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Autore: Sophie Hatter    01/10/2011    13 recensioni
Devo ammettere che un po’ è strano, comportarci in modo cordiale.
Implica una rivoluzione dei nostri rapporti interpersonali su scala mondiale.
Un po’ di tempo fa io ero quella con cui litigava, ora sono quella con cui trascorre diversi minuti del suo tempo libero a parlare di bagni intasati, di Pix a piede libero, di quadri che si rifiutano di fare il loro dovere, di insegnanti che non hanno mai tempo per ascoltare le nostre esigenze e di Silente che, tutte le volte che ci vede, ci offre da bere una bibita al caramello.
Insomma, chi se l’aspettava?

*
“Sai, in certi momenti riesci perfino a farmi dimenticare quanto tu riesca ad essere insopportabile”, mi dice, nel momento in cui io ho appena finito di imbottirmi dappertutto. All’inizio rimango a fissarla sbalordito, poi ritorno in me e scrollo la testa, esasperato.
“Suppongo che questi momenti in genere corrispondano alle mie pause di silenzio”, borbotto, e sento che lei scoppia a ridere di gusto. Ispiro proprio ilarità, non c’è che dire.
“Oh, no, per una volta ti giuro che non volevo essere cattiva …”
Io sbarro gli occhi senza ritegno, stupefatto. Non riesco a credere alle mie orecchie, è impossibile che abbia davvero detto una cosa del genere. Una frase simile non può realmente essere uscita dalla sua bocca.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is... (the only weapon which I got to fight)'
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Nota d’inizio: non posso non scusarmi per l’enorme ritardo con cui pubblico questo capitolo. Purtroppo, come ho accennato a chi mi ha chiesto novità negli scorsi mesi, sono stata parecchio incasinata con gli esami, iniziandoli a maggio e finendo per trascinarmene due a settembre, e durante le vacanze estive non ho sempre avuto il pc a disposizione; senza contare che, anche stavolta, più che una semplice correzione del capitolo si è trattato di una ristesura completa. Ora che ho terminato gli esami ho ritrovato il giusto tempo da dedicare alla storia e, contemporaneamente, ho “partorito” una nuova versione che mi soddisfa abbastanza; spero possiate perdonarmi e avere pazienza, anche se ormai mancano pochi capitoli alla conclusione di questa fic e, quindi, mi auguro davvero di riuscire ad ultimarla prima della prossima sessione XD
Fine delle noiose comunicazioni di servizio, vi lascio al capitolo.
Buona lettura.



Capitolo 17 – L’Ordine della Fenice

 
 
Mentre si ride si pensa che c'è sempre tempo per la serietà.

(Franz Kafka, Diari)

 
 

13 marzo 1978
 
Ci sono state delle volte – diverse volte, in realtà, più di quanto la maggior parte della gente sarebbe pronta a scommettere – in cui mi sono reso conto che il mio infrangere le regole si stava spingendo un po’ troppo oltre quanto fosse mediamente consentito. Anche quando ero soltanto un bambinetto smilzo e chiassoso che si divertiva a sperimentare, ogni volta, quante nuove rughe riuscivano a comparire sulla fronte e ai lati della bocca della professoressa McGranitt prima che esplodesse pronunciando le fatidiche parole: “Signor Potter, punizione!”.
Se ogni giorno facevo casino per un minuto in più, il numero di rughe che compariva prima dell’esplosione diminuiva. Se invece per un paio di lezioni facevo finta di essere diventato improvvisamente buono e tranquillo, la volta successiva ottenevo quasi di tirarla per le lunghe fino al suono della campana. Ma non riuscivo quasi mai a farla franca. Perché l’adorata Minerva era capace di rincorrermi fino in capo al mondo, se necessario. Il numero di punizioni scontate per lei nei miei sette anni di carriera a Hogwarts era sostanzialmente infinito, anche se negli ultimi due le avevo dato parecchia tregua. Ora che ci penso, in teoria, la cara e dolce Minerva avrebbe dovuto abbracciarmi come un figlio e ringraziarmi perché, finalmente, mi ero deciso a darmi una calmata e a smetterla di tirare la corda contando le sue rughe.
Insomma, tutta questa pappardella per spiegare che in teoria anch’io, James Potter Malandrino di professione, so quando è il momento di fermarmi.
Solo che, alla fine, le circostanze non mi aiutano mai a concretizzare questa teoria. È per questo che finisco nei guai, non perché io sia così incosciente ed irresponsabile.
