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Autore: MauMau    06/09/2011    12 recensioni
Vegeta Houston, detto 'il Principe', è un ambizioso campione di ballo, in coppia con C18. Assieme alla sorella Chichi gestisce una palestra di ballo per professionisti. Un giorno, il suo più grande rivale, Son Goku, gli chiede di allenarsi nella sua palestra per le gare nazionali e dopo molte esitazioni, grazie a Chichi, Vegeta accetta. Goku si presenta con la sua nuova ballerina, una ragazza dai capelli azzurri di nome Bulma... --- NOTA: non sono un'esperta del mondo del ballo, per cui correzioni e critiche sono ben accette! La nota OOC è inserita solo per il personaggio di C18. ---
ATTENZIONE: AVVISO SUL MIO LUNGHISSIMO E IMPERDONABILE RITARDO!!
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 18, Bulma, Chichi, Goku, Vegeta
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La Danza della Passione

49. Una motivazione


Era appoggiato a quel muro da quanto, un’ora? Non ne aveva idea. Continuava a fissare il vuoto. Continuava ad immaginare cosa potesse uscire da quella stanza. Un letto con una persona coperta da un lenzuolo, un’infermiera con un fagottino bianco. Oppure entrambi.

Stava provando, in quel momento, la sensazione più brutta della sua vita. Stava provando il terrore di perdere qualcuno che non aveva mai nemmeno visto.

Si sentiva perso in un vuoto incolmabile, sull’orlo di un precipizio nel quale sapeva che, se vi fosse caduto, vi sarebbe rimasto per sempre. Non uno spiraglio di luce, non una stretta fessura attraverso la quale far passare il sole. La vita era piena di sole, là fuori, ma lui non lo aveva mai saputo. Non gli era mai stato mostrato.

Ma a un tratto eccola. Una luce. Una luce in quel buio. Un’idea che forse fuori dall’oscurità nella quale era chiuso da tutta la vita, ci fosse altro. Correva affannata in cerca di qualcuno. In cerca di lui, sicuramente.

E poi, incrociò il suo sguardo.

Non immaginava che sarebbe stato così felice di vederla. Non immaginava che vederla gli avrebbe fatto un tale effetto. Perché era come se dall’alto di quel precipizio avesse fatto capolino un po’ di sole, come se finalmente la prima alba fosse riuscita a scalfire quella notte infinita. Quella notte interiore che durava dal suo arrivo in quel reparto. O forse da quasi trent’anni.

“Vegeta!”

Bulma lo raggiunse, quasi col fiatone.

“Cos’è successo?” chiese, preoccupata.

Bulma si preoccupava. Si preoccupava per suo figlio. Per il figlio di un’altra.

“Rispondi!” incalzò lei, afferrandolo per le spalle e scuotendolo.

“Lasciami!” ringhiò.

La ragazza si passò una mano sul volto stravolto.

“Scusami. Allora, vuoi dirmi cosa succede?”

Trasse un grosso respiro. Odiava ammetterlo, ma le parole faticavano ad uscire dalla sua bocca.

“Il bambino non ha pianto” iniziò, guardandola dritto negli occhi. “E lei è in coma. È tutto quello che so.”

Nel pronunciare quelle frasi, l’espressione di Vegeta fu impassibile. Niente poteva scalfire quel volto. Era come se fosse fatto di marmo. E con gli occhi fissi su di lei.

Bulma abbassò lo sguardo, incredula. Pensò subito a come dovesse sentirsi lui. Le dispiaceva sinceramente. Lo guardò di nuovo.

“Oh, Vegeta…”

Tese una mano verso quella di lui, che subito la osservò, e allora lei la ritrasse. Questa volta, potè vedere chiaramente che ne era sorpreso.

Bulma non seppe che fare. Non le venne in mente nemmeno di avvisare Chichi.

“Se solo potessi fare qualcosa…” disse poi lei.

A Vegeta sembrò tutto così strano. Lei stava dimostrando un qualcosa che era del tutto nuovo per lui. Avrebbe voluto fare un migliaio di cose in quel momento e invece si limitò a sentenziare:

“Morirà. Comunque, non sarei stato all’altezza del compito.”

La ragazza spalancò gli occhi. Non credeva alle sue orecchie.

