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Autore: J85    26/10/2011    0 recensioni
L'unica speranza per Hidetoshi Miura, capitano della squadra di calcio dell'Istituto Hattori, di salvare i suo club sono i suoi tre fratelli: il primogenito Shunsuke, il teppista, il terzogenito Hiroshi, lo studioso, ed il quartogenito Atsushi, lo scansafatiche. Riuscirà il riformato "Quartetto Miura" a portare il proprio team alla vittoria del torneo scolastico?
Genere: Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 7

“Finale”

 

 

 

“Mi dispiace Atsushi ma io sono un uomo d’onore e ho dato la mia parola che ti ucciderò!” minacciò furente Shunsuke.

“Ora basta Shun! Atsushi si può sapere dove sei stato per tutto questo tempo, non presentandoti nemmeno alla partita?” domandò Hidetoshi, innervosito anche lui.

Il più giovane dei fratelli Miura, che da più di mezz’ora non aveva avuto alcuna possibilità di proferire parola, attese ancora qualche secondo, per constatare se tutti in casa riuscivano a mantere il silenzio.

“Ero con Suzuka…”.

“Oh perfetto! Noi ci rompevamo il culo in campo mentre la mezza sega stava scopando beatamente!”

“Stai zitto Shun! Perché eri con Suzuka Atsushi?”.

“Perché tra poco lei si dovrà trasferire con i suoi e allora per me era l’ultima occasione per starle vicino, anche se non nel modo che qualche rozzo animale qui presente ha in mente…” rispose l’interessato, lanciando infine una frecciatina verso il più grande dei fratelli.

“Cosa? Suzuka se ne va?” s’intromise Hiroshi “E dove andrà? Come mai a noi non ha detto nulla?”.

Al termine della serata, finalmente Atsushi riuscì a spiegare la sua scelta ai suoi fratelli i quali, alla fine, perdonarono il suo abbandono temporaneo della squadra.

 

Istituto Hattori

“Beh se le cose stanno così…” iniziò a dichiarare la sua decisione il mister Takahashi, una volta ascoltata, insieme a tutti i suoi ragazzi, la storia del suo centravanti “Comprendo benissimo che voi dobbiate vivere appieno la vostra giovinezza…”.

Poi l’allenatore si zittì.

“E dunque?” chiese l’attaccante interessato, con tutti i suoi compagni che trattenevano il respiro.

“Va bene puoi rientrare in squadra! Ma in finale ti voglio vedere giocare da vero fuoriclasse, anche per la partita che hai saltato!”.

“Ok mister!”esclamò il giovane, tornato finalmente a sorridere.

 

“Che dire tappo…ti è andata anche troppo bene!” ironizzò Shunsuke dando una poderosa pacca sulla spalla al suo fratellino Atsushi.

”Ahi! Beh alla fine me ne importava il giusto della sua decisione…” sentenziò il capellone, mentre si massaggiava la spalla offesa.

“In effetti anch’io non ero certo della decisione che avrebbe preso il mister…” rivelò il capitano, finalmente rilassato.

“Finalmente in quest’ultima partita potremmo di nuovo giocare tutti assieme!” suggerì il portiere occhialuto.

Mentre proseguivano nei loro discorsi, i quattro si apprestavano a rientrare nella scuola per recuperare le loro cose e ritornare finalmente a casa.

“Scusate, voi siete i fratelli Miura?”.

Questo quesito proveniente dalle loro spalle sorprese tutti e quattro i ragazzi che si voltarono quasi all’unisono. Davanti a loro avevano una donna di mezz’età con dei capelli talmente rossi e talmente ricci da sembrare una parrucca, occhiali da vista con le lenti a forma di rombo ed un neo sulla guancia sinistra.

“Si…e lei chi sarebbe?” chiese a sua volta Hidetoshi.

“Ora che vuole questa qua…” sospirò infastidito Atsushi

“Secondo me è la nuova bidella?” ipotizzò Shunsuke.

“Ma perché? doveva arrivare una nuova bidella?” domandò sorpreso Hiroshi.

“Ma quale nuova bidella! Sono la nuova insegnante di giapponese di questo istituto. Mi chiamo Orie Munakata, 35 anni, e non appena giunta qui mi sono fatta stillare un elenco di tutti gli studenti, classificati secondo la media degli ultimi voti riguardanti la mia materia. Ed indovinate chi sono risultati agli ultimi posti della lista…” concluse con un ghigno satanico dipinto sul volto.

