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Autore: Denki Garl    11/09/2011    6 recensioni
Non ti ho creduto, Masa-shi.
Non ti ho ascoltato.

"Gli ci sono voluti cinque anni, Shinji. Cinque anni."
Maya gli aveva augurato il meglio.
Ma, evidentemente, lui non era il meglio che Miyavi potesse avere.
[I personaggi descritti non appartengono a nessuno se non a loro stessi, con questo scritto non pretendo di rappresentare la realtà.]
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: miyavi, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Please don't go now. Please don't fade away.







Mi rendo conto di aver sbagliato tutto, Maayatan.

Ero ferito, arrabbiato, ma ciò non giustifica il mio comportamento. Sono stato un immaturo, un idiota e ti ho perso per sempre. Avrei dovuto capire, accettare la tua scelta. Avrei dovuto darti un'amichevole pacca sulla spalla, sorridere forzatamente e lasciarti andare, augurandoti buona fortuna. Poi, una volta soli, abbracciarti e far aderire i nostri petti un'ultima volta, magari inspirando profondamente nel disperato tentativo di non scordare mai il buon odore dei tuoi capelli. Invece ho fatto l'offeso, il deluso, ti ho riempito di sensi di colpa e ho versato lacrime inutili. Ho urlato cose che non avrei mai dovuto nemmeno pensare, ho rovinato quel poco che potevamo avere, che ci poteva restare.
Mi sono sentito tradito, perché sono debole e senza di te non credevo avrei potuto farcela.
Mi sono umiliato pregandoti di restare, sapendo che qualunque cosa avrei detto o fatto non sarebbe servita, tu saresti andato.
Ma dovevi andare.

«Mi stai lasciando!»
«Non ho mai detto questo, Taka-chan...»
«No, tu mi stai lasciando!»

Maayatan tentava di mantenere la calma, provava ad essere comprensivo; non era stata una scelta facile, e forse Miyavi aveva ragione a dargli dell'egoista. Ma stava esagerando, non poteva continuare a fare scenate simili.
Urlava, piangeva, lo accusava. Come poteva mettere in dubbio il suo sentimento? Come poteva pensare che avesse sempre e solo finto?
A Maya -quello era il suo nome d'arte, ora- era sempre stato a cuore, gli era sempre importato. Sapeva che le parole dell'altro erano dovute alla frustrazione, sapeva che non credeva davvero a ciò che diceva, ma ciò non toglieva che ne rimanesse ferito.
E poi non era ancora finita, sarebbe potuta durare. Solo, avrebbero dovuto lottare, ma ne valeva la pena; o almeno Maayatan lo credeva.
Sospirò tristemente, ormai cosa restava? Tanto valeva dire ciò che pensava, forse... forse, così, Miyavi avrebbe aperto gli occhi, si sarebbe reso conto di dove quel suo atteggiamento li stava portando e avrebbe smesso. Forse sarebbero riusciti a salvare la loro relazione.

«... Sei tu che mi stai allontanando, Meev.»

Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi, nel pronunciare quelle parole. Non avrebbe voluto dar voce a quel pensiero, non avrebbe voluto pugnalare un'altra volta il suo Miyavi.
Calò il silenzio, le loro menti così all'erta da dimenticare lo scenario circostante, come due stelle nel silenzioso universo, immobili uno di fronte all'altro.
Takamasa non disse niente - gli mancò il respiro nel udirlo, come avrebbe potuto?
Sentì una lotta scoppiare, il suo cuore e la sua coscienza si opponevano resistenza. L'uno pompava rabbia nelle sue vene, l'altro dava ragione all'ex. Ex chitarrista, ex ragazzo. Maya.
Si accasciò al suolo, senza nemmeno preoccuparsi di controllare l'espressione dell'altro, dava per scontato che nemmeno sembrasse dispiacersi.
Ma Masahito stava implodendo. Non poteva pensare di essere lui stesso l'autore di quella scena. Non poteva credere che Miyavi fosse così distrutto a causa sua. Non aveva mai realizzato quanto fosse importante per lui, non si era mai sentito essenziale per nessuno.

