Anime & Manga > Vampire Knight
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Autore: Guitarist_Inside    14/09/2011    3 recensioni
Non avrei saputo dire da quanto stessi fissando quella porta, la mano a mezz’aria che non osava bussare, lo sguardo fisso contro quel legno duro. Potevo essere lì da una manciata di secondi come da un’eternità, non era il tempo cronologico quello che per me contava, in quel momento.
Sospirai.
Chissà come stava, Zero, dall’altra parte di quella dannata porta… Chissà cosa stava pensando…
Mi tornò alla mente la sua espressione shockata, il suo ultimo sguardo che avevo scorto, quando aveva appreso la mia nuova natura, la natura di vampiro che Kaname-sama aveva risvegliato in me. Lo stupore ed il disgusto che avevano pervaso il suo viso quando gli avevo detto che Kaname-sama era in realtà mio fratello…
E mi sentii…
strana. Non sapevo come definire la sensazione che si faceva strada in me. Sapevo soltanto che mi stava ferendo, come probabilmente io avevo ferito Zero, anche se involontariamente.
[...]
Koukufu, in Giapponese significa felicità... Ha ancora significato questa parola?
Un esperimento, una "what if?" dal P.O.V. alterno, che riprende dopo l'ottavo episodio della seconda stagione dell'anime...
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa è la prima fanfic che scrivo su un anime, nonostante non sia il primo che vedo... Perché solitamente, nonostante abbia amato alcuni degli anime che ho visto, non ho mai osato scrivere qualcosa... magari pensarlo sì, ma scriverlo no. Però, questa volta, è stato diverso: in questi ultimi 3 o 4 giorni mi sono messa a guardare Vampire Knight, e quindi la seconda stagione, Vampire Knight Guilty... Ieri sera, quando ho notato che l'orario era alquanto tardo, ho dovuto spegnere il PC ed andare a letto, dopo aver terminato di guardare l'episodio 8 di Vampire Knight Guilty; tuttavia, non riuscivo a prendere sonno (a volte mi capita), e allora mi sono messa a pensare a come avrei potuto continuarla IO, o meglio, la mia mente pazzoide è andata avanti a costruire dialoghi e azioni, pur sapendo che probabilmente (certamente, per fortuna e/o purtroppo) differivano dall'anime o dal manga (che ancora non ho guardato però, in quanto non vorrei esserne influenzata). Fatto sta che "qualcosa" nella mia mente mi ha quasi "obbligato" a scrivere il risultato di quei pensieri... E quindi eccomi qui, a mettere per iscritto ciò che nella mia mente i personaggi hanno fatto, sfuggendo pian piano al mio controllo per prendere, come spesso mi accade in ciò che scrivo, "vita propria"... e a dar vita ad un altro dei miei Scleri Mentali (non proprio Formato Famiglia questa volta… ma quasi xD).
Ok, penso di avervi annoiato a sufficienza con l'introduzione...
Spero di non aver fatto la scelta sbagliata a scriverla o a postarla (ora che ho terminato di scriverla, quasi quasi ho qualche ripensamento…); spero non sia troppo banale o che, spero non risulti troppo melodrammatica o "diabetica" (solitamente non abbondo mai con lo "zucchero", ma temo che ieri sera, o meglio notte, ci abbia un po' preso la mano, un po’ più del solito), spero di non essere andata (troppo) OOC, etc... e spero possa piacervi, o comunque spero non vi causi conati di vomito prolungati, o che so io (*nel caso chiede umilmente scusa*) XD...
In ogni caso, fatemi sapere :)


La one-shot si svolge subito dopo la fine dell'ottavo episodio dell'anime di Vampire Knight Guilty, quando Yuki, dopo essere stata ritrasformata da Kaname in vampiro ed essere tornata in possesso della sua memoria di 10 anni prima, decide di lasciare la camera in cui Kaname l’ha lasciata e andare da Zero. L'ultima scena dell'episodio ritraeva Yuki fuori dalla porta della camera di Zero, titubante, che non osava bussare, e Zero dall'altra parte della porta, sul letto (se non erro), che puntava la sua pistola anti-vampiro Bloody Rose verso l'entrata...


P.O.V. alternato


PS: Un’ultima cosa, riguardo al titolo. Ci ho messo un po’ a decidere cosa scrivere, e sono stata indecisa per parecchio tempo. Alla fine, ho scelto “Koufuku” (
幸福 ), che in giapponese significa felicità. Niente, volevo soltanto chiarire il significato della parola se qualcuno non lo sapesse, tutto qui :)




Koufuku


Non avrei saputo dire da quanto stessi fissando quella porta, la mano a mezz’aria che non osava bussare, lo sguardo fisso contro quel legno duro. Potevo essere lì da una manciata di secondi come da un’eternità, non era il tempo cronologico quello che per me contava, in quel momento.
Sospirai.
Chissà come stava, Zero, dall’altra parte di quella dannata porta… Chissà cosa stava pensando…
Mi tornò alla mente la sua espressione shockata, il suo ultimo sguardo che avevo scorto, quando aveva appreso la mia nuova natura, la natura di vampiro che Kaname-sama aveva risvegliato in me. Lo stupore ed il disgusto che avevano pervaso il suo viso quando gli avevo detto che Kaname-sama era in realtà mio fratello…
E mi sentii…strana. Non sapevo come definire la sensazione che si faceva strada in me. Sapevo soltanto che mi stava ferendo, come probabilmente io avevo ferito Zero, anche se involontariamente.
Già, Zero. Lui, che da quattro anni combatteva contro il mostro che si stava svegliando in lui e lo dilaniava, lui che detestava i vampiri, lui che si odiava per quello che era diventato, lui che non poteva perdonarsi di essere costretto a bere il mio sangue per sopravvivere, lui che aveva affermato che non avrebbe mai lasciato che io diventassi un vampiro… Ma io, involontariamente, inevitabilmente, lo ero diventata. O meglio, ero tornata ad esserlo… Sapevo che non era colpa mia, ma mi sentivo comunque in colpa. Era come se lo avessi tradito, per tutto questo tempo, ed io non volevo tradirlo.
– Zero… – il suo nome uscì dalle mie labbra, un sussurro involontario.

Seduto sul letto, il braccio teso verso la porta, Bloody Rose impugnata saldamente nella mano. Avevo avvertito una presenza, all’esterno della camera: la presenza di un vampiro, un maledetto purosangue, per l’esattezza.
Yuki… Anche lei, ora, era una di loro. Lo era sempre stata, per tutto questo tempo, soltanto che il mostro che dimorava in lei stava dormendo. Dannato Kaname, non l’avrei mai perdonato per averle fatto questo…
Ed io non avevo potuto fare nulla per evitarlo. Nonostante me lo fossi ripromesso, non ero riuscito ad evitare che Yuki diventasse un vampiro.
Ero shockato, ero inorridito, ero arrabbiato, ero deluso, ed ero terribilmente confuso.
Mi passai la mano libera tra i capelli; ripetei il gesto, fermandomi però all’altezza della fronte, che appoggiai, stringendo tra le dita qualche ciocca di capelli, con forza, la mano serrata a pugno.
L’immagine di quella donna, Hiou Shizuka, la dannata purosangue che aveva sterminato la mia famiglia e mi aveva ridotto in quello stato, si sovrappose al viso di Yuki, nella mia mente.
L’odio ed il furore mi invasero, mi sentii tradito anche dalla persona che avevo più cara, e strinsi maggiormente la mia pistola anti-vampiro.
Ad un tratto, però, sentii un sussurro, una voce lontana, che pareva chiamare il mio nome. La voce di Yuki… Ebbi un fremito, mentre dentro me amore e rabbia stavano combattendo ferocemente, senza vincitori né vinti.

