Fanfic su attori > Cast The Mentalist
Ricorda la storia  |      
Autore: Naky94    01/11/2011    4 recensioni
[Simon Baker, Robin Tunney, Bruno Heller, Altri personaggi, Nuovi personaggi]
“Un sogno da ascoltare.
Un segreto da preservare.
Una richiesta da accogliere.
Un’ e-mail a cui rispondere.
Se pensavamo che il nostro caro Bruno, passasse tutto il suo tempo a Mentalistlandia, ci sbagliavamo di grosso. La vita di uno sceneggiatore, non è poi così semplice, come appare. Se per una volta volete sapere come ci si sente, a dover stare dietro a tutto ciò, leggete e poi mi saprete dire…..”
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

DISCLAMER: Ogni fatto e avvenimento citato è puramente inventato e non è mai avvenuto. La vita delle persone citate, non mi appartiene; in tutta coscienza non credo avrebbero mai fatto una singola cosa, di quanto descritto nella storia.
In fine, questo scritto non è stato creato a scopo di lucro, ma per un puro piacere personale, che solo la scrittura sa dare.

Dreams come true

 

Sogno.
Sogno... e sto volando. In groppa ad un enorme drago blu.
Volteggiamo sicuri, percorrendo immense distese erbose. Librandoci liberi, in questo immenso cielo blu cobalto.
Improvvisamente, nel silenzio del mio sogno, una voce, flebile, ma sempre più forte, si insinua nell’universo intorno a me, catturando la mia completa attenzione.
Nella confusione del momento, il mio orecchio riesce a catturare solo poche parole:

 “Perché..... il rosso era, per me, l’irraggiungibile....
Che sempre mi ingannò....”

 Al solo sentirle, realizzo che queste parole fanno parte della canzone con cui ho impostato la mia radiosveglia. Così lascio, malvolentieri, la groppa del mio fidato drago e comincio a svegliarmi, per iniziare un’altra giornata di lavoro.
Ancora avvolto nel torpore del sonno, mi metto seduto sul letto, e cerco a tentoni la mia giacca da camera, che ho l’abitudine di appoggiare in fondo al materasso, e che immancabilmente, durante la notte, a causa dei miei spostamenti, finisce sempre per spostarsi. Dopo essere riuscito ad infilarla, sposto le coperte che mi coprono e mi dirigo verso il bagno attiguo alla mia stanza per sciacquarmi il viso. Sembrerà strano, ma se non faccio così, non riesco a svegliarmi del tutto. Dal bagno torno indietro, apro il grande armadio laccato bianco e cerco qualcosa per stare comodo. Oggi non devo girare, quindi posso tranquillamente rimanere qui a rivedere le sceneggiature sulle quali sto lavorando. Scendo le scale che separano il soppalco dal resto del mio loft, e mi dirigo verso l’angolo cottura, dove accendo la macchina del caffè per preparare la mia tazza quotidiana di quel liquido così caldo ed invitante che piace tanto ad una dei miei soggetti, la quale ne è completamente dipendente. Anche io come lei senza la mia quotidiana dose di caffeina non riesco a dare il giusto inizio alla giornata. Mentre aspetto che il caffè sia pronto mi dirigo verso l’LCD che ho in questo mio appartamento che al momento potrei tranquillamente chiamare “campo di battaglia”. Ieri i ragazzi sono rimasti fino a tardi per provare qui con me una scena di cui nella mattinata, passata in studio a registrare, non eravamo rimasti molto soddisfatti. E così dopo la centesima prova, accortici che ormai si era fatta una certa oretta, ci siamo salutati, e quando sono rimasto solo, ero così stanco che non me la sono sentita di sistemare e sono andato dritto dritto a dormire.
Prima di arrivare a sfiorare il telecomando, una lucina rossa, quella sella segreteria del telefono, cattura la mia attenzione. Mi volto verso il telefono, appoggiato su un tavolino in vetro e cliccando il pulsante, faccio scattare la segreteria per ascoltare il messaggio. Nel frattempo che lei entra in funzione, torno alla macchinetta del caffè che ha ormai finito il suo lavoro e versando il caffè nella mia tazza preferita, ascolto  con noncuranza il messaggio.

“H...hei, c-ciao grande capo!”. Una voce tremante e preoccupata si irradia per la stanza.
“S-sono Simon, av-avrei bisogno di parlarti”. La sua voce è distorta da un percepibile velo di incertezza e pianto.
“Potresti chiamare, non appena senti questo messaggio? È veramente importante...”. Voce roca per il pianto, preoccupazione e Sime. Non mi piace per niente la situazione. Appoggio la mia tazza dentro il lavello e mi vado al telefono per chiamare.
Compongo il suo numero e aspetto che risponda.
Tu...
Tu...