“Ma… Ma che stai dicendo? Non dirlo neanche per scherzo! Non devi pensarlo! Devi sperare! E non venirmi a dire che non vuoi questo figlio, perché io lo so! Lo so…” Abbassò il capo. “Riesco a leggertelo negli occhi quanto tu sia spaventato. E io…”

“Tu cosa?”

“Niente… Niente.” Si sedette.

Allora Vegeta si abbassò alla sua altezza.

“Hai qualcosa da dire…”

“No! No… Non devo dirti nulla. Ma non devi pensare che morirà.”

Il giovane tornò ad appoggiarsi al muro. Adesso aveva due problemi.

Dopo una decina di minuti di silenzio, lui esordì di nuovo:

“Forse è vero…”

“Che cosa?”

“Ho sempre fuggito i miei problemi… E mi sono sempre vantato di non aver paura di nulla. Sono il primo vigliacco della storia. Ed è solo questa la verità.”

Bulma lo guardò, e vide che aveva gli occhi lucidi. Quanto stava soffrendo Vegeta in quel momento? Eppure lei sentiva di dovere, di poter fare qualcosa. Ma cosa? Si alzò in piedi, e subito lui voltò la testa. Non voleva farsi vedere. Eppure, nonostante le lacrime prepotenti, riuscì a trattenersi, e a mantenere il suo sguardo bieco. Fu allora che lei avvicinò nuovamente la mano a quella di lui e gliela strinse. Tacitamente, e sempre senza guardarla, sentì che anche le dita del ragazzo la stavano stringendo.

In cuor suo, Bulma sorrise. Quella stretta significava molto più di qualsiasi parola. E rimasero così.

 

Dopo un po’, la porta della stanza si aprì. Vegeta lasciò subito la mano di Bulma e si diresse verso di essa. Il dottore si tolse la mascherina.

“Il signor Vegeta Houston?”

“Sono io.”

“E… la signorina…?”

“Lasci stare. Parli con me”, intimò il ragazzo.

“Allora, signor Houston, la situazione è molto complicata… Sua moglie…”

“Non è mia moglie.”

“Bè, la signorina Worthington ha avuto un’emorragia interna molto grave, e stiamo aspettando per effettuare una trasfusione… Solo che… bè, in questo caso c’è bisogno di lei.”

Vegeta guardò l’uomo, confuso.

“Ecco, il piccolo ha risentito anche lui dell’emorragia, ma è a un livello più avanzato rispetto a quella della madre… Infatti, una membrana poco sviluppata ha fatto sì che si ferisse durante il travaglio. E ha perso davvero molto, molto sangue. La madre ha un gruppo sanguigno diverso, e dovrebbe provvedere lei alla donazione. Al più presto possibile.”

Bulma si lasciò cadere dalla sedia. La situazione era più grave del previsto.

Vegeta tacque per dei lunghissimi minuti. La vita di suo figlio era appesa a un filo. E tutto dipendeva da lui. Dopo un po’, rivolse nuovamente lo sguardo al medico.

“Bè? Che aspetta a mostrarmi dove devo andare?” domandò, brusco.

Poi si voltò distrattamente verso Bulma:

“Avverti tu Chichi.”

Chichi era in lacrime, davanti alla stanza dove presto avrebbero prelevato il sangue di Vegeta per darlo al bambino. Goku cercava di calmarla, mentre Bulma camminava avanti e indietro per il corridoio. Vegeta doveva essere distrutto. Vegeta ci teneva davvero a quel bambino. Vegeta aveva bisogno di essere un padre per aprirsi, e vivere appieno la vita. Meglio di lei, nessuno lo sapeva. Meglio di lei, nessuno aveva capito che quella creatura poteva salvarlo. Quello di cui non si rendeva conto, era che la prima a salvarlo era stata lei.

A un tratto, videro un’infermiera e un medico avvicinarsi.

“Ma non è possibile! Eppure era il nome che ci avevano dato…!”

“Bè, può capitare, signorina…”

Poi, i due si accorsero della presenza dei tre ragazzi.

“Voi siete…?”

“Chichi Houston. Sono la sorella di Vegeta” si fece avanti la mora.

I due la guardarono un po’ perplessi.

“Ah, signorina… Un attimo solo, dobbiamo parlare con il signore.”

E subito entrarono nella stanza, chiudendola a chiave.

I tre si guardarono, confusi.

 

Vegeta era seduto sul lettino, vestito solo di un camice bianco e di un paio di boxer. Non appena li vide, sbottò:

“Bè? Qual è il problema? Perché diamine non sono venuti a prendermi?”