– Zero… – ripetei, sovrappensiero, senza nemmeno rendermene conto.
Gomen nasai, Zero. – continuai; involontariamente, i miei pensieri avevano preso voce, ed io non potevo far nulla per fermare la loro espressione, sempre che mi fossi accorta davvero di star pronunciando quelle parole non soltanto dentro la mia testa.
– Mi dispiace, davvero. – ripresi, dopo aver respirato profondamente – Non volevo ferirti, so che hai avuto un passato orribile, che hai un presente precario ed un futuro incerto… Non sempre l’ho dato a vedere, ma per me sei davvero importante, Zero; vorrei tanto vederti sorridere davvero, e certamente non vorrei togliertelo io ancora prima che nasca, quel sorriso… Probabilmente ti ho creato più guai che altro, ma tu mi sei sempre stato vicino, a modo tuo, e mi hai salvato varie volte come potevi… Varie volte avrei voluto ricambiare, ma non sempre riuscivo a trovare un modo, oltre a donarti il mio sangue o al pensare di sacrificare la mia vita per la tua salvezza… – sospirai – Mi dispiace averti tradito, senza saperlo, diventando, o meglio tornando ad essere, la bestia della specie che tu più odi, una vampira purosangue... Io non lo sapevo, veramente. Non avrei voluto che tu lo scoprissi così… – feci una pausa, accovacciandomi e sedendomi piano sul freddo e duro pavimento, sempre davanti a quella dannata porta, stringendomi al petto le ginocchia.
– Ma io sono diversa da quella donna, Zero. Come già ti dissi, non tutti i vampiri sono uguali… Lo sai, fino a poco fa i miei ricordi cominciavano nel terrore di una nevicata, il rosso del sangue ed un vampiro che aveva perso la ragione e che credevo mi avrebbe divorata, se Kaname-sama non lo avesse ucciso e mi avesse salvata. Quando scoprii che anche Kaname-sama era un vampiro, rimasi shockata, ma poi capii che lui era un vampiro diverso da quello che mi stava per uccidere, che non potevo generalizzare… – presi una boccata d’aria, prima che il flusso dei miei pensieri continuasse a traboccare – Sai, quella sera, sulle scale, quando ho capito che anche tu ti eri trasformato in un vampiro… Ecco, quando ad un tratto mi hai morso, mi sono tornati alla mente quei ricordi, ed ho avuto paura. Poi, però, quando ti sei staccato, ho visto la tua espressione incredula ed affranta, ho sentito una profonda tristezza; il mio cuore ha capito i tuoi sentimenti e ha accettato la tua richiesta di perdono. Vedi, quando mi sono ripresa dal trauma, ci ho pensato un po’ su… E ho deciso di accettarti comunque, nonostante quello che tu fossi diventato, nonostante tu fossi costretto a fare ciò di cui non potevi perdonarti. Perché, in fondo, tu per me eri sempre Zero, e il bene per te che risiedeva nel mio cuore non poteva essere cancellato solo perché tu eri un vampiro. I tuoi pregi, il tuo aiuto, la tua vicinanza, valevano per me di più di quel tuo bisogno di sangue che odi tanto, e che cercavo di farti pesare il meno possibile… Quando mi desti la tua pistola e mi chiedesti di ucciderti, rimasi shockata, capendo quanto tu soffrissi per respingere il “mostro”, come lo chiami tu, che si faceva largo in te. Ti feci promettere che non ti saresti arreso e avresti continuato a combattere, così che io non avrei dovuto usare quella pistola, perché, se avessi ucciso te, avrei ucciso anche una buona parte di me. – strinsi involontariamente un pugno – E anche quando hai detto che ero una tua vittima, ci sono rimasta male, perché io non l’ho mai vissuta così, io volevo solo aiutarti come mi era possibile… – sospirai, e rimasi qualche tempo in silenzio, tentando di riordinare la matassa di riflessioni nella mia testa e di controllare le emozioni che queste comportavano.
– Spero che valga anche per te… – ripresi poi, malinconica – Spero tu possa accettarmi ancora, nonostante quello che sia diventata. – sospirai, di nuovo – Non voglio perderti, Zero. Non potrei mai vederti come nemico, e non potrei mai sopportare di non vederti più... – conclusi, sfinita.

Rimasi in silenzio per tutto il tempo che Yuki parlò, ed anche oltre.
Quel suo discorso mi aveva scosso nel profondo… Sentii che l’amore per Yuki si faceva strada sempre di più nel mio cuore e nella mia mente, che stava vincendo la battaglia contro l’odio e la rabbia che mi avevano offuscato l’anima e i pensieri.
E mi sentii terribilmente un inutile stupido; sentire quelle parole, pronunciate a mezza voce nel silenzio della notte, con tanta sincerità, mi aveva quasi sconvolto.
Le parole di Yuki erano riuscite a commuovermi, nonostante non volessi darlo a vedere, e a farmi tornare in me.
Tanta lealtà mi aveva lasciato a fissare la porta in silenzio con gli occhi spalancati, aveva riportato in me la mia razionalità, e mi aveva fatto pentire profondamente di aver soltanto pensato a Yuki come ad una traditrice: fissai la mia mano, che ora stringeva la pistola con poca convinzione, e mi sentii un verme. Mi feci schifo, forse anche più di quando il vampiro che era in me mi obbligava a nutrirmi del sangue altrui per la mia bestiale sopravvivenza.
Lasciai cadere Bloody Rose e abbassai il braccio.
– Yuki… – bisbigliai, ad un tono comunque sufficientemente alto da far sì che la ragazza al di là della porta mi sentisse.

– Z-Zero?! – esclamai a mezza voce.
Spalancai le iridi e trattenni il respiro.
– I-Io… – farfugliai – Tu hai sentito tutto? Credevo di stare solamente pensando… Io ho detto veramente tutto ciò ad alta voce? – chiesi, titubante ed incredula.
Non me ne ero davvero resa conto, presa da mille emozioni e concentrata sui mille pensieri intricati che mi affollavano la mente.
Arrossii, imbarazzata. Mi sentivo nuda, davanti a lui, che ora conosceva ogni mio singolo pensiero, ogni mia singola riflessione, ogni mia singola emozione… Mentre, notai con qualcosa di simile al rammarico, io ancora non sapevo nulla, o poco più, di ciò che pensasse o provasse lui in quel momento.
– Sì, hai detto tutto ciò ad alta voce. – la voce di Zero, calma, ma dalla quale non riuscivo a comprendere i suoi sentimenti, giunse fino a me – Ed io ho sentito tutto… Sei pentita di ciò? Sei pentita di quello che hai detto? –
– N-No… – balbettai, titubante, guardando il pavimento.
Feci un profondo respiro, e rialzai la testa.
– No. – risposi poi, sicura – In fin dei conti, è ciò che penso veramente, e non mi dispiace che tu mi abbia sentito, Zero. –
Vi fu silenzio da entrambe le parti per alcuni secondi, durante i quali, senza accorgermene, rimasi rannicchiata sul pavimento freddo, col fiato sospeso e il cuore che batteva forte.
– Non restartene lì fuori. – la sua voce mi raggiunse qualche attimo dopo, riportandomi un po’ di calore – Se vuoi, puoi entrare. Non ti farò del male. –
Solo allora mi alzai, tremante, da quel pavimento, riprendendo a respirare. Alzai di nuovo quella mano che era stata a lungo a mezz’aria, indugiando e non osando toccare la maniglia. Ora, però, raccolsi tutto il mio coraggio ed appoggiai le dita proprio su quella maniglia, la strinsi, ed infine, con una lentezza esasperante, trovai la forza di abbassarla e socchiudere la porta. Lanciai una veloce occhiata all’interno, prima di avanzare lentamente ed aprire l’uscio ancora quel poco che bastava per poter entrare.
Mossi qualche passo incerto nella camera, poi richiusi la porta alle mie spalle, lentamente, e guardai verso il letto, sul quale era seduto Zero, per soffermarmi poi su di lui, incrociando il suo sguardo con il mio.
E, ad un tratto, avvertii l’impellente bisogno di stringerlo a me, di sentirlo vicino.
Senza pensare a perché o a conseguenze, quindi, iniziai improvvisamente a correre verso il suo letto, e pochi secondi dopo lo abbracciai di slancio.
Vidi lo stupore nei suoi occhi, che si spalancarono, per poi socchiudersi, mentre ricambiava la stretta.
Così, con il volto affondato nel suo petto, respirando il suo odore, aggrappata a lui mentre le sue braccia mi cingevano con forza, mi sentivo meglio.
Nonostante non volessi piangere, una lacrima sfuggì al mio controllo, rigandomi il viso e depositandosi sulla sua camicia, seguita a ruota da altre, che avevano ormai rotto l’argine.
Zero rimase in silenzio, aumentando leggermente la stretta del suo abbraccio, mentre le mie mani stringevano con forza la sua camicia.
Spostò una sua mano sulla mia spalla, per confortarmi. Notai la sua esitazione prima di poggiarla, e ciò mi fece nascere un piccolo e veloce sorriso sul mio viso zuppo di lacrime: mi piaceva il suo essere così impacciato ma così naturale e sincero in queste dimostrazioni d’affetto…
Ad un tratto iniziai a singhiozzare, mentre lui prese ad accarezzarmi lentamente la spalla, ma non disse nulla: rimase in silenzio, ad ascoltare le parole confuse che ogni tanto dicevo tra le lacrime, permettendomi di sfogare tutta la tensione, tutte le preoccupazioni e tutta l’ansia che avevo avuto in quel pianto liberatorio.
– Non mi lasciare, Zero… – gli sussurrai, quando le lacrime stavano cominciando ad arrestare la loro corsa, e i singhiozzi iniziavano a calmarsi, lasciandomi il tempo di proferire più di una parola scomposta per volta.

