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Autore: Mami93    05/10/2011    3 recensioni
una storia sui due begnamini protagonisti dell'anime sugar sugar che affrontano una grande gioia e un grande lutto, quando sono finalmente cresciuti
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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la vita continua

Il dolore era nauseante. Da più di due ore non era cessato un secondo solo. Sentì la mia balia muoversi accanto a me, asciugandomi il sudore che impregnava la mia fronte. Un’ennesima doglia mi colpì, lancinante. Strinsi gli occhi, e un lieve lamento uscì dalle mie labbra socchiuse. Non sono mai stata una persona sofferente al dolore, ma in quella, e solo in quella circostanza, ad eccezione di un’altra sola, mi lamentai veramente. Non ci potevo credere, io, Chocola Meilleur, sul punto di partorire. Una mano, morbida e rugosa, mi prese la mia. Riaprì gli occhi, e la guardai. La mia balia, la mia piccola balia, colei che mi ha sempre assistito dall’inizio della gravidanza. Era più o meno una settimana che era venuta a dormire da noi, prima gliel’avevo estremamente vietato. Ma poi aveva puntato i piedi, non ne voleva proprio sapere di tornare a casa sua.

“ma tuo marito?” le chiesi a quelle pretese

“se la saprà cavare da solo, è capacissimo di badare a se stesso. E poi lo andrei a trovare durante una delle tue lunghe camminate”. Adoravo camminare lungo i vialetti seguiti dai mille alberi. Dall’inizio della gravidanza avevo preso quest’abitudine, ma solo da quando la pancia aveva cominciata a farsi più prominente, Pierre aveva dimostrato i suoi dubbi: “non vorrei mai che ti potesse succedere qualcosa”, ma fortunatamente ero riuscita a trovare una soluzione che metteva tutti quanti d’accordo:Vanilla mi avrebbe sempre accompagnato durante le mie passeggiate, e se non poteva lei sarebbero venuti Houx, Saul, Robin… insomma, non sarei mai stata sola. Fatto sta che non sono mai stata contenta della presenza della mia dolce balia per più di quattro ore di fila. Non sopportavo l’idea di avere qualcuno che mi servisse e riverisse, ce la facevo da sola! E poi aveva una sua vita, non volevo scombussolarle tutto. Ma nulla la smosse dalle sue convinzioni: non si sarebbe mossa da casa mia finché quel pargoletto non fosse nato. Anzi, quei due, per essere più precisa. Pierre era rimasto di stucco quando il dottore ci aveva annunciato che aspettavo non un bimbo, bensì due. Due piccoli gemelli, probabilmente un maschio e una femmina. Eterozigoti, quindi. O almeno è quello che il dottore ci aveva detto, non è mai troppo affidabile la magia per queste cose. La guardai negli occhi, quelle iridi verdi, così dolci, così premurose

“Pierre, dov’è?” le chiesi sottovoce stringendole la mano che ancora si trovava nella mia

“sta arrivando, l’abbiamo avvisto e ha detto che sarebbe arrivato il prima possibile”. Lo volevo accanto a me, avevo bisogno di lui, doveva essere lui a stringermi la mano, nessun altro. I dolori cominciavano a farsi più frequenti, ormai era arrivato il momento. Strinsi le labbra, per soffocare il dolore. Sentivo il cuore pomparmi nelle orecchie, il sangue che scorreva mi copriva i rumori esterni, ma sentì ugualmente la porta richiudersi. Voltai la testa proprio nell’istante in cui Pierre faceva capolino nella stanza, ansimante. Sorrisi lievemente alla sua vista, e lui si precipitò da me

“ben tornato signore” pronunciò la donna accovacciata accanto a me, che prontamente si alzò per cedere il posto al nuovo arrivato

“balia, la vuoi smettere che essere così formale, ho un nome!” l’ammonì. Sorrisi divertita, contenta di averlo finalmente accanto a me. Mi rivolse uno sguardo, uno sguardo pieno d’amore, l’amore che solo lui sapeva darmi.

