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Autore: Ireth_Mezzelfa    06/09/2011    2 recensioni
"Alla fine ho mollato tutto; tutto il resto intendo: ho mollato la scuola, ho mollato la casa, gli amici e il mio paese. Ho seguito lui e per forza di cose, quando ho scelto lui, ho scelto anche la band." Anche quando sei alla deriva, sballottato dalle tue stesse scelte, anche in quel momento, puoi aprire gli occhi e scegliere di decidere ancora tu. Una storia di musica e di domande, una ragazza che si trova immersa fino al collo in una vita che non le appartiene, tra strumenti musicali, notte folli e un amore confuso. Ma in fondo non era tutto ciò che aveva sempre desiderato?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II

 

Avviso: In questo e nei prossimi capitoli ci sarà forse qualche parola in greco. Ho cercato di mettere in fondo alla pagina la lettura e il significato dei termini. Non conosco perfettamente il greco quindi, se qualcuno nota qualche imperfezione, dica pure (:
 

 

          "Vedo solo te, voglio solo te, amo solo te."

 







Click! Bzzz…
“Non posso dormire con lui. Amico, scusa ma quel pigiamino è imbarazzante!”
L’espressione di Makis era impagabile, mezzo schifato, mezzo incredulo: guardava Dionisis e la sua camicia da notte. Sì, ho detto camicia da notte.
“Hum, che problema c’è? Mi respira il pendolo. ”
Click! Bzzz…
Scattai un’altra foto con la Polaroid mentre Mak assumeva un’espressione realmente orripilata. Eravamo arrivati nell’appartamento che i proprietari del locale in cui avremmo suonato la sera successiva ci avevano assegnato per la notte.
Eravamo in tour: i Jump-in non erano di certo una band famosa, in Grecia erano piuttosto conosciuti in bar e locali, specialmente ad Atene e nelle isole in cui erano stati durante quell’estate.
Avevano deciso di dedicare quei tre mesi alla promozione della band e, dopo essere stati in qualsiasi posto ci offrisse vitto, alloggio e qualche soldo in cambio di una serata di musica e un po’ di pubblicità, si era deciso di passare alla Spagna e, infine, Londra. In Spagna era stato memorabile, là non era difficile trovare lavoro e le serate, bè, erano pazzesche ed infinite: gli spagnoli erano gente che sa come far festa e l’alchimia tra quella gente mediterranea era stata immediata;  era stato lì che avevo scattato le foto migliori.

Ero stata infatti incaricata, fin dall’inizio, di immortalare ogni istante di vita della band, specialmente i concerti, anche perché se no l’avrei fatto comunque per conto mio, data la mia passione per il click.
Era da un po’ che avevo il pallino per fotografia e, da quando mi era stata regalata dal padre di Alexandros la vecchia polaroid, scattavo istantanee su istantanee tanto da aver dovuto comprare parecchi raccoglitori per non restarne sommersa. Il mio zaino era più occupato da obiettivi e attrezzatura che da vestiti, ma io non potevo chiedere di meglio. Risparmiavo solo per accessoriare la mia Canon, a cui avevo persino dato un nome: Kalokairi*, ‘estate’ in greco. 
Ma a Londra, non c’era esattamente una luce ideale per le fotografie, eravamo lì da tre giorni e, continuando a girare senza successo, non avevo avuto nemmeno il tempo di mettermi tranquilla per qualche scatto: l’accoglienza non era stata delle migliori da parte dei locali londinesi. Finchè finalmente una telefonata era andata a buon fine, ed eccoci lì; in un appartamento squallido e piuttosto buio, situato su tre piani stretti stretti, un solo bagno e stanze soffocanti…un cinque stelle, per i nostri standard!

Me ne stavo sdraiata sul piano inferiore del letto a castello dondolando la testa giù dal materasso, mentre sorridevo seguendo, attraverso il mirino, il battibecco sull’oscena camicia da notte a fantasia di palme e fiori tropicali di Dionisis.
Lui, il nostro bassista, se ne infischiava. Come di tutto il resto, se ne infischiava delle apparenze, era sopra le righe con i capelli tagliati corti senza un senso, ad eccezione di un lungo ciuffo mosso che gli ricadeva su una spalla, così, in memoria del suo passato da capellone. Allampanato, con una barba sempre in disordine, Dionisis,  era del tutto trasandato, ma nel contempo risultava un ragazzo carino. Un barbone chic che nessuno di noi riusciva a immaginare suonare nell’orchestra della capitale come faceva da ormai tre anni, come se fosse un niente. Era bello stare con Dionisis, era rassicurante, come sentire il doing doing vibrante del basso nel petto, a calibrarti i battiti del cuore.
Makis, invece, era piuttosto ordinario, paragonato al nostro dio del basso. Era un ragazzo tranquillo, ma di buona compagnia, non particolarmente alto nè snello, aveva grandi occhi neri e un sorriso gentile e contagioso, leggeva spesso ed io l’ho sempre considerato l’intellettuale della band.

