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Autore: luceterea    02/10/2011    5 recensioni
Era notte fonda, una notte buia, senza luna.
La notte in cui tutto avrebbe avuto inizio per la seconda volta.
Per qualcuno sarebbe stata l’ultima notte della sua vita.
Ma non della sua esistenza.
Sì; era quello che stava pensando Sebastien, mentre i suoi occhi luminosi sondavano il buio di quella sera di marzo.
Era il 20 marzo 1787, la vigilia di un'altra primavera.
E quella notte, pensava divertito Sebastien, una nuova anima sarebbe rinata nella primavera eterna.
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Ciao di nuovo!
Ecco…
Chiedo scusa per la novità, ma ho modificato un pochino la storia dopo aver ascoltato il consiglio di una lettrice (grazie Mariaantonietta!!).
Niente paura: l’unico cambiamento sono i nomi dei personaggi-vampiri. A quanto ho capito, l’autrice di “Intervista col vampiro” non vuole che i suoi personaggi vengano utilizzati per Fanfiction o cose del genere. Ho quindi apportato questa piccola modifica. Il loro profilo psicologico rimane molto simile a quello dei vecchi Lestat, Louis e Claudia. Ora però sono lieta di presentarvi Sebastien, Cédric e Cornelia.
Un abbraccio
albazzurra
 

1. Eterna Primavera
 
Era notte fonda, una notte buia, senza luna.
La notte in cui tutto avrebbe avuto inizio per la seconda volta.
Per qualcuno sarebbe stata l’ultima notte della sua vita.
Ma non della sua esistenza.
Sì; era quello che stava pensando Sebastien, mentre i suoi occhi luminosi sondavano il buio di quella sera di marzo.
Era il 20 marzo 1787, la vigilia di una nuova primavera.
E quella notte, pensava divertito Sebastien, una nuova anima sarebbe rinata nella primavera eterna.
 
**
 
La osservava scendere le scale.
Fiera.
Altera.
Magnifica la sua figura.
Enigmatico il suo sguardo.
Gli passò accanto senza guardarlo, chinando il capo, quasi non volendo incontrare i suoi occhi.
Non poteva permettersi che lui le leggesse dentro: quel poco coraggio che aveva raccolto per prendere quella decisione sarebbe inevitabilmente svanito.
Se avesse visto il suo riflesso di donna nei suoi occhi verdi, sarebbe di sicuro tornata sui suoi passi.
E non voleva che questo accadesse. Non poteva farlo succedere. Non quella notte.
E Andrè lo sapeva. Lo sapeva fin troppo bene.
La guardava, osservava il suo corpo snello, celato appena da quell’abito di seta chiara.
Scivolò accanto a lui con un fruscio, lo oltrepassò facendo di tutto per non voltarsi indietro.
Salì sulla carrozza.
E partì, svanendo nel buio, dirigendosi verso l’unica luce che potesse illuminare quella notte e, forse, anche il suo cuore.
Versailles.
 
Andrè, immobile, al di fuori della porta principale, accompagnò la carrozza con lo sguardo fino a quando non riuscì più a distinguerne i contorni.
Rimase lì, fermo, per alcuni minuti, sperando di vederla tornare indietro.
Consapevole che non l’avrebbe fatto.
Consapevole che lei gli stava piano piano sfuggendo.
Consapevole che quella sera l’avrebbe passata fra le braccia di un altro, nella danza e, forse, anche a letto.
Eppure attese, uno, due, cinque minuti, forse anche un’ora.
Lei non tornava.
Allora sellò il suo cavallo e, con l’aiuto della notte, partì, silenzioso e invisibile, alla volta di Parigi.
 
**
 
“Sebastien! Si può sapere per quale motivo mi hai conciata in un modo così ridicolo?”
Cornelia sbraitava, irritata, in direzione dell’uomo biondo, che mordicchiava pensieroso l’estremità della sua pipa, sprofondato in una sontuosa poltrona.
Sebastien sospirò.
“Te l’ho spiegato prima, cherie: stasera accoglieremo un nuovo amico. Dobbiamo riprodurci, moltiplicarci. Ricordatelo bene!”
“Questo non spiega questo vestito assurdo, Sebastien! Mi rifiuto categoricamente di vestirmi come una qualunque pezzente!” sbottò la bambina, indicando il vestito azzurro e il grembiulino bianco che indossava. Abiti in fondo graziosi, ma deplorevolmente semplici.
“Perché dici così, mio piccolo bon bon? Sei molto carina anche con addosso questi straccetti! Non è così Cédric?”
Cédric si avvicinò piano alla piccola.
“Shh, non ti arrabbiare, mia piccola Bambola. Lo sai che Seb ama far le cose per bene. Non dobbiamo dare nell’occhio! Dopotutto, stasera gireremo per i bassifondi della città, e sai perfettamente che saremmo un po’ fuori posto, vestiti come nostro solito. Soprattutto tu, dolcetto alla vaniglia..” le disse dolcemente l’uomo dai capelli scuri, mentre le sporcava il naso con un po’ di cenere.
Cornelia sbuffò, attorcigliandosi con un dito un ricciolo biondo e arricciando il naso.
“E va bene!” sbottò infine.
“Molto brava piccola! Sapevo che avresti capito!” sorrise Sebastien, battendo le mani.
“Lo faccio solo perché è d’accordo anche Céd!” ringhiò lei, scontrosa, abbracciando quest’ultimo e lanciando uno sguardo di sfida a Sebastien, congelandogli il sorriso sul volto.
“Bene” disse solo lui, incrociando le braccia al petto “Basta che non dimentichi quello che devi fare, Cornelia. Ricorda: bisogna…”
“Lo so, lo so!” lo interruppe la bambina, esasperata “Bisogna fare le cose per bene! Lo dici sempre, Seb, non sono stupida”.
“Allora andiamo! Fuori!” disse lui, alzandosi di scatto e afferrando bastone e cappello.
Cornelia, una volta che si fu girato, gli fece la linguaccia.
“Vieni Cédric” borbottò poi, prendendolo per mano.
 
