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Autore: watereyes    18/09/2011    10 recensioni
Amu Hinamori è una normale ragazza di quindici anni. La sua vita scorre tranquilla, come un paesino svizzero in quelle palle di vetro con la neve finta. Finchè, come un fulmine a ciel sereno, non arriva qualcuno a dare una scossa a quel paesino perfetto. Un nuovo, misterioso vicino di casa...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Amu! È uno sforzo così grande essere puntuali il primo giorno di scuola? - urlò mia madre. 
Ah ah. Spiritosa. Sospirando, mi buttai svogliatamente giù dal mio caldo e comodo letto e mi vestii. Cercando di non rabbrividire, lanciai una timorosa occhiata allo specchio: poteva essere peggio? Proviamo. “ Forza Amu, domiamo questa criniera”. Impugnai la piastra come una spada e mi accinsi alla mia grande e – purtroppo quasi impossibile – impresa. Dopo vari tentativi, che compresero due strinature sullo stesso orecchio (dolore!!) e diversi urli strappatimpani di mia madre, il mio aspetto divenne miracolosamente presentabile e, dopo un tocco di fondotinta, mascara e luccidalabbra – la cosa aveva dell’incredibile - perfino decente. 
- Sono pronta! – annunciai, scendendo in cucina. 
- Grazie al cielo! Nel frattempo abbiamo risolto il problema dell’inquinamento globale. 
No, non è mia madre questa. È mia sorella Ami che, se possibile, è pure peggio. 
- Mi stupisci. Mi stai dicendo che sai che cos’è l’inquinamento globale? – chiedo, fingendo un tono sorpreso. 
- Ah ah. Spiritosa. 
Oddio. Perché ha detto la stessa cosa che ho detto io poco fa? Pensiamo alla colazione che è meglio. 
- Ragazze, io vado! Siate puntuali almeno il primo giorno – cinguetta allegramente mia madre – ah, e ricordatevi di portare la torta ai nuovi vicini! Arrivano oggi e vorrei che andassimo d’accordo, anche perché hanno due figli della vostra stessa età. Ci vediamo stasera!- strilla, chiudendo la porta. 
- Dai, andiamo. Cerchiamo di non fare tardi – le dico, prendendo lo zaino e aprendo la porta. 
- Le chiavi le prendo io, ok? Tanto torno prima - fa Ami. 
- Cambia qualcosa se dico che non è ok? – chiedo. 
- Assolutamente niente 
- Okay. 
Arriviamo davanti al garage. Apro la porta ed eccola lì, in tutto il suo splendore: la mia adorata vespa rossa, che ho battezzato Ermes, come il dio greco dei viaggi. È il mio fedelissimo compagno, non mi ha mai tradito. Sono fissata, lo so. Accanto ad Ermes, c’è la vespa bianca di mia sorella. Montiamo sui rispettivi veicoli e partiamo a tutta velocità verso la scuola, in una folle gara contro il tempo. Arriviamo giuste giuste e ci precipitiamo, praticamente volando, nelle rispettive classi, terza B per me e quinta A per lei. Appena entrata in classe noto che, con mio grande disappunto hanno già accalappiato i banchi migliori. Ne sono rimasti un paio soltanto in prima fila davanti al prof (orrore!). Per fortuna, sento qualcuno chiamarmi: 
- Amu! Ehi Amu!! 
Mi giro e sorrido sollevata: eccolo li, che mi sorride, con la sua aria gentile e quel ciuffo biondo che sta sempre dietro a sistemarsi. E, soprattutto, con un banco in ultima fila accanto al suo. 
- Tadase! – esclamo contenta, correndo verso di lui. 
- Tesoro!! – fa lui, abbracciandomi e schioccandomi i soliti tre baci sulle guance – E’ una quantità di tempo vergognosa - VER-GO-GNO-SA – che non ti vedo! Guardati! Sei più bella ogni giorno che passa! E cosa abbiamo qui? Divina, assolutamente divina, questa maglietta! Ralph Lauren, vero? Adorabile, davvero adorabile. Ti ho tenuto il posto accanto al mio, in ultima fila, ma adesso mi devi almeno un favoruccio: nella lotta contro quei bruti mi sono rotta un’unghia! – piagnucola sconsolato. 
Tutto questo l’ha detto senza nemmeno prendere fiato. Tadase è il mio migliore amico da… beh da sempre, credo. È completamente gay, ovvio, ed è davvero una persona meravigliosa. Gli voglio un modo di bene. La mattinata trascorre in fretta, salutando i vecchi compagni e conoscendone dei nuovi e, non appena suona la campana, Tadase ed io schizziamo fuori dalla porta come tappi di champagne. 
- Hérmes! Da quanto tempo che non ti vedo! – esclama Tadase rivolto alla mia moto . 
- Quante volte ti ho detto che si chiama Ermes? Uffa! Perché tutti quanti dicono Hérmes? – borbotto sconsolata. Seriamente, non c’è più cultura. Perché tutti quanti la chiamano così? Perfino mia madre. Vabbè. Tadase e io stiamo fuori tutto il pomeriggio e, quando rientro, scopro che mia madre tornerà solo fra una settimana a causa dei suoi impegni di lavoro e che mia sorella non ha cucinato niente. Fantastico. Eppure questa settimana toccava a lei cucinare. Salgo a passo di carica e spalanco la porta della camera di Ami, pronta a una litigata memorabile, quando la vedo coricata a letto con il piumone , anche se fa ancora caldo. 
- Amu! Meno male – coff coff- che sei arrivata! Ho 38 e mezzo di febbre… - mormora, chiudendo gli occhi. 
La mia rabbia svanisce. Le do le medicine e le faccio un te, poi esco chiudendo piano la porta. Chissà se oltre all’istinto materno c’è anche quello sorellesco. Scendo le scale e torno in cucina. Appoggiata sul tavolo c’è la torta che mamma ha lasciato per i vicini. Cavoli, me ne ero dimenticata! Beh, sono solo le sei e mezza, sono in tempo. Esco di casa e mi dirigo a grandi passi verso quella accanto. Suono il campanello e poco dopo sento dei passi avvicinarsi. 
La porta si apre ed esce.. O. MIO. DIO.
   
 
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