“Pronto?” risponde una voce incerta.
“Simon, amico mio, tutto bene?” chiedo con impazienza.
“Ah! Bruno, sei tu...” un sospiro di sollievo proviene dall’altro lato della conversazione. Chi si aspettava che lo chiamasse?
“Si, amico, sono io. Ho sentito ora il tuo messaggio, ho pensato fosse importante, ed ho chiamato subito; c’è qualche cosa che non va? Qualche problema?” gli chiedo impensierito.
“No capo, va tutto bene; solo.....” prende un respiro e poi continua.
“Non è che potremmo incontrarci? Devo raccontarti una cosa....” mi dice, con un leggero tremolio della voce.
“Certo Sime, dimmi quando e io ci sarò...” ci conosciamo ormai tutti da un bel po’ di anni, ed è come se fossimo una grande famiglia; in certe occasioni sono il papà cattivo e intransigente, soprattutto quando lavoriamo, ma quando la cinepresa si spegne, preferisco considerarli come i miei fratelli e sorelle più piccoli di cui mi devo prendere cura, ed è per questo che quando c’è qualche problema, professionale o personale che sia, sanno sempre che possono chiedere il mio aiuto.
“Ti va bene fra una mezz’oretta, al bar di fronte casa tua?”
“Certo va benissimo, ci vediamo direttamente lì. A dopo Sime”
Chiudo la chiamata e rifletto su quanto appena accaduto. Non credo si tratti di un problema che riguarda il lavoro, fino a ieri sera non ha dato segni di incertezza, quindi non è questo che lo preoccupa. Forse si tratta di qualcosa inerente alla sua famiglia. E non mi stupirebbe affatto, dopo quello che è successo.

Prima di andare all’appuntamento con Sime, ho giusto il tempo di dare una sistemata qua e la a casa, per poi uscire e andare verso l’ascensore, che dal mio attico mi porta direttamente all’atrio del palazzo in cui vivo. Arrivato di sotto, cammino verso la porta salutando il portiere di notte, che sta nel suo gabbiotto.
“Salve John!” dico all’uomo gentile che sorveglia lo stabile, con cui ogni mattina scambio qualche parola prima di andare agli studi di registrazione.
“Oh, Buona giornata a lei, signor Heller” e così dicendo, si rimette a sedere al suo posto.