“Ma com’è possibile Hiroshi! Te che vai male ad una materia scolastica!” proruppe incredulo Hidetoshi.

“Beh sai ultimamente con l’infortunio ed il calcio…” cercò una scusante l’interessato.

“E poi le lezioni del vecchio professore erano troppo pallose…” informò la nuova arrivata Atsushi.

“A me il giapponese serve solo per segnare il nome delle mie vittime! Forza andiamo ragazzi non perdiamo tempo con questa vecchia…” concluse il più grande del quartetto, mentre abbrancava gli altri tre ripartendo con la camminata.

“FERMI LÌ DOVE SIETE!”.

Anche lo stesso energumeno si bloccò a quest’ordine urlato.

“Se non sbaglio voi quattro fate parte del club di calcio giusto?”.

I quattro si voltarono senza dare alcuna risposto.

“Molto bene! Dunque vi comunico che, se non recupererete almeno la sufficienza nella mia materia, non potrete disputare la finale di sabato!”.

 

Casa Miura

“Fanculo ci mancava solo quella vecchia troia!” imprecò Shunsuke tirando un poderoso pugno verso la parete di camera.

“Calmati Shun così farai venire giù tutta la casa!” esclamò Hidetoshi che poi si voltò verso un altro suo fratello “Senti Hiroshi, non potresti darci una mano, te che sei il più studioso di noi quattro, a studiare in vista di questo test di recupero?”.

“Si…certo…posso provare…” rispose titubante il ragazzo con gli occhiali.

“Io so chi ci potrebbe davvero aiutare in questo caso…” intervenne Atsushi, sdraiato comodamente sul suo letto.

“Chi?” domandò il capitano.

“Suzuka potrebbe aiutarci” rivelò il più giovane del quartetto.

“Si certo così, mentre noi tre studiamo, tu te la scopi!” ironizzò maligno il più grande del quartetto.

“Che cazzo dici stronzo!” urlò il capellone tirandosi in un attimo su.

“Ok fermi tutti! Te, Atsushi, chiama Suzuka a casa e te, Shunsuke, sarà meglio se t’impegni nello studiare piuttosto che nel dire cazzate!”

 

Dopo pochi minuti, Ikeda giunse a casa loro con tutto l’armamentario dell’occasione.

“Bene ragazzi! Atsushi-kun mi ha spiegato tutta la situazione, dunque preparatevi per queste intensive giornate di studio con la straordinaria Suzuka sensei!” esclamò la ragazza facendo l’occhiolino, presentando inoltre sulla fronte una hachimaki con su scritto “Ganbare Miura Brothers!”

Per qualche secondo, sull’intera stanza cadde un silenzio raggelante.

“Io gente esco! Impegnatevi anche per me allora!” salutò tutti Shunsuke mentre stava aprendo la porta di camera.

Poi un colpo violentissimo si schiantò contro il suo collo muscoloso. Il gigante, dove aver per un attimo barcollato, si girò infuriato trovando davanti a sé la stessa Suzuka con in mano un enorme ventaglio. Per un momento rimase basito esclamando “Ma che caz…”

“Per questi pochi giorni a nostra disposizione dovrete impegnarvi tutti al massimo! Sono stata chiara?! Non dimenticate che non lo fate soltanto per voi, ma lo fate soprattutto per la vostra squadra!” sentenziò senza alcun diritto di replica la moretta.

I quattro dunque cominciarono ad impegnarsi in quella che sembrava di certo la loro sfida più difficile. Furono anche costretti ad indossare a loro volta delle fasce sulla fronte su cui vi era scritto “benkyo”, ossia studio.

“Atsushi-kun stai di nuovo dormendo!” e nuovamente l’implacabile ventaglio si abbatté sulla testa piena di capelli del giovane.

“Ahia! Così mi fai male Suzuka-chan!”

“Ma è possibile che più di 5 secondi non riesci a stare sveglio!”.

“Scusami Suzuka…io avrei finito…” s’intromise timidamente Hiroshi.

“Oh bene Hiroshi-kun fammi vedere...” e la novella istruttrice controllò il quaderno che gli era appena stato consegnato “Oh mio dio Hiroshi-kun ma è tutto perfetto! Ma com’è possibile che tu abbia avuto un’insufficienza?”.

