La psicopolizia invade San Francisco nel momento in cui Allen Ginzberg sta per ideare il testo che libererà la sua generazione dai pregiudizi. ma tutto questo non accadrà a Frisco, perchè la psicopolizia vuole...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Apology for the Death Pregnant.
Avevo detto, in una conferenza, che amavo viaggiare in metropolitana,
perchè i personaggi che si incontrano lì, sulle soglie
della notte, o nel buio artificiale del neon, no si incontrano in
nessun altro luogo. Nelle conferenze dicevo così tante
cose che a volte me ne dimenticavo. Negli ultimi tempi però, da
quando avevo iniziato a sentirmi pedinato (chissà, per cattiva
coscienza o perchè nel sottobosco di Frisco tutti andavano pazzi
per le mie poesie deliranti) odiava le persone. Sentiva che lo
strisciante desiderio di guardare nel cuore altrui presente in ogni
uomo li obbligava a voltarsi verso quell' uomo vesitio di colori
sgargianti, che poi ero io. Non mi fissavano sfacciatamente,
certo, ma con quelle occhiate così brevi da tradire i pregiudizi
nascosti dietro la cornea. lo scossone della luce al neon mi
riportò alla realtà. Si sentiva, in lontananza, il
rumore delle scintille che sfrogolavano contro i cavi d'acciaio del
vecchio vagone, che faceva più scintille di un'autmobilina del'
autoscontro. Di colpo, andò via la luce. Io, come
gli altri passeggeri, caddi nel buio. Sentivo il barbone accanto a me
fremere per l'agitazione e il nervosismo. Il treno
rallentò e poi si fermò, sospeso nel sottosuolo
cementificato, come una tomba. Si sentivano le persone litigare, le
colluttazioni accendersi, i bambini piangere. Io vagavo in quel buio,
per nulla intimidito da quelle urla agghiaccianti, con la faccia
premuta sul vetro, un contatto certo, assaporavo l'odore di paura che
assumeva piano piano il vagone e il mio respiro. Se pure la morte
potesse passare accanto a ciascuno di noi, seppure accadde, cosa di cui
tuttora non sono certo, io non la sentii. Ero un bambino nella
sua stanza, alieno da tutto il mondo prima, dopo e fuori. Non fu un
incubo dormire a occhi aperti nel buio, ma quando la luce tornò,
sentii un urlo di donna raggelante, dietro la mia nuca. Non volevo
girarmi, sapevo che non dovevo, che mi avrebbe fatto male. Ma forse non
lo sapevo ancora quando il cervello ordinò al collo di voltarsi
e agli occhi di guardare la scritta che campeggiava sul vetro opposto,
scritta rossosangue.