Disclaimer : non
possiedo The Mentalist né i suoi personaggi, sono di Bruno Heller. Altrimenti, cosa
non avrei fatto succedere…u.u
L’ho aiutato. L’ho aiutato a
difendersi e l’ho fatto anche prima che uccidesse Red John. Ho piegato le mie
amate regole per lui, per aiutarlo nella sua impresa. All’inizio era comodo per
me lavorarci insieme. Chiudevamo molti casi. Lui è, beh, inutile negarlo-molto
intelligente e ricettivo. E’ come un’antenna: capta anche la più bassa
frequenza, la amplifica e la ritrasmette. Ho sempre saputo che, per non aver
problemi con lui, avrei dovuto tenerlo lontano, a distanza. Per un po’ ce l’ho
fatta. Poi…mi sono lasciata coinvolgere: era tanto gentile e divertente! Mi
sono accorta, però, che ciò che dava agli altri, a me, era solo una maschera,
una piccola parte del suo essere. Prima di accormene, comunque, ho avuto il
tempo necessario a considerarlo come un essere umano; per almeno tre anni l’ho
considerato un amico, e molto stretto, anche.Dopo, è arrivato il processo. Ho
mentito per lui. Ho mentito quando avevo giurato sulla Bibbia che avrei detto
la verità. Più tardi, quel giorno, il giorno della grande bugia, una volta
arrivata a casa…un treno mi ha colpita mentre toglievo il tappo al mio whiskey
preferito.
Io lo amavo. Lo
amavo e testimoniare il falso solo per scagionarlo era solo l’ultima delle
innumerevoli volte nelle quali ho preferito la sua salvezza, la sua incolumità,
la sua libertà alla mia. Ho superato il limite per lui, una linea che, inutile
dirlo, era stata da sempre, dal nostro primo incontro, disegnata nella sabbia;
quella linea era stata oltrepassata molto prima e solo quel giorno mi resi conto
di averlo già fatto. Un punto di non ritorno. Mi assalì il panico più totale:
tutti gli eventi degli ultimi anni mi scorrevano davanti agli occhi, come un
triste film anni ’30; ogni emozione provata al suo fianco aveva un senso più
profondo di quello evocato dalla frase “he closes cases” che ripetevo
continuamente nella mia testa, come un mantra. Ogni volta che riuscivo a vedere
attraverso la sua maschera mi sentivo strana, come se il suo dolore riguardasse
anche me. Ed era quest’apparente empatia che mi portava ad avvicinarmi sempre
più a lui, a tenerlo stretto al team per evitargli paranoie più gravi di quelle
che già lo affliggevano. Ma mi sono sempre sbagliata e solo quella sera lo
capii: il dolore che sentivo non era empatico… era un dolore tutto mio.
Vederlo in quell’aula del
tribunale, vederlo mentre, tenendo stretta stretta la fede in attesa del
verdetto finale e vederlo baciare la stessa fede alla parola “innocente” è
stato davvero troppo. Ho sentito il mio cuore spezzarsi, per la seconda volta
dopo la morte di mia madre. Quando è morto papà io…ero insensibile a qualsiasi
cosa, avevo già eretto quei muri che mi avrebbero tenuta al sicuro per altri
vent’anni. Questi muri erano crollati per lui…per un uomo che non ha mai fatto
cadere i suoi per me.
E adesso, siamo di nuovo tutti
nel bullpen degli HQ. Stiamo festeggiando, ci sono tutti i membri del mio
ex-team. Mi mancheranno tantissimo. Io sono stata trasferita ad un’altra unità,
a LA. Dio solo sa quanto odio quella città! Spero che questa non sia l’ultima
volta in cui ci vediamo, tutti insieme, ma so che per un po’ non ci sentiremo.
Giusto il tempo necessario per adattarci alla nostra nuova vita, separati. E dopo
la mia epifania un po’ tardiva, penso che…sì, che forse…sia meglio così.
Si è fatto tardi e sono andati
tutti via. Siamo rimasti solo noi, il team delle meraviglie e qualche addetto
alla pulizia. Il mio ex-team…Kimball, Wayne, Grace…Patrick. Oh, I’m so sad.
Jane sta mostrando loro un
trucco stupido e io mi allontano un attimo.
“Torno subito ragazzi!”sorrido.
Falsa, Teresa!
Esco dal bullpen senza farmi
notare. Non ho proprio voglia di rimanere e poi salutarli tutti fra baci e
abbracci, Grace sicuramente inizierà a piangere e non riesco a sopportare la
gente che piange. Voglio dire, mi sento sempre molto in imbarazzo quando
succede, non so mai cosa dire o cosa fare…non sono certo la migliore delle
amiche! Oh,
don’t lie. You just don’t want them-him to see you cry. You just don’t want him
to understand. You’re such a coward!