“Beh più che altro ho sofferto la stanchezza dovuta agli allenamenti…” spiegò il ragazzo, passandosi nervosamente una mano dietro il capo.

“Meglio così allora, con uno ho già risolto! E te Hidetoshi-kun come va?”.

L’interpellato non rispose immediatamente alla domanda della ragazzo dato che era totalmente concentrato sui compiti. Poi alzò il suo sguardo verso di lei “Io Suzuka-chan…” ed infine scoppiò in un pianto a dirotto “Non ci capisco nulla! Ma è possibile che per dare calci ad un pallone devo imparare tutte queste! Dovrò rinunciare alla mia fascia di capitano, alla finale…ed anche alla mia stessa vita…”.

“Oh andiamo Hidetoshi-kun non sarà poi così impossibile su…” cerco di rincuorarlo mentre gli si avvicinava per controllare meglio.

Nell’occasione controllo anche l’operato del fratello più grande, che aveva quasi da subito rinunciato chiudendo addirittura il libro. I due si scrutarono a vicenda.

“Dopo ce n’è anche per te Shunsuke-kun…” gli disse con uno sguardo omicida.

Il giovane robusto spalancò gli occhi, tremando quasi dalla paura.

 

I giorni di studio intensivo, nonostante tutto, passarono e giunse infine il giorno del test di recupero.

Per l’occasione i quattro fratelli si riunirono tutti in un'unica classe.

“Bene signori Miura, sono felice di vederti tutti e quattro presenti quest’oggi…” li accolse malignamente la professoressa Munakata “Finalmente sapremo quanto tenete al vostro club, dato che di certo non lo fate perché apprezzate la mia materia” concluse dando ad ognuno di loro il foglio con su scritto le domande dell’esame.

“Bene…potete cominciare!”.

Il test aveva la durata massima di tre ore. Tre ore che sembravano interminabili per la povera Suzuka Ikeda, che li attendeva impaziente fuori dalla classe.

Finalmente, al termine del tempo disponibile, i quattro uscirono dalla stanza ma nessuno volle rispondere alla domanda della ragazza “Allora com’è andata?”.

Il giorno dopo non solo lei ma anche l’intera squadra, compreso anche l’allenatore Takahashi, era in attesa del responso da parte della stessa insegnante. Quest’ultima, circondata letteralmente circondata da tutta questa gente, alcuni non certo con in mente le migliori intenzioni del mondo, sospirò sconsolata e parlò “Ce l’hanno fatta tutti e quattro, per questa volta…”.

 

Ed arrivò finalmente il giorno della finale. Da una parte, con maglia e calzettoni azzurri e calzoncini bianchi, l’Istituto Hattori, una delle scuole meno rinomate della capitale Tokyo. Dall’altra, in completo granata, l’Istituto Akita, campioni in carica del torneo provenienti da Kashima, nella prefettura di Ibaraki.

Le formazioni erano le seguenti:

 

                                   1 Hiroshi Miura                                  1 Tetsuya Maki

                                   2 Kenichi Sakai                                  2 Yuki Asano

                                   3 Yusuke Hasegawa                          3 Isao Ohkubo

                                   4 Jun Endo                                         4 Masahiro Takada

                                   5 Shunsuke Miura                              5 Akira Ono

                                   6 Kenji Maeda                                   6 Satoshi Yoshida

                                   7 Yohei Nishiwaki                             7 Takuya Kobayashi

                                   8 Ryota Akiba                                               8 Yasuhiro Yanagisawa

                                   9 Atsushi Miura                                 9 Shinya Imai

                                   10 Hidetoshi Miura                            10 Hiroki Takahashi

                                   11 Takuya Wada                                11 Kenji Matsushita

 

I ragazzi di mister Takahashi sapevano che avevano davanti la migliore squadra di tutta la nazione. Già dal riscaldamento si notava del nervosismo tra loro. Nonostante che in questo match era tornati ad avere tutti e quattro i fratelli Miura in campo. Chi temevano di più era il loro numero 10, il fuoriclasse, Hiroki Takahashi. A completare le difficoltà c’era il fatto anche che si trattava del figlio del loro allenatore, con il quale però non sembrava esserci un buon rapporto. Il calcio d’inizio fu affidato ai campioni.