“Non mi lasciare, Zero…”. Quelle parole risuonarono nella mia mente.
Spalancai ancora una volta gli occhi, veramente stupito da quella sua richiesta.
Lei voleva che restassi al suo fianco, nonostante il mostro che fossi diventato e che a volte prendeva il controllo di me. Ed io invece… Dio, ero stato davvero un idiota. Non mi facevo schifo, di più.
Avevo generalizzato, ancora una volta; me l’ero presa con lei, avevo puntato Bloody Rose nella sua direzione, mi ero lasciato governare da odio ed ira, l’avevo considerata una traditrice ed una nemica, soltanto perché lei era diventata un vampiro (purosangue per di più), anzi, lo era sempre stata… ma lei non poteva saperlo, non era in mala fede, non voleva tradirmi, e si sentiva male per me; si era sentita in colpa, era venuta a scusarsi… quando in realtà l’unico che doveva veramente scusarsi ero io.
Io, che l’avevo fatta preoccupare per me; io, che avevo coltivato infondati sentimenti di odio e di collera verso di lei… Lei che, invece, non mi aveva mai considerato un nemico, nemmeno dopo aver saputo quello che ero diventato, nemmeno dopo averlo scoperto sulla propria pelle, perché io non ero riuscito a controllarmi e le avevo riportato alla mente ricordi terribili. No, anzi, lei mi aveva perdonato, mi aveva accettato, ed aveva continuato a starmi vicino e a cercare a suo modo di aiutarmi, facendo davvero tutto il possibile per me, forse anche troppo, nonostante io mi stessi gradualmente trasformando in un mostro...
Io non meritavo tutto ciò... Eppure lei me l’aveva dato; lei per me c’era sempre, e cercava sempre di avere un sorriso per me, di non farmi pesare nulla…
Ed io, come ricambiavo tutto ciò? Dubitando di lei, solo per quello che era diventata? Lei non aveva cambiato il suo atteggiamento nei miei confronti, perché avrei dovuto farlo io?
Lei… Già, forse io non meritavo lei.
Però, avrei potuto tentare di meritarla, almeno un po’ di più…
Avrei continuato a lottare contro la bestia che mi lacerava, come le avevo promesso, e le sarei stato accanto, se questo era ciò che lei voleva.
Le sollevai, con quanta più delicatezza riuscissi, il viso, portandolo davanti al mio e fissandola negli occhi con tutta la gratitudine che riuscivo ad esprimere.
Ad un tratto, guidato da quel desiderio che ancora una volta si impossessava di me, mi avvicinai al suo viso, lentamente, in direzione della sua bocca. Il mio cuore aumentava gradualmente i battiti, e riuscivo a sentire la rapida frequenza anche delle sue pulsazioni, mentre rimaneva immobile a fissarmi, con le labbra appena schiuse…
Mi fermai ad un centimetro dalle sue labbra, respirando il suo respiro, che si era fatto irregolare.
Gomen nasai. Scusami, mi dispiace – sussurrai, soffiando sulle sue labbra il mio fiato caldo, mentre la guardavo dritta in quei suoi occhi spalancati e le prendevo una mano, per stringerla nella mia.
– Mi sono comportato davvero in modo schifoso, perdonami, Yuki. Ma ora ho capito, grazie a te, grazie alle tue parole, grazie ai tuoi pensieri che hai condiviso con me… Arigatou, hontou ni arigatou. Grazie davvero. Se è questo che vuoi, ti giuro che non ti lascerò, mai. –
Dopodiché, feci per avvicinarmi ancora quel poco che bastava per eliminare la distanza rimasta fra noi. Yuki spalancò ancor di più gli occhi e trattenne il respiro, ma non sembrava intenzionata a spostarsi, non vedevo timore nel suo sguardo… Tuttavia, quando giunsi a pochi millimetri dalle sue labbra, ancora una volta, non osai proseguire, e mi ritirai, voltando la faccia e abbassando lo sguardo.
Ad un tratto, però, sentii qualcosa di tiepido e delicato poggiarsi sul mio mento ed esercitare una lieve pressione; il secondo successivo, realizzai che si trattava delle dita di Yuki, che mi parvero così fragili, come lei, in quel momento. Assecondai la loro spinta senza opporre la minima resistenza, che portò nuovamente il mio sguardo ad incrociarsi con il suo.
Notai un guizzo nei suoi occhi, così vicini ai miei. Poi, lentamente, vidi Yuki spostare la sua mano e poggiarla sulla mia guancia. Quanto mi piaceva quel contatto dolce e temperato… Gentilmente, posai la mia mano sopra la sua. Sì, io volevo veramente la mano di Yuki sul mio viso, non mi importava più se fosse umana o vampira, perché lei era sempre Yuki.
Fu mentre pensavo a ciò, che notai un nuovo e fugace sfolgorio nel suo sguardo, ed un attimo dopo sentii le sue labbra sulle mie.
Trattenni il respiro, sbarrando gli occhi: ero davvero stupito. Yuki…mi stava baciando. Stava facendo quello che io ancora non avevo osato fare, nonostante lo desiderassi da molto, per timore di poterle far male in qualche modo, per timore che lei si offendesse, per… Ma ora, quei timori che mi frenavano e mi bloccavano, erano svaniti.
I miei polmoni cominciarono a reclamare l’aria di cui li avevo privati, riportandomi in una dimensione più pratica del mondo. Soddisfai il loro bisogno; poi, a mia volta, con quanta più delicatezza riuscissi, come se temessi di poterla frantumare, appoggiai la mia mano (quella che non era già impegnata a cingere la sua) sul suo viso. Chiusi gli occhi, e ricambiai il suo bacio.
Ero felice.
Da quanto tempo non provavo più quel sentimento… Mesi? Anni? Così tanto tempo che avevo quasi dimenticato cosa significasse veramente il termine felicità.
Arigatou, Yuki…
Spostai lentamente la mia mano tra i suoi capelli, portandola sulla sua nuca. Socchiusi le labbra, e notai con piacere che lei fece la stessa cosa, invitando la mia lingua a cercare la sua. Ed io non mi feci pregare, era da così tanto che lo desideravo… Quasi non riuscivo a crederci, che fosse reale.

Sentii la mano di Zero tra i miei capelli aumentare leggermente la pressione che esercitava su di me, mentre la sua lingua si infiltrava tra le mie labbra, cercando la mia.
Era da tanto che aspettavi questo momento, vero, Zero?
Eppure, continuavi a ritirarti. Perché? Di cosa avevi paura?
Non volevo che lasciasse ancora le cose a metà. Non volevo essere tormentata ancora dal ricordo di qualcosa di incompiuto e dai dubbi… E una parte di me, in quel momento, si era resa conto di voler portare a termine quel qualcosa.
Avevo fatto la scelta giusta?
Non sapevo rispondere a tale domanda con razionalità, ma quando la sua lingua arrivò a stuzzicare la mia, decisi di non chiedermi più nulla, di agire seguendo il mio istinto, per una volta. Sapevo che non mi avrebbe fatto male, me lo diceva il mio cuore, che aveva preso a battere come se volesse uscirmi dal petto.
La mia lingua rispose alla sua, la raggiunse, cominciò a giocare con lei… Sentivo il suo sapore, il sapore di Zero. Forte, un insieme di dolce e di amaro, che rendeva perfettamente giustizia alla sua persona, alla sua essenza, alla rabbia e all’amore che risiedevano in lui, alla sua bontà nascosta da una rigida corazza, ai suoi travagli passati e presenti, e tuttavia alla disponibilità che aveva sempre per me quando ne avevo bisogno, ad addossarsi anche i miei problemi, per cercare di alleggerirmi almeno un po’, per non lasciare che mi schiacciassero…
Stavo per muovere la mia mano sul suo viso, ma non lo feci, in quanto mi sarebbe dispiaciuto interrompere il contatto con la sua mano, appoggiata così affabilmente sulla mia. Allora presi coraggio e spostai il mio altro braccio, portandolo a cingergli le spalle, mentre mi inebriavo sempre più della sua essenza.