**
 
“Ehi Jacques! Me ne daresti un altro?” biascicò Andrè, dopo aver vuotato l’ennesimo bicchiere di vino.
L’oste grasso gli lanciò un’occhiata obliqua.
“Non ti sembra di aver bevuto un po’ troppo stasera, giovanotto?” disse, burbero, additando la bottiglia praticamente vuota.
Andrè sfoderò un sorriso sghembo.
“Eddai! Finché posso pagarti, Jacques, non vedo perché dovresti farmi la paternale. Non ho più quindici anni, sai? Su, versa, versa!” esclamò poi, avvicinandogli il bicchiere vuoto.
Jacques, borbottando tra i denti invettive contro i “giovani impudenti”, stappò nuovamente la bottiglia e lo accontentò.
Andrè si avvicinò il bicchiere alle labbra.
Chissà, magari il bel conte si sta già divertendo con lei.pensava, amareggiato, buttando giù il liquido vermiglio.
Si sentì, improvvisamente tirare per la manica.
Abbassò lo sguardo e, un po’ a fatica, mise a fuoco una piccola, candida manina.
Una bambina di sei, massimo sette anni, stava cercando di catturare la sua attenzione. Aveva i capelli dorati, acconciati in naturali boccoli, che le ricadevano sulle piccole spalle, fino ad arrivare a metà schiena. Lo fissava con due angelici occhi blu, colmi di lacrime. Indossava un semplice abito blu chiaro, un po’ sgualcito e sporco. Tremava.
“Signore! Signore!” lo chiamava, con una voce argentina.
Andrè, intenerito, si chinò verso di lei.
“Cosa succede piccolina? Perché piangi?” le chiese, dolcemente, cercando di ignorare le continue fitte alla testa.
“Signore aiutatemi, per favore!” lo supplicava la bambina “La mia mamma sta male! E’ caduta e non si sveglia più! Venite ad aiutarmi, gentile signore! Vi prego!”.
Ah! Natura crudele! Probabile che se la sia portata via, la sua mamma.
Cattivi tempi se una povera bambina deve restare orfana così piccola. pensava il giovane.
Tuttavia, commosso dalle lacrime della piccola, si alzò.
Gettate un paio di monete sul bancone, seguì barcollando la bimba che lo guidava, tenendolo per mano, fuori dalla taverna.
 
**
 
“Ma dove accidenti si è cacciata Cornelia?” ringhiò Sebastien, lanciando occhiate nervose in direzione della taverna.
“Rilassati, Seb. Cornelia è molto abile nello scegliere nuovi amici” disse Cédric che se ne stava, indifferente, appoggiato ad un muricciolo scrostato.
“Sì, sì..rilassarmi! E se ha perso il controllo? Ci farà scoprire tutti, un giorno o l’altro, la tua dannata bambola!” sbraitò l’altro, portandosi una mano tra i capelli.
“Non ha perso il controllo…maledizione Sebastien! Smettila di agitarti! Guarda! Guarda laggiù, eccola che torna!” sibilò Cédric, accennando al vicolo che conduceva alla locanda.
Sebastien alzò i suoi occhi color del ghiaccio e le sue labbra vermiglie si distesero in un malizioso sorriso: sì, Céd aveva proprio ragione. Cornelia aveva una innata abilità nello scegliere nuovi amici.
“Prepara l’esca” disse soltanto all’amico, ritirandosi nell’oscurità.
 
**
 
Andrè era costretto a correre per tenere il passo di quella creaturina, sorprendentemente rapida per la sua piccola stazza.
“Ehi! Ehi piccola! Certo che sei veloce, eh!” esclamò stupito.
“Signore, signore! Presto venite con me! Venite con me!” continuava a ripetere la bambina bionda, come se fosse una sorta di cantilena.
“Si si vengo! Ma dov’è la tua mamma?” chiese Andrè, guardandosi intorno.
Erano giunti alla fine di un vicolo cieco. Era buio pesto.
“Eccola! Ecco la mia mamma!” disse con voce tremula la bimba, precipitandosi verso un angolo
Andrè strizzò gli occhi.
Là, adagiato su un mucchietto di paglia sporca e umida, c’era il corpo di una donna.
Era visibilmente povera, con le vesti stracciate, il viso sporco e i capelli scompigliati sotto una cuffietta che, forse, una volta era stata candida.
Aveva gli occhi chiusi.
Andrè si inginocchiò accanto a lei e le tastò il polso.
Silenzio.
Nessun battito.
Il ragazzo sospirò. Che crudeltà dover dare una simile notizia a quella bambina così piccola e fragile.
“Ehi piccolina” sussurrò, senza alzare lo sguardo da terra “..la tua mamma..ecco, vedi…la tua mamma è andata in cielo. Tutti, prima o poi, andiamo in cielo, piccolina. La rivedrai un giorno.”
Non ottenne risposta.
Andrè alzò gli occhi, cercando, nell’oscurità, traccia di quei vivaci riccioli biondi.
“Piccolina?”
Nel silenzio totale, non si udiva alcun rumore.
Poi una voce.
“Ottimo lavoro, cherie”
E, nemmeno un secondo dopo, Andrè vide una strana figura, apparentemente umana, scoprire, con un sorriso, delle lunghe fauci e affondargliele nel collo.
 
Continua…
  
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