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Autore: Fanny Jumping Sparrow    23/09/2011    9 recensioni
" È successo diverse lune fa, ma lo ricordo ancora assai bene …"
"Odio lui, che è la malvagità fatta persona, e me stessa, che non l’ho capito subito e gli ho permesso di entrare a sconvolgere la mia vita."

La burrascosa storia di Jack e Angelica dal loro primo incontro al loro addio, secondo il mio punto di vista e attraverso i testi di alcune canzoni che serviranno, come una sorta di voce fuori campo, a tentare di rendere i pensieri contraddittori o nascosti dei personaggi. Farò riferimento anche a dettagli noti solo attraverso i commenti degli sceneggiatori e ad alcune scene eliminate.
Questa è anche e soprattutto la storia di un singolare triangolo amoroso formato da un capitano pirata, affascinante, inaffidabile e restio ai legami, da una donna sedotta, abbandonata e vendicativa, e da una nave contesa, ambita e inafferrabile.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angelica, Jack Sparrow
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Always have, always will.'
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Benvenuti nella mia nuova "creazione" piratesca!
Di recente ho rivisto "Oltre i confini del mare" ed è riemerso il desiderio di scrivere qualcosa sulla bella accoppiata Jack/Angelica (già Jackelica per il web). Proverò a tracciare la loro storia aiutandomi col testo di alcune canzoni che, a mio parere, si adattano bene a descrivere la loro relazione.
In questo caso ho scelto una canzone di Timbaland e Katy Perry, If we ever meet again, traducendola liberamente e inserendola in grassetto, ed ho adottato il punto di vista di Jack (nel prossimo invece ci sarà quello di Angelica) mentre il resto è frutto della mia fantasia, dato che non sappiamo molto del burrascoso passato di questi due.

In attesa di vostre opinioni, critiche, consigli, richieste di chiarimento, vi lascio al primo capitolo.
A presto!




Stirrings
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È successo diverse lune fa, ma lo ricordo ancora assai bene …


I: IF WE EVER MEET AGAIN


- Mannaggia!

Continuavo a correre con la terra che tremava, sotto gli stivali miei e dei miei inseguitori.
Alcuni di loro, devo ammetterlo, avevano una discreta mira e qualche proiettile era arrivato perfino a scalfirmi il cappello.

- Non bene!