Esco fuori dallo stabile e mi incammino verso il bar, in cui mi ha dato appuntamento Simon.
Per fortuna è una bella giornata primaverile, e posso godermi l’aria fresca che soffia. Passeggio senza troppa fretta, pur essendo curioso di sapere cosa è successo.
Ripenso alle prove dei giorni passati; stiamo girando un episodio particolare. In un momento di negatività, ho deciso di far ricomparire in scena, e quindi in sceneggiatura, Walter Mashburn. E, dato che tutti sappiamo cosa è successo fra lui e Teresa, ho inserito in sceneggiatura anche una piccola scena di gelosia per Jane. Ora il problema è sorto, non quando i ragazzi hanno saputo del ritorno di Mashburn, ma quando hanno capito che sta volta la parte dell’uomo geloso e possessivo toccava proprio a Jane.
Si sono letteralmente rifiutati di interpretarla, adducendo come motivo che si vergognavano. Ma ci pensate? Grandi, grossi e adulti e si vergognano per una semplice scena di gelosia? Non hanno mai rifiutato di fare niente, ed ora? In un batter d’occhio, niente, il nulla completo. Li ho anche obbligati a farla, ma quando l’abbiamo provata, si sono fermati talmente tante volte, perché non ricordavano le battute o perché non riuscivano ad andare avanti, che alla fine ho deciso di sospendere le riprese. Non abbiamo mai avuto problemi interpersonali, anzi devo dire che da quando è successo quello che è successo, il cast, si è unito ancora di più.
Ricordo ancora, come se fosse successo solo ieri, e non qualche mese fa, la mattinata in cui, aspettando come al solito che Simon si presentasse in scena (quel santo ragazzo, se non arriva con una buona mezz’ora di ritardo, non è mai contento), ce lo siamo visto arrivare, visibilmente sconvolto e con gli occhi gonfi di pianto. Subito, Amanda e Robin sono accorse da lui per vedere se stesse bene, neanche in teatro fosse appena entrato un cucciolo di cane maltrattato. Dopo l’iniziale stupore, tutti ci siamo avvicinati a lui per sentire cosa gli era successo. Ma all’inizio si era rifiutato di parlare, perché ancora troppo sconvolto. Solo dopo una tazza di the caldo, e dopo che tutti i cameraman e gli attrezzisti se ne erano andati dal teatro, decise di confidarsi. E tra le lacrime, malamente trattenute ci raccontò tutto.
La mattina prima, avevamo finito le riprese prima del previsto, così lui aveva deciso di tornare a casa prima, da sua moglie, per farle una sorpresa. Senza sapere che in quel momento, la sorpresa, Rebecca la stava facendo a lui. Infatti quando arrivò a casa, si accorse della presenza di una macchina a lui sconosciuta, nel vialetto. Subito aveva pensato che un’amica di Rebecca fosse andata a farle visita; ma quando, dopo essere entrato a casa sua, chiamò la moglie, nessuno rispose. Così senza andare nel panico, era andato a cercarla al piano di sopra, e giunto ormai all’ultima stanza che ancora non aveva controllato, il bagno, aprendo la porta, trovò la sua dolce mogliettina, discintamente avvinghiata al suo personale personal trainer, mentre insieme stavano facendo una calda, bollente, doccia di piacere reciproco.
Ovviamente in casa scoppiò il finimondo. Rebecca provò a calmare Simon con la classica scusa del “Guarda caro che non è come sembra”; anche se, diciamocelo, non è che ci fosse modo di potersi sbagliare su quanto fosse accaduto. Ma il nostro Sime da bravo ragazzo qual è, non ha cominciato a dare di matto, come ci si potrebbe aspettare, anzi ha “invitato” Rebecca ed il suo istruttore a: uscire dalla doccia, vestirsi, e scendere di sotto per parlare ed avere una situazione chiara sulla loro relazione. Alla fine, dopo aver ascoltato il tutto, e deciso a quale avvocato rivolgersi, se ne era andato di casa e aveva passato tutta la notte da solo nella stanza di un motel.
“Le cose fra noi due, non andavano bene già da tempo, ma per i bambini avevamo continuato a far finta che tutto fosse come sempre, non credevo che le cose stessero in questo modo”. Ci disse, prima di ricominciare a piangere silenziosamente.
Rimanemmo tutti sconvolti da quanto ci aveva raccontato, e all’istante decisi di sospendere le riprese per quel giorno; di certo non potevamo girare con il protagonista KO. Unanimemente decidemmo di non lasciarlo solo, e i ragazzi mi dissero che avevano intenzione di portarlo a fare un giro per tirarlo su di morale.
Non so di preciso cosa accadde, dal momento in cui decisero di andare via dal teatro, al giorno dopo in cui si presentarono tutti carichi e pimpanti, Simon compreso, per ricominciare a lavorare. So solo che da quel giorno in poi, ci fu sempre un’atmosfera diversa in scena. Era una cosa strana, ma sembrava avessero stretto come una sorta di patto d’amicizia fra di loro, e il senso di unità e famiglia fu subito visibile anche in camera.
Provai a chiedere cosa fosse successo quella sera, ma nessuno mi seppe dare una risposta concreta.
Owayn mi disse che si erano presi tutti una bella sbronza.
Tim mi raccontò che avevano passato la serata da Robin a parlare.
Amanda invece mi spiegò che avevano consultato il miglior avvocato matrimonialista, per prendere informazioni.
Ma furono soprattutto le reazioni di Simon e Robin a colpirmi più di tutte.
Quando chiesi a lei cosa fosse successo, arrossì e toccandosi impercettibilmente le labbra, abbassò lo sguardo e scappò via. Simon invece, dapprima mi guardò con sguardo sognante, e poi dopo avermi dato una pacca sulla spalla, sorridendomi mi disse:
“ E’ andato tutto bene, amico mio, tutto bene........ Più che bene, in effetti”.
Sta di fatto che non ci capì niente.

Mentre ancora penso, non mi rendo conto di essere ormai arrivato al luogo del mio appuntamento. Ma quando ormai devo solo attraversare la strada per arrivare al bar, mi fermo incantato da ciò che mi si presenta innanzi.
Davanti a me, seduti comodamente ad uno dei tavolini del bar, ci sono Jane e Lisbon, che confabulano allegramente fra di loro. Sono così vicini, che mi chiedo se questo non sia un ennesimo sogno, o se io abbia effettivamente cominciato a dare di matto. Ma loro continuano a parlare e a guardarsi incessantemente, come se da questo dipendesse la loro stessa vita. C’è talmente tanta attrazione e trasposto fra loro, che quasi quasi vorrei chiedere a qualcuno di portarmi la mia macchina da presa, per riprendere questa scena perfetta. E magari anche una bella ciotola di popcorn, giusto per non farsi mancare proprio niente.
E poi, proprio come nei migliori film, quando si comincia a sentire quel pizzicorino infondo allo stomaco, la situazione cambia e il momento tanto agognato arriva. Il bacio scatta, e l’esplosione che ne scaturisce è quasi percepibile. Ed è così che mi ritrovo ad essere spettatore involontario di uno dei fenomeni naturali più belli del mondo. L’Amore. Di quello con la A maiuscola. Perché è questa l’unica  parola che può venire in mente, mentre si guarda due persone scambiarsi un bacio così appassionato e vorace, quasi malato, data la sua intensità.
Ed è perché voglio vedere questo sogno avverarsi che decido che è ora di cambiare. Basta con la vendetta, basta con la sofferenza, basta con l’orrore della morte. Ora è il momento di dare spazio ai sentimenti, all’amore. Alla famiglia e al perdono.
So che non potrò cambiare in un batter d’occhio tutta la storia. Certo, ci vorrà almeno una stagione intera per attuare il mio piano, ma di sicuro le stagioni non mi mancano. E poi ora che ho deciso, nessuno potrà farmi cambiare idea, quindi non mi rimane che dare la notizia al cast e cominciare a scrivere la nuova linea generale.
Deciso a seguire la mia nuova via, mi riscuoto da questa visione, e faccio attenzione per attraversare dall’altra parte.
Arrivato nei pressi del bar, do una rapida occhiata ai tavolini posizionati qui fuori, per vedere se Simon è già arrivato. E quello che vedo, fa crollare completamente il mio mondo.
Esattamente dove fino a poco fa credevo di aver visto due dei miei personaggi baciarsi, mi rendo conto che quello che avevo visto non è altro che la pura e semplice verità.
Simon e Robin si stanno baciando proprio davanti a me!