Ad appena 5 minuti dall’inizio l’Hattori era costretta tutta sulla difensiva a causa del pressing asfissiante dell’Akita. Sakai si ritrovò il pallone sulla destra.

“Kenichi dammela qui!” gli ordinò Hide, che gli andava incontro privo di marcature.

Il terzino gli passò la sfera, ma in un attimo il trequartista degli azzurri fu anticipato dal suo collega granata, riconoscibile dai capelli biondi tirati su con il gel. Il primo scontro fra i due capitani si concluse con Miura costretto ad atterrare da dietro Takahashi. L’arbitro fischiò l’inevitabile punizione ma decise di graziare il colpevole del fallo.

La posizione era delle migliori e tutti sapevano chi sarebbe andato a calciare. Il biondo posizionò per bene la palla, fece qualche passo indietro ed attese il fischio del direttore di gara. La parabola fu delle migliore, proprio come le calciava anche Hidetoshi Miura, e si andò ad insaccare nel sette alla destra di Hiroshi, che non tentò nemmeno l’intervento in tuffo.

La partita era subito iniziata in salita per l’Istituto Hattori che si trovava immediatamente sotto 1-0.

Nell’esultanza, Takahashi si era pure tolto la maglia e, al termine dei festeggiamenti, non aveva potuto far altro che ammonire il giocatore, come da regolamento. Nel rivestirsi, il capitano squadrò con uno sguardo maligno il suo collega. La loro sfida era appena iniziata.

Al 15’ il portiere che aveva subito il gol si apprestava a rimettere il pallone in gioco da fondocampo. La palla superò il centrocampo e riuscì ad arrivare sui piedi di Wada che la stoppò. Su di lui però rinvenne subito il difensore Ono che gliela rubò in scivolata.  L’arbitro però considerò troppo eccessivo l’intervento e sanzionò un nuovo calcio di punizione. La posizione non era la sua preferita ma Hide si presentò sul pallone insieme al fratello Atsushi. Ci voleva comunque provare.

Al fischio dell’arbitro partì con la sua ricorsa e, una volta che fu sulla sfera, la saltò. Dietro di lui partì anche il suo attaccante che calciò. Purtroppo la conclusione finì di poco alta sopra la traversa.

“Merda!!” imprecò il numero 9.

“Non ti preoccupare Atsushi, la partita è ancora lunga” lo spronò il numero 10.

Al 22’ Endo cambiò intelligentemente il gioco verso l’altra fascia, dove si era decentrato Wada. In un attimo però a seconda punta fu atterrata dal terzino sinistro Ohkubo. Il direttore di gara fischiò una nuova punizione. A questo punto, l’ala destra Kobayashi si avvicinò minaccioso verso di lui.

“Arbitro ma lasciaci giocare almeno un po’! qualsiasi cosa succede tu fischi!” fu la protesta verbale del calciatore.

“lei pensi a giocare che ad arbitrare ci penso io!” fu la secca risposta del signor Takashi Noguchi, tra l’altro il migliore esponente per i tornei giovanili.

Alla mezz’ora fu Hidetoshi, decentratosi sulla destra, a vedersela contro Isao Okhubo. Il giocatore dell’Akita riuscì ad anticipare di testa il capitano dell’Hattori. Il giovane fissò con gli occhi sgranati l’uomo vestito di nero, sperando che non gli fosse fischiato di essersi appoggiato sulle spalle dell’avversario. L’arbitro invece optò per il calcio d’angolo. A battere il corner si apprestò Nishiwaki, che in cuor suo sapeva che era giunto il momento di provarla.

Il numero 7 controllò il movimento dei suoi compagni in area e poi calciò in mezzo. La sfera arrivò molto alta in mezzo all’area. Poi su tutti si elevò una figura. Questa indossava la maglia azzurra numero 9. Atsushi c’era finalmente riuscito. Realizzò una rovesciata a due piedi in aria. Il portiere Maki non si mosse nemmeno. Con i piedi ben piantati sulla linea di porta, Yuki Asano riuscì a colpire il pallone di testa indirizzandolo in fallo laterale.

L’urlo di esultanza era morto in gola a molti tifosi seduti sulle tribune, tra cui la povera Suzuka, ancora non del tutto ripresasi dal suo personale “allenamento” a casa Miura.