Sai cos'è stato a spaventarmi più di tutto? I tuoi cambiamenti.
Hai cominciato col ruolo, improvvisamente ti sei messo a cantare, affiancato da Aiji. Una band formata da voi due. Ci vuole affiatamento, lo sai meglio di me. Ce n'era così tanto tra me e te, ed eri solo un membro della mia band di supporto. Ma fosse stato solo questo avrei potuto accettarlo, seppur con un po' di difficoltà. Poi sei passato al nome d'arte. Maya. Per me resterai sempre e solo Maayatan, però, lo sai? Infine hai tinto tutti i capelli di biondo, e ammetto che trovo ti donino molto di più.
Mi è sembrato che tu volessi troncare col passato. Anche ora lo dici, se c'è un passato che vuoi dimenticare, allora devi cambiare il futuro.
Che fosse tua intenzione cambiare il tuo avvenire era chiaro. Ho solo frainteso, non riuscivo a immaginare che ci fosse un posto riservato a me, in quell'avvenire.
Non ti ho creduto, Masa-shi.
Non ti ho ascoltato.
Ma dalla prima volta che ho sentito la tua voce, che ti ho visto così energico e a tuo agio con un microfono in mano, ho capito. Lì era dove dovevi essere. Lì è dove sei nato per stare.
Al fianco di Aiji, lontano da me. I ricordi di te come collante tra i pezzi del mio cuore, i tuoi tra le dita flesse di Shinji. È questo che continua a far male, questa consapevolezza.
Perdonami Maayatan, ho capito troppo tardi. Ma ti prometto, ti prometto che d'ora in poi ti starò ad ascoltare... per sempre.

Shinji sedeva sullo stesso materasso sul quale, un po' più in là, giaceva Masahito.
Finì di leggere la lettera di Takamasa per la terza volta, e voltò tristemente la testa in direzione dell'altro. Osservò il suo profilo delineato dal contrasto con la luce sul comodino, la cassa toracica che, lentamente, si alzava e si abbassava. Dormiva raggomitolato su se stesso, come un gattino spaurito dal temporale. Una posizione fetale che ancora una volta faceva sì che venisse associato ad un bambino.

"Ai... ji..."

La voce spezzata dai singhiozzi, una silenziosa supplica solamente pensata.
Con un "Ho capito", Shinji s'alzò dal divano spegnendo la televisione, si diresse all'entrata, infilò le scarpe e, dopo aver controllato di avere le chiavi dell'auto, uscì di casa.
Guidò per strade insolitamente solitarie e deserte, attendendo che pigri semafori rossi gli dessero il via per procedere verso l'abitazione dell'amico.
Una volta arrivato, rovistò velocemente nella tasca dei jeans, finché non trovò la chiave dell'appartamento di Maya - gliel'aveva data il cantante, per ogni evenienza e soprattutto per pigrizia; il più delle volte aspettava Shinji a letto, o comodamente sdraiato sul divano e non gli andava di doversi alzare per aprirgli, così era decisamente meglio.

"Maya?" chiamò levandosi le scarpe all'entrata, ma non ricevette alcuna risposta. Pensò che forse era in bagno, ma poi notò una fioca luce provenire dal fondo del corridoio, in direzione della stanza da letto.
Lo trovò nella posizione in cui, ora che aveva capito, Masahito stava ancora, con quella lettera stretta tra le lunghe dita affusolate, un po' stropicciata e dall'inchiostro leggermente sbiadito dalle lacrime in alcuni punti.
Si voltò nuovamente per osservare ancora la figura inerme del band-mate e sospirò sconsolato. Gli doleva il cuore a vedere Maya ridotto in quello stato. Lui che era sempre allegro e spensierato, lui che illuminava e riscaldava le sue giornate come un raggio di sole primaverile. Lui che diceva sempre di quanto l'amore fosse una bella cosa, la migliore del mondo. Lui che, con le sue parole, dava forza e coraggio a tante più persone di quante potesse immaginare.
Lo inteneriva. Quel volto radioso, quel brillio quasi innaturale delle sue iridi caramellate, quelle fossette dispettose ai lati della bocca. Era un bambino, lo era proprio.
E quando, cinque anni prima, l'aveva incontrato dopo parecchio tempo, ancora aveva avuto la sensazione che si fosse perso nella sua ricerca di... Nessuno sapeva cosa stava cercando, nemmeno Maya stesso.
Allora si era abbandonato alla corrente, Miyavi ormai aveva capito dove voleva arrivare, cosa voleva dalla vita e trascinava Masahito senza preoccuparsi di ciò che necessitava, non immaginava che forse lui aveva altri desideri.
Ma non era colpa di nessuno, in fondo a Maya andava bene così. Amava Takamasa, quindi andava bene. Gli bastava questo.
Era stato un incontro casuale, il loro. Avevano iniziato parlando del più e del meno e Aiji aveva subito capito; si era sentito quindi in dovere di afferrare la mano dell'altro e di mostrargli la via.
Ma non avrebbe mai voluto che finisse così. Non avrebbe mai voluto separarli.

