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Autore: starlight91    25/09/2011    1 recensioni
La vita riserva molte sorprese per ciascun essere umano. Anche per Robert Langdon, nonostante sia un uomo libero e, nella quotidianità, spensierato, è in arrivo qualcosa in grado di cambiare la sua vita... c'è solo da vedere se in meglio o in peggio.
"Un'altra occhiata a quel bastoncino di plastica che aveva in mano. Cinquantaquattro giorni prima, dalla morte era germogliata la vita.
Stava per avere un figlio."
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Robert Langdon, Sorpresa, Vittoria Vetra
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Saluti





Robert Langdon aprì gli occhi, ancora ansante, mettendosi supino sul letto. Non riusciva ancora a rendersi pienamente conto di ciò che era appena accaduto.
Volontariamente era tornato al CERN, aveva appagato la sua voglia di baciarla e le aveva detto che non l'avrebbe mai più lasciata. E poi… poi si erano ritrovati a letto, nudi, a far l'amore con un trasporto tale da farli quasi piangere, senza smettere di baciarsi e di stringersi.
Ricordava bene quanto Vittoria fosse brava in quel campo, da buona esperta di yoga, ma anche lui non aveva scherzato. Ora sperava solo di non aver fatto un altro danno, o ben presto Lea avrebbe avuto compagnia.
Gli scappò un sorriso e l'afferrò per la vita, attirandola nuovamente contro il suo petto. Non gli sembrava vero di poterla avere di nuovo per se, senza preoccuparsi di nulla. Anche se aveva cercato di rimuoverlo, quel desiderio era rimasto latente per tutta la durata di quell'anno.
Vittoria, ad occhi chiusi, respirava profondamente. Semplicemente si lasciò trascinare verso di lui e poggiò la guancia sul suo torace, sentendosi finalmente al sicuro e meno sola. Le baciò la fronte e la strinse più forte. Avevano di nuovo bisogno di una doccia, nonostante il freddo erano più che accaldati.
Lui, con le labbra, le sentì la fronte.
- Va meglio? - Le chiese, sospirando.
- Cosa?
- La febbre…
Vittoria aprì gli occhi e lo guardò, con un sorriso stupendo.
- Cosa vuoi che me ne importi della febbre, stupido! - Lo baciò sul mento e lui colse l'occasione per rapirle nuovamente le labbra, ricambiando il sorriso.
- Mi hai forse dato dello stupido? - Con uno scatto felino la portò nuovamente sotto di se, baciandole il collo.
- Cosa vuoi, una doppietta?
- Anche una tripletta non mi dispiacerebbe…
Vittoria spalancò gli occhi, ironica.
- Stai attento, sei anziano, potresti non reggere!
Langdon ridacchiò, guardandola negli occhi.
- Non mi pare ti sia dispiaciuto… - La baciò di nuovo - E poi… se fossi così vecchio non ci sarebbe nemmeno Lea, scusa…
- Ecco, appunto… - Vittoria lo baciò e lo sospinse delicatamente, facendolo scostare - Dato che è già successo una volta vedi di starmi alla larga!
Si sistemò nel suo angolo di letto, coprendosi meglio col piumone. Cominciava a sentire freddo.
- Non hai poi tutti i torti - la raggiunse di nuovo, le baciò la spalla e l'abbracciò da dietro, rilassandosi sentendo il profumo dei suoi capelli. Chiuse gli occhi, cadde in un dolcissimo dormiveglia dal quale non avrebbe mai voluto svegliarsi, ma la voce di lei lo fece tornare alla realtà.
- Robert… - Iniziò lei, guardando fuori dalla finestra . Il cielo era terso e il sole splendeva.
- Dimmi.
- Prima mi hai detto che… che non vuoi più lasciarmi. Solo che… ecco, come farai? Qual'è il senso, insomma…
Langdon si aspettava quella domanda, era più che lecita. Sospirò ancora, la strinse più forte e come lei guardò fuori.
- Di certo non posso abbandonare tutto. La mia casa, il mio lavoro… non potrei.
Annuendo, Vittoria lo spronò a continuare.
- Però non voglio sparire. Insomma, non voglio che succeda la stessa cosa di un anno fa, capisci?
