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Autore: Medea00    13/10/2011    11 recensioni
Tratto dal capitolo uno:
“Rachel!” Sbottò Kurt, una volta che era riuscita ad acciuffarla. “Ti vuoi calmare!? Sembri una teenager ad un concerto di Justin Bieber!”
“O Kurt ad una svendita di Prada.” Sussurrò Blaine con un sorrisetto che fu subito eliminato dalla faccia della terra tramite un’occhiata omicida del marito.
“Kurt, Blaine, è...mi dispiace tanto, ho provato a fermarla, ma io...”
“Come?” Adesso anche Blaine si era fatto serio, avvicinandosi alla ragazza.
“Io...è fuggita..”
I due ragazzi, cominciando ad intuire il soggetto del problema, sbiancarono di colpo.
“Un momento...” Blaine cercò disperatamente di ottenere una smentita alle sue terribili supposizioni. “Chi è che sarebbe fuggito?”
“Ma come chi!? Vostra figlia!”
Elizabeth Hummel-Anderson.
La loro unica, preziosissima figlia.
Fuggita.

-- Future-fic; Daddy!Klaine + a little Finchel; Raccolta
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Premessa:

Ook, quest'idea mi è venuta in mente per due motivi. 1) La mia università di economia mi sta facendo impazzire. 2) I love shopping è geniale.
Quindi sì, me ne sono uscita con questa cosa che è...boh. Non so nemmeno come definirla, vi posso solo dire che era divisa in due parti perchè questa OS era uscita incredibilmente lunga e quindi avevo deciso di dividerla in due parti...ma poi l'ho messa tutta, tanto non superava le 7000 parole quindi mi son detta "ok".
E che dire...spero davvero che vi piaccia ç_ç scusate! Come vi ho detto, in questa raccolta scriverò praticamente tutto ciò che mi viene in mente, e questa è una delle mie idee folli. Beh, buona lettura!

 
 

Deal.

 