“Cosa pensi di essere al circo?” domandò il numero 2 avversario al più giovane dei quattro fratelli, mentre recuperava da terra l’elastico per capelli con cui si rifece il suo personale codino.

“Bastardo!” disse sottovoce il centravanti tascabile.

Quest’ultima azione però aveva dato all’Istituto Hattori nuova linfa vitale. I ragazzi divennero consapevoli di poter raggiungere il pareggio contro l’Istituto Akita.

Al 36’ Takuya Wada trovò spazio sulla sinistra, evitando proprio lo stesso Asano. Una volta raggiunto il fondo la mise in mezzo, consapevole di poterla affidare in buone mani. Atsushi questa volta evitò acrobazie quasi impossibili e, effettuando una finta di corpo per liberarsi della marcatura di Yoshida, andò a colpire il pallone in tuffo di testa.

“Questa volta è fatta!” pensò raggiante il giovane, ancora in volo.

Ma con un riflesso felino il portiere abbrancò e fece sua la sfera.

“È davvero il migliore!” pensò Hidetoshi mentre osservava l’estremo difensore che si aggiustava il cappellino in testa, pronto a rinviare il pallone.

Il primo tempo era agli sgoccioli ma tutti allo Stadio Nazionale di Tokyo, impianto dove si svolgeva lo scontro, sapevano che la partita non era certo finita.

Al 38’ Hasegawa raggiungeva facilmente molto prima del suo avversario un passaggio troppo lungo e la dava indietro al portiere. Hiroshi fermo con il piede la sfera e subito alzò lo sguardo per vedere, attraverso le lenti dei suoi occhiali da gara, le posizioni dei suoi compagni. Notò subito a chi darla.

“Vai capitano!” gridò mentre lanciava lungo verso suo fratello Hidetoshi.

Tutti i presenti si sorpreso per la precisione con cui la sfera arrivo al suo destinatario, in particolare pensando che a calciare fosse stato un portiere. Il capitano stoppò di petto il pallone e rapidamente si voltò. Di fronte a se si fece avanti in un attimo Yoshida. L’arrivo del difensore fu così improvviso per il trequartista che quest’ultimo, d’istinto, eseguì la prima giocata che gli venne in mente. La veronica, o roulette marsigliese. Una volta superato, tra lo stupore del pubblico, Hide alzò un attimo la testa pur sapendo subito cosa fare, con i propri avversari con un solo centrale rimasto contro due punte. Il passaggio filtrante fu preciso al millimetro per il fratello più piccolo, che però aveva davanti Maki in uscita. Preso dalla furia, Atsushi riuscì a toccare appena con la punta del piede il pallone. La sfera carambolò tra le gambe dell’estremo difensore e, con un procedere lento ma inesorabile, superò di poco la linea di porta.

L’arbitro fischiò l’intervallo e i ragazzi in azzurro, quasi sorpresi, alzarono lo sguardo al tabellone elettronico dell’impianto.

Il risultato era di 1-1.

 

Spogliatoio Hattori

Al rientro negli spogliatoi i giocatori, comprese le riserve, erano nel più totale silenzioso. Ancora non aveva ben chiara la situazione in cui si trovavano.

Il mister se ne accorse, lui stesso non sapeva bene cosa dire ai suoi.

“Bene ragazzi…” tentò un primo approccio Takahashi “nel primo tempo siete riusciti a riprendere in mano la partita e…” di colpo s’interruppe, con gli sguardi di 18 giovani rivolti verso di lui “Oh al diavolo siete stati davvero grandi! Stata pareggiando contro l’Akita insomma! In molti ci davano già perdenti 5-0 nel primo tempo…state giocando bene! Ed anche la stessa Akita se n’è accorta!” continuò sempre più esaltato il suo discorso “Fidati quei ragazzi non si erano preparati per una partita di questo genere, sapevano che con noi avrebbero vinto facilmente perché non siamo né il Matsuda né l’Ono…ma noi abbiamo il nostro gioco!” tutti i componenti della squadra erano coinvolti dall’enfasi del discorso “Allora ragazzi vi chiedo soltanto di continuare a giocare in questa maniera e di vincere questa partita!” concluse quasi alle lacrime l’allenatore.

“SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlarono tutti all’unisono.

