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Autore: redKaori    05/09/2011    3 recensioni
Ciao a tutti!Mi sono appena iscritta e questa è la prima ff che pubblico,siate buoni!:) Dopo il processo a Jane per l'omicidio di Red John,Lisbon riflette sul loro rapporto e sul futuro e decide di fare un passo importante.Ma ci sarà un futuro per loro due? Ispirato da una bellissima canzone dei Radiohead,"True love waits".Enjoy!:)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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true love waits

 

Disclaimer : non possiedo The Mentalist né i suoi personaggi, sono di Bruno Heller. Altrimenti, cosa non avrei fatto succedere…u.u

 

 

L’ho aiutato. L’ho aiutato a difendersi e l’ho fatto anche prima che uccidesse Red John. Ho piegato le mie amate regole per lui, per aiutarlo nella sua impresa. All’inizio era comodo per me lavorarci insieme. Chiudevamo molti casi. Lui è, beh, inutile negarlo-molto intelligente e ricettivo. E’ come un’antenna: capta anche la più bassa frequenza, la amplifica e la ritrasmette. Ho sempre saputo che, per non aver problemi con lui, avrei dovuto tenerlo lontano, a distanza. Per un po’ ce l’ho fatta. Poi…mi sono lasciata coinvolgere: era tanto gentile e divertente! Mi sono accorta, però, che ciò che dava agli altri, a me, era solo una maschera, una piccola parte del suo essere. Prima di accormene, comunque, ho avuto il tempo necessario a considerarlo come un essere umano; per almeno tre anni l’ho considerato un amico, e molto stretto, anche.Dopo, è arrivato il processo. Ho mentito per lui. Ho mentito quando avevo giurato sulla Bibbia che avrei detto la verità. Più tardi, quel giorno, il giorno della grande bugia, una volta arrivata a casa…un treno mi ha colpita mentre toglievo il tappo al mio whiskey preferito.                                                

Io lo amavo. Lo amavo e testimoniare il falso solo per scagionarlo era solo l’ultima delle innumerevoli volte nelle quali ho preferito la sua salvezza, la sua incolumità, la sua libertà alla mia. Ho superato il limite per lui, una linea che, inutile dirlo, era stata da sempre, dal nostro primo incontro, disegnata nella sabbia; quella linea era stata oltrepassata molto prima e solo quel giorno mi resi conto di averlo già fatto. Un punto di non ritorno. Mi assalì il panico più totale: tutti gli eventi degli ultimi anni mi scorrevano davanti agli occhi, come un triste film anni ’30; ogni emozione provata al suo fianco aveva un senso più profondo di quello evocato dalla frase “he closes cases” che ripetevo continuamente nella mia testa, come un mantra. Ogni volta che riuscivo a vedere attraverso la sua maschera mi sentivo strana, come se il suo dolore riguardasse anche me. Ed era quest’apparente empatia che mi portava ad avvicinarmi sempre più a lui, a tenerlo stretto al team per evitargli paranoie più gravi di quelle che già lo affliggevano. Ma mi sono sempre sbagliata e solo quella sera lo capii: il dolore che sentivo non era empatico… era un dolore tutto mio.

Vederlo in quell’aula del tribunale, vederlo mentre, tenendo stretta stretta la fede in attesa del verdetto finale e vederlo baciare la stessa fede alla parola “innocente” è stato davvero troppo. Ho sentito il mio cuore spezzarsi, per la seconda volta dopo la morte di mia madre. Quando è morto papà io…ero insensibile a qualsiasi cosa, avevo già eretto quei muri che mi avrebbero tenuta al sicuro per altri vent’anni. Questi muri erano crollati per lui…per un uomo che non ha mai fatto cadere i suoi per me.

E adesso, siamo di nuovo tutti nel bullpen degli HQ. Stiamo festeggiando, ci sono tutti i membri del mio ex-team. Mi mancheranno tantissimo. Io sono stata trasferita ad un’altra unità, a LA. Dio solo sa quanto odio quella città! Spero che questa non sia l’ultima volta in cui ci vediamo, tutti insieme, ma so che per un po’ non ci sentiremo. Giusto il tempo necessario per adattarci alla nostra nuova vita, separati. E dopo la mia epifania un po’ tardiva, penso che…sì, che forse…sia meglio così.

Si è fatto tardi e sono andati tutti via. Siamo rimasti solo noi, il team delle meraviglie e qualche addetto alla pulizia. Il mio ex-team…Kimball, Wayne, Grace…Patrick. Oh, I’m so sad.

Jane sta mostrando loro un trucco stupido e io mi allontano un attimo.

“Torno subito ragazzi!”sorrido. Falsa, Teresa!

Esco dal bullpen senza farmi notare. Non ho proprio voglia di rimanere e poi salutarli tutti fra baci e abbracci, Grace sicuramente inizierà a piangere e non riesco a sopportare la gente che piange. Voglio dire, mi sento sempre molto in imbarazzo quando succede, non so mai cosa dire o cosa fare…non sono certo la migliore delle amiche! Oh, don’t lie. You just don’t want them-him to see you cry. You just don’t want him to understand. You’re such a coward!