Subito tutti i miei buoni propositi di rendere finalmente felice Jane, vanno a gettarsi nella spazzatura. Non posso rischiare di compromettere la vita lavorativa dei miei attori, per un mio personale capriccio. Perciò mi costringo ad essere un partecipante occulto di questo segreto che ho appena scoperto.
Nel momento in cui vedo Robin alzarsi per parlare al telefono, decido di palesare la mia presenza alla coppia. Mi avvicino al tavolo e saluto Simon.
“Hei amico, ciao! Cosa c’è di così urgente?”.
Lui si gira, e ancora con gli occhi brillanti di felicità mi risponde.
“Ciao Bruno! Ora ti spiego, vieni accomodati” e mi fa segno di sedermi sulla sedia accanto a lui.
“Allora vuoi dirmi perché tutta questa fretta?” non so ancora come prendere la situazione, e di certo non deve essere facile neanche per lui. Insomma fino ad un paio di mesi fa era sposato, e ora…..
“Aspetta un attimo, Bruno. Ora ti spiego tutto, ma fai arrivare una persona e poi ti dirò”
“Ah quindi non sei solo?” non posso fare a meno di chiedergli.
“No, non sono solo!” mi risponde, sempre col sorriso sulle labbra.
“Come va, Sime?” chiedo con apprensione, mentre aspettiamo.
Prende un bel respiro e poi comincia a parlare.
“Beh, Rebecca in questo momento è dai suoi genitori, con i ragazzi. Ha deciso di prendersi un momento per riflettere, e mi ha lasciato in custodia la casa. Ma non me la sento di rimanere li, non posso pensare che in quella stessa casa, lei...” una lacrima scappa dai suoi occhi, e china la testa per non far vedere il suo momento di sofferenza.
“Scusa, non volevo essere invadente!” gli dico, appoggiandogli una mano sulla spalla e stringendogliela. Simon si fa forza e poi mi dice.
“Grazie del sostegno, lo apprezzo davvero...”.
“Quindi dove hai intenzione di alloggiare?”, cerco di fare conversazione anche per destarlo dai suoi pensieri, pur correndo il rischio di sembrare sfacciato.
“Non lo so, ci devo ancora pensare, troverò un posto da qualche parte”, mi dice provando a ridere, ma non gli riesce molto bene.
Forse potrei ospitarlo io per qualche tempo, almeno finche non troverà una casa.
In quel momento vediamo Robin ritornare verso il tavolo.
“Ciao carissima, anche tu qui, vedo...”. Sto insinuando? No, non sto insinuando.... Lei arrossisce e mi risponde.
“Ciao Bruno, è un piacere vederti”.
“Tutto bene al telefono?, ho visto che eri preoccupata prima, quando hai risposto”
“Oh, no, tutto apposto. Era mia sorella, che mi chiamava dall’aeroporto, per dirmi che l’aereo stava partendo. Ha deciso di fare un viaggio di piacere intorno al mondo, e così mi ha lasciato sola a casa”. Ah! Mi sorge un’idea.
“Allora perché non ospiti tu Sime a casa tua? Mi ha appena detto che non ha praticamente un posto dove andare”. Mi guardano tutti e due ad occhi e bocca aperta, senza proferire parola.
Dopo un pò, in cui non hanno fatto altro che fissarmi, Robin si riscuote e dice.
“Non ci vedo niente di male, in fondo sarà solo per poco, vero? Il tempo che trovi un posto stabile dove andare...”. Si comincia sempre così e poi...
Anche Simon accetta l’idea della “precaria” convivenza e sotto i miei occhi si accordano per il trasferimento, senza degnarmi di uno sguardo.
“Emh non per disturbare - dico inserendomi nella conversazione - ma potrei sapere finalmente perché mi avete fatto venire qui?” se gli servivo solo da wedding-planner potevano dirmelo.
“Si hai ragione, è arrivato il momento di farti sapere”, mi dice Simon. Era ora.
“Ma mettiti comodo, perché la storia è lunga” mi avvisa.
“Non ti preoccupare, sono tutto orecchie, comincia pure” lo invito. Prende un sorso d’acqua dal bicchiere davanti a lui e poi comincia a raccontare.
“Ieri sera, Bruno, ho fatto un sogno molto vivido, che mi ha particolarmente sconvolto, e anche turbato, devo dire.
Ero a San Gimignano, un paesino medievale della Toscana, in Italia.
Era una giornata di sole, e io mi ritrovavo tutto solo a passeggiare per questo centro abitato, sperduto in mezzo alle colline della Maremma, col sole a picco. Mi aggiravo per le stradine tortuose, fino ad arrivare nella piazza principale, in cui ho notato due figure vestite di rosso. Avvicinatomi verso l’enorme pozzo che si trova al centro della piazza, capivo che le figure che avevo visto prima, erano due ragazzine, coperte da un mantello di lana rossa che gli arrivava fino ai piedi; mantello che grazie ad un cappuccio, adagiato sulla loro testa le copriva totalmente, lasciando visibile solo la faccia.
Mi avvicinavo sempre di più al pozzo, quando all’improvviso le due ragazze cominciavano a muoversi e mi si avvicinavano. Arrivate davanti a me, si sono bloccate e mi hanno detto, all’unisono.
-Ciao Simon, ti stavamo aspettando. Prego, seguici per favore.- e girando su loro stesse, si sono per la piazza.
Incuriosito, io le seguivo. Inoltrandomi insieme a loro, per le stradine del paese. Procedevamo per un po’ nel più completo silenzio, finché loro si sono fermate sotto un arco, sul quale io notavo, incisa, la dicitura “Rogue’s Library”. Le ragazze entravano e si inoltravano all’interno del maestoso palazzo. Non me ne ero subito accorto, ma quello che sembrava un normale muro in pietra, non era altro che la facciata esterna di un torrione circolare, con un diametro così grande, da non far notare la curva del muro. Seguendo le ragazze, mi inoltravo anche io, entrando in quella che si rivelava essere un enorme sala di lettura nella quale facevano bella mostra di se una serie di enormi scaffali in legno d’ebano, pieni di tomi rilegati in pelle, e tondi tavoli bassi, sui quali vi erano appoggiati vari laptop utilizzati da  altre figure coperte da quelli stessi mantelli rossi, che lì dentro, riflettendo  la luce dell’enorme camino posto in fondo alla sala, e delle particolari fiaccole in vetro di murano, che pendevano dal soffitto, sembravano  risplendere di luce propria, facendo risaltare subito all’occhio il grande numero di gente che popolava la stanza.