Il modo in cui la sua lingua si intrecciava con la mia, la dolcezza con cui mi baciava e con cui aveva ora allacciato il suo braccio alle mie spalle, l’assoluto senso di pace e serenità che tutto ciò mi trasmetteva, come anche l’immenso piacere che mi procurava… Tutto ciò mi stava dando alla testa, e mi stava facendo dimenticare tutto l’odio, l’angoscia, la rabbia, il dolore e la tristezza che avevo provato… Mi stava facendo sentire bene, felice.
E il suo sapore… La sua essenza, così delicata ma così forte, aveva ormai avvolto i miei sensi e stava penetrando sempre più in me. Il suo sapore mi faceva impazzire…
Mi stava ubriacando. E mi piaceva, avrei voluto che quel momento continuasse all’infinito…
Eppure… C’era qualcosa in me, qualcosa che aveva a che fare con la mia razionalità, che mi diceva che era meglio che mi interrompessi, che non impazzissi completamente. No, non dovevo impazzire completamente, poteva essere pericoloso… Avevo veramente paura di poterle fare del male, di poter rompere quella ragazza, che mi pareva più fragile e più preziosa di qualunque cristallo.
Non senza dispiacere, decisi di staccarmi da lei, lentamente.
Depositai un leggero bacio sulle sue labbra, poi allontanai il mio viso dal suo, per poterla guardare meglio.
La vidi aprire gli occhi, con un’espressione confusa ed estatica… Era stupenda.
Mi guardò un attimo, poi abbassò gli occhi, mentre le sue guance si imporporavano.
Sorrisi tra me.
Sussurrai il suo nome, e lei rialzò lo sguardo.
– Scusami. Ma credo sia meglio così, non vorrei esagerare e… – la fissai negli occhi, e lei parve capire.
Le rivolsi un sorriso, un sorriso sentito. Quella sera stavo sorridendo più che negli ultimi mesi messi assieme… E lei si accorse anche di questo.
– Z-Zero… – farfugliò, sorridendomi a sua volta.
– Yuki… – risposi – Non essere imbarazzata, Yuki, non devi. – aggiunsi poi.
Lei arrossì ancora di più.
– Hey, ti ho appena detto che non c’è motivo di essere imbarazzata! – le ripetei, fingendo di indispettirmi.
– Scusa – bisbigliò, lasciandomi leggermente spiazzato, non mi aspettavo questa sua reazione.
– Hey, tranquilla, stavo scherzando. Non devi scusarti. E… grazie. –
Per tutta risposta, lei mi abbracciò, di nuovo.
Dopo qualche secondo, si staccò e rivolse il suo sguardo ancora una volta su di me, osservandomi. Non dissi nulla, perché percepivo che era avvolta da suoi pensieri e aveva ancora qualcosa da dirmi, e non volevo interromperla.
– Zero… – iniziò infatti non molto tempo dopo – Io… Io ho davvero bisogno di te –
Ancora una volta. Ancora una volta me lo diceva. Ancora una volta sentivo una strana sensazione in me, come di gratificazione, di piacere, ma anche di timore, timore che lei riversasse in me troppa fiducia, timore che facesse troppo affidamento su di me, ma non perché non avrei retto il peso di tanta responsabilità, ma perché non sapevo quanto tempo avevo ancora a disposizione, e non volevo che lei rimanesse priva di un riferimento… Certo, non ero ancora un livello E, avrei tenuto fede alla promessa che le avevo fatto, avrei continuato a combattere per non degradare… Ma, in fin dei conti, c’ero arrivato fin troppo vicino per permetterle di affezionarsi troppo a me e di aver davvero bisogno di me… Forse era anche per quello che non avevo mai osato baciarla, per timore di questa mia precarietà che avrebbe potuto ferirla.
Quella volta, non mi piaceva ammetterlo, ma era stato solo grazie a Kaname, al suo sangue che mi aveva permesso di bere, che ero potuto tornare in me e trovare la forza per ricacciare quel mostro bruto… Già, Kaname. Lo odiavo per quello che era, lo odiavo per aver reso Yuki come lui, ma dovevo ringraziarlo per avermi permesso di avere altro tempo per stare accanto a Yuki, di non farla soffrire per la mia perdita…
– No – risposi, ancora una volta – Io non sono così importante, Yuki. Tu hai bisogno di Kaname, non di me… –
– Basta! – mi interruppe lei – Non dire più le stesse cose, sai anche tu che non sono vere! Certo, io ho bisogno di Kaname-sama, non lo nego, ma ho bisogno anche di te, allo stesso modo! –
La decisione con cui pronunciò quelle parole mi scosse, arrivò quasi a commuovermi ancora una volta, e aggiunse maggior risolutezza nella mia decisione di non cedere al mostro che era in me.
– Yuki… – riuscii a dire soltanto, mentre lei continuava a fissarmi.
– Yuki, anche tu sei importante per me. Anch’io ho bisogno di te, un enorme bisogno… Te l’ho già detto, ma te voglio ripetertelo ancora una volta: è grazie a te, soltanto grazie a te, che ho vissuto in questi quattro anni, che ho trovato la forza di andare avanti… Sin da quando ti conobbi, tu hai sempre fatto moltissimo per me, e non potrò mai ringraziarti abbastanza. – feci una pausa – Ora ho capito, ho capito che l’amore che provo per te va ben oltre l'odio che provo per i vampiri, per i purosangue… Tu per me sarai sempre la mia Yuki. Ed è grazie a te, alle tue parole, al tuo coraggio e alla tua determinazione, che l’ho capito. Fortunatamente… – sospirai – Tu non sei affatto piccola, nel mio cuore, Yuki. –
E mi trovai nuovamente tra le sue braccia, in quel tiepido calore così piacevole. – Anche tu, Zero. Anche tu sei molto importante, nel mio cuore, e solo ora che ho rischiato di perderti l’ho compreso pienamente… –

Le braccia di Zero si avvolsero ancora una volta attorno a me. Pensai a come mi sentissi bene, abbracciata a lui. A come il suo abbraccio riuscisse sempre a trasmettermi serenità e protezione; a come riuscisse sempre a comprendermi senza dir nulla, a consolarmi, solo con quel suo abbraccio; alla felicità che poteva donarmi, solo con quel suo abbraccio…
Appoggiai la fronte contro il suo petto, e questa volta lui posò la testa sulla mia spalla: riuscivo a sentire il suo respiro caldo sul mio collo, tra i miei capelli…
E, ad un tratto, sentii il suo respiro diventare irregolare, frenetico.
– Zero? – chiesi, preoccupata – Zero, stai bene? –
– S-Sì, non… non preoccuparti. – mi rispose lui, con fatica.
Alzai la testa e lo guardai. Vidi i suoi occhi accendersi di rosso, rosso sangue. Vidi lui combattere contro i suoi istinti vampireschi. Vidi la sofferenza nel suo sguardo. Vidi il disappunto nei suoi occhi, in cui infuriava una lotta fra il viola ed il cremisi. Vidi le sue iridi impregnate di tristezza, di rammarico, di disgusto. Vidi l’enorme sforzo che stava facendo per contenersi.
– Zero… Puoi prendere il mio sangue… – gli proposi, come avevo fatto altre volte.
– No… No! – rispose, alterato.
– Zero? – lo chiamai, preoccupata – Cosa c’è che non va? Ne hai bisogno, non puoi soffrire così. – feci una pausa, guardandolo – Forse non vuoi più bere il mio sangue perché ora sono una purosangue? Ma io sono sempre Yuki, l’hai detto anche tu… –
– Sì, è… è vero, m-ma… – rispose, affannato.
– Ma odi così tanto i purosangue che ti rifiuti persino di berne il sangue? Nemmeno se te lo offro io? – chiesi, con una punta di indignazione, sperando vivamente che mi contraddicesse.
– N-no… Non voglio… non voglio dire questo. – obiettò, infatti – Ma non… non voglio gravare sempre… su di te. – continuò, tradendo sempre più lo sforzo che sopportava per rimanere in sé – E poi… – riprese, prima che riuscissi a controbattere – E poi il sangue d-dei… dei purosangue è… prezioso. Può dare… un gran… un grande potere. Io… Io non… –
Ma non lo lasciai terminare.
– Zero, per favore, bevi ancora il mio sangue. – gli dissi, fissandolo negli occhi, quei suoi occhi che combattevano ancora tra il loro usuale magnifico viola e il rosso, quei suoi occhi che ora si spalancarono di nuovo, viola.
– Te l’ho già detto, io non mi sento affatto una tua vittima, è una mia scelta quella di darti il mio sangue, mi fa piacere poterti aiutare… Io per te ci sarò, sempre. Anche nel momento del bisogno, e questo è un momento di bisogno. – feci una breve pausa, prima di continuare – E… E se ora che sono una purosangue il mio sangue può darti un maggior potere, può aiutarti a resistere maggiormente e a darti più tempo e più forza per combattere contro il livello E che non voglio tu diventi… Beh, allora, a maggior ragione, voglio darti il mio sangue, Zero. –
Quasi mi stupii io stessa della decisione con cui avevo parlato, e se ne stupì anche lui. Mi guardò, incerto. Come ulteriore conferma, lo fissai dritto negli occhi e mi scostai una ciocca di capelli.
– Scusami… – mi sussurrò, prima di attaccarsi al mio collo.
Sentii i suoi canini perforare la mia pelle, e provai ancora una volta dolore, ma come sempre non dissi nulla. Sapevo che stava cercando di controllare la forza che invadeva il suo corpo, che stava tentando come poteva di arginare la violenza dell’istinto di cui era preda. Sapevo che stava tentando di conservare un briciolo della sua razionalità, combattendo contro di sé, per fare in modo di causarmi meno male possibile, e sapevo che ciò gli costava parecchio sforzo…
Successivamente, sentii Zero che beveva il mio sangue, il suono che produceva, e quella stranissima sensazione di piacere e allo stesso tempo di dolore che mi dava… Quella percezione di freddo ma allo stesso tempo anche di caldo…
Chiusi le palpebre, e cercai di non pensare a nulla, perché altrimenti sapevo che Zero avrebbe potuto percepire le mie riflessioni, e per quel giorno ne aveva già udite molte, mi aveva già fatto sentire nuda davanti ai suoi occhi… Ma, ancora una volta non ci riuscii. Non riuscivo a estraniare la mia mente, a non pensare a nulla, a nascondere le mie considerazioni, le mie sensazioni e le mie emozioni…
Socchiusi gli occhi, concentrandomi su di me, su ciò che provavo in quel momento, e, inevitabilmente, su Zero.
E, ad un certo punto, mi venne in mente che Zero era l’unico di cui io non abbia mai avuto davvero paura a farmi mordere, l’unico a cui abbia lasciato volontariamente bere il mio sangue senza rimorsi e senza timore… Perché lui era diverso dagli altri… E perché di lui io mi fidavo.
Fu allora che, dopo un ultimo risucchio, Zero si staccò dal mio collo, e fissò i suoi occhi, tornati del loro colore naturale, nei miei.
– Anch’io mi fido di te, Yuki. – mi disse, a pochi centimetri dal mio viso.
Ovviamente, aveva sentito tutto ciò che avevo pensato… E aveva ritenuto di dovermi confermare che il sentimento di piena fiducia che nutrivo verso di lui era ricambiato… E, nonostante mi infastidisse leggermente il fatto che ancora una volta si era intrufolato nella mia mente, scoprendo il mio lato interiore e più profondo, non poteva che farmi piacere che avesse deciso di staccarsi da me per dirmi ciò.
– E non ti tradirò mai, qualunque cosa dovessi diventare. Te lo giuro. – aggiunse poi.