“come stai?” mi sussurrò

“come una donna che sta per partorire” scherzai. Neppure una situazione come quella riusciva a togliermi la battuta. Si avvicinò al mio viso sorridendo, e mi baciò delicatamente, dolcemente. Il dolore mi distrasse, preannunciando che i piccoli erano pronti. Seguì le istruzioni che la mia balia continuava a darmi, informandomi tempestivamente su ogni centimetro in più che riusciva a vedere del mio amore che stava per nascere. La pressione sulla mia mano non accennò un attimo ad allentarsi, finché, dopo quella che mi sembrò un’eternità lo sentì. Pierre mi guardò, un’espressione sorpresa sul volto. Poi un sorriso si fece largo sul suo viso, il più bel sorriso che abbia mai visto. E in quell’istante gli dedicai tutta la mia attenzione, solo per lui, per l’uomo che amo, per l’uomo che ha voluto unirsi a me, dandomi la gioia più bella al mondo. E un pianto incessante risuonava per quella stanza, il pianto dell’amore, il pianto della vita.

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Inspirai a fondo la freschezza dell’aria, mista al suo odore. Lo strinsi più forte a me, sentendone il calore. Dei passi frettolosi passarono per il corridoio.

“Papà!” sentì urlare una vocina nel cortile. Lì, seduta sulla sedia sotto il portico, a occhi chiusi, vidi, immaginandomela, la mia bambina correre incontro al suo papà, volandogli letteralmente addosso. Sorrisi, fra me e me, poi riaprì gli occhi, abbassandoli sul fagotto che avevo in braccio. Dormiva, beatamente, ignaro del baccano che la sorella stava facendo. Dei passi, questa volta più forti, si avvicinarono mano a mano a me. Ad un tratto si fermarono, e due piedini riappoggiarono per terra, per riprendere poi a correre chissà dove. Una mano si appoggiò sulla mia spalla, mi voltai, alzando la testa, per guardarlo.

“cosa sta facendo?” mi chiese piegandosi sulle gambe per essere alla mia altezza

“ha trovato i miei giochi di quando ero bambina” gli dissi sorridendo. La mano passò velocemente dietro la testa, e mi attirò a se, per baciarmi. Ci amavamo, e non perdevamo mai l’occasione di ricordarcelo a vicenda. Poi rivolse l’attenzione al piccolo, che dormiva ancora pacificamente. Rimase a fissarlo per un po’, per poi ritornare a guardarmi.

“si è appena addormentato” gli spiegai. Lui sorrise, quasi divertito

“per la gioia delle tue orecchie, immagino” scherzò

“non riesce a stare un secondo zitto, malgrado non riesca a spiccicare una parola sensata” ridacchiai

“bhè, i geni non sbagliano mai, vero mamma?” disse con un sorriso. Lo guardai serio

“intendi dire che parlo tanto anch’io?” domandai scioccata

“e da chi vuoi che abbia preso?” domandò. Cercai di fare la faccia più offesa che potevo, ma l’impresa non mi riuscì poi così bene, visto che riprese possesso delle mie labbra, probabilmente per farsi perdonare delle battute. Sentì la piccola chiamare a squarcia gola il suo papà, chiedendogli di andare a giocare con lei. Mi guardò con uno sguardo dolcissimo, pieno della voglia di passare un po’ di tempo con sua figlia. Si alzò, e passandomi una mano sulla guancia si avviò verso la camera della piccola. Il silenzio calò di nuovo, interrotto ogni tanto dalle risate della bimba o di Pierre. Richiusi gli occhi, sorridendo. L’immagine di un neonato si fece spazio nei miei pensieri