Oltre agli enormi scaffali,  ai tavoli e al camino, notavi anche che vicino al camino vi erano delle enormi poltrone di pelle rossa, sulle quali comodamente sedute stavano persone che leggevano. Altre poltrone invece erano sistemate a cerchio e coloro che le occupavano sorseggiavano tranquillamente the, con delle tazze di porcellana azzurra.
Ancora intento ad ammirare tutto ciò che mi circondava, non mi sono accorto che le due ragazze erano davanti a me, col cappuccio del mantello abbassato. Una delle due era castana scura, con un espressione molto saggia in faccia; l’altra invece era quasi bionda,  un po’ più giovane della prima e sicuramente più vivace, data la luce particolare dei suoi occhi.
-Ben arrivato Simon, questa è la Rogue’s Library- mi hanno detto, sempre in perfetta sincronia.
-Chi siete voi?- chiesi.
-Io sono Giorgia, vengo dalla  Sicilia, ma mi sono trasferita qui per studiare- disse la prima.
-Io invece sono Grazia, sono nata a Firenze, e sono venuta qui per passione- spiegò la seconda.
-Si ma che posto è questo?- chiesi affascinato.
-E’ la Rogue’s Library, non te lo abbiamo forse già detto?-  mi hanno chiesto, sempre parlando insieme; Mentre io mi chiedevo che problema avessero.
-Si, me lo avete detto, ma perché mi avete portato qui?- non capivo cosa avrei dovuto farci io in una biblioteca.
-Beh, vedi, in quanto Rogue Girls, il nostro compito è quello di diffondere per l’etere, il verbo sui Jisbon. Ed è per assolvere a questo nostro incarico, che qui, in questa sala noi raccogliamo e creiamo fanfiction, one-shot o drabble, proprio su di loro.- mentre mi spiegavano tutto ciò, mi condussero ad esplorare la loro biblioteca, e mi mostrarono tutti i loro lavori.
-Ma continuo ancora a non capire perché io sia qui...-. Loro mi hanno guardato, hanno tirato un sospiro e hanno chiesto:
-Sai cos’è il Jisbon?-
-No, certo che no.- gli risposi esitante.
-Eppure ti riguarda direttamente... Vedi, Jisbon non è altro che l’unione dei cognomi dei nostri due personaggi preferisti, del telefilm The Mentalist. Secondo la nostra modesta opinione, la coppia Jane/Lisbon, ha molto da poter dire, ma Heller non sembra pensarla come noi, al momento. E quindi noi ci diamo da fare per creare quello che lui non ci da. Ed è per questo che ti abbiamo fatto venire qui.-
Ed io ero scombussolato tanto che non facevo che chiedermi di cosa mai stessero parlando e da quando Jane e Lisbon fossero una coppia. Non avevo mai sentito una cosa così assurda, anche se interpreto proprio Jane.
-Ma di cosa state parlando? Siete per caso tutte pazze? Non c’è nessuna coppia!- gli ho urlato in faccia.
-Ne sei davvero sicuro?- mi chiese Giorgia. Certo che lo ero.
Feci di si con la testa e risposi alla sua domanda.
-Bene, allora se ne sei così sicuro, penso non avrai niente in contrario se ti facciamo vedere un paio di cose, vero?- scossi la testa.
-Bene, Grazia, prepara il cinema, mostreremo a questo miscredente un po’ di sano Jisbon. -.
Improvvisamente, senza neanche che me ne fossi accorto, una tela bianca cominciava a scorrere su una parete, e all’istante un proiettore vi riproduceva le sue immagini.
Dopo avermi fatto accomodare su una poltrona rossa, Giorgia e Grazia mi hanno mostrato tutti gli episodi delle prime 3 stagioni del telefilm, commentandoli passo per passo e facendomi notare cose a cui non avevo mai prestato occhio. Cose che, più gli episodi si susseguivano, più mi gettavano nello sconforto e nel terrore, quando ho realizzato che effettivamente i due personaggi si stanno dirigendo verso un punto di non ritorno.
Finito il filmato, mi hanno chiesto:
-Ora ci credi? Hai capito finalmente?- incapace di articolare anche una sola parola, sono rimasto fermo a fissare il pavimento.
-Cosa posso fare per impedire tutto ciò?- non era questo che volevo per il mio personaggio.
-Oh mio caro Simon, ma noi non vogliamo che tutto questo finisca, anzi vogliamo che continui e si accresca, ecco perché ti abbiamo chiamato qui.-
-Cosa volete da me, di preciso?- era assurdo quello che mi stavano chiedendo. Ed era ancora più assurdo che io non riuscissi a trovare una soluzione a quel problema. O che addirittura non fossi del tutto certo di volerla trovare.
-Noi vogliamo che tu interceda presso Bruno, affinché Jane e Lisbon possano avere finalmente il loro momento di gloria; non pretendiamo che sia una cosa fulminea e che tutto cambi da una puntata ad un’altra, ma che almeno col passare del tempo, il loro legame sia sempre più tangibile e forte.- Assurdo, impossibile. Non sarei mai riuscito a fare una cosa del genere, ho pensato.
-Beh, tu hai più potere di quanto  pensi di averne, e poi male che vada puoi sempre chiedere aiuto a Robin, no?-
-No, lei lasciatela in pace, non vi ha fatto niente.- dissi colto fa un improvviso attacco di rabbia.
-Hei giovanotto, calma! Non te la tocca nessuno la tua amichetta.- mi diceva Giorgia.
Inconsapevolmente ho sorriso, al pensiero di poter coinvolgere Robin.
-Ah l’ho visto! Il sorrisino malizioso, avevo ragione io, che vi dicevo?- esclamò contentissima Grazia, saltando sul posto e battendo le mani.
-Zitta Grazia, non si devono dire certe cose!- la rimproverava Giorgia.
-Cos’è che non si deve dire?- avevo chiesto incuriosito.
-Oh niente, perdona la sua esuberanza, certe volte non riesce a contenersi- mi ha detto Giorgia, incenerendo con lo sguardo la piccoletta al suo fianco.
-Quindi hai capito tutto bene? Devi intercedere per noi presso Bruno, e far progredire la cosa, o passeremo alla seconda parte del piano.- Ero nel panico, di che piano stavano parlando?
Ma non feci in tempo a chiedere altro, che mi risvegliai in camera mia, nel mio letto, in un bagno di sudore e scosso dalle lacrime.”