Sentii il tepore di Yuki circondarmi nuovamente. Abbozzai un sorriso, il migliore che riuscissi a fare, mentre riavvolgevo anch’io le mie braccia intorno a lei, tornando nella posizione in cui eravamo prima della mia, odiavo ammetterlo, crisi.
Avevo fatto la scelta giusta, per una volta cominciai ad odiarmi meno del solito, pensai di poter rendere ancora felice chi amavo… E questo era un ottimo motivo per essere contento di me, nonostante tutto.
Sbirciai il collo di Yuki, sul quale i segni del mio morso stavano guarendo velocemente senza lasciare traccia… E non potei evitare di pensare ancora una volta che lei era fin troppo buona, con me.
– Yuki…– la chiamai piano, dopo un intervallo di tempo indefinito, un frammento d’eternità che vedeva soltanto noi due, stretti l’uno all’altra, a sostenerci a vicenda; il resto era soltanto uno sfondo sfocato…
– Sì? – mugugnò in risposta, alzando leggermente la testa per guardarmi.
– Forse… Forse è meglio che tu ora vada… –
– Perché? – chiese subito lei, prima ancora che potessi argomentare la mia tesi, che tutt’altro sostenevo non senza sforzo.
– Perché… Beh, ecco, sei stata qui tanto con me, potrebbe farsi tardi e Kaname potrebbe scoprirti… –
– Cos’è, una scusa per liberarti di me? Ti sei stufato di me e ora vuoi tornare ad indossare la maschera dell’orso solitario? – il suo tono di voce indignato mi ferì: come poteva pensare una cosa del genere?
– Tu… Tu pensi davvero questo? Davvero credi che mi sia rotto di te? Davvero credi che sia solo una scusa per mandarti fuori dalle balle? Davvero credi che io voglia mandarti fuori dalle balle? Davvero credi che io possa volere una cosa del genere, e mi inventi pretesti per fartelo capire non avendo il coraggio di dirtelo? Davvero credi che io non sia preoccupato per te? Davvero credi che io sia così insensibile? Davvero credi che io vorrei davvero che tu te ne andassi, se non fosse che non voglio che tu passi altri guai a causa mia? Davvero tu puoi pensare tutto ciò? – chiesi, quasi urlando, risentito, ferito nel mio orgoglio, ferito nei miei sentimenti.
– I-Io… – disse lei, con gli occhi bassi, dopo avermi ascoltato in silenzio ed essere rimasta zitta qualche secondo dopo che io avevo finito di parlare e la fissavo, respirando freneticamente.
– Io non volevo dire questo… Scusami, Zero. Davvero non so perché l’abbia detto, non volevo… Non lo penso veramente. Ti ho offeso, perdonami. Per favore. Io… Io non volevo… – si stava impappinando, era imbarazzata, era pentita… Non volevo vederla così.
– Scusami tu. – la interruppi, ostentando quanta più calma potessi – Ti ho attaccato, scusami. –
Le misi una mano sulla spalla, per dirle che andava tutto bene.
Lei sollevò lo sguardo, e mi fissò prima sorpresa, poi grata, poi serena.
– Grazie per il fatto che ti preoccupi per me, forse prima ancora che per te… – mi disse poi, seria.
Alzai le spalle, non sapendo cosa risponderle. Un “di nulla, figurati” mi pareva troppo banale…
– Comunque, se per te va bene, io resto qui. – aggiunse poi, con il tono di una che non vuole sentire ragioni e non ha intenzione di cambiare opinione.
– Certo che per me va bene. – le sorrisi – Ma, se ti scoprisse Kaname… –
– Non mi interessa. – mi interruppe, sempre serissima, lasciandomi ammutolito, esterrefatto.
– In questo momento, non me ne frega niente. – continuò – Perché se Kaname-sama mi vuole, e mi vuole davvero il bene che dice di volermi, allora deve accettare che io stia con te, Zero. Non sarà affatto semplice, me ne rendo conto… Ma non può proibirmi di vederti, non potrei sopportarlo. Deve accettare che io ami anche te. –
Quelle parole mi sconcertarono, non avrei mai pensato che Yuki avrebbe potuto dire una cosa simile, che lei tenesse così tanto a me, che amasse anche me…
– Vuoi più bene a me o a Kaname? – chiesi in un sussurro, che appena fuoriuscì dalle mie labbra mi pentii di aver pronunciato.
Come potevo chiederle una cosa del genere? Come potevo osare farle una tale domanda? Come potevo rigirare il dito nella piaga? Come potevo essermi lasciato sfuggire quello stupido ed egoistico quesito?
Ero impazzito completamente?
Yuki rimase in silenzio, con gli occhi sbarrati che mi inchiodavano.
– Io… Scusami, per la domanda inopportuna. È una cazzata, non farci caso, fa come se non avessi detto nulla. – cercai di scusarmi meglio che potevo.
– Io voglio molto bene a entrambi… – disse lei, in un soffio; non riuscivo a comprendere se stesse parlando tra sé o si stesse rivolgendo a me; l’unica cosa certa, era che aveva completamente ignorato ciò che avevo appena detto per rimediare al mio errore.
– E se mi dovessi trovare nella situazione di dover scegliere con chi dei due stare, con Zero o con Kaname-sama, e la scelta di uno escludesse l’altro… Sarebbe davvero troppo difficile per me. Io… Io non lo so. – bisbigliò.