Siviglia, soleggiata e ricca città della Spagna occidentale, a metà tra il Mediterraneo e l’Atlantico. Decisamente non era il territorio abituale per me, pirata dei Caraibi, ma i miei nuovi marinai mi avevano incoraggiato ad inseguire quella nave che ci aveva beffati in mare aperto, sfuggendo ai nostri cannoni e ai nostri tentativi di arrembaggio. Una volta nel golfo, però, l’avevamo presa e ci eravamo fatti trascinare dall’euforia della vittoria appena ottenuta tanto da buttarci nel saccheggio della cittadina.
Purtroppo quella marmaglia non era così capace e fedele come mi aveva fatto credere al momento del reclutamento …
Li avevo persi di vista da parecchie ore e adesso anch’io volevo sparire.
Se mi beccavano mi appiccavano.
Correvo e travolgevo chiunque finisse nella mia traiettoria: carretti, bancarelle, bambini, cani, gatti, passanti, cavalli.
Non conoscevo il luogo, mi lasciavo guidare dall’istinto e, svicolando dal gruppetto armato che mi braccava, grazie agli ostacoli che avevo lasciato cadere dietro di me, li seminai.
Mi inerpicai su una stradella ripida senza uscita.
Un alto e spesso muro correva lungo il suo perimetro rendendo quel luogo impenetrabile, con ciò, appena mi arrivarono le voci indemoniate dei soldati ispanici, riuscii ad arrampicarmi su uno stentato alberello d’ulivo, tutto storto e rinsecchito, che era accostato alla parete di pietra. Cercai di portarmi verso i rami che davano all’interno, per non essere visto da quei signori che mi volevano morto.
Ma, disgraziatamente, il ramo sul quale mi ero appollaiato era talmente storto che si spezzò quasi subito ed io ricaddi di peso sull’erba fresca e ben tagliata del cortile.
Aguzzai le orecchie per accertarmi che nessuno avesse sentito il mio tonfo e scattai lentamente a sedere, con il didietro ancora dolorante. Diedi un’occhiata tutt’attorno, senza spostarmi dalla mia posizione favorevole (ero coperto da alcuni cespugli di almeno quattro piedi): quella cinta racchiudeva un edificio squadrato e senza grandi decorazioni, mattoni di pietra viva risaltavano sulle pareti esterne formando di tanto in tanto delle piccole aperture per le finestre, ostacolate da grate di legno. In compenso il giardino era ben curato e ricco di piante, alberi e fiori.
D’un tratto ebbi la sensazione di essere osservato, le mie dita scivolarono sulla cintura con le armi, ma non appena alzai gli occhi incontrai quelli grandi e sconvolti di lei.
- Hola, chica – la salutai tranquillo a bassa voce, con un lieve cenno della testa e un sorriso di convenienza, mentre tornavo ad esaminare l’ambiente circostante spostandomi carponi. Regnava un innaturale silenzio smorzato solo dal canto delle cicale e di qualche uccelletto.
Mi accorsi di alcune sagome con le tonache e il capo coperto che passeggiavano a brevi passi dentro un porticato sullo sfondo. C’era anche una torretta con in cima una croce. Forse avevo capito finalmente dove mi trovavo.
Ma perché lei era lì, vicina alle mura che la separavano dal tumultuoso mondo esterno e non indaffarata in serafiche preghiere con le altre?
Rivolsi il mio intelletto alla graziosa fanciulla che non aveva cacciato un urlo pur vedendomi precipitare ai suoi piedi; eppure lì non doveva capitargli spesso di vedere entrare un uomo; infatti sembrava abbastanza interessata dalla mia presenza.
Tenendo la schiena contro il muro mi alzai cauto per guardarla meglio e mi sembrava di percepire un sensibile aumento dei suoi battiti e del suo respiro. Era poco più che una ragazzina ma sul suo viso spiccavano delle bellissime labbra voluttuose e due occhi castano scuro che emanavano una pericolosa combinazione di innocenza, fierezza, dolcezza e curiosità, ma erano pure velati da qualche lacrima che forse aveva versato poco prima.
Il suo corpo era costretto in un castigatissimo e anonimo abito grigio scuro, che non lasciava scoperto neppure un polso o il collo, ma che non poteva nascondere del tutto agli occhi di uno che, come me, ne capisce abbastanza di gentil sesso, le sue forme generose e il suo temperamento caliente.
- Cosa ci fa una come te, in un posto come questo? – le sussurrai rimasticando malamente quel poco di spagnolo che ricordavo, e sfiorandole una guancia immaginai quanto dovessero donarle quei lunghi capelli color dell’ebano sciolti dalle trecce che aveva appuntate sulla nuca.
La bella mora ignorò la mia provocazione e rispose con un’altra domanda: - Dì, sei venuto da solo o hai portato i tuoi amici?
Non compresi se il suo tono fosse più timoroso o speranzoso; sembrava una leonessa in gabbia, pronta a graffiare nel più inaspettato degli attimi pur di fuggire da quella prigione.
- Dimmi, qual è il tuo nome? – incalzai, raccogliendo dalla giacca una fiaschetta di rum e sorseggiandola per farmi venire in mente qualcosa, senza staccare lo sguardo dalla sua attraente semplicità, che forse mi stava facendo pure rischiare grosso tenendomi attaccato lì.
La ragazza mi si avvicinò: - Che stai bevendo?
Mi parve di intravedere della bramosia in quella sua richiesta; tentò di allungare una mano sulla mia, però l’anticipai riponendo la bottiglia, circondandole la vita e riducendo le distanze.
Sussultò e si irrigidì mentre i suoi occhi diventavano languidi. Accostai le labbra al suo orecchio:
- Lo so a cosa stai pensando … Piccola, qual è il tuo segno?
Sentii le sue mani scivolare sulle mie spalle e fermarsi alla base del mio collo: - Dimmi il tuo e ti dirò il mio – fece con uno sguardo inequivocabilmente provocante, indietreggiando e conducendomi sotto un arancio dalla folta chioma.
Strano atteggiamento per una che abitava in un convento. A meno che quello non fosse un bordello. Di donne ce n’erano parecchie, ma lo esclusi.
Io girai e la spinsi con la schiena contro quel tronco; avevo bisogno di mantenere la mia visuale libera sul cortile, nel caso qualcuno arrivasse.
La fanciulletta continuava a contemplarmi e ad abbracciarmi senza parlare, quasi avesse bisogno di sperimentare un po’ di calore umano. Quel luogo non doveva fornirgliene molto.
Il suo respiro sommesso e agitato mi dava alla testa. Abbassai il viso e, sfiorandole quel triangolino di pelle tra il colletto e il lobo dell’orecchio, passando poi alle tempie, le lasciai qualche bacio leggero sentendola cedere quasi subito, sciogliendosi tra le mie braccia.
- Usted es el diablo – mi parve che bisbigliò prima di rigirarmi la stessa domanda che le avevo rivolto io, ma stavolta in inglese: - Che ci fa uno come te in un posto come questo?
Restai sorpreso dal repentino cambiamento del suo tono, così impetuoso.

