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Autore: Meme06    11/09/2011    3 recensioni
E se Amu e Ikuto fossero fratelli e si innamorassero l'uno dell'altra? Come potrebbero far fronte a questo peso? Decideranno di assecondare il loro amore oppure cercheranno di cambiare i loro sentimenti?
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Siblings in love'
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- Me ne vado. - disse tutto d'un fiato mentre sua madre e suo padre lo guardavano impassibile e sua sorella triste, stava facendo uno sforzo enorme per non piangere e lui lo aveva capito e dentro di se si sentiva un bastardo e un vigliacco. Ma era l'unica soluzione.

- Dove vorresti andare? - gli chiese la madre.

- In America. - rispose. Era un luogo abbastanza grande per impedire a sua sorella di poterlo raggiungere.

- Per quanto tempo? - chiese invece il padre.

- Vorrei andarci a studiare, il prossimo anno andrò all'università. - rispose. - Quindi non so per quanto.

Amu abbassò lo sguardo, non riusciva a guardarlo. In quel momento lo stava odiando e allo stesso tempo sentiva che le era impossibile. Senza dire niente si alzò dal divano del salotto e andò nella sua camera. Solo lì si permise di scoppiare a piangere stringendo forte il cuscino.

- Ikuto, sei un idiota! - gridò con la faccia premuta su quel soffice oggetto. - Sei solo un idiota! Non capisci niente! Così è peggio!

Non riusciva a smettere di piangere, le lacrime le uscivano da sole dagli occhi. Sarebbe partito tra qualche giorno, visto che la scuola era quasi finita. Aveva detto per ambientarsi meglio. Era solo uno stupido, starle lontano non farà altro che peggiorare le cose.

- Brutto cretino!

Erano solo gli insulti quelli che riusciva a dire al cuscino del suo letto fingendo che fosse lui. Poiché non riusciva neanche a guardarlo in faccia quando aveva annunciato la sua partenza.

Non poteva, non doveva assolutamente partire. E poi mancava così poco al giorno della partenza. Solo tre giorni aveva a disposizione, per passare del tempo con lui. Li avrebbe dovuti impiegare al meglio, invece se ne stava lì a litigare con il suo cuscino e a piangere su di esso senza riuscire a fare altro.


Nella stanza accanto suo fratello stava disteso nel letto pensieroso.

- Sono un cretino… - si disse. Non avrebbe dovuto annunciare in quel modo la sua partenza, specialmente ad Amu. Sapeva che la stava facendo soffrire, sapeva che lei non voleva che lui partisse. Come sapeva che se avesse potuto sarebbe venuta in America con lui. Ma non poteva, perché lui glielo avrebbe impedito. Infatti non stava partendo solo per lo studio, ma anche per cercare davvero di cambiare i sentimenti stavolta. Amu aveva ragione, dovevano cambiare i loro sentimenti finché potevano. Lui non le aveva dato retta dicendole che dovevano accettare i loro sentimenti, perché dopo tutto era quello che tutti e due volevano. Ma dopo quello che era successo qualche giorno fa si era ricreduto. Erano comunque fratello e sorella e per quanto volessero accettare quello che provavano, non potevano negare che erano esseri umani e che la passione ardeva nei loro animi quando erano vicini. Per questo non dovevano stare insieme, perché rischiavano di perdere il controllo e fare l'amore. Ecco, lo aveva detto.

Però anche se andava via non voleva che sua sorella gli portasse rancore. Non voleva trascorrere gli ultimi giorni con Amu che neanche lo guardava in faccia.

Il bussare della porta lo distolse dai suoi pensieri.

- Posso?

- Vieni pure… - rispose il ragazzo.

La porta si aprì permettendo a suo padre di entrare. Si sedette accanto al figlio che aveva seguito i suoi movimenti con interesse.

- Che cosa vuoi babbo? - gli chiese il ragazzo.

- Parlarti.

- beh, fino a lì ci arrivavo…

- Ottimo, allora forse arrivi anche a sapere di cosa ti voglio parlare.

- Amu. - una parola. una sola parola che significava il mondo intero per Ikuto.

- Ascolta. Tua madre è contraria al vostro rapporto. E anche io lo ero. - gli spiegò.

- Eri?

- Ho riflettuto sulle tue parole. L'amore è sempre amore, hai ragione. E così ho tratto la conclusione che forse non è proprio sbagliato, se ci state attenti intendo, perché…

- Siamo quasi stati a letto insieme. - disse tutto d'un fiato il ragazzo facendo tacere di colpo il padre. - Io non vorrei andarmene, perché so quanto Amu ci stia male, ma non può continuare così. L'altro giorno abbiamo perso il controllo e se ci siamo fermati è stata solo una fortuna. Siamo troppo attratti l'uno dall'altra per poter stare vicini. Rischiamo di commettere un grosso errore.

Dopo queste parole ci fu un lungo silenzio. Nessuno dei due osava più parlare, fino a che suo padre non si alzò dicendo.

- Comunque sia, tre giorni possono essere sia pochi sia tanti. Dipende dal tuo modo di trascorrerli. Come un addio può diventare bello come può essere brutto. Dipende dal tuo modo di salutare.

- E questo che vuol dire?