Nella mia testa vi era una tale confusione che non riuscivo a capirci nulla nemmeno io.
Quella domanda di Zero mi aveva paralizzato, perché la verità era che nemmeno io sapevo cosa rispondere. Cosa rispondere a lui, ma soprattutto cosa rispondere a me stessa.
Avevo forse paura di una risposta? Temevo di non poter reggere il peso di una decisione netta? Temevo di far soffrire uno dei due, come troppe volte avevo fatto, seppur involontariamente?
Dopo aver lanciato la pietra, però, Zero aveva ritirato la mano, imbarazzato e quasi dispiaciuto per quella domanda a bruciapelo che mi aveva scagliato contro… Io, però, non potevo far finta di nulla. Ormai il sasso era stato scagliato, mi aveva colpito, e non potevo ignorarlo. I miei sentimenti erano un casino, avrei voluto accantonare l’argomento, ma ormai mi aveva messo la cosiddetta pulce nell’orecchio, e volevo cercare una risposta, per me, oltre che per lui.
Volevo smettere di mentire a me stessa; quella sera avevo iniziato, e volevo andare avanti su quella rotta…
Così, cercai, nel mio cuore, nella mia testa… Ma non riuscivo a capirci granché… Io… Io non lo sapevo.
Ad ogni modo, speravo davvero con tutta me stessa che non sarebbe giunto un momento in cui avessi dovuto scegliere o Zero o Kaname-sama, dove un’opzione non ammetteva l’altra, perché quella decisione avrebbe certamente distrutto una parte di me…
I miei sentimenti, ed anche i miei pensieri, erano davvero qualcosa di inesplicabile…
Una lacrima sfuggì al mio controllo, e bagnò il mio viso, solitaria.
Auspicavo che questa volta non si trattasse, come spesso mi accadeva, della prima che avrebbe aperto l’argine a mille altre, perché odiavo piangere e sentirmi così vulnerabile…
Sentii le braccia di Zero stringermi forte contro il suo petto, sul quale appoggiai il viso, inspirando il suo odore agrodolce che riusciva sempre a farmi star meglio, cercando di calmarmi.
– Zero… – pronunciai il suo nome, tra me e me; un sussurro, una preghiera forse, una speranza, un soffio quasi impercettibile, che però capii lui aveva inteso, dal modo in cui mi strinse a sé, per dirmi che lui c’era, era lì per me.
Già, lui era lì, per me. Lui per me c’era sempre stato, mi era sempre rimasto accanto, nel bene e nel male. Quando qualcosa mi tormentava, era sempre stato lì vicino a me, ad ascoltarmi. Quando ne avevo avuto bisogno, era sempre stato disposto ad offrirmi una spalla su cui piangere e sfogarmi…
Nonostante non glielo avessi mai chiesto, nonostante non avesse alcun obbligo di farlo, mi aveva sempre protetto, per quel che poteva, facendo tutto ciò che era in grado di fare per aiutarmi, senza mai farmelo pesare, senza mai vantarsi…
Anche Kaname mi aveva salvato varie volte, ed era stato il mio “Salvatore”, l’inizio dei miei ricordi, a lungo il centro attorno a cui ruotava il mio mondo. Lo amavo, e lui diceva di amare me… Eppure, mi aveva sempre trattato come una bambina. Eppure, mi vedeva come un qualcosa di suo, qualcosa di fragile che quindi aveva il compito di proteggere, dall’alto della sua potenza. Non riuscivo a capire fin dove per lui fosse una scelta oppure un obbligo…
Tante volte aveva eluso le mie domande, mi aveva tenuto nascosto per dieci lunghi anni la verità sul mio passato… Certo, probabilmente diceva la verità, l’aveva fatto per proteggermi, per lasciarmi una vita più felice… Ma, alla fine, tutto ciò aveva iniziato a logorarmi nel profondo.
E, ancora una volta, Zero mi aveva ascoltata, mi aveva prestato attenzione, era stato disponibile ad ascoltare i miei sfoghi, si era addossato addirittura i miei problemi, nonostante avesse già i suoi… Il suo forte abbraccio mi aveva consolata tante volte, dandomi la forza di continuare…
Il suo aiuto era stato per me indispensabile, nonostante lui cercasse di negarlo. Non riuscivo a capire se lo facesse per modestia o ancora per proteggermi, a modo suo, dall’affezionarmi troppo a lui. Tuttavia, se quest’ultimo fosse stato il suo scopo, ormai era troppo tardi.
Forse… Forse, pensai ad un tratto, sarei rimasta con Zero, se avessi dovuto scegliere.
Sentii la testa di Zero appoggiarsi sulla mia spalla, e solo allora mi accorsi che, per la seconda volta almeno in quella sera, i miei pensieri avevano preso voce, in un flebile sussurro che tuttavia lui aveva udito.
Nuovamente, una sensazione di imbarazzo si impossessò di me.
Ma ben presto, la mia attenzione convogliò su qualcos’altro, o meglio, qualcun altro. Avvertii, infatti, il corpo di Zero, a contatto col mio, tremare leggermente. Lo osservai meglio e, sbalordita, mi accorsi che stava piangendo in silenzio.

Non avrei mai voluto farmi vedere in quello stato. Odiavo piangere, e odiavo farmi vedere piangere. Ma, con lei, non era per qualcosa che avesse a che fare con l’orgoglio o cose del genere; no, era perché lei si fidava di me, faceva affidamento su di me, e se io, che avrei dovuto sorreggerla, fossi crollato, non avrei più potuto aiutarla, e magari avrei rischiato di far cadere anche lei… E non volevo questo.
Aveva appena detto che svariate volte era riuscita a rialzarsi appoggiandosi a me, ed io volevo essere per lei un appoggio quanto più stabile possibile.
Tuttavia, non riuscivo più a trattenermi. Ero sfiancato da tutte quelle emozioni provate quella sera, a partire da quando avevo visto la sua trasformazione, fino a quel momento, che mi avevano visto passare da una situazione di shock, sgomento, rabbia e odio cieco, a sentimenti di calma, di felicità, e di amore, grazie a lei, che mi aveva riaperto gli occhi. Mi ero comportato come un perfetto lurido stronzo idiota, ma lei era venuta a cercarmi, e mi aveva riportato in me.
Perché ora stavo piangendo silenziosamente?
Forse perché mi rendevo conto ancora una volta di quanto schifosamente mi fossi comportato per ottusità. Forse perché ero provato da tutte quelle emozioni che mi avevano travolto. Forse perché la felicità riscoperta aveva fatto nascere in me lacrime di gioia, che si erano sommate a quelle del rimorso che giacevano represse in me. Forse perché, nonostante tutto, lei mi aveva rivolto così tante belle parole in quel lasso di tempo relativamente breve. Forse perché quelle sue parole mi avevano commosso, sin dal primo discorso sulla porta, fino ad arrivare a quell’ultimo discorso (o meglio, flusso di pensieri, che mi aveva permesso di conoscere e condividere con lei), e quest’ultimo era stato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso delle lacrime soffocate… O forse tutto ciò assieme.
Avvertii le gracili braccia di Yuki stringermi, con forza.
Ero io che dovevo consolare lei, e ora era lei che stava consolando me.
Immaginai cosa provava Yuki, quando la abbracciavo così e la lasciavo sfogare, liberandola dal peso di lacrime e pensieri opprimenti. Aveva ragione, era davvero di grande aiuto potersi lasciare andare e liberarsi, confortato dalla sentita vicinanza e dalla disponibilità di una persona a cui vuoi bene e con cui vi è una reciproca fiducia.
In fondo, tutti piangono, a volte. Anche le rocce si spezzano… Ma se hanno accanto la persona giusta, con un po’ di colla assieme possono ricostruire tutto.
– Zero… – mi sussurrò tra i capelli, con tono caldo e calmo, quello che mi serviva in quel momento – Cosa… Cosa c’è? –
– Se vuoi parlarne con me… quando vuoi, io sono qui. – aggiunse dopo qualche secondo di silenzio.
Sollevai il volto quel tanto che bastava per guardarla negli occhi.
Vidi determinazione nei suoi occhi. Vidi risolutezza. Vidi desiderio di aiutarmi, di ricambiare il favore di ascoltare i miei sfoghi, come io avevo fatto varie volte con lei. Vidi disponibilità ad ascoltarmi. Vidi la forza di volontà necessaria per fare ciò.
No, non sarebbe crollata, quella forza era sufficiente a sostenermi. In fondo, lei non era così fragile… Lei era anche forte.
La guardai di sottecchi, con la vista appannata dalle mie tacite lacrime, e pensai che, dopo tutto, non fosse corretto che solo lei si aprisse con me. Glielo dovevo, dopo tutto. Non potevo nascondermi dietro ad una maschera introversa e scontrosa, con lei, e non potevo appellarmi alla scusa che non avrebbe potuto sopportare anche i miei problemi, i miei “macigni”, perché i suoi occhi confutavano immediatamente tali ipotesi.
Se c’era qualcuno con cui avrei voluto parlare, qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi, quel qualcuno era lei, soltanto lei.
Forse era giunto il momento di aprirmi…
– Io… – non sapevo cosa dire – Yuki, grazie. – affermai dopo, spontaneamente, tirando su col naso.
Lei si strinse nelle spalle, sorridendomi, e in quel momento fu meglio di mille parole.
– Davvero posso…? – chiesi, forse più a me stesso che a lei.
– Certo. – rispose prontamente – Se vuoi. Io sono qui, Zero. –
– Da dove posso cominciare? – mi domandai, non abituato a sfogarmi con qualcuno.
Riappoggiai la fronte sulla sua spalla, godendomi quel tepore.
– Dall’inizio, o da dove vuoi… Non c’è problema. – mi rassicurò lei, passandomi una mano tra i capelli e accarezzandomi dolcemente la nuca.
– Forse è meglio che cominci dall’inizio… E da quanto sia stato un idiota ed uno schifoso ed imperdonabile verme… – cominciai, sputando gli insulti verso di me con rabbia e sdegno, iniziando a far fuoriuscire la matassa di pensieri che mi ronzavano per la mente.
– Non… Non dire così… Non è vero, tu non lo sei. – sussurrò Yuki.
– Invece lo dico, perché è vero, perché lo sono stato. – sollevai la testa, guardandola con occhi mesti, per poi riaccoccolarmi sulla sua spalla, non riuscendo quasi a reggere il peso del mio stesso capo.
– Lo sono stato, un ottuso idiota, imperdonabile, mi faccio schifo da solo per quello che ho pensato, per come mi sono lasciato accecare da odio e furore, dai demoni del mio passato che ho sovrapposto al presente… È giusto che tu lo sappia, e spero tu possa perdonarmi, nonostante probabilmente io non lo meriti. – sentii le braccia di Yuki stringermi più forte, ed io cercai invano di ricacciare le lacrime che si riaffacciavano ai miei occhi – In quelle condizioni, io ho dubitato di te, ti ho vista come nemica, soltanto perché ora eri diventata una purosangue, e io non potevo farci nulla. Mi sentivo impotente, mi sentivo tradito… Appena ho percepito la tua presenza, fuori dalla porta, la tua immagine si è sovrapposta a quella di quella dannata donna… ed ho puntato Bloody Rose contro l’entrata. Dio, non so cosa mi sarei fatto se mi fossi lasciato prendere e avessi premuto quel grilletto… Ti prego, Yuki, perdonami, io non ero più in me… Io… – le parole finirono travolte da un singhiozzo.
– Hey, Zero, va tutto bene, non è successo nulla… – cercò di confortarmi lei – Io… posso perdonarti. –
Quell’ultima frase riaccese in me la speranza, e mi portò a continuare.
– Ma come ho fatto? Come cazzo ho potuto? Come ho fatto a lasciarmi accecare così tanto dall’odio per i vampiri, e per i purosangue soprattutto, da dimenticare tutto quello che tu avevi fatto per me? Da poter dubitare che tutto ciò fosse stato autentico? Da sovrapporti ingiustamente a ricordi del passato, mentre tu sei davvero così diversa da quella donna…? – feci una pausa: se Yuki non fosse stata lì ad abbracciarmi, probabilmente avrei preso a pugni il muro, oppure avrei preso a pugni me stesso.
– Per fortuna che tu sei venuta da me, per fortuna che hai condiviso con me, seppur involontariamente, i tuoi pensieri… Se non mi avessi risvegliato tu, Yuki, non oso immaginare cosa, non chi, cosa sarei potuto diventare… –
– Sono contenta che per una volta sono riuscita a fare la cosa giusta al momento giusto. – constatò lei.
– No, Yuki, non per una volta. Sono così tante le volte che senza accorgerti fai la cosa giusta al momento giusto… Tu… Tu sei troppo buona con me. Io… ancora non riesco a comprendere come tu possa voler tutto questo bene ad uno come me, un solitario, un impulsivo, uno scorbutico, un mostr… –
– No. – mi interruppe lei, con veemenza – Tu non sei un mostro. E sotto quella tua corazza, io so che sei una delle persone più dolci, più affidabili, più comprensive e più disponibili che io abbia mai conosciuto. Io lo so. Non sei perfetto, Zero, ma io ti voglio bene così come sei, nonostante i tuoi difetti. Anzi, credo che se fossi perfetto forse non saresti più Zero, e allora non potrei volerti bene così come voglio bene a Zero… Non trovi? –
Non potei fare a meno di sorridere e ringraziarla. Era sempre così buona con me. Fin troppo, forse. E riusciva, come nessun altro era in grado di fare, a trovare le parole adatte per penetrare la mia corazza e giungere al mio cuore…
– Yuki, sappi che tutto quello che faccio per te, lo faccio perché voglio farlo veramente, non per secondi fini o altro. È il mio modo per ricambiare tutto ciò che tu hai fatto e fai per me. Perché anche solo stando con te, mi sento incredibilmente meglio. E grazie a te stasera ho capito il significato della parola felicità, che ho riscoperto dopo così tanto tempo… Negli mi stavo quasi convincendo non potesse più esistere, che per me ormai fosse soltanto una parola vuota, priva di qualsivoglia riscontro; ma stasera, ne ho riscoperto l’essenza. Grazie, Yuki, grazie davvero di cuore. Sai, sono davvero fortunato ad averti accanto, anche se forse non lo merito… –
La strinsi forte a me, così come lei mi abbracciò con forza, e restammo così, in silenzio, ad ascoltare i nostri cuori ed i nostri respiri.
Mi sentivo meglio, più leggero… Sollevai la testa e mi asciugai le lacrime rimaste sul mio viso con la manica della camicia. Ora, finalmente, mi pareva che la mia scatola cranica avesse nuovamente un peso sopportabile. Chinai lentamente il viso, poggiando le labbra sulla testa di Yuki, tra i suoi capelli, e rimasi così, respirando il profumo che sprigionavano.