Qualche volta si tratta di Sirius, al quale non so mai dire di no.
Quando poi, finalmente, riusciamo a tirare in mezzo Remus, la voglia di non fermarsi raddoppia.
Senza contare che Peter ci incoraggia sempre, con il massimo dell’entusiasmo, e diventa davvero difficile deluderlo.
Ok, questa volta non c’era di mezzo nessuno di loro. Ho fatto tutto da solo.
In realtà non è proprio vero: la parte divertente, in questo ennesimo guaio in cui mi sono cacciato, è che Lily è colpevole almeno quanto me. Perciò, per una volta, non rischio di essere trucidato in Sala Grande o decapitato nel sonno o centrato da una raffica di  Bolidi liberati abusivamente mentre mi alleno nel campo di Quidditch.
Questo, devo ammetterlo, mi fa quasi venire voglia di ghignarmela immensamente.
Però poi ripenso alle rughe della McGranitt e al fatto che, con quelle rughe ben accentuate sul viso, ieri notte ci ha detto che verremo convocati da Silente.
A me sembra davvero molto, molto esagerato, che diamine.
Era più che sufficiente una semplice punizione, come le innumerevoli che già mi ha affibbiato nel corso degli anni. È vero, forse se n’è dovuta inventare talmente tante che ormai ha perso la fantasia. Però scomodare addirittura Silente …
… e va bene, lo sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato. Quello in cui il nostro amabile Preside, di fronte alla nuda e cruda realtà, dovrà rendersi conto di aver commesso un terribile errore e, di conseguenza, per quanto gli dolga, sospendermi dall’incarico di Caposcuola. Anzi, forse addirittura sostituirmi. Sostituirmi con Snivellus, perché no. Questo sì che mi farebbe desiderare istantaneamente la morte.
Però suvvia, non è che io abbia combinato dei disastri clamorosi in questi sei mesi d’incarico.
Sono sempre stato super-mega-gentile con gli studentelli del primo anno – sì, anche con i Serpeverde. Lily può testimoniarlo. Non ho reagito neppure quando quelli del nostro anno me ne hanno aizzati contro un paio durante un gruppo di ripasso prima delle verifiche trimestrali (questo, ovvero obbligarmi a tenere delle lezioni di ripasso di Trasfigurazione e Incantesimi a dei piccoli odiosi Serpeverde, è stato uno degli ultimi colpi di genio della McGranitt, prima che evidentemente la sua fantasia si esaurisse). Ho sempre scortato con garbo le scolaresche fino ai confini di Hogsmeade senza lanciarmi in avanti correndo come un ossesso per arrivare primo da Mielandia. Ho portato comunicazioni dall’uno all’altro professore, anche se Kettlebourne ogni tanto si spaventa ancora nel vedermi comparire nel suo ufficio. Non ho smesso di pattugliare regolarmente i corridoi neppure adesso che sto ancora scontando l’odiosa, ingiusta e meschina punizione di Slughorn, riuscendo comunque a mantenere alta la mia media scolastica. Insomma, finora sono stato un dio Caposcuola. Godric Grifondoro sarebbe stato fiero di me, eccome.
Nonostante ciò, sono stato così sfortunato da essere beccato in giro di notte oltre l’orario consentito in compagnia della mia ragazza.
Già, perché purtroppo non abbiamo il permesso di restare fuori dai dormitori tutta la notte. Le dieci erano passate da un pezzo quando è successo tutto il trambusto. Il motivo per cui ci siamo per così dire trattenuti, posso assicurarlo, non è colpa mia: è che Lily, ultimamente, con l’arrivo della primavera sta diventando assatanata. Giuro, non scherzo. E quindi cosa dovrebbe fare un povero diavolo come me, sobbarcato tutto il giorno di lezioni, allenamenti, punizioni e compiti, che per giunta la notte è costretto a rientrare in un dormitorio abitato da altri tre maschi russanti (e di conseguenza totalmente privo di privacy)?
Certo, non le ho detto di no. Anche se avevo guardato l’orologio e avevo visto che era tardi. Va bene tutto, ma non sono mica scemo. E non ho nemmeno l’autorità sufficiente a tenere fuori Sirius, Remus e Peter dalla nostra stanza durante il giorno. Sempre se avessi molto tempo per queste cose, durante il giorno.
