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Autore: Latis Lensherr    10/09/2011    3 recensioni
Questo è solo un piccolo esperimento, per vedere se come autrice indipendente posso valere qualcosa o nemmeno un soldo bucato. Se riceverò abbastanza commenti positivi e mi sentirò incoraggiata a continuare, magari aggiungerò il resto della storia. Se no, rimarrà un tentativo fallito. La storia parla della razza dei "Cacciatori", uomini e donne con straordinarie capacità, che hanno il compito di difendere l'umanità dai mostri soprannaturali.
Vi ringrazio tutti in anticipo per il tempo dedicatomi, sperando di non deludervi e di non annoiarvi. Buona Lettura.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mano raggrinzita afferrò il terreno.
Il magma gorgogliava intorno al piccolo cratere, riempiendo la caverna vulcanica dell’odore fetido dello zolfo e innalzando la temperatura a livelli insopportabili.
L’arto continuava a cercare punti dove aggrapparsi, come un predatore che, nella notte priva di luna, annusa il sentore di terrore della sua preda.
Le lunghe unghie, annerite dalle rocce fuse, scavavano a fondo, grattando le pietre, nel magma solidificato dal tempo, senza paura di ferirsi.
Dalla lava fuoriuscì, dopo molte fatiche, anche l’altra mano, seguite dalle rispettive braccia, coperte da un pezzo di stoffa strappato, vecchio e bruciato.
I due arti esili, impuntandosi saldamente a una piccola altura di pietra e cenere, che costituiva il bordo di quella vasca infernale, aiutarono la figura, incappucciata di nero, ad uscire dal suo orribile bagno incandescente.
Tossì, mentre strisciava a quattro zampe lontano dalla lava, aspirò con un respiro strozzato, per poi ricadere in un altro attacco di tosse.
Alzò il busto e le spalle, respirando affannosamente tra i gas tossici, fece scivolare il cappuccio dell’abito dai lunghi capelli neri, rivelando un giovane viso di donna, sporco in più punti di lava, mentre continuava a respirare con fatica.
Si mise in posizione eretta traballando, si avvicinò al cratere con passo malfermo e, puntando un dito contro la miscela infuocata, gridò furiosa:
< Che tu sia maledetto, Ade! Casa dei non viventi, dimora della Morte! Che tu possa trovare la fine nella tua stessa lava!>.
< Calmati, Atropo, calmati!> disse una seconda figura, vestita nello stesso modo, che la fissava in un punto lontano della caverna. < Contieniti, frena la tua ira: sai meglio di me che è il sentimento più potente che esista!>.
La donna la guardò, poi posò di nuovo uno sguardo pieno di disprezzo verso il magma e, infine, tornò a guardare l’altra figura.
< Perdonami, Cloto, ma dopo quasi duemilioni anni…non posso credere che siamo…siamo libere! Dopo, duemilioni di anni…> mormorò balbettando Atropo, con uno sguardo perso.
< Duemilioni di anni!> ripeté Cloto, con lo stesso tono trasognato. < E’ molto tempo! Ma ora è tutto finito, sorella mia, finito! Siamo riuscite a vincere l’Ade, l’inferno dei mortali e degli immortali, ci siamo guadagnate la nostra nuova eternità!>.
All’improvviso, il cratere di lava, da cui erano uscite precedentemente le due sorelle, proruppe in un una piccola eruzione di magma fiammeggiante, che schizzò per tutta la caverna, colpendo le pareti, le rocce e le due donne.
Inquietanti fumi neri uscivano lentamente, formando alte colonne di vapore, che si sparsero per tutta la cavità vulcanica, avvolgendo, anche, un’alta figura nera, che fluttuava silenziosa sopra il liquame magmatico.
< Ben detto, Cloto!> proruppe la nuova venuta, mentre planava aggraziatamente sul terreno roccioso, guardando le altre due. < Ci siamo guadagnate la nostra eternità: è un’impresa in cui hanno fallito anche i più grandi!>.
< Lachesi!> dissero all’unisono Atropo e Cloto, ricambiando il suo sguardo con riverenza.
Lachesi alzò le mani verso il cappuccio nero, lo abbassò, così da scoprire il bellissimo viso, e si avvicinò alle sorelle, protendendo le braccia coperte verso di loro.
Quelle, in risposta, si gettarono fra le sue braccia, stringendola forte e affondando il volto fra i suoi lunghi e lisci capelli neri. Rimasero in silenzio, strette in quel famigliare abbraccio.
Si allontanarono, scambiandosi sorrisi complici, ce l’avevano fatta: erano libere, erano riuscite a fuggire da quella prigione di fuoco, anime e morte!
< Chi l’avrebbe mai detto!> cominciò Atropo, rompendo il silenzio. < Avevo perso tutte le speranze da moltissimi secoli ed ora siamo qui, tutte insieme!>.
Cloto si allontanò di qualche passo, osservando la piccola caverna in cui si trovavano, fissava le pareti con uno sguardo penetrante, che avrebbe potuto forare qualsiasi superficie, se solo lo avesse voluto.
< Qui, nell’officina del divino Efesto: il vulcano denominato Etna! Credevo che, dopo tutto questo tempo, fosse in condizioni decisamente peggiori!> commentò la donna, scoprendosi il capo, per imitare le sorelle.
< Rammentate quello che vi avevo detto, sorelle? Questo vulcano è il luogo migliore per dare inizio ai nostri ambiziosi piani, è ancora intriso dei grandi poteri degli immortali, di cui noi faremo un buon uso!> disse Lachesi, avvicinandosi alla sorella.
Poi, allungò davanti a sé una mano e, con il palmo aperto alzato verso l’alto, una piccola scintilla di luce lampeggiò, formando una sfera luminosa che, in pochi secondi, si colorò di un azzurro luccicante e di un marrone scuro, formando un piccolo mappamondo galleggiante.
< Il mondo intero si inginocchierà al nostro potere: al potere delle Parche!> concluse, sorridendo malignamente, alzò il volto, con gli occhi chiusi, e scoppiò in una orribile risata maniacale, che rimbombò sulle pareti della caverna.
A lei si unì prima Cloto, poi Atropo, con la stessa risata spaventosa, che risuonò per tutto il vulcano, percorrendo la lava, il magma e la pietra.
   
 
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