 
Ormai era su tutti i giornali.
New York Times, The journal, Daily Report… la crisi finanziaria.
Era diventata la principale fonte di discussione, nonché di preoccupazione; ed era molto difficile sviare un argomento simile, in effetti, era praticamente impossibile; sicché, un giorno, colto dalla curiosità e da un crescente interesse, Blaine ebbe la malcapitata idea di informarsi. Non fu difficile, in verità le informazioni gli piombarono addosso in un uragano di grafici, numeri e previsioni assolutamente pessimiste. Era totalmente rimbambito da tutte quelle nozioni, che all’apparenza potevano sembrare confusionarie, quasi astratte, ma adesso era seduto – o meglio, abbandonato inerme – sul divano a sentire un’ospite di talk-show televisivo in onda quel pomeriggio, e la donna parlava chiaro. Troppo chiaro. Non poteva più far finta che non avesse capito un accidenti, o che quella cosa non recasse qualsiasi sorta di problemi.
“Siamo in un momento di crisi totale –disse la donna- non possiamo più permetterci il lusso di farci qualche regalo, o comprarci qualche bel cappotto firmato. Insomma, dobbiamo stringere la cinghia.”
Stringere la cinghia. Un modo poco raffinato per dire, “occhio alle spese”. Un modo come un altro per far improvvisamente ricordare a Blaine della miriade di abiti, scarpe, cappotti e sì, anche cinghie, presenti all’interno del suo armadio.
Con passo quasi tremante si diresse ad aprire le ante di quel covo di disperazione; eppure, quello che trovò non fu spaventoso: dentro al mobile intravide qualche bella giacca firmata –il numero giusto, per avere qualche vestito di ricambio e uno di scorta per gli eventi speciali- un set di cravatte e camicie, le quali alcune vecchie di anni, e qualche mocassino, neanche troppo costoso, a dir la verità.
Emise un sospiro di sollievo. Forse, effettivamente, si era allarmato troppo per un nonnulla.
Ed ecco che, però, i suoi occhi nocciola capitarono improvvisamente sull’enorme, gigantesco, inquietante armadio di Kurt. Perché sì, ne avevano uno a testa, e fino a quel momento per Blaine non era stato un vero e proprio problema, immaginava che Kurt volesse i suoi spazi, il suo ordine, e non aveva mai osato frugare tra la sua roba; ma dopotutto, una sbirciatina poteva comunque darla, no? Erano sposati da anni ormai! Non avevano niente da nascondersi, non c’era niente di cui preoccuparsi, giusto?
Chissà come mai, le risposte a quelle domande suonavano retoriche anche dentro alla sua testa.
Con fare lento e calcolato, si apprestò ad aprire le ante in mogano placcato. Ed era tutto lì. Lo stipendio di mesi, anni di lavoro, tramutato in tessuti.
L’ultimo golf di Armani, il jeans di Calvin Klein, la maglia elasticizzata di Ralph Lauren, il gilet di Alexander McQueen, il top da palestra di Alexander Wang… che diavolo se ne faceva di un top da palestra!? Kurt alla sola idea di sudare cominciava ad avere irritazioni cutanee!
Ma non era quello il punto. C’erano tre problemi sostanziali, che Blaine in quel momento desiderò non cogliere affatto, ma che inevitabilmente sbucarono dal suo cervello; uno: si doveva tirare la cinghia; due: praticamente il suo armadio messo insieme costava quanto quel giubbotto di jeans di Marc Jacobs; tre, e quello era davvero deprimente: molte di quelle cose Kurt non le aveva mai indossate.
Neanche a volerlo fare apposta, in quel preciso istante, il chiavistello della porta scattò e Kurt piombò in casa ridendo e mano nella mano con Elizabeth.
“Blaine?” Cinguettò, e la bambina gli fece eco gridando “Daddy?”
“Siamo a casa!”
Il moro rassettò alla meno peggio i vestiti che aveva analizzato e richiuse velocemente le ante dell’armadio. Una volta che fu raggiunto in camera dagli altri due, si apprestò a sfoggiare un sorriso innocente fingendosi indaffarato in qualche cosa.
“Che facevi?” Domandò allora il marito, inarcando appena un sopracciglio.
“Uh…niente. Sistemavo. Com’è andata la passeggiata?”
Il viso di Kurt si illuminò di colpo, e assunse quello sguardo eccitato che Blaine ormai conosceva bene e sapeva subito decifrare con una sola, semplice, letale parola: shopping.
“Oh Blaine, volevo giusto dirti che ho trovato una nuova boutique incantevole giusto a qualche isolato da qui! Ho trovato quelle scarpe di Prada che cercavo da una vita…ti ricordi? Quelle color corda che abbiamo visto insieme su quella rivista!” Corse in sala a prendere la busta perfettamente confezionata e lasciò che Lizzy aprisse voracemente il pacco.
Da una vita? Kurt, le hai viste due giorni fa! –Esitò un momento, pentendosi ancor prima di formulare la domanda- E, giusto per sapere…quanto sarebbero costate, queste scarpe?”