Posso comunque assicurare che avevamo pattugliato tutti i corridoi e i piani di nostra competenza. Solo che, mentre ci accingevamo a tornare in dormitorio, ci siamo ritrovati a passare (grazie ad una scala che non ne voleva sapere di farci salire) nei pressi della Sala Grande. E lì è finalmente accaduta una cosa che in sei mesi non si era mai degnata di succedere: sono dovuto intervenire durante una ronda serale.
Anche se in teoria si era già conclusa da un pezzo, ma questi sono dettagli irrilevanti.
Insomma, quello che è successo è che, passando di lì, abbiamo sentito delle grida, e come dei pugni che battevano sul massiccio portone d’ingresso. Lily si è bloccata con un’espressione piuttosto terrorizzata e io, all’inizio, ho tentato di sdrammatizzare dicendole che, probabilmente, si trattava soltanto del Barone Sanguinario.
Ma i colpi non cessavano, le grida neppure, perciò cominciai a pensare che forse c’era qualche problema serio.
“Dobbiamo andare a vedere”, ho detto a Lily. Lei ha annuito e sfoderato la bacchetta, e io ho fatto lo stesso, dopo aver creduto per un attimo di averla persa – in realtà ce l’avevo nella tasca sbagliata. Ho messo via il Mantello dell’Invisibilità, dopodiché ci siamo avviati verso l’ingresso. Man mano che ci avvicinavamo, scendendo le scale di marmo dell’enorme atrio, ci rendevamo conto che le grida e i colpi dovevano provenire per forza da fuori. Qualcuno voleva entrare nel castello, disperatamente.
E chissà chi diamine poteva mai essere, a quell’ora di notte.
A un certo punto, però, la voce ha urlato “APRITE!”, e a me è parso proprio che fosse quella di Hagrid. Ho dato una gomitata a Lily e l’ho messa a parte del mio sospetto, evitando di soffermarmi sulla sua occhiata fulminante.
“Può darsi che tu abbia ragione, ma potrebbe essere una trappola”, mi ha risposto lei, in un sussurro.
“Lo so, ma Hogwarts dovrebbe essere ben protetta …”
“Non possiamo dirlo con sicurezza”.
“… inoltre, secondo te, quale persona con intenti poco amichevoli è così idiota da venire a bussare direttamente alla porta?”
“Dobbiamo fare in modo che si faccia riconoscere, potrebbe benissimo aver preso le sembianze di Hagrid per ingannarci”.
“Certamente. Qualche idea su come fare?”
Lily non ha risposto. I miei tentativi di rassicurare sia lei che me stesso non erano andati molto bene. Ci siamo avvicinati ancora di più, mentre il portone veniva scosso da colpi sempre più forti. Quell’idiota di Gazza, dove si era cacciato in un momento come questo? Non che potesse rivelarsi utile in qualche maniera, ma chissà perché, invece, quando ero io quello che faceva casino in giro per il castello lui finiva sempre per capitare dalle mie parti …
“APRITE!”
“Oh, accidenti, Lily, sembra nei guai, dobbiamo farlo!”
“E va bene, James, va bene! Ma tieni la bacchetta alzata, prima che questa si riveli l’idea peggiore che tu abbia mai avuto”.
Ovviamente non si trattava di un inganno. Era veramente Hagrid: siamo rimasti immobili per dieci secondi con le bacchette puntate, ma lui non ha fatto assolutamente niente di pericoloso. Si è limitato a guardarci con espressione disperata, chiedendo che lo portassimo da Silente.
Ho notato subito che trasportava una persona a forza di braccia: era una donna con uno scialle verde, in stato di incoscienza.
“Che è successo?” gli ho chiesto, incerto, mentre avanzavamo nella direzione dell’ufficio di Silente.
“Mi spiace, James, non posso dirvi niente”.
“Ma come? Quella donna è ferita? Sta bene?”
“Non lo so, è per questo che ho bisogno di Silente. Eravamo di pattuglia, stanotte, io e lei e Dedalus, e poi siamo stati attaccati, Emmeline ha perso i sensi e non ho idea di che tipo di incantesimo l’abbia colpita … sapete, io … sono stato espulso e certe cose … certe cose non le ho mai imparate …”
Gli occhi di Hagrid avevano iniziato ad inumidirsi di lacrime. Lily, a fianco a me, non diceva una parola.
