarsi di quale mancanza potesse essersi macchiato nei confronti del Noblesse.
- È maestoso e pieno di palline colorate. Lo chiamano 'albero di Natale'.
La sorpresa e il sollievo lo colpirono con uguale intensità, ma non offuscarono il sorriso indulgente con cui guardava l'unica persona che per lui contasse davvero qualcosa, nel mondo.
Sorrise.
- Domani provvederò a comprarne uno.