Autore:
Any Ikisy
Titolo: Scent of Silence
Oggetto e citazione
scelta: Chanel N°5; come lunghi echi che da lungi si
confondono in una
tenebrosa e profonda unità, vasta come la notte e il
chiarore del giorno,
profumi, colori e suoni si rispondono.
Pairing: SasuNaruSaku
Genere: Scolastico,
Erotico, Generale
Rating: Arancione
Avvertimenti: AU,
One-shot, Yaoi, Lime
Note dell’autore:
Vogliamo davvero parlarne?
Introduzione:
Nell’edificio
in disuso della biblioteca scolastica si comincerà a
studiare solo nel momento
in cui qualcuno pulirà i servizi igienici.
Per chiunque si chieda perché Sasuke dovrebbe indossare un
profumo da donna; quando l’OOC giustificato diventa IC. Forse.
I
hear
you calling and it’s needles
and
pins;
I
wanna hurt you just to hear you screaming
my name
Don’t
wanna touch you but you’re under my
skin…
I wanna taste you, but
your lips are
venomous
p o i s o n
[Your poison; Alice Cooper ~13 ottobre ‘11]
Indossa ancora la divisa scolastica; un intimo a fiori
d’arancio
si intravvede da sotto la gonna, quando una sferzata del vento di
Novembre ne
solleva le pieghe. Le spalline del reggiseno spuntano oltre il fiocco
sgualcito
sul suo colletto spiegazzato.
Si
guarda attorno, chiedendosi chi le possa aver guardato le mutandine, e
Naruto
sghignazza con un tappo di penna mangiucchiato tra le labbra che non ha
davvero
mai visto tempo migliori.
«Dobe,» una
penna nera si puntella con forza
sul dorso della sua mano «ti vuoi concentrare?»
«Ahi!» la ritrae
prontamente, colto alla
sprovvista, squadrando con sconcerto Sasuke per il suo gesto.
È sul punto di
chiedergli perché l’abbia fatto, ma
l’indifferenza con cui lo ignora coglie il
suo interesse: «Stavo pensando… non trovi che
Sakura negli ultimi tempi sia diventata
molto più carina?»
Ha il
capo chino su di un foglio a righe coperto d’inchiostro,
mentre la stilografica
scorre come un fiume sulla carta, convogliando i kanji¹ in
un’ottima calligrafia e raggiungendo
le ciocche corvine di una frangia forse troppo pronunciata. Ondeggia in
maniera
lieve ed incostante, risentendo delle vibrazioni della sua mano veloce
e
precisa.
Naruto
non scrive, con la scusa di attendere una sua risposta.
«Scrivi,
Usuratonkachi.»
«Teme!-»
A
scambiarsi complimenti come in quel pomeriggio, in cui il sole tiepido
scalda
persino le ombre dei grattacieli in lontananza, prima erano in tre:
Sasuke doveva
per forza sapere che, senza Sakura nei paraggi, non sarebbero resistiti
a lungo
prima di mettersi le mani addosso, in un modo o nell’altro.
Indossa
quegli occhiali un po’ spessi ma ugualmente eleganti sul viso
diafano,
increspato solo da uno sguardo lievemente seccato che gli rivolge
all’incirca
da quattro secondi; prima o poi capirà anche che problema di
vista abbiano in
famiglia, con le congiuntiviti²
che prendono.
La
loro ultima lezione di giapponese, Naruto l’aveva trascorsa a
contare i banchi
nella propria classe e tentare di ricordare i nomi di tutti i suoi
compagni; di
tanto in tanto abbottonava e sbottonava l’ultimo bottone
della camicia chiara,
consunta, che ormai indossava da più di sei ore. La sua
unica speranza per la
verifica di domani è quel pomeriggio di ripasso con Sakura e
Sasuke, anche se
non ne ha la minima voglia.
Lui
non è nemmeno giapponese, accidenti!
«Allora?
Che ne pensi?» incalza.
«Naruto…»
il tono di Sasuke è costretto
in un’atmosfera di calma piatta simile a quella che incontra
sulla via del
ritorno verso casa: non una foglia viene smossa dal freddo che lo
avvolge. «Non
sbraitare come a tuo solito: siamo
in
biblioteca.»