"L'hai letta?" domandò d'improvviso la voce lievemente impastata di sonno di Masahito. "Mh-mh..."
"Bello, no?"
"Maya..." s'interruppe e sospirò nuovamente, non sapeva che dire.
Il cantante pensava non ci fosse niente da dire. Era tutto così chiaro. Fin troppo chiaro.
"Ci sarà sempre un posto riservato a te, nel suo cuore..."
"Oh, lo so. Ma per lui è stato più facile relegarmi in un angolo e far spazio a lei, innamorarsi di nuovo, piuttosto che ammettere di aver sbagliato e tornare da me."
"M-"
"Gli ci sono voluti cinque anni, Shinji. Cinque anni." lo interruppe, a denti stretti, con rabbia. Le lacrime ancora una volta presero a scorrere placidamente lungo il suo volto, il cuore stretto in una morsa dolorosa data da quel pensiero fisso nella sua mente.
Gli aveva augurato il meglio.
Evidentemente lui non era il meglio che Miyavi potesse avere.
Ma avrebbe continuato a dare il meglio di sé, Maayatan, perché non poteva permettere che il ricordo di ciò che avevano avuto svanisse.
Doveva far sì che quel frammento di cuore riservato a lui continuasse a battere. Forte. Forte da far quasi male.
Abbastanza da farsi sentire, ma non troppo da ferire.
Questa volta l'avrebbe ascoltato.

Ricordi... ?
Questo cuore batte solo per te, il mio cuore è tuo.



















says:

Uh, ciao.
Non so che dire, credo sia una delle prime volte in cui una mia shot su questi due è chiara. Wow.
Tutto nasce da "My Heart" dei Paramore. Immagino che, se conoscete la canzone, l'abbiate notato leggendo, in realtà è abbastanza ovvio - no?
Be', ascoltavo quella canzone, o forse ce l'avevo solo in testa, non ricordo. Fatto sta che mi è venuto in mente Miyavi. Quel Miyavi dell'inizio che si dispera.
E in realtà avevo in mente una cosa un po' diversa, ma va bene così. Volevo fare un pov di Miyavi e un flash back, invece quel pov è diventato una lettera. Mi rendo conto che sia un po' assurdo, che nel 2011 non è più pratica comune inviare lettere, ma ouh, è una maledetta fiction.
Ieri, ad un certo punto, ho pensato di farne una long. Non una long lunghissima, qualche capitolo. Ma alla fine ho optato per farne una shot, ho già troppe storie a cui pensare.
Ci ho messo tipo tre o quattro giorni per scriverla, ma ne sono soddisfatta, spero vivamente che vi piaccia almeno un po'. Magari fatemelo sapere, ecco. Un parere fa sempre piacere, sì.
Uh, non so. Non so che dire.
Ringrazio BaSu che mi ha sostenuta in un mini momento di crisi (long o shot? Shot o long? Questi sì che sono i problemi VERI della vita, ragazze!)
E alla fine ecco.
Dio, queste note fanno veramente schifo, scusate. Mi sa che è meglio se la chiudo qui.
Grazie per l'attenzione.

Mata nee, minna-san!
De.
   
 
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