- Vuol dire che anche se te ne andrai non lasciare a tua sorella un brutto ricordo. Ma dalle un bell'addio.

- Perché parli di addio?

- Perché ho capito la tua intenzione. - detto questo lasciò la stanza e un Ikuto più confuso che mai.

- E va bene, le darò un bell'addio… - si disse alzandosi dal letto e uscendo dalla sua stanza.

Non bussò nemmeno, entrò subito nella camera di sua sorella. La ragazza alzò di scatto il viso, andandolo a guardare dritto negli occhi. Abbassò subito lo sguardo affondandolo nuovamente nel cuscino.

- Vattene Ikuto… - mormorò con la voce rotta.

Lui non le rispose, ma le si sedette vicino.

- Amu…

- Non hai capito forse? Ti ho detto di andartene. Sappi che per quanto mi riguarda puoi partire anche oggi!

Lui le si sdraiò vicino abbracciandola.

- Bugiarda. - le disse solo.

- Che cosa vuoi?

- Dovresti chiedermi che cosa non voglio.

- Okay, che cosa non vuoi?

- Non voglio che tu mi porti rancore.

- Difficile.

. Può darsi, ma sono pronto a tutto…

- Anche a restare? - chiese tutto d'un fiato la sorella stringendolo più forte.

- No. - fu la sua risposta. - Lo sai perché… ma non voglio che questo… saluto sia triste.

A queste parole la ragazza si alzò di scatto allontanandosi da lui. tenendo sempre lo sguardo basso disse:

- Ah, tu quindi vorresti che sia felice la tua partenza ah? Ma come ho fatto a non pensarci subito, adesso mi metto a festa e ti canto anche 'Goodbye to you' . Che ne dici?

Disse tutto in senso ironico prima di iniziare a piangere silenziosamente. Ikuto si anche si alzò in piedi e le si avvicinò asciugandole le lacrime con i pollici.

- Amu, guardami… - le disse.

La ragazza non lo ascoltava. Per questo lui le alzò il mento con un dito facendo in modo che lo guardasse dritto negli occhi.

- Non dico che deve essere allegro, ma non voglio vederti triste quel giorno. Fammi questo di regalo, anche perché sentirti cantare non è il massimo… - le disse.

Amu sorrise. Bene, ci era riuscito a strapparle un sorriso. Non gli piaceva vederla triste. Quando sorrideva era come un toccasana per lui.

- Ma quando tornerai? Per le feste veni giù vero? - gli chiese speranzosa.

- Adesso vedo piccola… - le rispose baciandole la fronte. Lui già la sapeva la risposta, ma era meglio non dirglielo.

D'impeto lei lo abbracciò. Lasciò sorpreso anche Ikuto, che però ricambiò felice l'abbraccio.


Nei seguenti giorni seguì l'esempio del padre, godendosi il tempo rimasto con Amu. Certo, sapere che non l'avrebbe rivista più se non fra anni lo faceva star male, ma non doveva pensare a quello. Di sicuro tra quattro anni te la sei già dimenticata, avrai già dimenticato i tuoi sentimenti per lei… si diceva cercando di convincersene.

Ormai era all'aeroporto e non poteva permettersi di avere ripensamenti.

I suoi genitori lo salutarono con un lieve sorriso sulle labbra. Dopo di che lo lasciarono da solo con Amu. Sua madre fu un po' scocciata da quello, ma Aruto la convinse bene ad allontanassi.

- Ci siamo… - disse la rosa fissandosi i piedi.

- Già… - disse Ikuto avvicinandolesi.

- Beh, io mantengo la mia promessa quindi… - e detto questo alò il viso sorridendogli, anche se tristemente. - ti auguro un buon viaggio, almeno credo.

- Grazie… - le disse. E io ti auguro di dimenticarmi… pensò il ragazzo.

Amu gli corse in contro e lo abbracciò forte. Cacciò via le lacrime che facevano capolino nei suoi occhi. Non doveva piangere, doveva farlo per Ikuto. Doveva mostrargli che era contenta per lui anche se non era affatto così. E poi lui lo sapeva. Ma talvolta è meglio mentirsi, perché la verità è troppo brutta da subire. Si staccarono poco dopo e si fissarono negli occhi. Quegli occhi color miele gli sarebbero rimasti sempre impressi nella mente, questo purtroppo doveva ammetterlo. Come d'atro canto gli occhi ametista del ragazzo sarebbero sempre rimasti nei ricordi di Amu. Durante quello scambio di sguardi la voce all'alto parlante avvisò della prossima partenza del volo che partiva per l'America. - Devo andare…

No, non poteva lasciarla così, on due semplici parole. Si avvicinò al suo orecchio sussurrandole due parole ben precise, che chiunque capirebbe. La ragazza sgranò gli occhi arrossendo visibilmente. Abbassò lo sguardo e mormorò:

- Anch'io.

Ikuto su soddisfatto della risposta. Le fece un ultima carezza, le diede un ultimo bacio sulla fronte e poi salì sull'aereo.

Solo quando il mezzo partì Amu si permise di scoppiare a piangere. Di buttare fuori tutte le lacrime trattenute fino a quel momento.

Ma non sapeva che un ragazzo, mentre guardava fuori dal finestrino dell'aeroplano, stava facendo lo stesso.

  
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