“Non volevo che morisse solo perché io non sapevo cosa fare, lo capite, vero? È per questo che sono scappato, non perché avessi paura dei Mangiamorte. Ma quando sono arrivato davanti al portone di Hogwarts mi sono ricordato di aver perso le chiavi qualche giorno fa, per questo mi sono messo ad urlare … scu-scusate”.
A dispetto del fatto che avesse affermato di non poterci dire niente, Hagrid ci aveva appena raccontato tra le lacrime quasi tutto ciò che era successo. Quando eravamo quasi arrivati da Silente, tuttavia, abbiamo incontrato la McGranitt. È stata lei a prendersi carico di Hagrid, ma prima di allontanarsi con lui ci ha rispediti immediatamente a letto e ha detto che domani ci avrebbe portati dal Preside.
Lily ha continuato ad essere taciturna durante tutto il tragitto di ritorno fino alla Torre di Grifondoro e non sono riuscito a renderla granché partecipe della discussione – o meglio, del monologo – su quale diamine fosse questa segreta occupazione di Hagrid e sul perché si fosse trovato in una situazione del genere. Probabilmente, era preoccupata di vedersi revocare il distintivo di Caposcuola almeno tanto quanto me.

*


Il giorno dopo, mentre usciamo dalla lezione di Erbologia, Lily aspetta un po’ prima di farmi notare quanto sono stato eccezionalmente silenzioso durante tutta la prima ora della mattinata. Mi sono accorto che lei, dopo averci dormito su, sembra aver preso abbastanza con filosofia la convocazione di stasera nell’ufficio del Preside, non essendo incline all’impazienza come il sottoscritto; tuttavia, per me la faccenda è un pochino diversa. L’ultima volta che mi sono trovato faccia a faccia con Silente, lui mi ha praticamente riassunto la mia vita senza in realtà avervi mai preso parte in chissà che maniera.
“Lily”.
“Uh?”
“Non ti è mai capitato di essere convocata da Silente da sola?”
 “In effetti, ora che ci penso, no”.
“E la cosa non ti spaventa neanche un po’?”
“Non riesco a capire dove vuoi arrivare. Mi stai dicendo che dovrei avere paura?”
Mi stringo nelle spalle, lievemente contrariato.
“Io ne ho”.
Ride. Lo sapevo, che l’avrei fatta ridere. Mi si avvicina e mi prende sottobraccio, accarezzandomi una guancia con il dorso della mano.
“Povero piccolo. Non ti devi preoccupare, lo stregone cattivo non ti farà del male. Ci penserà la mamma a proteggerti …”
“Oh, come sei rassicurante. Non potresti mai sperare di trarre in inganno tuo figlio con questo tono così apertamente sarcastico”, borbotto, scuotendo la testa. Nonostante si tratti di una palese presa in giro nei miei confronti, non riesco a fare a meno di emozionarmi ancora per qualche stupida carezza. Sì, sono pazzamente innamorato, va bene? Non vedo perché io debba sentirmi così ridicolo. La gente cade dalle scale, si ustiona la lingua con il the bollente, riceve un predicozzo dalla Vector durante una lezione noiosa, si perde a Hogsmeade quando ci mette piede per la prima volta e si innamora anche … non è mica così anormale, la mia vita.
“Scherzi a parte, perché hai paura di Silente?” mi chiede Lily, ritornando immediatamente seria e fissandomi con la curiosità nello sguardo. Io cerco di tergiversare, bofonchiando qualche scusa e facendo smorfie incerte.
Ma lei non demorde.
“Dai, dimmelo. Non ti prendo in giro”.
Le riserbo un’occhiata scettica. Crede davvero che abbocchi così facilmente?
“Davvero. Promesso”.
“Aspetta a promettere. Devo assicurarmi che non incroci le dita”.
“I cinque anni li ho passati da un pezzo, James”.
“E va bene. Ma se sento anche solo un accenno di risata, avrai il piacere di farti un altro bagno insieme al sottoscritto”.
La osservo trasformarsi in una maschera di rossore e mi metto a gongolare silenziosamente. Evans zero, Potter uno.
“In fondo non dovrebbe dispiacerti, l’altra volta ci siamo divertiti”.
“L’altra volta mi hai tolto i vestiti di dosso contro la mia volontà!”
Due ragazze di Tassorosso del quarto anno ci passano di fianco guardandoci di sottecchi, nel tentativo di reprimere una risata maliziosa.
“Ben fatto, cara. Ora tutta la scuola penserà che sono uno stupratore provetto”.