“Signor Houston… C’è una cosa che deve sapere.”

“Che c’è ancora? Volete far passare ancora del tempo? E meno male che avevano detto che dovevamo fare il prima possibile!”

I due erano entrambi molto imbarazzati.

“Si calmi, signor Houston…”

“Io non mi calmo! Che cazzo è successo?!” Vegeta si stava agitando ancora di più.

“È importante che lei mantenga la calma, specie in momenti come questi…”

Vegeta balzò giù dal lettino e si diresse verso il medico, arrivando a un palmo dal suo naso:

Muoviti a parlare” sibilò, minaccioso e glaciale.

L’altro si allontanò, e si fece consegnare una busta dall’infermiera che li guardava sbalordita.

“Ecco, è sorta una complicazione.”

“Che genere di complicazione?” chiese lui, irrigidendosi, e restando in piedi.

“Bè, vede… Non è possibile effettuare la trasfusione.”

“E perché?” Una nota di preoccupazione si insinuò nella sua voce.

“Abbiamo effettuato le analisi per vedere se lei fosse in buona salute… E abbiamo riscontrato che lei è AB negativo.”

“Dovrei agitarmi perché sono AB negativo?”

“Signor Houston, le avevamo detto che la signorina Worthington non aveva un gruppo sanguigno compatibile con quello del bambino, e comunque non avrebbe potuto donare, perché lei stessa era in condizioni critiche.”

“E allora? Se non può lei, donerò io, qual è il problema?” Vegeta si stava spazientendo. Perché non parlava, quell’idiota?

“Il problema è che il bambino è 0 positivo.”

Vegeta rimase in silenzio. Non era sicuro di aver capito, e inoltre non capiva molto di medicina.

“Vuole spiegarsi?” chiese, con tutta la calma possibile. E in quello stesso momento, iniziò a realizzare.

“Il gruppo 0 positivo può ricevere solo da persone di gruppo 0. Perciò lei non può donare… E, mi dispiace molto doverglielo dire, ma dato che nemmeno la signorina appartiene al gruppo 0, dobbiamo dedurre che lei sicuramente non è il padre del bambino.”

Vegeta rimase immobile per dei minuti interminabili. La prima cosa che gli venne in mente, fu l’attimo in cui Chantal gli aveva confessato di essere incinta. Era incinta, e non sapeva chi fosse il padre? Lo aveva fregato, e per di più, con un altro uomo? Subito dopo, pensò a quel bambino. Quella creatura che non aveva ancora nemmeno visto. E che già sentiva sua. La creatura che sentiva sua da prima ancora che nascesse. E ora, non gli era rimasta nemmeno più quella. L’ennesima perdita, se così si poteva chiamare, di qualcuno che amava. Perché era questo che avrebbe provato per un figlio suo. Perché era certo che quel bambino fosse suo.

Ma le analisi del sangue non potevano mentire, e nemmeno per un istante dette per scontato che i medici si stessero sbagliando. Anche sdraiata su un letto d’ospedale, C18 si era mostrata per quello che era. E non era nemmeno nelle condizioni di affrontarlo.

Che stronza! Una perfetta, stronza, lurida puttana! Erano questi i suoi pensieri, che egoisticamente si susseguivano nella sua mente. Una gran rabbia gli stava montando addosso, ed era come se fosse avvolto in una barriera che impediva a quella rabbia di esplodere. Sentì come se una enorme bomba gli fosse scoppiata nel cervello, e come se quell’esplosione si fosse limitata allo spazio del suo cranio.

Era rimasto immobile. Era rimasto inerme. Se gli restava ancora una sconfitta da subire, bè, quella era proprio l’ultima. E la peggiore.

“Dovrete affrettarvi a trovare un altro donatore, allora” fu l’unica frase che pronunciò, prima di lasciare la stanza.

 

Non guardò in faccia né Bulma, né Chichi, né Goku. Proseguì per la sua strada, mentre i tre lo inseguivano. Non reagì nemmeno bruscamente alle mani di Chichi che tentavano di trattenerlo. Era impassibile, come un automa, gelido come non mai, e anche di più.

Per cosa avrebbe dovuto vivere ora? Ora che non esisteva nemmeno più quel bambino. Ora che non aveva più nemmeno un figlio. Non lo aveva mai avuto.