“tranquillo, papà non ti ha scordato, come potrebbe! Neanche io ti scorderò mai, sta tranquillo, la mamma ti pensa tutti i giorni. ti voglio bene, amore” sussurrai a nessuno in particolare, anzi, a qualcuno era rivolto, ad essere sincera. Un’altra risata arrivò alle mie orecchie, risata di bimba felice. Purtroppo la mia piccola non avrà mai il piacere di sapere come si vive da gemelli. Il mio piccolo, il mio piccolo amore purtroppo non ce l’aveva fatta, era morto dopo il parto. Pierre si era rinchiuso in se stesso per un periodo, dopo il parto, ma io avevo bisogno di lui, in quel momento più che mai. Avevamo ancora una figlia, e solo con il suo aiuto e il suo amore sarei riuscita a farcela. Successivamente fu più presente, e la piccola sviluppò un forte attaccamento alla figura paterna. Ma ora avevamo lui, certo, non aveva occupato il posto di nessuno, non si può dimenticare un figlio per un altro, ma di certo ci aveva dato tanta forza, e tanto amore. Mi alzai lentamente, cercando di non svegliarlo. Lo deposi nel suo lettino, coprendolo con la sua copertina. Chiusi lentamente la porta e mi diressi verso la cameretta chiassosa, seguendo gli urletti e le ristate dei due bimbi, uno un po’ più cresciuto dell’altra. Sospinsi la porta, e vidi la piccola cavalcioni sulla pancia del papà. Non appena mi sentì si girò, guardandomi con un sorriso stupendo

“mamma, hai visto che ho atterrato papà?” risi della vista

“ho visto, ho visto. Sei fortissima, molto di più di papà” la assecondai. Lei, di tutta risposta, si alzò e mi sfrecciò accanto, ridendo a più non posso e urlando

“dai papà, prendimi se ci riesci” Pierre si alzò velocemente, ma invece che correrle dietro si fermo di fronte a me, baciandomi una guancia e poggiandomi una mano sul ventre. Un richiamo della piccola lo fece partire all’inseguimento. Li seguì con lo sguardo finché non sparirono dietro l’angolo. Anch’io, come Pierre poco prima, mi misi una mano sulla pancia piatta. Mi diressi verso la cucina, non riuscendo a smettere di sorridere. Non potevo desiderare di più dalla vita. All’inizio sembrava andare tutto storto, dopo la perdita di mio figlio, ma fortunatamente la situazione si era capovolta. Avevo un marito che mi amava con tutto se stesso, una stella che brillava sopra di noi, due figli meravigliosi ed ero in attesa di un altro bimbo.

 

 

Eccomi qui, con una nuova fanfic. L’idea si è sviluppata in meno di un quarto d’ora, mentre scendevo da casa di mia nonna. Inizialmente era solo un pensiero passeggero, poi mano a mano si è formato. L’idea era chiara già dall’inizio, e mi sembrava così bella che, appena possibile, mi sono messa all’opera. Continuavo a rimuginarci su, finché, finalmente, mi sonno messa davanti alla tastiera e in dieci minuti avevo già buttato giù una pagina e mezzo. Non l’ho voluto neppure rileggere, e oggi l’ho finito. È un record per me!! Lo so che può sembrare un’idea malinconica, ma volevo scrivere di Chocola e Pierre da grandi. Mi piace immaginare il loro futuro, e vederlo tutto rose e fiori mi sembrava un’utopia, così, come nella vita reale, si può affrontare un lutto enorme, come la perdita di un figlio, e continuare a vivere felici. Volevo precisare che Marmelade non sa nulla di quest’idea, anche per lei quindi è una novità, e anzi, mi piacerebbe quasi dedicargliela, visto che è grazie a lei che ora scrivo di Pierre e Chocola. Quindi che dire: grazie Marmelade, per tutto quello che fai sempre per me, sei davvero la migliore. Lo so che è una fic strana da dedicarti, ma diciamo che so quanto ti piaccia leggere dei nostri due beniamini, quindi spero che possa piacerti l’idea. Per tutti quelli che leggeranno: spero questa storia possa esprimervi tutte le emozioni che ha espresso a me mentre la scrivevo e la rileggevo.

Honey

  
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