– Yuki, assaggia il mio sangue, per favore – mi chiese ad un tratto, sollevando appena la testa, e lasciandomi completamente sbalordita.
Da dove nasceva questo desiderio in Zero? Proprio lui, che odiava queste cose?
– Z-Zero… – iniziai, titubante, con tono interrogativo.
– Yuki, ti prego. Non chiedermi perché, probabilmente non ho nemmeno una risposta razionale da darti… –
– Ma, Zero… – non sapevo cosa dire, ero sempre più spiazzata da quella sua bizzarra richiesta.
– Non so se per te vada bene… – aggiunsi poi, un po’ preoccupata per lui – Non voglio indebolirti, non… –
– Non preoccuparti. So che ti sembra una domanda così assurda… Ma credo che sia l’unico modo per farmi odiare un pochino meno questa cosa. Vedila così. E poi voglio provare cosa senti tu, ogni volta… – sospirò – Sai, dicono che tra vampiri si facciano cose del genere come dimostrazioni d’amore, e, beh… dicono che più il donatore ama il ricevente, per così dire, più il suo sangue sarà migliore per quest’ultimo… – continuò, sempre più impacciato.
– Beh, se questo è vero potresti dirmelo tu… – affermai, senza pensarci, sorridendogli.
Ma cosa stavo dicendo? Da dove spuntava quella frase? Dove avevo trovato il coraggio per pronunciarla? Volevo metterlo in difficoltà? Ah, sarebbe stato meglio se fossi stata zitta, accidenti a me…
– Il tuo sangue per me era davvero ottimo. – rispose, un po’ imbarazzato – E so che non era solo per il fatto che tu sia una… purosangue, – continuò, pronunciando a fatica l’ultima parola – ho sentito il tuo amore, lo sento scorrere nelle mie vene, è lui a tenermi in vita. In tutti i sensi, Yuki. –
Lo guardai, sempre stupita. Sapevo che odiava parlare di argomenti che inerissero al nutrirsi di sangue, ma questa volta lui aveva tirato in ballo l’argomento, e aveva risposto a quella mia domanda impertinente. Mi rilassai un po’, confortata dalla sua reazione.
– Yuki… Io… Io voglio che anche tu possa avere sempre con te un po’ del mio amore, che ti possa scaldare e far sentire meno sola quando ne hai bisogno… Ti prego. È l’unico modo per farmi odiare un po’ meno l’essere un vampiro. Per favore, Yuki. – mi guardò negli occhi – Sai la fatica che mi costa affrontare questi argomenti, ma voglio ricambiare il favore che mi fai ogni volta, voglio che una piccola parte di me possa scorrere in te. – fissò le mie iridi sbarrate – E non preoccuparti per me, se lo faccio per te non può farmi del male. Tu per me lo fai sempre. Non ne uscirò indebolito, se è questo che temi. Per un solo momento, forse smetterò di odiare quello che sono divenuto. –
Il suo sguardo, le sue parole, le emozioni che trapelavano da esse, mi convinsero ad accontentarlo.
I miei occhi reagirono quando lui voltò la testa di lato e scoprì il suo collo scostando una ciocca di capelli.
– Va bene, Zero, se è questo che vuoi… Grazie. –
Mi avvicinai al suo collo, lo leccai leggermente, sentendo un tremito in lui.
Mi ripromisi di essere il più cauta possibile, prima si scoprire i canini e affondarli nella sua pelle.
Era la seconda volta che bevevo sangue, eppure mi parve così simile ma così diverso da Kaname-sama…
Il sapore del sangue di Zero mi inondò come un fiume in piena, travolgendomi. Era un sapore differente ma allo stesso tempo analogo a quello della sua lingua… Ed era incredibilmente buono, nonché assolutamente inebriante.
Zero reclinò leggermente il capo, verso di me, sospirando e socchiudendo le palpebre.
Iniziai a succhiare, cercando di essere delicata, e fui letteralmente invasa da quella sua essenza… avrei potuto ubriacarmene, ma non volevo, per non indebolire troppo Zero, che aveva coraggiosamente scelto di sottoporsi a ciò, cercando di accettare il nostro essere vampiri.
Assaporai il suo sangue nella mia bocca, chiudendo gli occhi, lasciandomi trasportare da ciò che sentivo. Percepivo chiaramente il suo amore, che era davvero qualcosa di enorme, a dedurre dal potere, dal calore e dalla forza che mi infondeva.
Lessi parte dei suoi pensieri, e trovai ancora una volta amore per me. Poi, notai che stava pensando a cosa avessi dovuto provare io ogni volta che lui era costretto a nutrirsi di me, che mi offrivo volontaria a lui… E trovai altri gomen nasai, altre scuse, ed altri arigatou, altri mille ringraziamenti.
Bevvi un ultimo sorso, poi mi staccai da lui.
– Grazie mille a te, per tutto il bene che mi vuoi. – gli sussurrai, guardandolo negli occhi, mentre il suo sangue si univa al mio, riscaldandomi man mano che percorreva i miei vasi sanguigni.