 

Il calcio d’inizio toccava questa volta agli azzurri. Nei loro sguardi era facile leggere la convinzione di portare a casa un grande risultato. I primi dieci minuti, di fatti, l’Istituto Akita non seppe far valere il suo gioco e si rese pericoloso solamente con un tiraccio dalla lunga distanza da parte del centrocampista Yanagisawa, dai capelli alquanto voluminosi.

Al 50’ esatto Hiroshi Miura effettuò una rimessa da fondo campo giocandolo breve per Yusuke Hasegawa. Il terzino avanzò per poi tentare la sciabolata lungo linea verso Takuya Wada. Ad anticiparlo però arrivò Satoshi Yoshida che intervenne con una scivolata aerea, con i suoi capelli rasta che si libravano in aria con lui. Toccando appena la palla con lo stinco, riuscì a farla battere contro il ginocchio della punta per poi proseguire verso la linea di fondo campo. Wada sapeva bene che, se la sfera fosse uscita, sarebbe stata rimessa per l’Akita ed allora partì all’inseguimento. in quella partita eseguì uno dei suoi migliori scatti di sempre e, poco prima del varco della linea, riuscì ad effettuare il cross, scivolando sul terreno di gioco contro i cartelloni pubblicitari. In area, quando partì il traversone, non vi era nessuno della squadra che attaccava. Ma un altro velocista era pronto alla scatto. Atsushi staccò in aria appena entrato in area di rigore. Una volta in volo, ruotò il corpo mettendo la schiena in direzione del terreno di gioco. Non era la prima volta che si vedeva questa acrobazia, ma tutti rimasero comunque sorpresi. La rovesciata a due piedi. Colpendo il pallone con entrambi i colli dei piedi, il pallone partì come un proiettile indirizzato verso la rete. Dove alla fine s’insaccò, nonostante il tuffo disperato di Tetsuya Maki.

L’Istituto Hattori era passato in vantaggio sull’Istituto Akita 2-1. Questa volta l’esultanze furono tutte dei ragazzi di mister Takahashi. I compagni si riversarono verso il loro centravanti tascabile, autore di una straordinaria doppietta. Ma Atsushi Miura sapeva chi andare a ringraziare. Con le mani mimò la forma del cuore e lo indirizzò in tribuna verso Suzuka Ikeda.

La ragazza arrossì completamente tutto d’un tratto. “Stupido…” bisbigliò infine con un dei suoi più splendidi sorrisi.

Intanto l’Akita era già pronto per riprendere il gioco da centrocampo.

“Forza ragazzi! Non possiamo farci battere da quei bastardi!” urlò Hiroki Takahashi, catturando l’attenzione sia dei propri compagni che degli avversari.

“Fatti sotto Hiroki!” lo invitò spavaldo Hidetoshi Miura.

Una volta che l’arbitro ebbe fischiato, l’attaccante Imai la passò al collega Matsushita, riconoscibile da una fascia antisudore blu, che a sua volta la diede di prima al suo capitano. Quest’ultimo, in un primo momento, fu tentato di andare all’uno contro uno verso Hide, poi però decise di aprire sulla sinistra verso Ohkubo. Il terzino sinistro, sempre con i suoi occhi ben spalancati verso il mondo, riuscì ad avanzare, anche se a scatti, poco oltre la metà campo. Non trovando soluzioni, tentò un cross dalla trequarti. Il povero Imai, che come altezza era simile ad Atsushi, si trovò nettamente sovrastato dalla potenza fisica di Shunsuke, che allontanò prepotentemente di testa la sfera. La palla raggiunse allora Asano che, dopo essersi portato avanti un po’ il pallone, lo diede lateralmente al suo capitano. Takahashi riconobbe subito chi aveva davanti, e sorrise.

“Fatti sotto!” ripeté il capitano dell’Hattori.

L’avversario non perse tempo e gli andò subito contro, cercando di dribblarlo prima con un doppio passo, poi con delle finte del corpo laterali, portandosi dietro il pallone con la suola della scarpa tacchettata, nel tentativo di fargli aprire le gambe il tanto che basta per effettuare un tunnel. Ma niente da fare, il suo sfidante era ancora di fronte a lui. Alla fine, con un repentino cambio di passo, riuscì a far passare al fianco sinistro di Hide la palla. Ma Miura non si era per niente arreso e, mettendo il suo piede destro dietro quello sinistro in stile rabona, riuscì a toccare la sfera quel tanto che bastava per farla giungere a Nishiwaki, e far partire il contropiede. Il suo fedele scudiero lanciò subito di prima per la nuova corsa di Wada. La veloce punta si trovò una prateria davanti, dato che gli avversari si erano rivoltati tutti all’attacco alla caccia del pareggio. Il copione ormai lo conosceva bene: andare sul fondo e crossare. E così fece.