Vado un attimo in bagno, mi guardo allo specchio: è questa la persona che sono diventata? Davvero? Una quarantenne che scappa dagli addii e che ha passato le ultime ore di questa giornata evitando lo sguardo di colui che ha scoperto di amare da-diciamo sempre? Non mi sono mai arresa tanto da auto commiserarmi, ma tant’è…stasera è speciale. Sto già guardando con la coda dell’occhio la mia immagine riflessa e uscendo dal bagno quando noto qualcosa che luccica, risaltando sullo sfondo della mia giacca nera. È un capello di Jane. Ho cercato di evitarlo tutta la serata, ma qualche simpaticone aveva cominciato a improvvisarsi dj dai pc degli uffici e il risultato è stato un’oretta di balli appassionati, ovviamente con la partecipazione del biondone. Che senso ha poi, musica negli uffici del CBI. Non riesco ancora a vederne l’utilità. Per me è stata una serata abbastanza triste e i miei sorrisi tirati e il mio evidente disagio avrebbero dovuto confermarlo e invece no, il caro Jane non si era arreso e approfittando di un microsecondo in cui avevo la guardia abbassata, mi aveva trascinato a ballare. Un lento…di nuovo.

Ho il suo capello biondo tra il pollice e l’indice. Non penso a niente. Mi basta un suo capello per liberare la mente, togliere qualche peso dalle mie spalle. Per un attimo non mi sento sola, né triste e nemmeno seccata: per un attimo sorrido. E sorrido ancora e faccio una mezza piroetta su me stessa, piantando di nuovo i miei occhi allo specchio. È questo che sono ora? Ballo in bagno? It’s a special night, Teresa. You deserve to dance in front of a mirror, sometime…be light as he is!

Ho passato almeno dieci minuti in bagno ed esco di soppiatto, per non far notare agli altri che me ne sto andando senza nemmeno salutarli. Ho il cappotto e la borsa nel mio ufficio, ci entro per l’ultima volta. L’ho svuotato delle mie cose stamattina e ora è come lo trovai nel mio primo giorno di lavoro. Mi ricordo di Sam, il mio vecchio Sam e cerco di non commuovermi troppo, anche se ogni volta che sento il suo nome nella mia testa o in qualche conversazione, torno in quella stanza d’ospedale, torno a dirgli i love you too con la voce spezzata, torno a tenergli la mano mentre già non respira più. Con Jane al mio fianco. Lui c’è sempre, nei miei ultimi ricordi, così come il team, il mio primo team. Sono stata brava, continuo a ripetermi, una brava poliziotta, ma la verità è che una brava poliziotta avrebbe arrestato quella ragazzina che uccise il padre. Una brava poliziotta non avrebbe tirato un pugno a un sospettato pur di salvare il culo a un suo collega…una brava poliziotta non avrebbe mai e poi mai mentito sul banco dei testimoni, sempre per salvare il suddetto culo. La verità è che ho bisogno di ricominciare da zero e questa volta non dovrò cadere in alcun tipo di tranello emozionale o la mia coscienza non avrà davvero pace. What do you think, Sam? Where did I go wrong?

Esco dall’ufficio, tutte le luci sono spente tranne quelle nel bullpen. Li guardo mentre, attorno a Jane, Wayne addenta l’ultimo pezzo di pizza, Grace ride e giochicchia con i capelli-ma perché continua a farlo? È così irritante!-e Kimball si concede un sorriso, sorseggiando una Coca Cola. Mi sento così nostalgica, con il ritornello del lento ballato con Jane in testa, e la chitarra che, penso, si adatta perfettamente al mio stato d’animo. E quelle parole che mi ronzano in mente, che non riesco a scacciare dalla mia testa

And true love waits in haunted attics

And true love lives on lollipops and crisps

Just don’t leave, don’t leave

Li fisso ancora un momento, poi mi avvio. Mi tremano le mani, mi attraversano così tante emozioni adesso…ho paura di non vederli mai più davvero, sono felice per aver ballato con Jane, sono triste, ho il cuore spezzato. Devo uscire al più presto.

“Lisbon!”Cazzo, no. Jane, non adesso. Non capisci che vado via così, di nascosto, solo per non soffrire di più? Ma che importa, ormai mi ha visto. E va bene, che mi legga nel pensiero. Non ho più niente da nascondere.

“Ehi…!”

“Stai…stai andando via?”siamo avvolti nella penombra del corridoio, ma vedo lo stesso i suoi occhi scintillare nel buio. E so che anche lui vede i miei.

“Già…non sono una grande fun di abbracci e …cose così!”continuiamo a guardarci.

“Certo, è così tipico di Lisbon!”sorride. Ma il sorriso non raggiunge lo sguardo. Come sempre. Io, invece, voglio gettare la maschera. Mi merito uno sguardo diverso, da parte sua. Mi merito uno sguardo vero, vivo.