Perché Kurt ne aveva davvero a dozzine di scarpe, e non era più un ragazzino, sapeva bene che a volte certe cose possono semplicemente rimanere degli oggetti belli, ma inacquistabili…
“Soltanto 450 dollari.”
“Soltanto!?”
Ma lui non badò a quel commento allibito e corse in sala a prendere la busta perfettamente confezionata; mentre lasciò che Lizzy aprisse voracemente il pacco, continuò a parlare con la sua solita aria soddisfatta, di chi ha appena realizzato un grande affare.
“Scontate del 30%! In effetti  potrei aver velatamente flirtato con il commesso per farmi fare un piccolo sconticino… ma non ti preoccupare amore, era tutto a fin di bene! Adesso io ho le mie scarpe di Prada, lui un numero di telefono inventato a casaccio, e siamo tutti felici e contenti!”
“Anch’io sono felice!” Esultò Lizzy, guardando il padre con occhioni sognanti.
“Ma certo che lo sei tesoro! Ti piacciono le scarpe di papà?”
La bimba rimase incantata ad osservare gli strass presenti sul dorso, e una piccola stellina luminosa sulla punta. Guardando tutti quei colori brillanti con adorabile innocenza esclamò: “Sono come quelle delle principesse!”
Kurt si fermò un attimo a prendere fiato. A volte la dolcezza di sua figlia era semplicemente disarmante.
“No amore mio, tu sei una principessa.” E detto quello le diede un tenero e lungo bacio sulla guancia, che fece gongolare la bambina.
Blaine era interdetto. Una parte di lui si stava praticamente sciogliendo davanti a quell’immagine –Dio, a volte stentava ancora a crederci che fosse tutto vero, che stesse accadendo proprio a lui-, ma dall’altro lato, la realtà lo fece ricomporre al volo piombandogli addosso come un macigno, assieme alla voce tenace della commercialista.
“Kurt…-esordì, nemmeno lui sapeva bene quello che stava dicendo- dobbiamo tirare la cinghia.”
L’altro ragazzo, a quel punto, si fermò a guardarlo. Non avendo capito molto bene le sue intenzioni avvamp di colpo coprendo le orecchie della bambina.
“B-Blaine! Voglio dire…davanti alla bambina!”
“Come?”
Oh, in effetti, quella frase poteva suonare un po’ ambigua.
“Oh, no! Cioè, s-sì, ma non mi stavo riferendo proprio a quello, anche se in effetti era da un po’ che ci pensavo e…”
“Blaine??” Sul serio, dopo tanti anni di Kurt continuava ancora a perdersi negli sproloqui confusionari del marito.
“Quello che voglio dire, è che… beh, siamo in crisi.”
Sbiancò. E in quello stesso istante, la piccola Lizzy assunse una faccia molto simile, e Blaine per un momento non seppe distinguere l’uno dall’altra. Erano solo così…belli. Ma non era il momento per soffermarsi ad ammirare l’incredibile perfezione degli amori della sua vita. Doveva fare un discorso serio e molto, molto pericoloso, soprattutto se fatto ad uno come Kurt.
Il ragazzo aveva ancora un’aria sconcertata: “In crisi…chi!?”
“Il mondo, Kurt! L’economia va a rotoli, le aziende chiudono, e le famiglie non arrivano a fine mese!”
Sentendo quelle parole il controtenore si accasciò lentamente a terra, e la figlia si accoccolò meglio su di lui.
“Che hai?” Domandò l’altro, accovacciandosi di fronte. Ok, era stata una notizia forte anche per lui, ma gli sembrava impossibile che Kurt ne avesse sentito parlare soltanto in quel momento, e quella reazione gli sembrava comunque esagerata. Infatti, scoprì presto che non era rivolta alla crisi dell’economia.
“Quando hai detto siamo in crisi, ho pensato che noi…” e non riuscì a finire la frase, perché anche soltanto pensare quelle parole gli provocava una fitta lancinante al cuore e gli occhi cominciavano a pungere, e a riempirsi irrimediabilmente di lacrime.
Blaine sussultò. Kurt era distrutto, e soltanto perché aveva frainteso una sua frase, soltanto perché, per un brevissimo periodo, aveva inteso qualcosa di semplicemente assurdo ed inconcepibile, e tutto per colpa di una sua frase mal posta; era proprio un idiota.
“Kurt…hey.” Gli prese il viso tra le sue mani, sfoggiando quel sorriso caldo e rassicurante che lui amava tanto. “Che sciocco che sei. Non potrei mai, mai dire una cosa simile. Non riesco nemmeno a figurarla nella mia mente. Io ti amo. Ti amo con tutto me stesso. Non scordarlo mai.”
Kurt sorrise un poco. Ma prima che potesse dire altro, Lizzy saltò addosso al collo dell’altro padre ed esclamò: “Ti amo!”
I due genitori risero insieme, scambiandosi un’occhiata divertita e innamorata.
“Sì Liz, amo anche te.”
La bimba esultò dalla gioia e Blaine ne approfittò per stringere forte la mano di Kurt, che ricambiò saldamente la presa. Ed erano tutti e tre collegati, Lizzy a Blaine, Blaine a Kurt, attraverso quella spirale di calore che riusciva a cancellare il resto del mondo.
 