- Lo so, lo capisco. Ma…
- Ma voglio tornare qui da voi ogni qualvolta ne avrò la possibilità. E spero anche che tu faccia lo stesso. Casa mia è troppo grande e troppo vuota, soprattutto ora che avrei qualcuno con cui riempire la stanza degli ospiti…
Lei sorrise, anche se nascondeva un velo di tristezza. Voltò appena il capo, per riuscire a guardarlo negli occhi.
- Perché i compromessi non mi convincono?
Langdon parve rifletterci.
- Non abbiamo voluto far funzionare la cosa, Vittoria. E, personalmente, lo ritengo lo sbaglio più grande della mia vita…
- Solo perché c'è Lea?
Lui si bloccò. No, non era solo per sua figlia che accettava di volare su e giù, spendendo anche parecchi soldi. Si era pentito di non averlo fatto già quando non sapeva dell'esistenza di Lea. Vittoria era qualcosa di eccessivamente grande, che non avrebbe potuto rimuovere dalla sua vita così facilmente.
- No. Di Lea non sapevo nemmeno l'esistenza fino a due giorni fa. Mentre di te ho sentito parecchio la mancanza…
Vittoria s'immobilizzò.
"Ho sentito bene?"
Il cuore prese a batterle all'impazzata, a quelle parole.
- E poi, adesso… siamo una famiglia. Tante famiglie vivono separate per problemi lavorativi… - Non finì la frase, poiché lei si voltò e lo abbracciò forte, nascondendo il viso sul suo collo.
Langdon rimase sorpreso, ma ricambiò l'abbraccio. Pensò a quanto erano stati soli, tutto quel tempo, e a quanto si erano negati.
Chiuse gli occhi imprimendosi nella mente quel momento.

- Eccola qui, dottoressa. Come al solito è andato tutto bene!
Vittoria prese sua figlia in braccio, raggiante più del solito. Era davvero al settimo cielo e pareva se ne accorgessero tutti.
- Grazie! Ci vediamo domani! - Disse soltanto alla donna, uscendo dall'asilo con la piccola. Fuori, ad aspettarla, c'era Robert Langdon.
- Eccoci qua… - Gli disse, raggiungendolo. Lui sorrise, contento di rivedere la sua piccola.
- Ciao Lea, come va? - Le disse, e come al solito la neonata gli sorrise.
- Non è poi tanto giusto, però… - Vittoria parve imbronciarsi.
- Perché?
- A me mi ha sorriso dopo parecchio tempo! Mentre ecco che arriva lui e tac, le sta simpatico!
Langdon sapeva che scherzava.
- Beh sarà il mio fascino.
- Spiritoso.
- Scusa, se sto simpatico alla mamma perché non dovrebbe essere lo stesso per lei?
- E chi dice che alla mamma stai simpatico?
Vittoria avanzò di qualche passo, con fare altezzoso, lasciandolo di proposito indietro.
- A posto… ci sono tante belle studentesse che mi aspettano ad Harvard!
- Ma non ti hanno fatto una figlia stupenda…
"Ma perché deve sempre avere l'ultima parola?!"
Langdon la raggiunse, la fermò e la baciò. Non sapeva in che altro modo terminare la conversazione e averla comunque vinta.
- Ecco, vedi? Non puoi competere con me, professore… - Gli disse Vittoria, saccente ma comunque, per lui, adorabile. Non sapeva come fosse possibile provare quell'istinto animalesco per una donna capace di mettergli i piedi in testa in qualsiasi momento.
- Me ne sono accorto da parecchio. Dai, andiamo.
D'istinto le prese la mano e camminarono così, come una vera famiglia. Era la prima volta che, con Lea, erano così vicini. E per la prima volta non si sentirono a disagio.

Langdon ringraziò la donna che gli porse il biglietto. Aveva avuto una buona idea, prendendo il last minute aveva risparmiato almeno la metà del costo del volo.
Tuttavia, voltandosi verso le sue due donne, pensò che, anche se avesse preso gratis l'aereo, non sarebbe riuscito a ritrovare il sorriso.
Si avvicinò a loro. Vittoria, seduta su una delle sedie della sala d'attesa, teneva tra le braccia la sua bambina, placidamente addormentata. Anche lei sembrava alquanto triste.
Sedette accanto a lei e guardò il visetto rilassato della sua creatura.
"Quando potrò rivederla?"
