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Autore: Ciulla    05/11/2011    15 recensioni
Nel mezzo del cammin di nostra vita,
mi ritrovai in su una ‘scala mobile’,
che si muovea da sol, perché impazzita.
Cosa succederebbe se Dante si trovasse catapultato nel futuro su una scala mobile dell'Orio Center?
Genere: Comico, Parodia, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nel mezzo del cammin di nostra vita,
mi ritrovai in su una ‘scala mobile’,
che si muovea da sol, perché impazzita.

Ahi quanto a dir qual’era è affar ignobile!
Esta scala che ripida e spontanea
Mi conducea pel vie mentr’io era immobile!

Indi compresi, idea sì subitanea,
di esser pervenuto ne lo inferno,
la grande assai prigione sotterranea.

Cercando qualche demon sempiterno
m’avvidi, con terror sempre crescente,
che’l viaggio della scal non era eterno.

Finiva risucchiata interamente
dal terren dell’abnorme domicilio,
perch’io temei di andare similmente.

Terrorizzato allor chiamai un ausilio,
con voce assai sguaiata e tono basso,
sperando la comparsa di Virgilio.

Non venne, fui sul punto d’un collasso,
ma in quel mentre un’anima pietosa
mi suggerì di compiere un gran passo.

L’ascoltai, e che cosa portentosa!
Un istante sorrise la mia sorte,
potei vincer la scala perigliosa.

E come quei che vincono la morte
hanno animo orgoglioso pien d’ardore,
ma senton gambe stanche e membra smorte,

tal fui io; e sfoggiai cattivo odore
e chinato in terra baciai il piano,
e abbracciai i ginocchi al salvatore.

“Mia salvezza, pervengo da lontano!
E trovo in esto loco il qual deprime,
un uomo ch’è disposto a darmi mano!”

Ed egli a me: “Perché si tante rime?
Parli normalmente, se è cortese!”
“E’ così che ‘n genere s’esprime!”

Ma forse, altre usanze in tal paese
usate per parlar con deferenze!”
e gli baciai le man ch’avea protese.

Al ch’egli rise con irriverenze,
e ordinò: “Presentati, o viandante!”
Al che risposi: “Sono di Firenze!

Cognome ho Alighieri e nome Dante!
Non so dir come giunsi in questo posto
non presente su libri né su atlante!”

Quell’uomo sì stupì, poi, ricomposto,
mi chiese un autografo su foglio
perché poi lo vendesse ad alto costo.

Indignato risposi: “No, non voglio!
Non vendo le mie firme a destra e manca!
O perdo dignità ed insiem l’orgoglio!

Piuttosto, parli da persona franca:
che strano posto è questo? Sei un demonio?”
Lo bombardai, la cortesia era stanca.

“Non è infero, ciò, io son Antonio!
Tu viaggiasti nel tempo nel futuro!
Certo che non ci sei di comprendonio.”

“Maestro, il senso lor m’è duro!”
Così dicendo indicai un grande cartello
che recava parol di tono oscuro.

Egli chiese: “Sei fuori di cervello?”
Ma vedendo che serio era il mio viso:
“E’ scritto Zara, e lì c’è Pittarello.”

Allora urlai sentendomi deriso:
“Ma cosa son, mi hai preso per idiota?”
“Son nomi!” Gridò egli d’improvviso.

“Son nomi di negozi, testa vuota!
E ci farei un giretto, in te se fossi,
per toglier quella tunica carota!”

Entrai a cercar vestiti meno rossi,
mi dieder delle vesti ner mortorio
l’amico le pagò, “Ora l’indossi!”

Obbedii, indossando ogni accessorio,
e visto che ero proprio un grande gnocco
capì non esse inferno, il purgatorio.

Sì tosto come uscita a vetri imbocco,
l’amico mio mi segue, come guida
del mondo esterno di cui sono sciocco.

Io, come chi nel suo istruttor confida,
seguetti ‘l mio maestro giù pei scale
fin dentro in una macchina omicida.

Girò chiavi e compresse poi un pedale,
al che quel stran potente macchinario
si mosse sopra a la striscia stradale.

Urlai, come un impulso involontario,
svenni e sul sedile stetti immobile
per la paur di cu’ero proprietario.

Rinvenni, chiesi dell’aggeggio ignobile
nome e funzion, al che Antonio rispose:
“Yoh, sciallo, Dant, è sol un’automobile.”

Fece per ripartir, ma me s’oppose,
dicens che preferiv’andare a piedi
piuttosto che su macchine angosciose.

L'amico alzò le spalle: “Come credi!”
Indi s'allontanò, come un miraggio
che più gli corri dietro men lo vedi.

Un auto si stoppò: “Vuole un passaggio?”
Volevo rifiutar, ma’l guidatore
era una gnocca, e non n’ebbi coraggio.

Accettai, volto pieno di rossore,
mentre quella sorridea tutta felice
io sentivo un autentico bollore.

Guardando tette sue pensai Beatrice
poi dissi, “Che mi frega?, indi rimasi
a contemplare tale ammaliatrice.

Pensai che’l più fortuito intra dei casi
m’avea fatto venire nel futuro,
popolato da mostri e ficcanasi,

con più e più varie cosa a stile oscuro,
con macchine rotanti e strane scale,
misteri dentro ai quali mi avventuro.

Ma nonostante ciò può sembrar male,
mi sento assai tutt’altro che deriso
fissando questo enorme davanzale.

Capii d’essere giunto in Paradiso.
   
 
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