“Allora? Cosa volevi dire, con il discorso di prima?” Esordì Kurt, una volta tornato in piedi e sciolto quello strano abbraccio.
“Beh…” esitò Blaine, spostando nervosamente il peso da un piede all’altro; alla fine, decise che l’unico modo per dirlo era parlando in modo rapido ed indolore.
“Non pensi che stai comprando un po’ troppo? E non mi riferisco alle scarpe di oggi, ma più in generale.”
Ecco, l’aveva detto.
Kurt, dopo una breve pausa in cui assunse un’espressione di puro stupore, scoppiò a ridere.
“Ma che stai dicendo? Guarda che tutto ciò che compro mi serve! Non ho mai niente da mettermi!”
Ok, non era proprio vero. Ma Blaine non poteva saperlo, no? Insomma, era suo marito, mica la sua coscienza. Non avrebbe mai potuto sapere quali erano i suoi vesiti “necessari” e quali quelli che si era comprato solo per sfizio.
Eppure, nel momento esatto in cui lo vide aprire di nuovo l’armadio ed estrarre uno ad uno tutti i suoi completi preferiti, con una familiarità semplicemente disarmante, cominciò seriamente a credere che quell’uomo fosse soltanto un’immagine residua del suo subconscio.
Aveva scelto esattamente tutti i vestiti a cui lui stesso aveva pensato.
E se una parte di lui provò l’immediato istinto di baciarlo con ardore, una piccola, minuscola parte al suo interno provò qualcosa di vago e insolito che quasi poteva essere definita vergogna. Ma non poteva essere vergogna! Kurt non avrebbe mai potuto vergognarsi di quello splendido cappotto di Alviero Martini. Trovare quel cappotto nel bel mezzo di una svendita di liquidazione era stata una benedizione.
Eppure, Blaine non sembrava della stessa idea.
“Senti…io ti amo. E amo tutto quello che indossi. Ma c’è veramente bisogno di comprare tutti questi vestiti?”
La risposta era alquanto ovvia.
“Questi non sono semplici vestiti. Questi, Blaine, sono il frutto di dura dedizione alla moda.”
“Questo lo so, Kurt, è solo che… tu non hai ancora un ingaggio a teatro, io non riesco a trovare lavoro… e quella commercialista continuava a parlare di perdite, debiti, e che bisogna tirare la cinghia!”
“Ancora una volta con questa cinghia? Blaine, tesoro, innanzitutto, è un termine orribile e ti proibisco di usarlo. Seconda cosa, non ti devi preoccupare: stiamo benissimo! Non corriamo problemi.”
Blaine sviò un poco la testa : “Forse hai ragione. Immagino di essermi spaventato.”
Kurt lo guardò. Sembrava così vulnerabile, con quegli occhioni abbassati, che non riuscì a trattenersi dall’abbracciarlo. Il moro rimase interdetto per un attimo, e poi lo avvolse tra le sue braccia, crogiolandosi in quel calore per diversi minuti.
“Kurt – disse infine, scostandolo quanto bastasse per poterlo vedere negli occhi- sarò anche esagerato, ma questa cosa mi preme molto. E poi, tu non hai ancora un contratto a teatro e il mio lavoro in quanto a stipendio non è granché…”
Kurt ignorò la prima metà della frase –non era il caso di ripetergli che ormai il suo debutto a Broadway era imminente, e che presto avrebbe affiancato Rachel Berry in un musical, anche se nessuno dei due sapeva bene quale- e gli mise prontamente le mani sulle spalle.
“Non deprimerti, su. Che ne dici di una bella seduta di shopping intensivo per farti passare il malumore?”
“Ecco, appunto.” Borbottò. Ci fu qualche secondo di pausa, nella quale Kurt lo fissò con disappunto mentre lui cercava le parole più adatte per continuare.
“Kurt…tu mi ami, non è così?”
Il ragazzo non batté ciglio. “Certo, Blaine.”
“Quindi…non ti arrabbieresti se, come pegno del tuo amore per me, mi facessi un piccolo favore?”
Quel discorso iniziava ad insospettirlo. Ma se si trattava di un piccolo favore, allora non c’era niente da temere. In seguito alla sua risposta positiva, Blaine trattenne il fiato e dichiarò: “Non comprare più vestiti.”
Ok, no. Non poteva aver sentito bene. Perché quello non era affatto un piccolo favore. Quello era un SACRIFICIO IMMENSO, un fioretto religioso, una penitenza crudele!
“Ti prego, Kurt! Il tuo armadio è pieno di vestiti che non hai mai messo, e se solo tu li indossassi tutti per una volta o due ne avresti abbastanza fino al prossimo anno!”
“E’ inammissibile.” Commentò l’altro, cinereo. “E’ assurdo.”
“Ah sì?”
Cacciò fuori dal guardaroba una giacca di pelle. Kurt sgranò gli occhi e quasi gliela strappò via dalle mani, intendo ad osservarla dettaglio per dettaglio. E quella, da dove spuntava fuori? Era bellissima!
“Ecco, visto!? -Sbottò il marito, decifrando il suo sguardo ammaliato- Non ti ricordi nemmeno tutti i vestiti che hai!”
L'altro non seppe come rispondere. Era stato colto in flagrante, e quella situazione era molto peggio di quando Blaine lo aveva sorpreso a divorarsi l’intero barattolo di biscotti al cioccolato di Lizzy.