“Ascolta, Jane…adesso che questa storia del processo è finita…beh, volevo dirti che, quando e se avrai bisogno di aiuto, di parlare, di scherzare…risponderò sempre a una tua chiamata.”

“Grazie…grazie, Lisbon. Significa molto per me, sai.”

“Ah,be…bene!”

“Sai, pensavo…adesso potrei davvero fare dei cambiamenti nella mia vita…”ci siamo. Tutto o niente.

“Cambiamenti? E di che tipo?”

“Non so…sai…cambiamenti!”evasivo.

“Qualcosa tipo…un nuovo taglio di capelli, un nuovo completo…”si tocca i capelli con la mano sinistra. Qualcosa luccica ancora al suo dito, ma me ne accorgo troppo tardi e parlo senza pensare… ”una donna?”

Lo vedo mentre, colto di sorpresa, apre e chiude la bocca, senza emettere alcun suono. I suoi occhi ora non sono più su di me. Guarda in basso. Guarda la sua mano. Guarda quel luccichio dorato sull’anulare sinistro.

“Eh…magari…perché no?”

Sapevo che sarebbe finita così, ma, come non si impara mai nella vita, viverlo è molto diverso dal saperlo o dall’immaginarlo. Non lo guardo più. Non ne ho più bisogno. Ho avuto coraggio e non è andata bene. Ma è così che va, no? Ha girato la testa e guarda nel bullpen…mi godo questo silenzio e alzo le spalle, sospirando. Gli do le spalle, gli sfioro una mano. I love you. Vado verso l’ascensore.

Faccio pochi passi, cercando di non sprofondare così presto nel mio amore, che da fiore stupendo sbocciato in quasi dieci anni si sta velocemente trasformando in una pianta carnivora pronta a sbranarmi…devo superarlo. Devo farcela. Chiamo l’ascensore e faccio profondi respiri.

“Lisbon…!”Non mi giro. Non vedrai il perfetto ritratto di un cuore spezzato, Jane, non oggi, non così.

“Teresa, io…grazie di tutto. Davvero.”da quel poco che ricordo di mia madre, due parole, due sole parole, sono quelle che porto sempre con me. Brave. Ironic. Quindi, istintivamente, così come pochi minuti fa ho azzardato l’abbordaggio del ‘Brigantino Broken Inside’ (cioè Jane), alzo il braccio sinistro e mostro l’indice e il medio. Pace. Vittoria.

Non sento alcun passo, quindi penso che Jane sarà ancora lì ad osservarmi. Nell’entrare in ascensore, mi volto verso il corridoio. Lui c’è ancora. Mi guarda e…sorride. Un sorriso che non gli ho mai visto prima d’ora. Poi, si passa una mano sulle guance. Sono assalita da un vortice caldo, poso la valigetta a terra e incrocio le braccia. Non schiaccio ancora il pulsante che mi porterà al parcheggio, perché ho bisogno ancora di qualche secondo con lui. Vedo la sua sagoma nel buio che muove le braccia, portandosi le mani al viso, Debolmente, le sue spalle vanno su e giù. Non mi sono mai sentita così vicina a lui e sono pronta a scommettere che anche lui sente lo stesso. Sapeva, forse anche prima di me, che lo amavo e sapendo di non potermi ancora ricambiare, non ha fatto niente. Ma mi è stato sempre accanto. Mi ha fatto ridere, con lui vicino ho superato-per quanto sia possibile farlo- la morte di Sam, io ho mentito per salvarlo ma anche lui ha fatto lo stesso con me, ogni giorno. Mi ha evitato umiliazione e problemi al lavoro, facendo finta di non sapere che lo amassi. Mi ha dato problemi sul lavoro di altro tipo, ma non ha mai compromesso la mia vita personale. Solo ora mi rendo conto che questi ultimi anni con lui sono stati come un sistema in equilibrio: ciò che io gli davo, lui me lo restituiva, anche se in forma diversa e in molti casi quasi impercettibilmente. Il suo è amore, penso, sì, lui mi ama, ma non come un’amante. Mi ama come persona, perché per lui io sono il suo faro, la sua migliore amica. Mi rendo conto che non ho motivo di essere triste. Lui non mi abbandonerà mai, così come mai io lo lascerei da solo. Questo è un finto addio. Domani mattina mi chiamerà solo per sapere come sto e tediarmi un po’. Ora…ci stiamo solo lasciando andare un po’. Per due persone come noi non è facile farlo alla luce. Nell’ombra, ci leggiamo meglio.

E io lo amo ancora, ma non ho più paura di farlo notare, perché lui adesso sta piangendo di fronte a me. Di gioia. Perché lo vedo sorridere, come mai prima d’ora. Perché ha capito che, anche se lo amo, non smetterò mai di essergli amica, di supportarlo.

Is this true love,Sam? I feel so wretched yet so happy…

 

  
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