Lo guardai mentre scoppiava a ridere, allontanandosi da Dionisis che aveva cominciato a far ondeggiare il bacino avanti e indietro per confermare la sua teoria del ‘pendolo libero e felice’.
Click! Bzzz…
Rimisi in borsa la macchina fotografica mentre Mr. Pendolo si stava rivolgendo, sempre ondeggiando, a me.
Kοριτσακι μου*, per me tutti dovrebbero girare nudi. Vestirsi non è naturale, la società di oggi è così opprimente,damn!”
Dionisis mescolava sempre un sacco di lingue, tra loro parlavano tranquillamente sia greco che inglese, ed io, mi ero adeguata, l’inglese ormai era la mia lingua principale e il greco lo capivo perfettamente, pur avendo ancora qualche problema ad esprimermi correttamente, insomma mi ero dovuta adattare in quegli anni.
“Credo che adotterò la tua filosofia, sai. Non ne hai un’altra di quelle?” Indicai la camicia da notte.
“Oh, non è necessario. Io intendo nudi nudi. Insomma chi è che ci impone di vestirci? Io no di certo. E poi le donne sono molto più belle nude.”
“Finalmente un argomento interessante!”
La voce di Jacob arrivò dal corridoio seguita subito dopo dal nostro chitarrista, il più giovane di noi dopo me e Alexandros. Entrò togliendosi la maglietta e lanciandola addosso a Makis.
“Cecy, cosa stai aspettando? Segui la filosofia di Zigouras.”
Jacob chiamava quasi tutti per cognome ed era il tipico bravo ragazzo su cui poter contare. Ero spesso andata da lui in cerca di consiglio, ormai lo consideravo il mio psicologo e santo paziente sceso in terra ad ascoltare i miei sbalzi psicologici.
“Hey hey hey, Jacob no!”
Strillai mentre lui zompava sul materasso e cominciava a strattonarmi la felpa mentre tentavo di difendermi inutilmente con un cuscino.
“Occhio che poi Alexos prende a calci il tuo bel culetto di chitarrista, man!”
“Uuuh, Jacob, darei ascolto a Dimitris!”
“Oh, Lazou può anche baciarmelo il culetto!”
“Oh, that’s my man, così si parla!”
Continuammo così, per ancora un po’ finchè Jacob non la smise e Mak non prese il suo libro e si isolò nel suo mondo letterario.
“Comunque, che fine hanno fatto gli altri?” chiesi spostando la testa castana di Jacob che stava invadendo il mio spazio-cuscino stiracchiandosi al mio fianco.
“Il tuo boyfriend è con Lefteris a stabilire il compenso, giù dal proprietario..” rispose Dionisis mettendosi comodo e infilandosi le cuffiette dell’i-pod nelle orecchie.
“Christos ed Helena sono a cercare qualcosa con cui cibarsi, credo..” disse Jacob riprendendosi il suo posto con aria risentita mentre pensavo a come una persona alta poco più di un metro e cinquantacinque e pesante 47 chili poteva scaraventarne una di almeno venti chili in più definitivamente giù dal letto.
Passò qualche minuto in cui rimasi lì, a fissare una strana macchi che somigliava ad un elefante sul materasso sopra di me, finché non tornarono Christos ed Helena con dei sandwich dall’aspetto disgustoso e tanta birra per dimenticarne il probabilissimo sapore altrettanto disgustoso.

