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Autore: HeavenMayBurn    02/11/2011    1 recensioni
Adam sentì un sospiro uscire dalle sue labbra.
Aveva un sapore amaro ed era freddo, esattamente come quella giornata, esattamente come John.
[Taking Back Sunday; Adam Lazzara/John Nolan. Scritta per il Trick or treat? di maridichallenge]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You need me like a bad habit.'
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Disclaimer: I personaggi presenti in questa storia sono realmente esistenti ed appartengono a loro stessi, ed io non intendo dare rappresentazione veritiera ne del loro carattere ne della loro sessualità o offenderli in alcun modo. E per finire non guadagno nulla da tutto questo, boohya! \o/

Note:  Scritta con i prompt: una tazza di caffè rovesciata & sull'autobus, nascosti nell'ultima fila di sedili del Trick or treat? di maridichallenge.

Non l’ho scritto nell’introduzione perché se no diventava troppo lungo, ma il lui di cui si parla qui dentro è Jesse Lacey, cantante dei Brand New.

E’ ambientata quando John decide di lasciare la band (oh, drama, how I love you) :3

La storia del viaggio è in A Decadence Under the Influence dei Taking Back Sunday, canzone che canonicamente (! :D) Adam ha scritto quando e per la dipartita di John (E, sì, all’epoca, John e Adam vivevano insieme \o/) mentre il titolo è da Another Word for Desperate degli Straylight Run (questa cosa è meno certa, ma in teoria John la dovrebbe aver scritta per Adam e, se leggete il testo, è altamente probabile. I know, amo il mio fandom. PASSIVE-AGGRESSIVE!SONGWRITING FTW).

Non lo so, io sono terrorizzata perché non sono all’altezza di tutta la bellezza che emana il mio (i miei?) OTP ;___; ma prima o poi dovevo buttarmi.

Prometto che man mano prenderò la mano con loro cercherò di far diventare le mie ff più belle.

Per intanto: come to the Long Island’s drama, we I have cookies!

Conteggio parole: 601

 

What’s another word for desperate?

 

L’aria era fredda e tagliente nonostante fosse ancora pomeriggio, entrava dal naso e si fermava nella gola, rendendo difficile ad Adam anche solo respirare normalmente.

Sentiva le ginocchia scosse da un leggero tremore e, per quanto cercava di stare fermo, non ci riusciva.

John era addormentato con la testa contro il finestrino, i capelli scomposti gli ricadevano sulla fronte.

Adam sentì un sospiro uscire dalle sue labbra. Aveva un sapore amaro ed era freddo, esattamente come quella giornata, esattamente come John.

 

Si impose di tenere gli occhi sulla strada.

L’autobus prese una curva un po’ troppo larga e sobbalzò, ma John non se ne accorse nemmeno.

Tutto sembrava andare così maledettamente piano; i secondi che passavano, le miglia che percorrevano in direzione di New York, tutto era a rallentatore.

Adam sapeva cosa sarebbe successo una volta che fossero arrivati a casa e, per quanto anche solo l’idea di non avere più John lo rendesse senza fiato dalla paura, desiderò che quel momento arrivasse, perché quella non era altro che una tortura.

 

Avevano passato il fine settimana lontano da tutti, non avevano fatto che parlare, e lui era così stanco di vedere John che apriva la bocca solo per ribadire quanto, nonostante tutto quello che Adam potesse fare, non sarebbe mai stato abbastanza.

Quanto lui fosse migliore ed irraggiungibile.

La luce che aveva nel suo sguardo, così simile alla sua, ai suoi occhi azzurri e a quel sorriso che Adam gli avrebbe volentieri cancellato dalla faccia a suon di pugni, gli fecero capire che lui per John non era stato nient’altro che un modo per ingannare l’attesa.

 

Dio, Adam aveva intuito cosa sarebbe successo nel momento stesso in cui John si era chiuso la porta di casa dietro di se ed era entrato in cucina, con quell’espressione colpevole che stava così dannatamente bene sui lineamenti del suo viso.

Ma, quando avevano preso l’autobus per tornare a casa, non era cambiato nulla. Tutte le parole che si erano detti, i lunghi discorsi, erano vuoti e lontani, tutto era pronto per ricominciare da capo.

Era come uno di quei vecchi dischi che suonano sempre la stessa canzone.

Alla prima occasione disponibile, John avrebbe ripetuto le ennesime frasi ed Adam avrebbe assaggiato il sapore delle proprie lacrime mentre scendevano lungo il suo viso.

 

Si morse le labbra e lanciò un’altra occhiata a John. Aveva la bocca socchiusa ed il suo respiro era leggermente pesante.

Seduta qualche posto più avanti, una ragazzina muoveva la testa mentre dalle sue cuffie usciva un leggero eco della musica che stava ascoltando e, appena dietro l’autista, un signore anziano stava leggendo il giornale. Nessuna delle persone presenti si era accorta della loro presenza, erano solamente figure lontane.

Se solo Adam avesse trovato le parole giuste, infondo alla sua gola, per convincerlo a non andare, a non lasciarlo, forse… Ma la verità era che John e Adam erano ancora più lontani della distanza che separava quello stupido bus da Long Island.

E così, l’unica cosa che Adam fu in grado di fare, nascosti dall’ombra mentre erano seduti sui sedili sporchi di quell’autobus, fu di prendere la mano di John nella sua e lasciargli un piccolo bacio sulle dita.

Lui non si accorse nemmeno di quello.

 

Quella fu l’ultima volta che vide John per molti anni.

E quando, entrato in casa, il suo sguardo notò la tazza di caffè che aveva fatto cadere sulla tovaglia due giorni prima, nel momento in cui John era entrato per l’ultima volta in una casa che non avrebbe mai più chiamato sua, la macchia ormai asciutta che copriva la fantasia a fiori ed il manico leggermente sbeccato, sentì nuovamente gli occhi bruciargli.

Si chiese se sarebbe mai stato abbastanza.

Probabilmente no. Non per John, almeno.

 

   
 
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