- Señorita Angelica!

Nel più bello, tre donne vestite di nero come cornacchie comparvero nel cortile gridando quel nome. La ragazza a malincuore si ricompose e sgusciò via dalle mie braccia, io mi abbassai per nascondermi meglio tra quei cespugli e prima di allontanarsi singhiozzò piano: - Non sarò più la stessa se ci incontreremo di nuovo.

Che significava?

- Non voglio lasciarti andare, dimmi se ci incontreremo di nuovo – convulsamente la voce mi scappò fuori con un accento melodrammatico, da damerino. Non era da me e me ne vergognai, tappandomi la bocca e sottraendomi alla sua vista.
Angelica si sporse verso di me con un sorriso radioso: - Questa caduta libera mi ha presa, baciami tutta la notte, non lasciarmi andare – arrabattò nel suo inglese sgangherato e mi concesse un’ultima occhiata complice prima di fuggire e andarsi a giustificare con quelle donne.

Ero confuso e stordito; peggio di un’ubriacatura. Poi riacquistai lucidità e mi arrabbiai. Temevo che rivelasse loro la mia inopportuna presenza e che mi avesse solo preso in giro per convincermi a seguirla ed uscire così allo scoperto, ma non lo fece.
Afferrai poco o niente della loro conversazione ...

- Ci sono dei pericolosi criminali in giro e finché non li avranno presi il governatore ha ordinato di chiudersi dentro le proprie case – strepitò spaventata la sorella più bassa e grassa.
- Cosa facevi qua fuori, figliola? – si informò con aria sospettosa la più anziana.
- Nulla madre, stavo solo pregando.
E i suoi occhi mi cercarono per un attimo. La portarono dentro ed io rimasi lì.

Non c’era modo di uscire da dove ero entrato: ero in trappola, non potevo scalare quel muro.
L’unica maniera per andarmene era trovare la stanza di quella adorabile ragazza, avvicinandola di nuovo e usandola per farmi strada all’esterno. Con un ostaggio non mi avrebbero sparato addosso; almeno speravo.
Dovetti attendere che calasse il sole per provare a violare quel posto. Nel frattempo anche le mie ricerche dovevano essersi sviate e il mio rum era finito.
Dopo sei rintocchi di campana non c’era più anima viva in giro e potei sgranchirmi le gambe. Avevo una possibilità su una ventina di indovinare la finestra giusta; e non avevo idea di come poterci arrivare. Nessun rampicante saliva fino alle stanze. Non c’era modo, decisamente.
Sospirai e, silenzioso come un gatto, mi intrufolai direttamente da un portone che aprii con moltissima tensione. Poggiavo soltanto la punta dei piedi sul pavimento ma il mio zompettio era amplificato dal tintinnio dei monili e delle cinture con cui sono uso guarnirmi.
Mi fermai quando delle lunghe ombre proiettate dal bagliore delle candele si affacciarono su un muro. Mi appiattii lasciandole passare e ricaddi all’indietro, avendo scambiato al buio una porta socchiusa per una parete rigida.
Non riuscii nemmeno a lamentarmi per la botta che una mano premette sulla mia bocca e un lumino mi rivelò che avevo inaspettatamente indovinato la stanza: - Vieni spesso? Giuro che ho già visto la tua faccia prima.
La spagnoletta mi accolse nella sua celletta con una battuta divertita e un’espressione rincuorata.
Il mio fascino non smetteva di sorprendermi. Era in mio potere prima ancora che pensassi a come farla capitolare.
Mi assicurai che la porta fosse ben chiusa e decisi di sfruttare al meglio la situazione: - Spero tu non mi veda arrossire, ma non posso farci nulla se ti voglio ancora, di più. – terminai quella dichiarazione improvvisata strisciando piano tra le sue braccia, attendendo il suo sì per annegare nella sua bocca che mi aveva aspettato sin troppo e ricambiò con entusiasmo la mia spavalda intraprendenza.
Sembrava più dolce di qualunque altra, sembrava diversa da qualunque altra.
Mi si avviluppò come una piovra e in pochi secondi tastai il letto su cui mi aveva trascinato non dandomi il tempo di liberarmi di spada, pistola, stivali e cappello. Provai a toglierli lo stesso, barcamenandomi tra i suoi baci vogliosi e le sue ardite carezze.
Quando ebbi finito mi concentrai solo su di lei … che di colpo si fermò e si sedette cavalcioni su di me: - Tesoro, raccontami la tua storia – mi esortò vezzosa strusciandomi i capelli profumati di incenso e di pulito sul viso e muovendo le dita su e giù sul mio petto – Non mi imbarazzo, non preoccuparti.