Riaprii gli occhi e la fissai.
Non c’era bisogno che mi ringraziasse per il bene che le volevo.
Ad un tratto, notai che lanciò uno sguardo titubante verso il mio collo…
– Yuki, cosa c’è? – le chiesi subito – Qualcosa non va? –
– No… Va tutto bene, grazie. È che… – si fermò un attimo, come se stesse cercando le parole – È che mi chiedevo… come ti senti? Voglio dire… –
– Yuki, tranquilla. – le risposi, posandole una mano sulla spalla – Va tutto bene. Sto bene. – indirizzai uno sguardo verso il suo, che scrutava ancora il mio collo, sul quale i segni dei suoi canini si stavano ormai dissolvendo – Cosa c’è? Ne… Ne vuoi ancora? – azzardai, incerto.
– No, non è quello… Mi hai già dato abbastanza, grazie. Soltanto… non so, mi sento ancora un po’… come dire, ubriaca? –
Soffocai una risata. Il mio sangue l’aveva come ubriacata. Sorrisi, pensando che il suo mi aveva fatto un effetto simile… Oddio, era la prima volta che sorridevo pensando al sangue, e soprattutto a quello che avevo dovuto bere a causa del dannato istinto che ormai dimorava in me. Cosa mi stava succedendo?
– Spero di non averti fatto male, comunque… – la sua voce, ancora un po’ tremolante, mi riportò alla realtà.
– No, no, figurati. Solo un po’, ma non preoccuparti, mi hai fatto più bene che male. Il piacere è stato maggiore del dolore, fisico o morale che fosse… Anzi, per una volta quello morale è stato assente, perché eri tu, Yuki. – le parole fuoriuscirono dalla mia bocca prima ancora di essere elaborate.
Lei sollevò lo sguardo, immergendo i suoi occhi nei miei, mentre io tuffavo i miei nei suoi. Non servivano parole, in quel momento. Ci abbracciammo solamente, stringendoci l’un l’altra, e rimanemmo a lungo così, in silenzio.
Le parole arrivarono dopo, ma non saprei dire dopo quanto. So solo che entrambi iniziammo a parlare a ruota libera, raccontandoci l’uno all’altra… Era da molto tempo, prima di quella sera, che non mi aprivo così tanto con qualcuno, e, pian piano che mi lasciavo andare, capivo di aver fatto la scelta giusta, che con lei valeva la pena aprirsi; lei era la persona giusta per ascoltarmi, di cui fidarmi, con cui potermi confrontare. E mi sentivo bene, a parlare con lei.
Le parlai di me, dei miei pensieri, dei miei conflitti interiori, dei miei demoni del passato, delle mie paure e delle mie speranze… E così fece lei.
Parlavamo fittamente fino a notte inoltrata, sussurrandoci i pensieri più intimi di noi, senza più vergogna.
Mi sentivo veramente bene.

Non potrei dire con esattezza per quanto tempo rimanemmo abbracciati a confidarci e a parlarci di noi, di quello che non avevamo mai confidato a nessuno… Non l’avrei mai potuto immaginare, ma dopo l’imbarazzo iniziale, ci eravamo aperti completamente, senza timore; non avevo mai pensato prima di allora di poter aprirmi così con qualcuno, e capii che lo stesso valeva per Zero… Soprattutto per lui, sempre così riservato e introspettivo… Ero contenta che avesse deciso di lasciarmi entrare nel suo mondo.
Man mano che ci raccontavamo, mi sentivo sempre più a mio agio, sempre meno agitata, come non avevo mai creduto possibile, rivelando anche ciò che stava in profondità dentro di me, talvolta imbattendomi in qualcosa di personale così nascosto che era come se lo stessi riscoprendo anche io, mentre lo condividevo con lui…
Mi sentivo leggera… Mi sentivo bene.
E i suoi occhi mi confermavano che la cosa era reciproca, che valeva anche per lui.
Smettemmo di parlare solamente quando iniziammo ad avvertire il sonno farsi sempre più pesante sulle nostre palpebre, accorgendoci che ormai si era fatta notte inoltrata.
– Zero… – gli chiesi – Posso rimanere qui con te, questa notte? –
– Beh… Sì, certo. Per me va bene. – mi rispose, inizialmente un po’ stupito.
Mi faceva sorridere, anche ora che conosceva di me più cose di chiunque altro, riusciva ancora a stupirsi per una richiesta del genere, riuscivo ancora a farlo meravigliare di qualcosa.
– Però… Sei sicura di voler restare? – mi domandò poi, serio.
– Sì. Altrimenti non te l’avrei chiesto… – risposi, senza esitare.
– Okay allora – mi sorrise, – Però… non so, non temi che Kaname… ? – iniziò a domandarmi, mentre il sorriso si era spento sulle sue labbra.
– Non temo che Kaname-sama mi scopra? Che possa arrabbiarsi? Che possa offendersi? Che possa stizzirsi? – lo interruppi – No. Cioè, non mi interessa, perché se vuole me, deve accettare anche la parte di me che vuole restare con te, dato che senza quel lato io non potrei esserci… Ma mi pare che io abbia già risposto ad una domanda simile. L’unica cosa che temo è che possa farti del male, ma non questo glielo permetterò mai. –

Tornai a sorridere, ammirando la sua determinazione, ancora una volta felice di quelle parole.
Yuki era l’unica che mi faceva sentire davvero importante, che mi dava continuamente un motivo per non mollare…
La strinsi forte a me, depositandole un bacio sulla fronte. Dire che l’amavo era riduttivo…
Poi, lentamente, mi districai dall’abbraccio e mi distesi sul letto, osservando Yuki con la coda dell’occhio.
La vidi e la sentii sedersi accanto a me, fare per sdraiarsi e poi rialzarsi.
Aveva cambiato idea?
Quella domanda svanì così com’era sorta, nella frazione di un secondo. E, ancora una volta, quella ragazza riuscì a sorprendermi. Titubante, appoggiò una mano sul mio petto, mentre io la osservavo cercando di capire le sue intenzioni; la sentii spostare successivamente la mano, ed infine sentii il suo corpo aderire al mio.
Sbarrai gli occhi quando realizzai che Yuki si era sdraiata sopra di me, e che ora non tremava più, anzi, sembrava tranquilla. Abbozzai un sorriso, sentendo il suo respiro sul mio collo ed il battito del suo cuore diminuire la sua folle corsa e regolarizzarsi pian piano, a contatto col mio torace. Fu allora che mi accorsi che anche il mio cuore aveva aumentato il numero dei battiti, e solo ora stava frenando e rientrando gradualmente nei suoi standard…
Poggiai delicatamente un braccio sulla sua schiena, e le cinsi la vita.
Arigatou. – le sussurrai tra i capelli – Grazie di tutto. –
Dal mio tono, intuii che anche lei aveva capito quanto sentito fosse quel mio ringraziamento. Non rispose, o meglio, non a parole: poggiò una mano tra il mio collo ed il mio petto, accanto alla propria testa, mentre mi abbracciò come poteva con l’altro braccio, portando la mano appartenente a quest’ultimo sulla mia scapola, stringendomi.

Sentii Zero sorridere. Non lo vidi in faccia, ma prima ancora di alzare lo sguardo mi accorsi che stava sorridendo.
Ne fui felice, perché era raro vedere Zero così contento. Ma non ero felice solo per lui, ero felice anche per me…
Già, ero davvero felice.
– Grazie a te… – bisbigliai sul suo collo, non so quanti secondi dopo.
Quella sera e quella notte mi ero sentita (e ancora mi stavo sentendo) veramente bene, e, anche se sapevo che già ne era a conoscenza, volli dirglielo comunque.
– Sai, – aggiunsi dopo un po’ – questa sarà probabilmente la prima notte dopo parecchio tempo in cui riuscirò finalmente a dormire tranquilla… Il primo momento in cui riuscirò a chiudere occhio dopo troppe decine di ore di veglia forzata… Grazie anche di questo, Zero. –
Perché mi sentivo in pace e al sicuro, abbracciata a Zero. Ma questo non c’era bisogno di dirglielo.

Non dissi nulla, ma continuai a sorridere, felice.
Felice perché finalmente mi sentivo bene, in pace.
Felice perché Yuki era con me.
E, soprattutto, felice perché lei stava sorridendo col cuore… Ero riuscito nell’intento che mi ero prefissato da molto.
Anch’io ora stavo sorridendo col cuore.
– Buona notte, Zero. – mi sussurrò, prima di chiudere gli occhi.
– Buona notte, Yuki. –
Rimasi qualche minuto a guardarla, finché non si addormentò completamente, e solo allora cedetti anch’io al sonno.

   
 
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