Bulma. Averla al suo fianco in quel momento sarebbe stato come rigirare il coltello nella ferita. O come aggrapparsi a quell’angelo che tante volte gli aveva teso la mano. Ma nel dubbio, preferì fuggire. Dalle ferite, dagli angeli. Dalla vita.

 

“Bulma, ti prego, va’ da lui! Forse ti ascolterà” la supplicò Chichi.

“Non credo Chichi… Era sconvolto, lo hai visto! Vedi se i medici ti dicono qualcosa… Cos’è successo?”

“Vado!”

Dopo poco più di cinque minuti, anche la mora uscì da quella stessa stanza. Nuovamente in lacrime, raccontò tutto a Goku e Bulma, che rimasero a bocca aperta. Subito dopo, la ragazza dai capelli azzurri balzò in piedi:

“Voi tornate a casa. Lo troverò io.”

 

Non avendolo trovato né a casa, né alla Paoz, Bulma cercò di pensare a dove potesse trovarsi Vegeta. La faccenda di Chantal doveva averlo distrutto, se ne rendeva conto perfettamente. Chissà se quella biondina da strapazzo aveva mai pensato a quello che avrebbe potuto creare con quella bugia. O magari, nemmeno lei sapeva la verità. Ma non le importava: doveva trovare Vegeta. Aveva bisogno di lei, e lo sapeva. Poi, le venne in mente il palazzetto dello sport. Lì, dove avevano gareggiato insieme per la prima volta. Era un pensiero un po’ sdolcinato, ma doveva tentare.

E Vegeta era proprio lì, seduto nella tribuna d’onore, la stessa dove Goku aveva assistito, orgoglioso di lei mentre era infortunato, alle gare nazionali nelle quali lei e Vegeta avevano stravinto.

Si avvicinò. Lui se ne era accorto, ma non si voltò.

“Vattene” disse, con voce stanca.

“Vegeta…” cercò di prenderlo per mano.

“Lasciami!” ringhiò. “Volete lasciarmi in pace? Voglio stare solo! Voglio rimanere solo! Possibile che non lo capiate?”

“Basta, Vegeta, calmati! Riesci a capire che rimanendo da solo non farai che peggiorare la situazione?” rispose lei, disposta a fare il tutto per tutto.

“No, invece” per la prima volta lui la fissò. “Devo andarmene di qui. Da questa città. Da tutti voi. È inutile che io rimanga. È stato tutto inutile quello che ho fatto.”

“Ma… che dici?”

“La verità” Si calmò. Alzò gli occhi al cielo. “Oggi ho capito una cosa. Approfittane, perché credo che non mi sentirai mai più fare un discorso così lungo. Anzi, credo proprio che non mi rivedrai mai più.”

A quelle parole, gli occhi di Bulma si fecero più umidi. Ma lo lasciò parlare.

Vegeta la guardò, come se fosse sorpreso. “Vuoi davvero ascoltarmi?”

“Certo che lo voglio” fece lei, dando un colpetto di tosse.

“Perché?” domandò, distolto da ciò che stava dicendo in partenza.

Lei sorrise malinconicamente.

“Non l’hai ancora capito?”

Vegeta scosse la testa, abbozzando un sorriso.

“Non dirlo…”

“E invece sì. Perché ti amo. Ecco, l’ho detto. Sono venuta meno a ciò che ci siamo detti tempo fa. Mi ero ripromessa di non darti mai la soddisfazione di sentirmelo dire. Ma adesso è diverso. Voglio ascoltarti, perché ti amo. Sono venuta qui, perché ti amo. E qualsiasi cosa tu dica oggi, io continuerò ad amarti.”

“Tsk! Si vede che non hai proprio niente di meglio da fare!” la liquidò lui, tentando di apparire impassibile. Ma entrambi sapevano bene che quelle parole gli avevano trafitto il cuore.

“E allora dammi tu qualcosa da fare. Finisci il discorso che hai iniziato. Avanti, su!” gli intimò lei, cercando di scuoterlo.