La bambina, intanto, era sgattaiolata lontano da loro e stava osservando la scena da sotto alla cassettiera di legno.
“Kurt, ti prego, fallo per me. Quando avrai finito di indossare tutti i capi del tuo armadio per tre volte, allora potrai ricominciare a comprare. Si tratterebbe solo di qualche mese! E poi mi faresti davvero, davvero felice.”
Kurt si morse il labbro inferiore. Di fronte a quella richiesta fatta in modo tanto dolce, e a quegli occhi enormi che sembravano due fari imploranti ed innamorati, come poteva dire di no?
Si rese conto di aver accettato la richiesta solo quando sentì il corpo di Blaine addossarsi contro il suo, attraverso un abbraccio entusiasta e un incredibile, sorprendente, bacio di ringraziamento. E Kurt era rimasto talmente travolto da quell’ondata di amore che ci mise un secondo di più a ricambiare il bacio, lasciando che le loro lingue si intrecciassero dolcemente.
Lizzy, come sempre del resto, ogni qual volta vedeva dei gesti di affetto simili, volle partecipare ai festeggiamenti a tutti i costi e quindi corse fuori dal suo nascondiglio nel quale si era nascosta/infilata alla ricerca di chissà cosa, aggrappandosi alle gambe dei padri.
“E tu da dove sbuchi?” Domandò Blaine ridacchiando, per poi sollevarla da terra e stringerla a sé, sotto alla faccia di Kurt che diventava sempre più violacea. Ogni tanto si chiedeva se la bambina si rendesse conto delle loro calde effusioni, o se le vedeva soltanto come una cosa innocente e banale. In ogni caso, a differenza sua, Blaine sembrava non farsi scrupoli nel baciarlo di fronte a lei, e lei non sembrava mai minimamente colpita. A volte quei due sembravano davvero uguali, negli atteggiamenti e nella loro disinvoltura. Infatti, Blaine si avvicinò di nuovo e riprese a baciarlo, colmo di gioia e senza il minimo timore.
“Sono così felice che tu abbia accettato.” E detto quello sfoggiò un sorriso che andava da un occhio all’altro, e continuò il contatto.
Kurt sospirò. Oh beh, quella richiesta non gli sembrava più così brutta: se significava avere Blaine sempre così felice e lusinghiero, allora avrebbe perfino potuto camminare indossando un sacco della spazzatura. E dopotutto, poteva benissimo vivere per qualche mese senza fare shopping. No?
Ma ecco che, prontamente, fu assalito da un morso allo stomaco forte e malefico, non appena Blaine si accinse a mettere a posto la giacca di pelle che aveva preso prima, fu come se lo stesso indumento cominciasse a mugolare, e a maledirlo nella lingua delle firme e delle etichette elasticizzate.
E fu proprio allora che si rese veramente conto del patto che aveva appena stabilito: tutti quei lunghi mesi, a New York, inondato da shoppers in plastica biodegradabile, boutique con quel dolce aroma di aloe nell’aria, negozi che assieme alla spesa ti regalavano un campione omaggio dell’ultimo profumo di Chanel, ultime collezioni, occasioni, saldi, sconti, sfilate…
E nemmeno un, singolo, abito.
Non che fosse un vero e proprio maniaco dello shopping, ma insomma, probabilmente l’ultima volta che aveva fatto un “digiuno da shopping” era…mai.
E New York non era davvero la città ideale, per allontanarsi dalle vetrine.
Lanciò una rapidissima occhiata ai suoi vestiti, e improvvisamente gli sembrarono tutti più…spenti. Vuoti. Perché erano diventati automaticamente la sua unica risorsa per i prossimi quattro, cinque mesi? E tra due settimane sarebbero già passati di moda.
Oh Dio, non ce l’avrebbe mai fatta.
Ma, d’altro canto, non poteva in nessun modo deludere Blaine. Non ora che sembrava il ragazzino di sedici anni che aveva appena vinto le Regionali, non dopo che lo aveva ringraziato in quel modo così sentito e con quel bacio così assolutamente perfetto.
No, doveva trovare qualcos’altro; doveva trovare un modo, una scorciatoia, una scappatella dal suo patto.
Pensa Kurt, pensa! Si ripeté mentalmente, guardandosi intorno come alla ricerca di un’ancora di salvezza.
E la trovò.
Osservò Elizabeth, sua figlia, il suo miracolo, armeggiare con maestria una sciarpa di cashmere di Vera Wang, finita a terra quando Blaine aveva richiuso il guardaroba.
“Blaine?” Chiese, la voce timida, soave. “Per Lizzy il patto non vale, vero?”
Ci rifletté un attimo su: “No, certo che no. Lizzy è una bambina, e sta crescendo. Se ha bisogno di abiti nuovi, deve averli.”
Kurt cercò di trattenere un sorriso troppo energico, ma ci riuscì a malapena.
“Vieni Lizzy –sussurrò, prendendo sua figlia in braccio- andiamo a vedere SE hai bisogno di qualche cambio per la prossima stagione.”
 