“Che dovevo fare, inventarmi su due piedi una versione edulcorata della faccenda?”
“Ma hai rovinato la mia, di reputazione! Crederanno sicuramente che tu sia stata in grado di difenderti. Fidati, nessuno scoprirà mai che in realtà alla fine hai capitolato e sei scivolata in quella vasca di tua spontanea volontà …”
Non facciamo nemmeno in tempo a girare l’angolo che ci troviamo davanti un gruppo di ragazzi di Grifondoro del quinto anno, che cominciano a fischiare al nostro passaggio.
Mentre continuo a camminare, mi volto verso Lily. Sembra quasi non respiri, nello sforzo di trattenere la rabbia.
“Ti conviene stare molto attento alla prossima cosa che dirai, perché ho la bacchetta a portata di mano e non ho paura di usarla”, sibila, minacciosa. Io ridacchio, divertito.
“Grazie per avermi avvisato”.
“Non c’è di che!”
Imperturbabile, mi avvicino e le metto un braccio intorno alle spalle.
“Non vuoi sapere di Silente?”
“Oh, e va bene, va bene”.
Sogghigno sotto i baffi, soddisfatto. Evans zero, Potter due. Oggi è proprio la mia giornata.
Tuttavia, adesso viene la parte peggiore.
Ma James Potter è coraggioso. James Potter è l’orgoglio di Grifondoro. James Potter non ha paura del Preside.
“Uhm, ti ricordi di quando ti è arrivato il distintivo di Caposcuola?”
Lily annuisce.
“Come hai reagito?”
La osservo chinare la testa, facendo vagare lo sguardo sul pavimento in un attimo di incertezza.
“Beh, ho semplicemente tentato di nasconderlo alla mia famiglia, perché volevo evitare altre manifestazioni di gioia che avrebbero finito per farmi guadagnare di nuovo il disprezzo di mia sorella. Non volevo seccature, mettiamola così”.
Rimango a fissarla in silenzio, rendendomi conto che non mi aspettavo di certo una risposta del genere. Avevo già intuito varie volte che i suoi rapporti con la sorella non erano dei migliori, ma non avevo esattamente idea di che cosa ci fosse che non andava. Pensavo si trattasse di semplice antipatia familiare.
“Che aspetti? Va’ avanti”, mi riprende lei un attimo dopo, risvegliandomi di colpo dai miei pensieri. La mia innata sagacia mi permette di comprendere che non ne vuole parlare, perciò mi schiarisco la gola e ritorno al discorso iniziale.
“Bene, ecco, la mia reazione è stata di pensare che Silente fosse diventato pazzo. Gli ho scritto per chiedere chiarimenti e lui si è presentato a casa mia, abbiamo parlato e … a parte il fatto che è veramente pazzo, mi ha detto delle cose di me, che non ho mai capito da che cosa abbia potuto dedurre …”
Lily inarca lievemente un sopracciglio.
“Che Silente sia un Legilimens molto abile non è certo un mistero”.
“Sì, ma se mi ha già esaminato i pensieri una volta niente gli impedisce di farlo di nuovo, e se lo fa, addio al nostro piccolo segreto”.
“Vuoi dire Remus?”
“Aha”.
“Quindi vorresti metterti a studiare Occlumanzia in vista della convocazione di stasera?”
“No, no … sono solo un po’ nervoso”.
Mi infilo le mani in tasca, rallentando il passo. Lily mi getta un’occhiata di sbieco.
“Cosa ti ha detto Silente di così terribilmente scioccante?”
“Beh, ecco, niente di che … mi ha detto che ho scarsa stima di me stesso, che sono maturato in questi anni, e poi qualcosa a proposito della necessità di gettare la mia vecchia maschera”.
Lily assume un’espressione intenerita. Io mi sento terribilmente in imbarazzo. Non mi piace pensare a com’ero e a come mi comportavo prima di arrivare a capire che in quel modo ottenevo soltanto di farmi detestare da lei, e soprattutto non mi piace ricordarglielo. Probabilmente avrà anche fatto fatica a sopportare tutte le volte in cui le sue amiche saranno andate a chiederle cose del tipo “Ma stai davvero con quell’idiota di James Potter? Ma mica lo odiavi?”. Insomma, sono a disagio. Profondamente a disagio.