Indossa quella montatura da quando hanno iniziato ad incontrarsi senza
necessariamente
prendersi a calci, ma li sfila con la stessa rapidità con
cui entra nella sua
stanza da letto.
Lo
vede poggiare mollemente il capo sul dorso della propria mano; il polso
sottile,
coperto in parte da un orologio dal design sobrio ed asciutto, rimane
esposto
proprio in parte al suo collo nudo, proteso in avanti. «E
smettila di farmi
perdere tempo.»
La sua
pupilla e la sua iride sono incredibilmente simili, rasentano il
confine della
montatura che li protegge. Naruto potrebbe quasi pensare che rispondere
lo
irriti.
Il
posto accanto al suo è ancora caldo, non è
passato nemmeno un minuto da quando
Sakura si è alzata per andarsene; sente quasi il suo profumo
aleggiare sopra di
loro, monito di un pessimo voto sulla sua pagella a fine mese; richiamo
della speranza
di ritrovarsi assieme anche l’anno prossimo.
Lo
sguardo inflessibile che Sasuke gli rivolge suggerisce stia pensando ad
altro;
probabilmente a quando Sakura si è posta
l’obiettivo di diventare più posata e gradevole,
abbandonando i modi bruschi delle medie, anche
per essere più piacente ai suoi occhi freddi e distanti.
Naruto
di quel periodo ricorda solo i piccoli sfizi a cui ha dovuto rinunciare
per
raggiungere la quota di denaro stimata con Sasuke per il suo regalo di
compleanno: trentacinque³ miseri
millilitri di Chanel N°5, la fragranza femminile per
eccellenza, nella sua
elaborata confezione ricolma fino all’orlo di un miele dorato
molto più
prezioso del nettare di qualunque altro Dio.
Si
era preso orgogliosamente il merito anche all’epoca di
quell’idea insolitamente
geniale per dimostrare a Sakura il loro sostegno; l’aveva
resa felice, anche se
questo aveva significato dare fondo al proprio portamonete
già vuoto.
Però
ne era valsa la pena, deve ammettere a conti fatti, solo per sentire
quel fondo
di ambra e vaniglia sul suo petto morbido e delicato; immergersi nel
cuore di
gelsomino ed iris stillato dal cotone leggero della sua camicetta
scollata. Un
profumo penetrante, tra le sue cosce aperte e roventi, tra i suoi seni
acerbi
quanto sui suoi capezzoli turgidi. Sui suoi polsi, sulle sue mani,
sulle sue
labbra dolci, intrise di saliva e di un sapore che le rende uniche e lo
manda
in estasi.
Naruto, allarga le gambe.
Si
sente in colpa solo quando realizza che Sakura non riuscirà
mai a compiacere
Sasuke solo con un profumo pagato, per altro, anche dalle sue tasche.
In fin
dei conti, è come se entrambi lo sapessero da sempre.
È in
quei momenti che l’essenza penetrante di quel profumo si fa
intossicante,
quando non c’è mai abbastanza bagnoschiuma nella
doccia per toglierselo di
dosso.
L’intonaco
si sgretola facilmente tra le mura della vecchia biblioteca in disuso
della
scuola; è così friabile da sbriciolarsi ad un
calcio e precipitare
rovinosamente al pavimento, accumulandosi in una polverina bianca
farinacea
lungo i bordi del muro. Lo sguardo di Naruto ci si sofferma
innumerevoli volte,
quando si sente vicino al punto di confessare le proprie mancanze di
integrità
a Sasuke. Quando sarebbe più facile allontanarsi da lui.
Dai
suoi occhi dal taglio tipicamente orientale, dalle tinte pastello che
ornano il
centro dell’iride e che vanno opacizzandosi verso
l’esterno, in un connubio di
blu notte dalle molteplici sfaccettature.
Nel
momento in cui li incontra si limita a sorridere, perché non
potrebbe sostenere
un peso simile per chiunque altro; condividerlo sarebbe inoltre una
mancanza di
rispetto nei suoi confronti.
Finché
non lo avverte distintamente.
Quell’odore
che Sakura non porterebbe in un normale giorno di scuola, realizza.