Poi alzò lo sguardo su Vittoria, che cercava di apparire serena, per quanto possibile.
- Mi chiamerai appena sarai arrivato?
- Ma certo… perché non dovrei farlo?
- Anche l'altra volta dovevi richiamarmi…
Sospirò.
- Sai bene che la situazione era diversa.
- Sì, lo so… quanto manca?
L'uomo controllò il biglietto ed esitò a rispondere.
- Devo andare il prima possibile.
Vittoria lo guardò, poi abbassò lo sguardo su Lea. Aveva addosso uno strano senso d'angoscia. Aveva paura che accadesse di nuovo, di restare sola. Saperlo dall'altra parte del mondo era confortante perché poteva chiamarlo in qualsiasi momento, mentre era devastante perché non poteva sapere cosa stesse facendo, da solo. E se davvero non si fosse più fatto vivo? Fece un respiro profondo, sentendo gli occhi gonfiarsi.
- Tra tre settimane dovrei andare a Firenze ma… non so ancora.
- Come non sai ancora?
- Non so se mi presenterò a quella conferenza.
- Perché?
Langdon non poteva di certo dirle che aveva dato appuntamento a Sophie proprio in quell'occasione. Già la sera prima, quando la francese lo aveva insistentemente chiamato, aveva rifiutato la chiamata e al domandare di Vittoria aveva inventato una banale scusa.
Stavano insieme da appena due giorni e già aveva dovuto mentirle.
- Non so ancora, comunque… potrei anche ripensarci - le sorrise, alzandosi in piedi e aiutando lei a farlo.
Stava succedendo di nuovo, dopo un anno. Eppure sapeva che stavolta non sarebbe stato un addio. Ma era pur sempre triste…
- Mi raccomando, devi prenderti cura di te. Non voglio più trovarti a digiuno, ok?
Le carezzò la guancia e lei annuì, abbozzando un sorriso.
Sollevarono lo sguardo sentendo chiamare il volo di Langdon, poi si guardarono negli occhi, di nuovo.
- Devi andare…
L'uomo annuì. Già gli mancava… Si avvicinò e l'abbracciò delicatamente, per non far male alla piccola, che si mosse infastidita dai rumori e i movimenti.
- Posso partire tranquillo? - Le sussurrò nell'orecchio.
- Certo. Però Robert… - S'interruppe per stringersi a lui più forte - Mi mancherai…
Langdon le baciò la guancia.
- Anche a me mancherai. Anzi, mancherete…
Vittoria lo lasciò andare. Aveva gli occhi lucidi.
- E' tardi, devi andare.
L'attirò di nuovo a se e la baciò, stavolta dolcemente. Chissà quando avrebbe potuto farlo di nuovo… Poi si staccò, le sorrise e abbassò lo sguardo sulla piccola. Si chinò e le baciò i radi capelli scuri, mentre già apriva gli occhi.
- Fa la brava, piccola… - Pensò che, all'andata di quello strano viaggio, non sapeva nemmeno di avere un angelo simile.
Baciò di nuovo Vittoria e si voltò con un 'ciao'. Non sapeva che altro dire.
La donna lo seguì con lo sguardo, stringendo forte a se la bambina. Non credeva che salutarlo sarebbe stato così triste, quasi si sentiva come all'aeroporto di Roma, un anno prima, quando doveva ancora seppellire suo padre e, in fondo, sapeva che non l'avrebbe più rivisto.
Aveva tuttavia un rimorso… non gli aveva detto la cosa fondamentale. Sospirò e si voltò verso l'uscita.
Quand'era già alla porta scorrevole, tuttavia, quasi le venne un colpo nel sentire che qualcuno arrivava di corsa alle sue spalle e l'afferrava per la vita.
- Robert! - Disse sobbalzando e portandosi una mano al petto. Lea iniziò a frignare, spaventata.
- Scusa… scusa non volevo spaventarti ma… devo dirti una cosa… - aveva il fiatone ed era senza valigie.
"E' matto da legare…" Pensò Vittoria, ancora sconvolta.
- Volevo dirti che… ti amo!
Le sorrise, prendendole il volto tra le mani e baciandola di nuovo. Vittoria gli si gettò al collo, nonostante avesse Lea stretta al fianco.
Aveva proprio la capacità di leggerle nel pensiero.
- Anche io ti amo, Robert.
  
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