In area questa volta era presente anche Hidetoshi, che aveva seguito l’azione, ed  andò allo stacco. Dietro di lui saltò anche Takahashi, tornato in copertura per recuperare il pallone al suo rivale. I due cozzarono in volo, ma il primo a colpire di testa, un’altra sua specialità, fu il capitano dell’Hattori. E Maki fu battuto per la terza volta.

A pochi minuti dalla seconda marcatura, L’Istituto Hattori conduceva ora 3-1. Lo stadio esplose, mentre i due capitani si rialzavano faticosamente.

“Non è ancora finita Hidetoshi lo sai!”.

“Certo, lo so io e lo sa tutta la mia squadra!”.

Poi Hide fu travolto da una marea azzurra di compagni. Ovviamente molti complimenti furono fatti anche ad un visibilmente esausto Takuya Wada, al suo secondo assist vincente in questa partita.

Al 53’ l’Akita doveva nuovamente battere il calcio d’inizio del match.

Dopo 5 minuti però il numero 11 azzurro crollò a terra. Vittima di crampi più che prevedibili dopo la sua prestazione fatta di km e km percorsi sul campo.

Lo stesso Hidetoshi Miura se ne accorse e, una volta data un’occhiata agli spalti, calciò proprio verso di essi il pallone, permettendo così ai suoi sanitari di soccorrere il calciatore. A sorpresa, ma non del tutto in fondo,  la palla andò a colpire in pieno volto la professoressa Munakata, stranamente presente tra il pubblico di quell’evento.

“Colpita in pieno Hide!” urlò entusiasta dalla difesa Shunsuke.

Allora anche Atsushi si avvicinò agli spalti e disse “ lo scusi prof ma sa com’è…” concluse allargando le braccia.

Intanto Wada, ancora una volta complimentato dai suoi compagni, soprattutto dal suo fratellino Takashi in panchina, lasciava definitivamente il campo. Al suo posto entrava Yusuke Sasaki, che per la prima volta giocava insieme al suo collega/rivale Atsushi Miura.

A 20 minuti dal termine però l’Istituto Akita si rifece nuovamente sotto.

Al 63’ Ohkubo diede il pallone nel cerchio di centrocampo a Yanagisawa. Il regista ebbe tutto il tempo necessario per ragionare, avanzando palla al piede e testa alta, con la sua folta chioma che sobbalzava ad ogni suo passo. Notò subito il perfetto scatto in profondità verso l’area di Matsushita e lo servì. Kenji Maeda fu preso totalmente in contropiede ed allora tentò un ultimo disperato intervento. Purtroppo riuscì solamente a colpire l’avversario che crollò a terra. L’arbitro fischiò una grossa opportunità dagli 11 metri per i granata.

“Arbitro ma cosa fischi? Era palla piena!” protestò subito Shunsuke.

“Smettila Shun!” ordinò il capitano al nerboruto difensore, mentre si avvicinava al suo fratello portiere.

“Dove mi butto Hide?” gli domandò preoccupato il giovane con gli occhiali.

“Questo devi deciderlo tu Hiroshi” gli rispose Hide, che poi fu costretto ad uscire dall’area, per permettere l’esecuzione del penalty.

A battere andò ovviamente l’altro capitano, Hiroki Takahashi.

Non ci fu niente da fare. Pallone da un parte e portiere dall’altra. 3-2 per l’Hattori e c’erano ancora più di dieci minuti da giocare.

“SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò il realizzatore del rigore verso le tribune. Poi si avvicinò alla panchina degli azzurri “Brutto bastardo ora te ne faccio anche un altro!” inveì pesantemente contro niente meno che suo padre. Il direttore di gara chiuse un occhio.

Fino alla fine l’Hattori si rinchiuse tutta in difesa, lasciando totalmente il pallino del gioco ai campioni uscenti del torneo. Poi arrivò l’ultimo minuto.