 
Ovviamente, ne aveva bisogno.
Ok, magari poteva anche rinunciare alla tuta amaranto di Lady Dior. E sì, anche il vestitino di Coccinella era perfettamente inutile. Ma Kurt, in quel momento, pensò che fossero delle cose essenziali per il benessere di sua figlia; Lizzy era già una piccola guru della moda, lo sapeva bene: aveva un gusto innato e attraverso un solo gesto riusciva a farti capire cosa le piaceva e cosa invece non le interessava affatto. Quindi, in tutta risposta, le mostrò un bellissimo copri-spalle di lana di “Gucci for Kids!” e cominciò ad accarezzarlo come quelle veline ad una televendita di materassi.
“Lizzy, tesoro? Non è semplicemente bellissimo?”
La bimba si soffermò ad osservare l’abito, inclinando leggermente la testa di lato. Oh, sembrava tale e quale a Blaine quando si trovava di fronte ad un vestito di cui non capiva la funzione. Come quella maglietta fatta di lacci e senza apparenti cuciture che aveva indossato il mese scorso per una festa da Finn, e Blaine era rimasto per mezz'ora ad analizzarla cercando di capire come funzionasse.
E, con grande malincuore del padre, anche la reazione fu immediatamente la stessa.
Con un gesto disarmante, Elizabeth si strinse nelle spalle, confusa, e si girò uscendo dal negozio.
Ok, niente panico. Era solo troppo piccola per capire la prelibatezza che gli era stata appena offerta. E Kurt era un padre saggio, quindi decise di comprarla al posto suo. Un giorno l’avrebbe sicuramente ringraziata.
Prima che potesse scappare da qualche parte, il padre si apprestò ad inseguirla e prenderle saldamente la mano, rassettandosi meglio la giacca per via della breve corsa. E fece una smorfia appena ci ripensò: quella giacca, praticamente, aveva quasi un anno. Era oscenamente fuori moda. Dio, sentiva già gli occhi dei maggiori stilisti dell’America puntati su di lui. E poi…oh, perfetto, una signora lo aveva appena fissato male. Sicuramente per via dei jeans slargati verso il fondo. Ma in che epoca erano stati fabbricati? Non si usavano più dai tempi di Cristoforo Colombo!
Prendendo seri e lunghi respiri, riprese a camminare e cercò di tenere un andamento fiero: avrebbe dovuto portare quegli abiti per altre due maledettissime volte, tanto valeva farsene una ragione.
Aveva fatto perfino un calcolo: indossando ogni volta una canotta, una maglietta, una felpa e una giacca diversa risparmiava tempo prezioso e così avrebbe esaurito il patto in…tre mesi e sei giorni. Ok, quello non era possibile. Doveva aver fatto male i conti, non era mai stato un asso nella matematica; oppure, semplicemente, aveva più abiti di quanto non ricordasse. Sbuffò, ripensando a Blaine che tornava dalla cantina con degli scatoloni pieni di roba; poteva risparmiarselo di tirare fuori gli abiti del college. Ma non importava quanto si sentisse una cipolla albina, aveva fatto una promessa a Blaine e l’avrebbe mantenuta.