“Chissà che faccia devi aver fatto, povero piccolo”, mi dice lei, accarezzandomi la nuca. Io stringo le labbra. I suoi istinti materni oggi sembrano essere particolarmente acuti.
“Dev’essere stato traumatizzante sentirsi dire la pura e semplice verità, in effetti”.
“Non puoi capire. Tu magari te l’aspettavi, io non me l’ero nemmeno mai sognato di diventare Caposcuola. Mi sarei stupito di meno se mi avessero detto che Vitious è cresciuto di trenta centimetri”, bofonchio, indispettito. Lei mi sorride, tenendomi la mano.
“Beh, mi pare che finora tu non ti sia rivelato proprio un completo disastro. Perciò smettila di essere così pessimista, muovi le gambe e andiamo in classe”.
E va bene, va bene. Evans uno, Potter due. Ma quello in vantaggio, per il momento, sono sempre io.
 
*

Ultimamente mi succede spesso di trascorrere una quantità considerevole del mio tempo insieme a James, Sirius, Peter e Remus. Non saprei dire con esattezza come ho fatto ad entrare nel giro, ma probabilmente è stato merito di James: se lui non avesse deciso di darmi fiducia agli occhi di tutti loro mettendomi a parte dei loro segreti, non credo che mi avrebbero mai accolta in maniera assoluta all’interno della cerchia più esclusiva di tutta Hogwarts. L’alone di mistero che li ha sempre circondati ha inevitabilmente interessato anche me, ogni tanto; era impossibile non domandarsi mai per quale motivo, a un certo punto, avessero iniziato a chiamarsi con degli strani soprannomi, o perché trovassero così interessante andare sempre in giro per la scuola. Ora che so tutto, inevitabilmente, non posso più considerarmi una Caposcuola ligia al dovere. O forse, addirittura, dovrei iniziare a definirmi – come dice James – il quinto Malandrino.
Merlino, chi l’avrebbe mai detto che sarei finita in una situazione del genere.
In ogni caso, questo nuovo cambiamento è piacevole: tutti e quattro messi insieme sono spassosi e non cessano di esserlo neppure a fine giornata. Sono terribilmente diversi l’uno dall’altro, eppure condividono gli stessi ideali: è proprio per questo che io e James non abbiamo avuto un attimo di esitazione nel correre da Sirius, Remus e Peter per metterli al corrente di quanto Silente ci ha rivelato durante il colloquio.
“Siete sicuri di potercene parlare?” domanda Remus, con aria lievemente incerta. Io faccio un gesto con la mano per tranquillizzarlo.
“Puoi contarci, ci ha detto lui di discuterne con chi avessimo ritenuto degno di assoluta fiducia”.
Lui annuisce, dopodiché restiamo in silenzio per qualche secondo, seduti sopra i letti del dormitorio maschile del settimo anno. La confusione regna sovrana: cuscini sulle scrivanie, libri gettati dentro i calderoni di Pozioni, pacchetti di caramelle di Mielandia sopra pile di calzini piegati, figurine delle Cioccorane appiccicate sulle testate dei letti, il manico di scopa di James infilato nel portaombrelli e agghindato con un cappello e una sciarpa di lana. Sospiro tra me, rassegnata; in fin dei conti, non c’era un altro luogo privato dove svolgere quella conversazione senza infrangere il coprifuoco serale.
“Beh, dai, non teneteci sulle spine”, ci esorta Sirius. “Siete riusciti a capire cosa sia successo esattamente ieri notte?”
“Sì, diciamo di sì”, gli rispondo io. “La donna che Hagrid ha portato al castello si chiama Emmeline Vance ed è una persona che Silente conosce molto bene. È stata ferita durante uno scontro, ma Silente e la McGranitt l’hanno soccorsa in tempo. Ora si trova al San Mungo e dovrebbe essere fuori pericolo”.
“E perché Hagrid diceva che non poteva raccontarvi niente, se Silente invece l’ha fatto?” domanda Peter, curioso.
“È una storia piuttosto lunga”, gli rispondo. “Spieghi tu, James?” lo invito, allungandogli un buffetto sul braccio. Ci scambiamo un’occhiata d’intesa, dopodiché lui inizia il suo discorso, calandosi in pieno nella sua nuova parte: quella della persona seria.
“Insomma, ragazzi … Silente ci ha raccontato un po’ di cose, cose terribili, a dire la verità. Dice che tutte quelle sparizioni misteriose, di cui parla il Profeta, sono persone che vengono messe fuori gioco da un solo mago, quello che chiamano Colui-che-non-deve-essere-nominato”.