Spiazzato dal racconto appena finito di Simon, mi prendo qualche minuto per pensare.
Rifletto su tutto quello che ha detto, e capisco che la strada che avevo sognato di intraprendere non meno di un’oretta di ore fa, è effettivamente davanti a me, e non aspetta altro che io compia il primo passo.
Prendo un sorso d’acqua dal bicchiere che mi trovo davanti.
“Bene, Simon, quindi tu cosa proponi di fare?”.  Abbassa gli occhi sulle sue mani, e se le contorce spasmodicamente, quasi attraverso quel gesto volesse trovare la forza di dirmi la sua opinione. Poi lancia uno sguardo a Robin, che in tutto questo è sempre rimasta calma e inflessibile - come se sapesse già tutto - per cercare la sua approvazione, e poi parla:
“Vedi, dopo che mi sono svegliato, non sono più riuscito a prendere sonno. Ero troppo sconvolto. Così dopo aver riflettuto, ho deciso di chiamare Robin e di parlarne con lei.” Ecco perché lei non ha fatto una piega durante tutto il racconto.
“E abbiamo deciso, che siamo pronti per affrontare questa situazione, quindi… Si, per noi non ci sono problemi. Puoi benissimo cominciare a scrivere le nuove scene.” Bene, benissimo non volevo sentire altro. Ma prima voglio fugare un ultimo dubbio.
“Robin, mia cara, potresti per favore fare un giro di telefonate, fra attori, produttori e sceneggiatori e dire loro che io ho indetto una riunione straordinaria per questo fine settimana?”. Lei semplicemente annuisce, si alza e comincia ad allontanarsi aprendo il telefono. Quando ormai sono sicuro che non potrà sentirmi parlare, mi giro verso Simon.
“Allora, dimmi un po’, da quant’è che va avanti questa storia?”. Lui mi guarda confuso, probabilmente non ha capito a cosa mi riferisco, perciò specifico.
“Tu e Robin, da quant’è che vi frequentate? Vi ho visto prima che vi stavate baciando, non tentare di negarlo....”. Sbianca di colpo, rendendosi conto di essere stato praticamente beccato con le mani nel sacco.
Respira velocemente e sembra veramente non sapere cosa dire, poi si ricompone e inizia a spiegare.
“E’ cominciato tutto per caso, o per gioco, dovrei dire. Ricordi il giorno in cui vi dissi che avevo scoperto che Rebecca  mi tradiva?”. Annuisco e lui riprende.
“Bene, quel giorno, dopo che tu ci desti la giornata libera, andammo a prendere informazioni dal migliore avvocato matrimonialista della città. Dopo aver passato varie ore a parlare con lui, andammo a casa di Robin, e passammo tutto il giorno a parlare, a ridere tutti insieme e a giocare come dei ragazzini, per esorcizzare la mia tristezza. Penso tu conosca il gioco dei “7 minuti in paradiso”, giusto?”. Chiese.
Annuii.
“La sorte volle che io e Robin dovessimo passare sotto quella prova insieme, e così.....”. Capito.
“Ma dopo quella sera, non successe più niente. Insomma io avevo appena scoperto la gravità della mia situazione e non me la sentivo di complicarla ulteriormente. Così decidemmo di far finta che non fosse successo niente in quello sgabuzzino. E siamo sempre riusciti a non far insospettire nessuno e a rigare dritto. Almeno fino a ieri sera. Quando l’ho chiamata ancora scosso dal pianto, lei è corsa subito a casa mia temendo che fosse successo qualche cosa di grave. E sai, da cosa nasce cosa e il passo è breve dal divano alla camera da letto, così...”. Ho già anche sentito troppo per i miei gusti.
“Basta, amico, basta. Ho capito! Mi fa piacere che tu abbia finalmente trovato un po’ di tranquillità e serenità. Ma sei sicuro che tutto questo vi permetterà di mantenere sempre la professionalità in scena? Insomma, c’è sempre la clausola che proibisce agli attori di intraprendere relazioni fra di loro, al di fuori del set, da avere presente. Non vorrei dovermi trovare senza gli attori che mi interpretano i personaggi principali.”. Sarebbe veramente una grossa catastrofe, qualora dovesse avvenire una cosa del genere. Certo però che...
“No, non ti preoccupare, sapremo mantenere il contegno.” Mi rassicura.
“Certo, ne sono sicuro. Mi fido del vostro giudizio.”.
Rimaniamo a chiacchierare del più e del meno, fino a che non torna Robin,  comunicandomi che tutti sono stati avvisati.
Definiamo una prima nuova impronta della strada da seguire, fino a che non si fa ora di pranzo e quindi di tornare ognuno alla propria casetta.
“Bene ragazzi miei, a quanto pare è tutto concordato, allora. Buon inizio di convivenza, e soprattutto non provate troppo, e cercate di andarci leggeri sul set. Ci si rivede questo sabato alla riunione. Baci a tutti!”. E così dicendo, mi alzo dalla sedia del bar, e mi dirigo verso il mio attico, in cui non vedo l’ora di arrivare, per poter finalmente buttare giù le nuove idee.