Certo, questo implicava il fatto che si sarebbe sfogato facendo compere per la sua unica e bellissima figlia.
Fu così che, senza neanche rendersene conto,  il suo armamentario pieno di vestitini era improvvisamente duplicato, accompagnato da tutti i tipi possibili di shoppers e sacchetti.
“Tutta roba per Lizzy!” Continuava a pensare soddisfatto. Beh, a parte quei bracciali di Salvatore Ferragano che aveva appena trovato, in un negozio sulla 16° Avenue. Ma chi lo sa, magari la bambina in futuro avrebbe desiderato uno stile un po’ più “urban” e quegli accessori allora avrebbero fatto al caso suo. Era un investimento per il futuro, ecco.
Eppure, la bambina sembrava ignorare tutto ciò. Anzi, l’unica cosa degna del suo interesse sembrava un’enorme pupazzo spelacchiato a forma di orsacchiotto. Anche se, con quell’orecchia mozzata e quel marrone sbiadito e consumato, assomigliava più ad un koala.
“Lizzy, non toccarlo!” Esclamò il ragazzo che, prontamente, l’allontanò dall’oggetto. La bimba rimase un attimo scossa a fissare dapprima quello, poi suo padre, ed inavvertitamente scoppiò a piangere.
“Mi dispiace…” mormorò una commessa, correndo in soccorso del ragazzo che ora teneva la bimba in braccio e cercava di farla ragionare:  “Andiamo amore, non ti interesserebbe magari un bel paio di scarpette di Christian Louboutine?”
“PUPACCIO!” Strillò. Ok, sua figlia aveva decisamente ereditato le sue corde vocali.
“Quel peluche era la mascotte della nostra boutique –spiegò la commessa- ma ormai è vecchio, non sappiamo davvero che cosa farne. L’avevamo lasciato qui fintanto prendevamo una decisione…”
“Potevate buttarlo –sentenziò Kurt- potevate bruciarlo! Quel pupazzo avrà milioni e milioni di germi. E poi, perché diavolo tenete un pupazzo così grande come mascotte? Quell’affare è grande quasi quanto mia figlia!”
La commessa cercò di rispondere accennando a delle scuse, ma le strilla di Lizzy divennero talmente forti da ostacolare qualsiasi altro suono.
“Pupaccio!” Piagnucolò, indicando il koala gigante. “Papà! Pupaccio!”
“Oh no –dichiarò Kurt- non esiste proprio. Non lascerò che mia figlia torni a casa con un peluche sporco e distrutto. Per di più ignorando le scarpette di Loubouitin e i gioielli di Ferragano!”
Ed ecco che sua figlia, quasi come se avesse capito le parole, o quanto meno, il tono di suo padre, si agitò ancora di più e spinse per scendere. Dopo un vano tentativo Kurt la lasciò a terra e lei corse immediatamente dall’orso: attraverso uno scatto che assomigliò più ad un balzo si insediò tra le braccia del gigante, si accoccolò a lui, lo avvolse con le sue piccole manine rosee e, come mossa finale, lanciò un’occhiata di suppliche al povero uomo inerme.
“Pupaccio.” Mormorò, di nuovo, con una voce a metà tra la supplica e la ferma convinzione.
E Kurt…beh, Kurt era già stato convinto sin da quando si era lanciata in quell’adorabile balzo.