“Nessuno conosce il suo vero nome?” domanda Peter.
“Voldemort. Si fa chiamare così”, risponde Sirius, attirando tutti gli sguardi su di sé. Lui si stringe nelle spalle, ostentando noncuranza.
“Non stupitevi se vi dico che la mia famiglia lo sostiene da sempre. Sperano che dia una bella ripulita al mondo magico, cacciando dalla comunità tutti i figli di Babbani”.
“Allora è per questo che tuo fratello sta con quella gente?”
“Probabile, anche se principalmente credo che lo faccia perché è un povero scemo bisognoso di sentirsi qualcuno. Ma, ehi, qui stiamo uscendo fuori tema. Dicevi, James?”
Lo osservo prendere fiato, per l’ennesima volta.
“Insomma, Silente ha detto che Voldemort …”
“Non chiamarlo così, James, mette i brividi”, implora Peter, con aria preoccupata.
“Andiamo, Wormtail, se lo nomini non si Materializzerà di certo davanti a te!” sbotta Sirius, sarcastico. Peter assume un’aria contrita.
“Ci sarà un motivo se nessuno lo chiama per nome …”
“Non fa niente, non è questo il punto”, riprende James. “Il fatto è che la situazione è molto più grave di quello che scrivono sui giornali. Voi-sapete-chi non ha solo intenzione di conquistare il mondo magico: ha anche intenzione di distruggere ogni contaminazione esistente fra i maghi e i Babbani. Un sacco di sparizioni e omicidi di Babbani sono collegate a lui, anche se i nostri giornali non ne parlano. Inoltre, sta arruolando seguaci ovunque. Vuole avere dalla sua parte i Giganti, i Dissennatori, i Vampiri e perfino gli studenti di Hogwarts – quelli che secondo lui ne sono meritevoli, ovviamente”.
“E vogliamo provare ad indovinare quali siano questi studenti?” domanda Sirius, retorico.
“Intendi quelli di Serpeverde?” risponde Peter. “Sarebbe per questo che hanno sempre quell’aria cospiratoria e che si fanno chiamare ‘gli aspiranti’, perché vogliono unirsi a Voi-sapete-chi?”
“Esatto. Aspiranti Mangiamorte. È così che si definiscono i seguaci di Voldemort – ehm, sì, scusa, Pete. Comunque, Silente ha detto che i Mangiamorte non sono così pochi come si legge sui giornali. Un sacco di persone nel mondo magico stanno iniziando ad unirsi a Voi-sapete-chi, perché pensano che le sue idee siano giuste”.
“Prongs, noi potremmo fare dei nomi a Silente senza pensarci due volte”.
“Gliel’ho detto anch’io, ma ha ragione lui … non si può agire preventivamente contro qualcuno. In fondo, noi non abbiamo prove. Sappiamo che usano le Arti Oscure, ma non assisteremo certo alla loro iniziazione”.
Non posso fare a meno di pensare che Severus sia uno di loro, e a quest’idea mi si stringe il cuore. Non so davvero come ho fatto a non rendermene conto fin dall’inizio, come ho potuto essere così cieca ed ingenua.
“Ad ogni modo, la donna che ieri sera è stata portata al castello da Hagrid è rimasta ferita in uno scontro con i Mangiamorte. Silente ci ha raccontato tutto perché ormai avevamo visto e sentito ogni cosa, ma poi il discorso è andato avanti. Ed è ora che inizia la parte più interessante”.
Il silenzio che è calato nella stanza è oltremodo innaturale. In tutte le mie visite al dormitorio maschile non ho mai sentito una tale calma, neppure nei momenti in cui abbiamo deciso di dedicarci allo studio. Hanno tutti assunto la stessa espressione concentrata.
“Silente ci ha spiegato che Emmeline Vance è rimasta ferita non perché sia capitata per caso sulla strada dei Mangiamorte, ma perché ha scelto di far parte di un’organizzazione che cerca di combattere Voldemort”.
Mi soffermo ad osservare James, rendendomi conto che quasi non sembra lui. Non c’è più alcuna traccia, sul suo volto e nel suo tono di voce, della sua abituale ironia fanciullesca. Mi sembra quasi di avere accanto un’altra persona, più adulta, più matura.
“Che genere di organizzazione?” domanda Remus.