«Sasuke…»
Come
onde concentriche che increspano la superficie dell’acqua col
loro moto
ridondante e definito, gli odori che percepisce, i colori con cui si
confronta
e i suoi pensieri contrastanti collidono fra loro, incontrandosi
univocamente.
«Stai
indossando il profumo di Sakura.»
Sasuke
si sente uno stupido al pensiero che l’odore incredibilmente
acre all’interno del
gabinetto possa coprire quello che porta addosso, mentre chiunque altro
la
troverebbe un’osservazione tutt’altro che ingenua.
Stringendo
un pugno di capelli biondi tra le dita, inclinando il collo da parte e
lasciandolo esposto per affondarci il viso, avverte il suo
inconfondibile odore
muschiato, lievemente stemperato da un velo di sudore dovuto
probabilmente al
repentino cambiamento di temperatura: ne porta uno simile sulla pelle;
forse
meno pungente e più delicato.
Nulla
a che vedere col soffio di profumo che la sera prima ha provato dietro
il suo
stesso orecchio, di cui in seguito non è riuscito a
liberarsi.
Lo
stesso che ottenebra i suoi pensieri ad un complimento rivolto a Sakura
ed
accende gran parte dei diverbi con Naruto, quando lo innervosisce
sentirglielo
addosso.
Intrattiene
la sua lingua voluttuosa, rende le sue labbra tumide per i baci, le
umetta per
cogliere schegge della sua saliva da poter saggiare ancora una volta.
Socchiude
le palpebre, improvvisamente leggere.
Si
era sempre chiesto cos’avesse di speciale quel profumo
così rinomato; quando la
sera prima è entrato nella stanza di sua madre e lo ha
intravisto tra le altre
fiale colorate ed intarsiate nel vetro soffiato, lo ha trovato persino
altezzoso: rivendicava la propria fama in una confezione estremamente
semplice.
Troppo, un’etichetta come quella.
D’altro
canto, l’aveva scelta Naruto: sembra essere attratto da
qualunque cosa ostenti
presunzione.
Separa
i due lembi sgualciti della sua camicia, prima uniti da una fila di
bottoni.
Una
fine peluria bionda attraversa il suo addome, celandosi poi al di sotto
della
cintura consunta che ancora indossa; non perde tempo per scorrere la
cinghia
oltre il suo fermo metallico.
Non
vorrebbe ammetterlo, ma ha l’impressione che la confusione
dei pensieri di
Naruto sia la motivazione della sua permissività: il modo in
cui gli porge
docilmente la clavicola è simile ad una tacita richiesta di
perdono, ma d’altro
canto scorge una implicita richiesta di attenzioni atipica da parte
sua; come
se considerasse l’ipotesi che anche
Sasuke l’abbia tradito, proprio come lui stesso ha fatto.
Vorrebbe
potergli imporre di sussultare in quel modo lascivo con maggiore
impeto, ma la
coscienza di trovarsi in un edificio pubblico elimina questa oziosa
possibilità;
d’altro canto, il luogo non rende tutto più
eccitante come si potrebbe credere.
Non
quando questo gli arreca privazioni di tal rilievo.
«Naruto…»
impreca sommessamente, tra una lappata e un morso a fior di pelle sul
suo
zigomo; annaspa alla ricerca di ossigeno come probabilmente sta
inconsapevolmente facendo a sua volta.
Affonda
nel suo corpo stretto ed accogliente, mentre sorregge le sue gambe
allacciate
dietro la schiena e si aiuta col muro alle sue spalle per sostenerlo;
nonostante non crede di aver mai provato quella posizione prima, si
muove
rapidamente ed entrambi sanno esattamente dover portare le mani.
Afferra
con una mano il retro del suo collo e spinge le sue labbra ad unirsi
nuovamente, in parte colto dal timore di sentir pronunciare a volume
troppo
alto il proprio nome o, ben peggio, quello di un’altra
persona; sente di
esserci vicino.
I
capelli di Sasuke sono arruffati e spettinati: a Naruto piace
maneggiarli.