 
“Venti dollari.” Mormorò, seccato a livelli che non credeva fossero umani. “Venti dollari per quel maledetto pezzo di stoffa. Che diavolo, con duecento dollari e tre quarti di più potevo comprare le scarpette. Venti dollari per un dannatissimo orso.”
Continuando a borbottare, scese dal taxi con tutti i suoi acquisti ed entrò in casa assieme a sua figlia. Blaine, seduto sul divano, scattò in piedi non appena vide la quantità di buste che Kurt si portava dietro, anzi, avanti: erano entrate prima loro di lui.
“Kurt!” Esclamò il moro, con fare accusatorio, non riuscendo però a trattenersi dall’aiutarlo. “Che…che cavolo è tutta questa roba!?”
“Rilassati, è per la bambina.”
“Un paio di collane di Chanel sarebbero per la bambina? Ma non sa nemmeno chi sia, Chanel!”
Kurt gli lanciò un’occhiata. “Blaine, tu sottovaluti tua figlia. Le ho già fatto leggere due volte tutta la sua biografia e adesso sto scaricando da emule la sua prima sfilata di moda per fargliela vedere.”
Contando che loro figlia aveva solo tre anni, Blaine si chiese seriamente come fosse riuscito a farlo.
“Ma…” provò a dire, fermato subito dal marito: “Niente ma, Blaine! Se vuoi proprio lamentarti di qualcosa, lamentati di quello!”
Ed ecco che, finalmente, Blaine si accorse dell’oggetto non molto identificato che Lizzy stava trascinando.
“Che…che cos’è? Un koala?”
Kurt si trattenne dal ridere, per poi spiegargli l’assurda situazione accaduta in negozio.
“Se tu non fossi entrato a vedere i bracciali e le scarpette tutto questo non sarebbe successo.” Gli ricordò Blaine, ma l’altro non batté ciglio.
“Comunque non è possibile che tu abbia pagato così tanto per quel…beh, per quello. Adesso torniamo indietro e glielo restituiamo.”
Insieme, i due genitori si avviarono verso la bambina a passo pesante: dovevano essere rapidi e decisi. Fecero per prendere il peluche dalle mani della figlia spiegandogli che non poteva tenerselo perché doveva essere riportato indietro, ma la bambina, nei suoi modi, fu come sempre inammissibile: cominciò a strillare a pieni polmoni e si avvinghiò al peluche come se il koala fosse lei stessa.
“No, dai… -commentò Blaine- Lizzy? Amore? Lo daresti a daddy?”
La bimba lo fissò per un secondo.  E poi, con una gentilezza completamente contrapposta all’isterismo precedente, fece un sorriso radioso e lo lasciò nelle sue mani.
“Giochiamo!” Esultò. Blaine fece per sollevarsi e nascondere il peluche, ma fu bloccato dalla presa della figlia.
“Daddy, Papà, giochiamo!” Si sedette a terra, costringendo i genitori a fare altrettanto, e cominciò a parlare a vanvera accennando a nomi inventati di un regno fatato. E nonostante tutto, era incredibile che una bambina della sua età sapesse parlare così bene. Era molto intelligente, ma su questo, nessuno aveva mai avuto dubbi.
“Io sono una pincipessa. –Fece lei- E voi siete i miei papà.”
Kurt ormai era completamente incantato dai modi di sua figlia: “E come sono questi papà?”
“Sono bellissimi.” Disse senza la minima esitazione.
In quel momento, se non fossero già seduti sarebbero caduti a terra per l’emozione.
“Lui è Tony -Riprese Lizzy, avvicinando a sé il peluche- Lui è mio marito e ci vogliamo tanto bene proprio come i miei papà.”
Le loro mani si trovarono, come se fosse un gesto prestabilito. E si fecero più vicini, spalla contro spalla, mentre con occhi pieni di commozione osservavano il magico mondo della loro bambina: la videro saltellare, cadere, urlare e spaventarsi, per qualcosa che solo lei poteva vedere. E quando quello succedeva, gridava qualcosa al suo “Tony” e correva tra le braccia dei genitori. Perché erano la sua salvezza.
Kurt e Blaine si guardarono, e si resero conto di stare entrambi sorridendo. Era gioia, pura e semplice gioia. Nessuna crisi finanziaria, nessuno shopping compulsivo poteva intromettersi in quello.
E Blaine si sentì incredibilmente stupido per aver proposto un patto del genere a Kurt, e Kurt si sentì incredibilmente stupido per essersi lamentato dei suoi abiti, di quell’orso o koala, o Tony che fosse.
Non avevano niente di cui preoccuparsi.
Perché si amavano così tanto che a volte sembrava davvero di essere in mezzo ad una favola di Elizabeth.
Perché erano felici.
Perché erano insieme.
 
 
 
 
 
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Angolo di Fra:

L'avevo detto io che era assurda XD ed è uscita pure lunghissima!! Davvero, vi chiedo perdono.
Tony è un riferimento a West Side Story...perchè è uno dei miei musical preferiti, e non vedo l'ora di vederlo rappresentato dal Glee Cast!! A proposito...uffaaaaa quanto manca alla nuova puntata? E quanto manca alla 3x05!?!? Beh, spero che questa raccolta mi/vi risollevi un po' dall'attesa.
  E poi spero davvero che dopo questo capitolo non smettiate di leggermi XD  alla prossima!

PS_ ringrazio tutti per le recensioni, i complimenti e le letture. A tutti coloro che mi hanno inseguita nelle seguite/preferite: stragraziemillissimeeeee!!!!
PPS _ Un'ultima cosa. Avrei intenzione di aggiornare ogni due giorni...ma visto che sicuramente non ce la farò (università fuorviante) vi consiglio di controllare ogni tanto i miei aggiornamenti sulla pagina del faccialibro, così da sapere più o meno l'uscita del nuovo capitolo. Quindi vi rimando QUI e vi saluto con un grandissimo abbraccio!
   
 
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