Vado un attimo in bagno, mi
guardo allo specchio: è questa la persona che sono diventata? Davvero? Una
quarantenne che scappa dagli addii e che ha passato le ultime ore di questa
giornata evitando lo sguardo di colui che ha scoperto di amare da-diciamo
sempre? Non mi sono mai arresa tanto da auto commiserarmi, ma tant’è…stasera è
speciale. Sto già guardando con la coda dell’occhio la mia immagine riflessa e
uscendo dal bagno quando noto qualcosa che luccica,
risaltando sullo sfondo della mia giacca nera. È un capello di Jane. Ho cercato
di evitarlo tutta la serata, ma qualche simpaticone aveva cominciato a
improvvisarsi dj dai pc degli uffici e il risultato è stato un’oretta di balli
appassionati, ovviamente con la partecipazione del biondone. Che senso ha poi,
musica negli uffici del CBI. Non riesco ancora a vederne l’utilità. Per me è
stata una serata abbastanza triste e i miei sorrisi tirati e il mio evidente
disagio avrebbero dovuto confermarlo e invece no, il caro Jane non si era
arreso e approfittando di un microsecondo in cui avevo la guardia abbassata, mi
aveva trascinato a ballare. Un lento…di nuovo.
Ho il suo capello biondo tra il
pollice e l’indice. Non penso a niente. Mi basta un suo capello per liberare la
mente, togliere qualche peso dalle mie spalle. Per un attimo non mi sento sola,
né triste e nemmeno seccata: per un attimo sorrido. E sorrido ancora e faccio
una mezza piroetta su me stessa, piantando di nuovo i miei occhi allo specchio.
È questo che sono ora? Ballo in bagno? It’s
a special night, Teresa. You
deserve to dance in front of a mirror, sometime…be light as he is!
Ho passato almeno dieci minuti
in bagno ed esco di soppiatto, per non far notare agli altri che me ne sto
andando senza nemmeno salutarli. Ho il cappotto e la borsa nel mio ufficio, ci
entro per l’ultima volta. L’ho svuotato delle mie cose stamattina e ora è come
lo trovai nel mio primo giorno di lavoro. Mi ricordo di Sam, il mio vecchio Sam
e cerco di non commuovermi troppo, anche se ogni volta che sento il suo nome
nella mia testa o in qualche conversazione, torno in quella stanza d’ospedale,
torno a dirgli i love you too con la
voce spezzata, torno a tenergli la mano mentre già non respira più. Con Jane al
mio fianco. Lui c’è sempre, nei miei ultimi ricordi, così come il team, il mio
primo team. Sono stata brava, continuo a ripetermi, una brava poliziotta, ma la
verità è che una brava poliziotta avrebbe arrestato quella ragazzina che uccise
il padre. Una brava poliziotta non avrebbe tirato un pugno a un sospettato pur
di salvare il culo a un suo collega…una brava poliziotta non avrebbe mai e poi
mai mentito sul banco dei testimoni, sempre per salvare il suddetto culo. La
verità è che ho bisogno di ricominciare da zero e questa volta non dovrò cadere
in alcun tipo di tranello emozionale o la mia coscienza non avrà davvero pace. What do you think, Sam?
Where did I go wrong?
Esco dall’ufficio, tutte le luci
sono spente tranne quelle nel bullpen. Li guardo mentre, attorno a Jane, Wayne
addenta l’ultimo pezzo di pizza, Grace ride e giochicchia con i capelli-ma
perché continua a farlo? È così irritante!-e Kimball si concede un sorriso,
sorseggiando una Coca Cola. Mi sento così nostalgica, con il ritornello del
lento ballato con Jane in testa, e la chitarra che, penso, si adatta
perfettamente al mio stato d’animo. E quelle parole che mi ronzano in mente,
che non riesco a scacciare dalla mia testa…
And
true love waits in haunted attics
And
true love lives on lollipops and crisps
Just don’t leave, don’t leave
Li fisso ancora un momento, poi
mi avvio. Mi tremano le mani, mi attraversano così tante emozioni adesso…ho
paura di non vederli mai più davvero, sono felice per aver ballato con Jane,
sono triste, ho il cuore spezzato. Devo uscire al più presto.
“Lisbon!”Cazzo, no. Jane, non
adesso. Non capisci che vado via così, di nascosto, solo per non soffrire di
più? Ma che importa, ormai mi ha visto. E va bene, che mi legga nel pensiero.
Non ho più niente da nascondere.
“Ehi…!”
“Stai…stai andando via?”siamo
avvolti nella penombra del corridoio, ma vedo lo stesso i suoi occhi
scintillare nel buio. E so che anche lui vede i miei.
“Già…non sono una grande fun di
abbracci e …cose così!”continuiamo a guardarci.
“Certo, è così tipico di
Lisbon!”sorride. Ma il sorriso non raggiunge lo sguardo. Come sempre. Io,
invece, voglio gettare la maschera. Mi merito uno sguardo diverso, da parte
sua. Mi merito uno sguardo vero, vivo.