Poco dopo tornarono Lefteris e Alexandros, entrarono dalla porta trionfanti e tutti ci voltammo attendendo novità.
“Ragazzi, tutto a posto!”
Annunciò il primo con entusiasmo mentre Alexos lo guardava sorridendo ed annuendo.  
“Il proprietario ci paga bene e conferma che non dobbiamo sganciare un fottuto euro per la camera. In più, durante la serata ci offrono alcol a volontà!”
Ovazione da parte della band, specialmente da Christos.
“E, diciamocelo, le cameriere non sono niente male, eh man?”
“Ah, Lefteris!”
“Ammettilo che la rossa non ti dispiaceva affatto eh, Alexos eh?”
Guardai il mio ragazzo ridere e tirare una gomitata al suo compare approvando con aria d’intesa senza curarsi minimamente di qualsiasi mia reazione.
Ormai c’ero abituata, per quanto potessi abituarmi io, persona estremamente gelosa, persino al punto di temere che la mia macchina fotografica si affezionasse troppo a qualcun altro, ad apprezzamenti verso le altre ragazze.
Avrei dovuto ingoiare il rospo, come al solito e ripetermi che erano solo parole, stupidate davanti agli amici, ma in quel momento, in quel preciso momento, tornò di nuovo la sensazione di smarrimento-nausea di qualche ora prima.
Basta.
Mi alzai dal letto fissando il pavimento e cominciai a muovermi dritta verso la porta.
“Hey, Cecy dove…?”
La voce di Jacob fece voltare gli altri e sentii un indistinto brusio di risatine e un “Oh-ho! Alexos sei nei guai!” di Big C., mentre superavo la porta senza curarmi di spingere Alexandros. Probabilmente solo in quel momento si sarebbe reso conto della mia presenza.
Scesi le scale e mi accoccolai in un letto a caso nell’altra stanza.

Era così da un bel po’. Lui faceva quel che voleva, io sopportavo. Sopportavo con mille scuse: il suo carattere esuberante, solare, esplosivo, la sua capacità di piacere a tutti senza far nulla, la sua voglia di essere indipendente, il suo attaccamento a Lefteris, che era un vero e proprio fratello maggiore da imitare per lui.
Sopportavo, sopportavo le sue frecciatine sulle altre ragazze, i suoi sguardi maliziosi, il suo ignorarmi, il suo tornare da me quando gli era comodo, il suo comportamento imbarazzante quando esagerava con i drink, il suo sapersi far perdonare sempre, sempre, sempre. Infatti, quando raggiungevo il limite della mia pazienza, Alexandros sapeva sempre ricordarmi perché mi ero innamorata di lui e farmi tornare la fiducia.
Quanto lo amavo, quanto lo odiavo, quanto mi odiavo.
Odiavo essere così debole quando si trattava di lui, odiavo il fatto che, quando suonava il sax, mi affascinasse a tal punto da pensare che la sua vera anima fosse uguale a quelle note sensuali e suadenti, odiavo che lui amasse la musica più di me, odiavo i suoi occhi neri e profondi, le mani grandi, le spalle larghe, il fisico atletico, odiavo la sua risata esplosiva.  Odiavo tutto ciò che mi aveva fatto innamorare di lui, proprio perché lo adoravo.
E mentre ero lì al buio, la mia debolezza entrò nella stanza e mi si distese a fianco.
“Hey…”
“Lasciami in pace, per favore.”
“Stavo scherzando, lo sai che stavo scherzando, αγαπημου*. Lo sai vero?”
Il sussurro era così dolce che a malapena riuscii a tenere lo sguardo fisso sul muro tacendo.
“Mi conosci, mi piace fare così, con i ragazzi. Sai benissimo che voglio stare solo con la mia stupida permalosa. Eddai, prometto che non dirò più niente di stupido.”
Sbuffai sarcastica, lui ridacchiò e mi accarezzò i capelli. La stava spuntando, la mia unica speranza era non voltarmi verso di lui.
“Su, dai, guardami.”
Dannazione, lo feci. Eccoci lì, io e il suo sguardo. Immaginate chi ha vinto?

Mi svegliai che era buio, guardai l’ora sul cellulare: 4.08.
Avevo freddo dato che le mie coperte erano finite a coprire solo Alexandros che dormiva pacificamente al mio fianco.
Lo guardai  per un po’,  l’avrei sempre voluto così: innocente, pacifico, innocuo.
 
Vagai con lo sguardo sul viso, il naso importante, le ciglia lunghe, le labbra carnose e per la prima volta, dopo lungo tempo, mi sentii inquieta mentre sentivo il suo respiro regolare. Perché ero lì, con quella persona? Perché avevo mollato tutto per lui?
Mi sembrava una domanda inopportuna, ma non riuscivo a trovare una risposta… eppure un tempo era così scontata.
Era come svegliarsi, provare a riaddormentarsi e non ritrovare più la posizione comoda.
Non dormii molto e, la mattina dopo, la stessa sensazione sgradevole di panico soffocante, non se n’era ancora andata.




*Lettura :“Kalokieri”
*Lettura:”Koritsaki mu”= più o meno significa, ragazza mia, bambina mia J
*Lettura:”Agapi mu” = amore mio.
 


Okkey, opinioni? Consigli? :)
Prometto che i prossimi capitoli saranno un bel pò più dinamici. Ho dovuto sfruttare un pò questi primi capitoli per le presentazioni.
Grazie alla mia Lucy che ha recensito e a chi leggerà<3

Alla prossima

Ireth



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