Endo aveva tentato una conclusione da fuori, tra l’altro ottimamente indirizzata, ma Tetsuya Maki era tornato la saracinesca di sempre. Ripartenza immediata dei detentori del titolo. L’estremo difensore diede subito palla sulla corsa ad Asano. Il terzino destro avanzò poco oltre la metà campo, ma già sapeva chi servire per questa ultima azione di gioco. E così la sfera arrivò al biondo numero 10. Subito saltò in un attimo Akiba che era andato a pressarlo. Poi si trovò davanti a sé il suo rivale. E qui avvenne la magia. Il gesto tecnico ufficialmente si chiama bicicletta e consiste, in pratica, nel portare dietro di sé la sfera, alzandola trattenendola per un attimo con i piedi a tenaglia ed infine portarsela avanti con un colpo di tacco volante. Hidetoshi fu totalmente scavalcato dal pallonetto che ne seguì. Poi Takahashi mise a terra il pallone con un elegante stop a seguire. Scattò di lato per evitare ad Hasegawa di poter intervenire. Notò subito l’accorrere precipitoso di Maeda, che di solito lasciava queste iniziative al suo collega di reparto Miura, e con un semplice tunnel mise fuori gioco anche lui. L’ultima speranza per l’Istituto Hattori era proprio l’energumeno pelato. Il fantasista lo saltò immediatamente con un doppio passo portandosi la palla sul destro, pronto a scoccare il tiro. Shunsuke tentò con un intervento spalla contro spalla ma l’avversario, seppur sbilanciato, riuscì comunque a tirare in porta. Hiroshi riuscì a tuffarsi nell’angolo giusto con un’ottima tempistica, e toccò il pallone con la punta delle dita. La sfera s’impennò e colpì in pieno la traversa. Poi però stava ridiscendendo a pochi centimetri dalla linea di porta. Atsushi, come una minuta scheggia, arrivò in area, con un salto si aggrappò al legno superiore e, come fanno i ginnasti nell’esercizio alla sbarra, si tirò su con tutto il corpo per colpire la sfera e mandarla fuori in calcio d’angolo. Ma l’arbitro, invece che emettere un singolo fischio, ne fece tre alla volta. La finale era conclusa.

Lo stadio scoppiò e il tabellone non mentiva: Istituto Hattori 3 Istituto Akita 2.

Tutti gli azzurri alzarono le loro braccia al cielo, la maggior parte non trattenendo le lacrime di gioia per questa straordinaria impresa sportiva, soprattutto ripensando che, fino a pochi mesi fa, questa squadra rischiava seriamente di non potersi iscrivere al torneo.

Ma ora c’erano ed erano i campioni!

Subito gli abbracci di tutti si riversarono sul loro capitano, il quale aveva avuto un’ottima, se pur azzardata, intuizione richiamando a giocare con sé i suoi tre fratelli. Ma subito il ragazzo andò a stringere la mano al suo allenatore, che aveva creduto nella sua particolare proposta. Anche gli stessi calciatori dell’Istituto Akita cominciarono a fare i loro complimenti ai nuovi campioni.

“Cazzo siamo i campioni cazzo!” urlò al cielo Shunsuke Miura, mentre gettava in aria le sue possenti braccia.

Intanto Hiroshi Miura, che si era tolto finalmente i guantoni, si stava asciugando nuovamente le lacrime sotto le lenti degli occhiali che normalmente portava.

Mentre Atsushi Miura era già scappato. Si era di nuovo arrampicato sugli spalti per abbracciare il suo angelo, anche lei in un certo senso fondamentale per l’approdo a questa finale. E finalmente riuscì a dirgli “Ti amo”.

I due allenatori, Takahashi e Suzuki, si complimentarono a vicenda stringendosi la mano. Casa che a sua volta fecero infine i due capitani.

“Beh Hide…ci si vede il prossimo anno” disse il biondo.

“O magari in nazionale…” ribatté il moro.

Finalmente, procedendo nel protocollo, ad Hidetoshi Miura fu consegnata la bandiera della vittoria. Questa, per un intero anno rimarrà nella bacheca dei trofei della scuola.

“Ed ora ragazzi?” chiese il capitano ai suoi tre fratelli.

I quattro si scambiarono delle occhiate d’intesa tra di loro e poi urlarono “Ognuno per sé!”

 

 

 

FINE

 

  
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