Rifaccio la stessa strada di questa mattina, ma sta volta al contrario, correndo. Arrivato al palazzo dove vivo, chiamo subito l’ascensore, impaziente di arrivare al mio attico per cominciare a scrivere. Quando finalmente le porte dell’ascensore si aprono sul mio piano, mi catapulto verso la porta di casa. Apro, butto le chiavi nella ciotolina apposita, che si trova su un piccolo tavolino vicino la porta, appoggio la giacca sull’appendi abiti, e mi dirigo velocemente al mio divano, davanti al quale c’è il tavolino da caffè col mio laptop bianco, appoggiato sopra.
Apro il pc, premo il tasto d’avvio, e aspetto che si accenda. Quando finalmente tutto è acceso e funzionante, faccio per aprire il foglio di scrittura, ma il mio occhio cade sul messaggio lampeggiante delle e-mail ricevute, e sapendo che se prima non controllerò la posta, non riuscirò a concentrarmi sul lavoro, decido che tanto vale vedere il messaggio e poi cominciare a scrivere. Tanto so già che molto probabilmente è solo pubblicità.
Apro la posta, e vi trovo un unico messaggio, che capisco essere proveniente dall’Italia, dato il classico “ .it “ con cui finisce l’indirizzo di posta. Apro la mail e comincio a leggere.