“Vuoi davvero saperlo? Bè, ho capito d’aver sbagliato tutto nella mia vita. Dall’inizio alla fine. D’aver messo in secondo piano ogni cosa, per colpa della mia stupida ambizione, dell’orgoglio, dell’egoismo. Il ballo era ed è la mia vita. E oggi, ho capito che questa vita non vale niente. Per colpa del ballo, non ho mai potuto essere un bambino normale. Non ho pianto la morte dei miei genitori, perché ero troppo impegnato a dimostrare a mio padre – che magari ha continuato a bruciare all’inferno senza vedere nulla – che quello che facevo valeva qualcosa. A Chichi questa possibilità è stata negata da un giorno all’altro, e io l’ho sfruttata per inseguire i miei ineteressi. Ho continuato a tenermi vicino una come Chantal per anni, perché sapeva ballare. Eppure non si è mai comportata da persona con me! Io stesso non sono stato una persona. E forse mai lo sarò. Ed è stato meglio così. Il bambino non era mio figlio. Non sono destinato ad essere padre. Sono destinato a scontare per sempre tutto quel grande sbaglio che sono io, che è la mia vita. Tu dici di amarmi, ma per cosa? L’amore si limita a una semplice favola, che adesso vivono mia sorella e Kakaroth, ma finirà, come ogni cosa. Non è amore, è affetto. Come quella sottospecie di cosa che solo Chichi è in grado di tirar fuori in me. Ma non è mai stato sufficiente. Perché un sorriso che le strappa Kakaroth è molto più di quelli che ha fatto a me. E io le ho persino impedito di viverla quella favola, all’inizio! Ma sono stato punito. Quel bambino si aggiungerà semplicemente ai miei incubi. E ricomincerà tutto daccapo, in un eterno circolo. È per questo che me ne andrò. È meglio che io lasci alle persone che ho intorno, quei brandelli di vita che rimangono. Almeno loro, faranno qualcosa di buono. E tu, tu farai meglio a dimenticarmi. Lo farete tutti. E la vita sarà migliore. Almeno per voi.”

Mentre ascoltava quelle parole, Bulma iniziò a piangere. Era così triste vederlo parlare così, e non versare nemmeno una lacrima. Pensò che stava piangendo per entrambi.

Passarono dei minuti interminabili. Bulma non sapeva cosa dire, ma cercò di asciugarsi le lacrime. Trasse un grosso respiro.

“Non puoi dire sul serio.”

Vegeta la guardò. Era così bella, e così straziante era vederla in quello stato, e sempre per colpa sua! Che cosa avrebbe potuto fare per non doversene andare? Non lo sapeva. E decise di sfidarla: era talmente convinto che quella fosse l’unica soluzione, da non vedere nient’altro. Magari sarebbe stato meglio farsi odiare da lei.

Ma tutta la sua vita, tutto ciò che davvero contava gli si era materializzato davanti proprio in quel momento. In quegli occhi dal colore del mare, e in quei capelli chiari come il cielo. Aveva sbagliato tutto anche con lei, e il solo pensiero di continuare a farla soffrire lo faceva stare male. Al tempo stesso, si meravigliò di ciò che stava provando: un sentimento diverso da tutto, per una persona diversa da tutte. Quante volte aveva rifiutato l’idea che lei potesse salvarlo! Tutto ciò gli era stato dimostrato dal fatto che lei era lì, con lui. Che lei era riuscita a trovarlo. Che lei lo aveva seguito, come aveva fatto la prima volta in ospedale, quando le cose si erano complicate per Chantal e per quello che ormai non era più il suo bambino.

Lei. Gli aveva detto che lo amava. Perché avrebbe dovuto continuare a stare male?

“Dammi un motivo per non farlo” le disse infine.

E Bulma, senza alcun pensiero razionale, si avventò sulle sue labbra e lo baciò. Disperatamente. Non avrebbe potuto resistere più a lungo, così come lui, che la stava ricambiando. Un milione si sensazioni si annidavano in quel bacio, eppure nessuno dei due ebbe il tempo di distinguerle e di pensare a cosa si riferisse l’una e cosa rappresentasse l’altra. Un semplice bacio, che si era fatto strada fra le loro menti complicate.

“Ti… basta… questo?” chiese Bulma, tra un bacio e l’altro, ormai presa dalla smania di non lasciarlo scappare.

Ma Vegeta non rispose, e continuò a baciarla, scendendo ogni tanto sul collo, per poi tornare a quelle labbra, che lo avevano fatto impazzire, e al tempo stesso, forse, lo avevano fatto rinsavire.