Stringerli per stemperare il dolore che avverte al basso ventre,
accarezzarli
mentre lavora sul suo petto, poi misurarne la lunghezza arricciandoli
sull’indice quando i loro corpi madidi di sudore e tracce di
sperma giacciono
sul pavimento della sua stanza, in una cornice di vestiti
tutt’attorno.
Forse
è l’unica persona a cui lo lascia fare senza
opporre resistenza; non ammetterà
mai che, se si tratta di lui, può sopportare qualsiasi cosa
sin al punto di
diventarne dipendente.
Il
muro alle sue spalle è scolorito, segnato dalla suola di
diverse scarpe; scorge
quelle di Naruto che si puntellano lasciando l’ennesima
impronta che nessuno
pulirà né ricorderà, a testimoniare
uno dei loro slanci di passione.
Il
suo viso contratto è una maschera di piacere, dipinta
minuziosamente in ogni
sua piccola ombra.
Finché
non viene per lui, sui loro petti, prima che il peso di entrambi per le
sue
gambe sia troppo da sostenere e Sasuke si accasci al suolo, stremato.
Sasuke
non sarebbe uscito di casa con quell’odore addosso, se avesse
sapute che
sarebbe finita in quel modo; non avrebbe regalato un profumo a Sakura
solo per
sentirlo tra i vestiti di Naruto e, dannazione!,
non avrebbe mai portato quella stessa fragranza addosso per puro caso.
Nonostante
tutto, Sasuke serba ancora qualche dubbio su quale tra i due lati del
suo collo
Naruto vorrebbe avere sotto il naso in questo preciso istante.
«Sakura…»
Il
soffio caldo che accarezza la conchiglia del suo orecchio sopperisce
scarsamente alla sua necessità di calore; quel nome
è l’ultimo che Sasuke
desideri sentire. Eppure la mano che copre il suo capo e
s’intreccia teneramente
tra i suoi capelli lo conforta profusamente.
Scivola
senza sforzo sulla spalla nuda e umida di Naruto, esibendo il retro del
proprio
orecchio bagnato di Chanel N°5 alla brezza gelida e
disinteressata della
corrente novembrina, inebriandosi di un odore tutt’altro che
femminile, ma non
per questo meno afrodisiaco.
«Non
ha mai avuto speranze.»
Precisazioni
inutili:
¹ kanji: caratteri di origine cinese
utilizzati nella scrittura orientale;
² congiuntivite:
infiammazione della
congiuntiva;
³ trentacinque millilitri di questo profumo
costano 57,90 euro;
Noi
europei siamo abituati a classi piuttosto sgombre, relativamente
parlando: ci
avvicineremo alle classi giapponesi, ricolme fino all’orlo di
studenti, con
quest’ultima riforma scolastica, in cui è previsto
un numero massimo pari a trentadue alunni.
Provate voi a
ricordarvi tutti quei nomi, considerando che ogni anno le classi
vengono
rimescolate e si hanno di volta in volta compagni nuovi.
Quando
parlavo di nettare di Dei, non ho pensato a qualcosa che la mia beta mi
ha
fatto notare: Chanel non sarà mai
all’altezza delle urine
del Quasi
Dio Kò.
Indovinate
chi era la beta, a questo punto.
Le
note finali in questa fan fiction si sprecano: inizialmente, la trama
che ho
immaginato prevedeva un concetto di threesome
più definito e marcato. Mi era stato chiesto in un commento,
per questo avrei
voluto un risultato migliore.
La
trama iniziale, come l’avevo immaginata, era entusiasmante.
Quel che ne risulta
ora spero di poterlo rileggere fino alla fine tra un paio di mesi; fino
ad
allora, dimenticherò che esiste.
Vi
starete chiedendo ‘Perché partecipante
anziché classificato?’. Semplicemente, non abbiamo
raggiunto la quota minima di
partecipanti: a fine contest c’eravamo solo io e Yamiko
neesan.
In
conclusione, posso solo dedicare questa piccoletta ad Enameru
e Knife,
per aver
indetto questo contest, anche se non è andato a buon fine, e
per il banner se
non altro, nonché chiedere umilmente perdono ad Annamariz
ancora una
volta; lei sa perché.
Grazie a chiunque abbia letto. Questo scritto, nonostante tutto, mi ha
veramente sciupato.