Bé, questo l’avevo notato. Richiesta ardua, in ogni caso. Non avrei saputo da dove cominciare con la mia vita strampalata, ma forse avevo capito perché me lo stava chiedendo. Temeva che la stessi usando. Allora dovevo convincerla che non era così, che mi piaceva davvero.
E ci riuscii davvero bene.
- Ti ho messo gli occhi addosso. Voglio andarmene con te stanotte – le promisi baciandola ancora con passione e insinuando la mano sotto la sua sottoveste.
- Vieni spesso qui? Ho bisogno di vedere ancora il tuo viso … Perché, tesoro io non sarò mai più la stessa se ci incontreremo di nuovo.

Io che mi ero immaginato una notte di fuoco, prima dell’inevitabile fuga del mattino, finii per scambiare con lei promesse d’amore più di quanto sperassi di fare, e di quanto avessi mai fatto in tutta la mia vita. Mi veniva stranamente naturale.

- Non ti lascerò andare – mugugnai cominciando a sfilarmi la cintura.
Angelica mi ghermì la faccia leccandomi una guancia, bruciava e tremava, aveva bisogno di uno come me: - Dime si te viera de nuevo.. Esta caìda libre me gusta mucho. Besame toda la noche, no me dejes.
La fissai per qualche minuto, serio, concentrandomi sui suoi occhi: - Non sarò più lo stesso se ci incontreremo di nuovo – mormorai con quanto più ardore mi riuscì di simulare, nel difficile tentativo di strapparle quella sicurezza che mi avrebbe permesso di farle chiudere la bocca, prima che ci sentissero e fossi mandato via in malo modo, compromettendo i miei progetti di evasione in grande stile.
Finalmente la mia pazienza pagò e la ragazza, abbracciandomi, mi lasciò fare quello che, oltre guidare una nave, mi riusciva meglio: - Se ci incontreremo ancora, avrò molte altre cose da dirti – tagliai corto buttando via la sua biancheria e venendo travolto dal suo turbine di baci, gemiti, sorrisi e sospiri.

Quella notte, forse, mi avrebbe cambiato davvero.





What’s somebody like you, doing in a place like this?
Say did you come alone, or did you bring all your friends?
Say what’s your name, what you’re drinkin’,
I think I know what you’re thinking.
Baby what’s your sign?
Tell me yours, I’ll tell you mine.
Say what’s somebody like you, doing in a place like this?
I’ll never be the same (if we ever meet again)
Won’t let you get away (say if we ever meet again)
This freefall (ahh), got me so (ohh),
 kiss me all night, don’t ever let me go.
I’ll never be the same (if we ever meet again)
Oohh, oohh say if we ever meet again.
Do you come here much?
I swear I’ve seen your face before. (before, yeah)
Hope you don’t see me blush,
but I can’t help to want you more, more.
Baby tell me what’s your story,
I ain’t shy and don’t you worry.
I put it with my eyes, wanna leave with you tonight.
So do you come here much?
I gotta see your face some more.
Some more, cause baby I …
I’ll never be the same (if we ever meet again)
Won’t let you get away (say if we ever meet again)
This freefall (ahh), got me so (ohh),
kiss me all night, don’t ever let me go.
I’ll never be the same (if we ever meet again) .
If we ever meet again, I’ll have so much more to say.
(if we ever meet again)
If we ever meet again, I won’t let you go away.
(if we ever meet again)
If we ever, ever meet again, I’ll have so much more to say.
(if we ever meet again)
If we ever, ever meet again, I won’t let you go away.
I’ll never be the same (if we ever meet again)
Won’t let you get away (say if we ever meet again)
This freefall (ahh), got me so (ohh), kiss me all night
Don’t ever let me go.
I’ll never be the same (if we ever meet again)
I’ll never be the same (if we ever meet again)
Won’t let you get away (said if we ever meet again)
This freefall (ahh), got me so (ohh), kiss me all night
Don’t ever let me go.
I’ll never be the same (say if we ever meet again)
   
 
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