Il ragazzo la fece allungare sul banco dietro il quale sedevano i giudici di gara, incurante di qualsiasi cosa potesse loro accadere intorno. La baciò appassionatamente lungo l’incavo del collo e poi scese giù verso il seno, ma non la spogliò. Si limitò ad alzarle la gonna e a scnasarle le mutandine, per poter sentire i suoi gemiti e il suo respiro sulla pelle e contro le sue labbra, ancora una volta.

“Questa non è una motivazione… È sesso” le sussurrò lui all’orecchio.

 

Nessuno dei due parlò mentre, arrivati a casa di lei, nel buio della notte, si spogliavano a vicenda. Era ciò che entrambi volevano, ma per Vegeta era anche come affogare in un mare. Un mare ci certezze, che però non  si era ancora deciso ad accettare come tali. E vederla muoversi sopra di lui sinuosamente, con gli occhi socchiusi e la bocca semiaperta fu come una visione. Era un angelo, e continuava a macchiarsi con la sua presenza demoniaca. Perché? Perché lo amava, e in un connubio perfetto gli sfiorava le spalle, si aggrappava con forza al suo petto, affondava le unghie nella sua schiena. Quanto di selvaggio riusciva a tirar fuori in lei? E quanto di razionale riusciva lei a tirar fuori in lui?

Vegeta la tirò sotto di sé, e iniziò a baciarle il collo, scendendo poi al seno, alla pancia e ancora più giù. Se la vita fosse stata solo ascoltare i gemiti di lei, sarebbe stata un godimento eterno. Ecco. Ecco cosa c’era tra loro. Ecco che lui capiva. Il perché lei fosse arrivata fin lì. Perché lei lo avesse in qualche modo supplicato di ripensarci con un bacio. Perché quell’ultima fusione delle loro pelli e del loro calore gli stava mostrando ciò che doveva fare.

Solo Bulma avrebbe potuto salvarlo da tutte le sofferenze. Se se ne fosse andato, qualsiasi cosa gli sarebbe accaduta non avrebbe mai potuto essere vissuta appieno. Perché ogni volta che il suo cuore si lacerava Bulma non sarebbe stata lì.

Rimasero abbracciati per tutta la notte, finchè non arrivò il giorno. Vegeta era sveglio da un pezzo. Bulma aprì gli occhi, comprendendo subito di essere fra le braccia di lui. Alzò il capo, e lo vide con lo sguardo rivolto verso la finestra.

Alla luce del giorno, tutta quella situazione lo imbarazzò, non appena si accorse che lei lo stava guardando. Lei gli sorrise, divertita.

“Sei ancora qui” lo punzecchiò.

Lui si girò di scatto.

“Tsk! Già, dannazione. Hai vinto.”

La ragazza si tirò un po’ più su arrivando a baciarlo, felice come non mai.

“Ti sbagli. Abbiamo vinto.”

Non era una motivazione. Non era sesso. Era amore.

Continua... 

MauMau: salve a tutti! Eccomi qua, con questo capitolo che non vedevo l'ora di pubblicare! Mi dispiace molto di non aver potuto pubblicare gli ultimi capitoli con la continuità che avevo all'inizio della storia, ma è stata un'estate molto impegnativa, e l'inizio del nuovo anno accademico lo è ancora di più! In ogni caso, sono riuscita a terminare anche questo capitolo... che ve ne pare? Qualcuno di voi ci aveva azzeccato: il bambino di C18 non era di Vegeta... ma d'altronde farla morire - come ha detto qualcun altro di voi - sarebbe stato troppo facile, e dunque? Non è stata la vipera a dire la verità a Veggie, ma i medici... ciò non toglie che ci sarà sicuramente un altro confronto! Intanto, ecco la tanto attesa ammissione dei propri sentimenti da parte di B&V, lei un po' più esplicita, lui un po' più chiuso. Comunque, c'è stata! E quale motivo migliore se non Bulma, quello per restare? Aspetto con trepidazione i vostri commenti, anche perchè credo che questo sia uno dei capitoli più significativi, e soprattutto perchè ne manca uno solo, + un epilogo, quindi recensite, recensite recensite! Siamo agli sgoccioli, signore e signori! Appena possibile cercherò di rispondere, intanto godetevi questo captiolo e fatemi sapere che ne pensate! Un bacio a tutti! =) P.S.: grazie a chi ha recensito il cap precedente, ma anche a chi legge soltanto! E grazie anche a chi ha aggiunto la storia tra le seguite e le preferite!

  
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