“Ascolta, Jane…adesso che questa
storia del processo è finita…beh, volevo dirti che, quando e se avrai bisogno
di aiuto, di parlare, di scherzare…risponderò sempre a una tua chiamata.”
“Grazie…grazie, Lisbon.
Significa molto per me, sai.”
“Ah,be…bene!”
“Sai, pensavo…adesso potrei
davvero fare dei cambiamenti nella mia vita…”ci siamo. Tutto o niente.
“Cambiamenti? E di che tipo?”
“Non so…sai…cambiamenti!”evasivo.
“Qualcosa tipo…un nuovo taglio
di capelli, un nuovo completo…”si tocca i capelli con la mano sinistra.
Qualcosa luccica ancora al suo dito, ma me ne accorgo troppo tardi e parlo
senza pensare… ”una donna?”
Lo vedo mentre, colto di
sorpresa, apre e chiude la bocca, senza emettere alcun suono. I suoi occhi ora
non sono più su di me. Guarda in basso. Guarda la sua mano. Guarda quel
luccichio dorato sull’anulare sinistro.
“Eh…magari…perché no?”
Sapevo che sarebbe finita così,
ma, come non si impara mai nella vita, viverlo è molto diverso dal saperlo o
dall’immaginarlo. Non lo guardo più. Non ne ho più bisogno. Ho avuto coraggio e
non è andata bene. Ma è così che va, no? Ha girato la testa e guarda nel
bullpen…mi godo questo silenzio e alzo le spalle, sospirando. Gli do le spalle,
gli sfioro una mano. I love you. Vado
verso l’ascensore.
Faccio pochi passi, cercando di
non sprofondare così presto nel mio amore, che da fiore stupendo sbocciato in
quasi dieci anni si sta velocemente trasformando in una pianta carnivora pronta
a sbranarmi…devo superarlo. Devo farcela. Chiamo l’ascensore e faccio profondi
respiri.
“Lisbon…!”Non mi giro. Non
vedrai il perfetto ritratto di un cuore spezzato, Jane, non oggi, non così.
“Teresa, io…grazie di tutto.
Davvero.”da quel poco che ricordo di mia madre, due parole, due sole parole,
sono quelle che porto sempre con me. Brave.
Ironic. Quindi, istintivamente, così come pochi minuti fa ho azzardato
l’abbordaggio del ‘Brigantino Broken Inside’ (cioè Jane), alzo il braccio
sinistro e mostro l’indice e il medio. Pace. Vittoria.
Non sento alcun passo, quindi
penso che Jane sarà ancora lì ad osservarmi. Nell’entrare in ascensore, mi
volto verso il corridoio. Lui c’è ancora. Mi guarda e…sorride. Un sorriso che
non gli ho mai visto prima d’ora. Poi, si passa una mano sulle guance. Sono
assalita da un vortice caldo, poso la valigetta a terra e incrocio le braccia.
Non schiaccio ancora il pulsante che mi porterà al parcheggio, perché ho
bisogno ancora di qualche secondo con lui. Vedo la sua sagoma nel buio che
muove le braccia, portandosi le mani al viso, Debolmente, le sue spalle vanno
su e giù. Non mi sono mai sentita così vicina a lui e sono pronta a scommettere
che anche lui sente lo stesso. Sapeva, forse anche prima di me, che lo amavo e
sapendo di non potermi ancora ricambiare, non ha fatto niente. Ma mi è stato
sempre accanto. Mi ha fatto ridere, con lui vicino ho superato-per quanto sia
possibile farlo- la morte di Sam, io ho mentito per salvarlo ma anche lui ha
fatto lo stesso con me, ogni giorno. Mi ha evitato umiliazione e problemi al
lavoro, facendo finta di non sapere che lo amassi. Mi ha dato problemi sul
lavoro di altro tipo, ma non ha mai compromesso la mia vita personale. Solo ora
mi rendo conto che questi ultimi anni con lui sono stati come un sistema in
equilibrio: ciò che io gli davo, lui me lo restituiva, anche se in forma
diversa e in molti casi quasi impercettibilmente. Il suo è amore, penso, sì,
lui mi ama, ma non come un’amante. Mi ama come persona, perché per lui io sono
il suo faro, la sua migliore amica. Mi rendo conto che non ho motivo di essere
triste. Lui non mi abbandonerà mai, così come mai io lo lascerei da solo.
Questo è un finto addio. Domani mattina mi chiamerà solo per sapere come sto e
tediarmi un po’. Ora…ci stiamo solo lasciando andare un po’. Per due persone
come noi non è facile farlo alla luce. Nell’ombra, ci leggiamo meglio.
E io lo amo ancora, ma non ho
più paura di farlo notare, perché lui adesso sta piangendo di fronte a me. Di
gioia. Perché lo vedo sorridere, come mai prima d’ora. Perché ha capito che,
anche se lo amo, non smetterò mai di essergli amica, di supportarlo.
Is
this true love,Sam? I feel so wretched yet so happy…