“Niente di ufficiale. Non dipendono dal Ministero. Silente ha radunato intorno a sé gente di cui sapeva di potersi fidare, persone che non avevano dubbi riguardo alla parte da cui stare. L’ha chiamato l’Ordine della Fenice”.
“E cosa fanno di preciso?” chiede Peter.
“Beh, un sacco di cose”, risponde James. “Si infiltrano fra i Mangiamorte, fanno in modo di prevedere i loro piani. Proteggono chi si trova in pericolo. Cercano di evitare che la gente passi dalla parte di Voldemort. Si impegnano per togliergli ogni arma possibile, insomma”.
Sirius, improvvisamente, solleva un angolo della bocca in un sorriso sghembo, guardando James negli occhi.
“Credo di aver capito dove vuoi arrivare”, gli dice, e James in tutta risposta esibisce un sorriso molto simile, quasi speculare. È incredibile il modo in cui questi due si riescono ad intendere all’istante.
“Insomma, qualcuno vuole spiegare anche a noi?” chiede Peter, impaziente.
“Abbiamo chiesto a Silente di entrarci”, gli spiego io. Lui sgrana gli occhi, sorpreso.
“Cosa … perché?”
“Beh, perché sarebbe sicuramente meglio che stare a guardare”, risponde James, semplificando in maniera efficace il moto impulsivo che ci ha spinti, dopo esserci scambiati un’occhiata, a non trattenerci dal fare quella proposta al Preside.
“Ma sarà pericoloso”, obietta Peter.
“Sarà pericoloso in ogni caso, una volta che saremo usciti da Hogwarts. Chi non è con lui è contro di lui, e non credo proprio che nessuno di noi intenda stare dalla sua parte”.
“Questo è assolutamente fuori discussione”, commenta Remus, dando verosimilmente voce ai pensieri di tutti, nonostante nessuno di noi, probabilmente, avesse mai pensato ad attuare una prospettiva del genere una volta fuori da Hogwarts. Qui dentro siamo ci sono mille cose di cui occuparsi che non riguardano il mondo esterno, e noi siamo ancora gli studenti che beneficiano della protezione degli adulti, anche se siamo ormai quasi tutti maggiorenni. Ma il giorno dopo il diploma ci ritroveremo abbandonati a noi stessi, fuori da queste mura, armati soltanto delle nostre bacchette e di ciò che avremo imparato qui dentro.
“C’è dell’altro, James?” chiede Remus, risvegliandomi dai miei pensieri.
“Silente era contento della nostra proposta, ma ha detto che dobbiamo pensarci bene. L’importante è mantenere il segreto e avere coscienza della responsabilità che comporta una scelta di questo genere”.
“Quindi potremo riparlarne una volta finiti gli esami”, osserva Remus.
“Sì, penso sia meglio così”, rispondo io, poi torno a guardare James negli occhi; fino a quel momento abbiamo parlato entrambi, cercando di usare un tono consono ma non eccessivamente allarmante, però ora ho bisogno di sentirmi rassicurata dal suo sguardo, di leggervi calma e sicurezza. Dalla sua espressione mi accorgo che lui sta cercando la stessa cosa in me, perciò finiamo per rinfrancarci silenziosamente a vicenda, rendendoci conto che abbiamo entrambi paura del futuro, di quel futuro.
Stringo forte le dita intorno alle sue. È l’unica strada possibile: nessuno di noi due accetterebbe mai di stare dall’altra parte.
Immagino che sia anche per questo che lo amo.
“Comunque, per quanto mi riguarda è già deciso”, sentenzia Sirius, con solennità. “Combatteremo insieme e poi probabilmente faremo una fine orrenda, ma non prima di aver spaccato il culo ad un bel po’ di Mangiamorte”.
James scoppia a ridere e l’attimo dopo lo imitano tutti quanti, rompendo così la cappa di tensione che fino a quel momento gravava su di loro. Forse è la reazione più giusta, per quanto le parole di Sirius non avessero il sapore di una battuta: per il momento siamo ancora a Hogwarts, possiamo concederci senza troppi rimorsi gli ultimi mesi di spensieratezza.
Mi ritrovo ad accarezzare il braccio di James con aria distratta, trovando conforto nel suo sorriso di gratitudine per quel piccolo gesto.







Oh, all that I know
There’s nothing here to run from.
'Cos yeah, everybody here's got somebody to lean on.
(Coldplay, Don’t panic)
   
 
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