 

“Alla gentile attenzione del Sig. Bruno Heller.

 Salve, Oh grande e onnipotente Bruno. Noi siamo un gruppo di sue fan, sparse per tutta l’Italia, ma con un unico denominatore comune.  La ferma convinzione nello Jisbon. Non staremo qui a spiegarle cosa esso sia, dato che, come suo effettivo creatore, noi crediamo che lei già sappia di cosa stiamo parlando.
Questa mail è stata scritta non per minacciare o per lodare, ma bensì per sfidarla. Vogliamo giocare signor Heller, proprio con lei.
Vede, lei non sembra volerci dare poi troppa soddisfazione, nei suoi episodi, quindi noi abbiamo cominciato a fantasticare su di essi e a creare quasi un mondo parallelo. Ma come ben sa, la fantasia certe volte non basta, ecco perché ci è venuta l’idea di sfidarla.
Se lei vorrà. Noi saremmo disposte a mandarle ogni settimana, una nostra storia basata su un episodio qualunque delle sue serie, a patto però che lei faccia progredire, sulla giusta rotta la storia fra Jane e Lisbon.
Sperando in una sua, quanto più presto possibile, risposta, la salutiamo cordialmente.

 

Rogue Girls
03/05/1994”

 

 

Rogue Girls, ancora loro! Tutto questo non ha senso. Simon le ha sognate, loro non possono essere vere, eppure la mail io la sto leggendo. Non c’è niente di finto, in tutto questo. È qui davanti a me, e ogni parola letta è impressa nella mia mente.
Mi piace l’idea di poter avere un rapporto così stretto con le mie fan, e di sicuro io non le obbligherò a smettere di sognare e fantasticare sui miei personaggi. E poi voglio proprio vedere questi tanto decantati sogni a cosa potrebbero portare. Quindi senza neanche pensarci, clicco sul tasto Rispondi, e comincio a digitare.

 

“Mie care Rogue Girls, non so chi voi siate, o se esistiate davvero o meno, ma mi piace molto la vostra sfida e ho deciso di accettare. Sappiate fin da ora che ci sono grandi cambiamenti in vista nel telefilm, cambiamenti che non sto qui a specificarvi…
Ma… larga è la foglia, stretta è la via. Dite la vostra, che io ho detto la mia!


A presto mie care!

 

Bruno Heller”

 

----

 

 “Fuori è quasi giorno, sto aspettando te….
Disperato vuoto dentro me…”

 

Spengo la sveglia, e mi giro dall’altra parte del letto, continuando a dormire. Non voglio ancora lasciare Sacramento, quello che ho scoperto mi piace troppo, e non lo voglio dimenticare.
Dei passi non troppo pesanti, si avvicinano alla mia camera. La porta di legno scuro si apre, e mia madre mi sussurra.
“Svegliati Monia, devi sbrigarti o non riuscirai a prendere l’autobus per andare a scuola.”
Di mala voglia, desiderando ancora crogiolarmi nel tepore delle mie coperte, sono costretta ad alzarmi, e a dirigermi verso il bagno per lavarmi. Apro il rubinetto dell’acqua e aspetto che si riscaldi. Mi guardo allo specchio, contemplando la mia immagine riflessa. I miei capelli dopo la notte appena passata, sembrano un’enorme balla di fieno. Perderò almeno un quarto d’ora per spazzolarli come si deve. Continuo a guardare la mia immagine e noto che i miei occhi hanno una luce particolare. Un misto fra profondo orgoglio e la pura pazzia.
Un sorriso maligno, completa la mia immagine da perfetta psicopatica.

E poi ricordo! Sacramento, Bruno, Robin, Simon, le Rogue, i segreti da celare e le E-mail alle quali rispondere. E il sorriso sulla mia faccia si allarga.

Credevate che fosse tutto reale, non è vero? E invece no: era solo l’ennesimo sogno.

 

Dice l’autrice:
Bene, eccoci arrivati alla fine. A chiunque avesse finito di leggere tutta la storia, dico: Grazie mille, per aver retto fino alla fine. A chi, invece, ha preferito mandarmi a quel bel paese, dato i temi trattati, dico: Ti capisco perfettamente amico, e non ti porto assolutamente rancore. Ma qualora aveste finito di leggere tutta la storia, una piccola recensione, anche per dirmi che sono una pazza che dovrebbe essere rinchiusa in un manicomio, farà sempre piacere.
Beh, Baci a tutti e Buone feste.
Naky

 

 

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast The Mentalist / Vai alla pagina dell'autore: Naky94